• Non ci sono risultati.

Inidoneità della teoria dell’ente autarchico e dell’ente con personalità giuridica

Sezione II- l’attività del Comparto Grazie dell’Ufficio per gli Affari dell’amministrazione della giustizia

Capitolo 3 Sulla natura giuridica del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica

3. Quale teoria per il Segretariato Generale?

3.1. Inidoneità della teoria dell’ente autarchico e dell’ente con personalità giuridica

Prima di dare contezza di quale ricostruzione dommatica possa ritenersi calzante per descrivere in senso compiuto la natura giuridica del Segretariato occorre, prima di tutto, disquisire criticamente delle ragioni che inducono a non prendere a riferimento determinate concezioni rispetto ad altre.

Dal punto di vista del Segretariato Generale si ritiene che le opinioni dottrinarie che vedono nella detta struttura un ente autarchico ed un apparato dotato di personalità giuridica non siano da accogliere. Cominciando dal primo, esso è il presupposto che ha

225 MOTZO G.-DE MARCO E.-FRANCHINI M.-ROSSI MERIGHI U., Le competenze amministrative del Presidente della Repubblica, 1988, 156.Un orientamento con caratteri analoghi

si era riscontrato precedentemente a quest’ultimo, ALLARA B.M., op. ult. Cit., 132-139. Era stato indicato da questa dottrina che il fulcro risiedesse nella dualità di funzioni, così come espresso dalla dottrina sopracitata, ma era stato altresì evidenziato come esso fosse il frutto di una dualità di organismi. Ciò nel senso che i Consiglieri presidenziali a capo degli Uffici sarebbero stati da collocare al di fuori del Segretariato in quanto non dipendenti dal Segretario ma solo dalla figura del Presidente, mentre solo i Servizi sarebbero stati configurati nella Presidenza. Teoria ampiamente criticata ma soprattutto smentita anche dal quadro normativo e regolamentare che disciplina il Segretariato: art. 1, comma 3 del decreto presidenziale n.107 del 18 aprile 3013 (presenta già dal 1985) che qualifica il Segretario generale come Primo Consigliere del Capo dello Stato. Per ulteriori specificazioni sul punto si rinvia al primo capitolo.

119

mosso le considerazioni di parte della dottrina (Santi Romano) sulla qualificazione da dare al Ministero della Real Casa, ma è stato ripreso anche con riferimento al Segretariato (A.M. Sandulli). Questa teoria in realtà cela in sé vari profili che non si esauriscono nel tema della natura giuridica ma che si ampliano al tema annoso dell’autonomia degli organi costituzionali nella sua accezione tricotomica di autonomia normativa, giudiziaria e contabile. Di quest’ultimo profilo se ne parlerà nel prossimo capitolo, al momento occorre focalizzarsi su ciò che attiene all’oggetto d’indagine attuale.

La teoria dell’ente autarchico con riferimento al Monarca e alla sua amministrazione trova i suoi presupposti secondo l’insegnamento di Santi Romano nel fatto che l’amministrazione da parte del Monarca della propria dotazione, Corte, casa militare e delle onorificenze reali non si potesse riferire ad un’attività di un organo dello Stato nel perseguimento di un interesse pubblico, ma solo in una proiezione propria e quindi spiegabile giuridicamente solo per il tramite dell’ente autarchico226

. Benché, come già accennato, egli non si fosse espresso esplicitamente nel traslare l’autarchia del Monarca alla Real Casa, riferendosi a quest’ultima negando la natura pubblica ed anche privata, per esclusione si è interpretato che ci si potesse riferire all’autarchia regia. Tesi ripresa da Sandulli nel periodo repubblicano con riferimento al Segretariato ma con il medesimo obiettivo che era quello di dimostrare l’estraneità dell’ente Ministero e successivamente Segretariato dalla categoria degli enti od organi statali227.

Autorevole dottrina successiva ha però colto i numerosi punti deboli di una tale ricostruzione, che stesso nelle illustri opinioni di chi l’ha forgiata trova le sue critiche più decisive228. Come sottolineato dallo stesso Santi Romano: “[…] Lo Stato è sempre e soprattutto un regime, un ordinamento giuridico, una istituzione della quale il monarca, i sudditi, il territorio e le leggi non sono che elementi”229. È l’estrinsecazione

226 ROMANO S., op. ult. cit., 218 e sullo stesso orientamento si inquadrano ORIGONE V., Provvedimenti regi e sul rapporto d’impiego, in Rivista Pubblico Impiego, vol. 2, 1943, 88-89 e

BISCARETTI DI RUFFIA P., Lo stato democratico moderno,1946, 388

227 SANDULLI A.M., Il Presidente della Repubblica e la funzione amministrativa, in Rivista amministrativa della Repubblica italiana, vol.3, 1950, 165 e in Manuale di diritto amministrativo,

1989, 369

228 OCCHIOCUPO, op. cit., 1973, 335-336

229 ROMANO S., Principi di diritto costituzionale generale, 1942, 202, ma vedi anche MORTATI

C., Per una teoria dello Stato fascista, in Archivio di studi corporativi, 1939, 348-350 ed anche FODERARO S., La personalità inter-organica, 1957, 28-32.

120

del brocardo di romaniana elaborazione del “lex facit regem, rex non potest nisi quod iure potest”. A quest’affermazione va aggiunto che in un ordinamento giuridico improntato (come lo era quello statutario) sul canone che è la Costituzione a porsi come fondamento giuridico delle componenti dello Stato: “constitutio facit regem, rex non potest nisi quod constitutione potest”. Si può affermare, quindi, che secondo questo insegnamento con riferimento al Monarca si era di fronte ad un organo costituzionale dello Stato, nel quale ne era parte e si immedesimava nell’esercizio di tutte le funzioni attribuitegli dalla Legge fondamentale. Le considerazioni sono le medesime con il Capo dello Stato repubblicano: esso era un organo costituzionale dello Stato, che trova solo nella Costituzione i suoi fondamenti ma anche limiti230. A queste considerazioni che potrebbero apparire eccessivamente banali, vanno aggiunti i rilievi fatti dai sostenitori della natura autarchica sul fatto che nel caso dell’amministrazione della dotazione regia e repubblicana i Capi di Stato dei due ordinamenti hanno agito in quanto dotati di prerogative “proprie” ed avulse da interessi e fini di natura statale. Anche questo argomento non è convincente. Sia per quanto riguarda il Monarca che per il Presidente della Repubblica i poteri esercitabili sull’amministrazione della dotazione non potevano e non possono riconsiderarsi personali in quanto fondati sul piano costituzionale sia dallo Statuto Albertino (art.19) e sia dalla Costituzione repubblicana (art.84 ultimo comma). Infatti, bisogna essere cauti nel non confondere quelli che sono i beni trasferiti al Capo dello Stato come diritti speciali, regolati dal diritto comune, da quelli che sono i beni e mezzi materiali ed immateriali in uso alla Corona o alla Presidenza, necessari per il titolare della carica ad esercitare al meglio le sue funzioni di organo costituzionale231. Esempio tipico è la distinzione tra assegno e dotazione presidenziale, dove il primo, come già si è evidenziato, entra nella piena proprietà del Presidente e ne è libero di disporre come privato cittadino, mentre la seconda si inserisce nel contesto delle funzioni costituzionalmente attribuite ed il loro carattere di beni demaniali con vincolo di destinazione, ben fa comprendere come si

230 ROMANO S., Nozione e natura degli organi costituzionali dello Stato, in Scritti Minori, vol.1,

1950, 20 e ss. ed in senso conforme CROSA E., La monarchia nel diritto pubblico italiano, vol. I, 1922

231 Argomenta in modo molto convincente OCCHIOCUPO N., op. ult. cit. 340, dove afferma in

maniera esemplificativa che: “[…] La dotazione, pertanto, veniva assegnata dallo Stato non in considerazione della persona intuitu personae, ma in considerazione della funzione, intuitu offici […]”. Facendo poi il parallelo con l’età assolutista dove il complesso dei beni era lasciato al suo arbitrio non trovando fondamento e vincolo in nessuna norma fondamentale.

121

sia molto lontani dalle qualificazioni date da chi sostiene la natura dell’ente autarchico232.

A questa ricostruzione non regge l’obiezione di chi potrebbe asserire che l’esercizio delle competenze di amministrazione era dato alla Real Casa, così come è demandato oggi ai Servizi del Segretariato Generale ed il Capo dello Stato di fatto non esercitava questi poteri che sono di natura pubblica. Si può replicare a questa costatazione che un conto è l’esercizio ma altra è la titolarità che permane in capo al Presidente e permaneva in capo al Re; infatti, l’esercizio da parte di altri soggetti è una derivazione del fatto che le figure apicali alle amministrazioni fossero di nomina regia e presidenziale (malgrado l’anomala compartecipazione del Consiglio dei Ministri) così come le varie ramificazioni si basassero sull’esercizio di deleghe amministrative adottate direttamente dal Capo dello Stato233. Quindi, la titolarità e l’indirizzo sull’amministrazione permanevano e permangono in capo all’inquilino del Quirinale, per cui non può considerarsi la presenza di un apparato burocratico distaccato come indice di “assenza” dell’organo costituzionale del Capo dello Stato nella gestione di questi affari e quindi insussistenza di un’intima unione tra le due entità234

.

In quest’ottica si pone la nota ricostruzione crisafulliana ed il presupposto che si è di fronte ad un’entità organizzativa dotata di personalità giuridica. Da un lato occorre rimarcare e premettere che è da condividere pienamente la premessa metodologica elaborata da Crisafulli, per cui una corretta qualificazione giuridica di quest’entità passa solo attraverso un attento esame del tipo di rapporto giuridico che viene ad innestarsi tra il Capo dello Stato (nel suo caso del Monarca) e l’amministrazione e, quindi, che non può darsi conto della sua natura giuridica guardandolo ex se ma solo in relazione alla figura dell’organo supremo dello Stato.

Ciò premesso, permane il dubbio che possa essere convincente considerare gli apparati quirinalizi come dotati dell’istituto della personalità giuridica. La dottrina criticata si basava su alcune considerazioni tratte dalla particolare conformazione del Ministero per cui ad esso era deputata la sovraintendenza e direzione degli Uffici e Servizi e la capacità processuale e negoziale per la gestione della dotazione e del patrimonio

232 Svolgono questo rilievo in senso conforme a quanto affermato RESCIGNO G.U., op. cit., 51 ed

in parta anche MESCHINI P., op. ult. cit., 20 e ss.

233 V. infra per una descrizione del rapporto di delegazione amministrativa 234 OCCHIOCUPO N., op. ult. cit., 342-343

122

privato. L’attribuzione della personalità giuridica in capo al Ministero non avrebbe significato che, da un lato, di dare la massima definizione a questi poteri di rappresentanza e più in generale ad un carattere di autonomia per l’appunto slegata dalla presenza istituzionale del Monarca235. Ciò avrebbe giustificato il perché secondo il detto Autore alcuni atti come di gestione del personale addetto esercitati direttamente dal Sovrano venivano visti come delle interferenze236. Al di là del fatto che il Sovrano era dotato secondo la legge della potestà di nomina e revoca del Ministro e degli alti ufficiali della Casa militare, in realtà la questione non era e non lo è tutt’ora per il Segretariato riferibile ad una qualificazione giuridica o meno, ma un problema che attiene al particolare regime di responsabilità giuridica che presenta il Capo dello Stato repubblicano e che presentava anche il Monarca237. La creazione di un apparato ad hoc per la gestione di tutti gli atti negoziali e per la rappresentanza atteneva più che altro non ad una questione di presenza o meno di una personalità giuridica o di un’autonomia organizzativa ma piuttosto ad un problema di imputazione giuridica degli atti in questione: è da sempre stato un interesse sia dell’ordinamento costituzionale monarchico che di quello repubblicano, inserito in un dato positivo costituzionalmente previsto all’art.90 della Costituzione, quello di esonerare la figura del Capo dello Stato dal prendere parte in giudizio ed in generale di rimarcarne l’irresponsabilità giuridica degli atti nell’esercizio delle sue funzioni. Infatti, qui risiede l’argomento decisivo per spiegare l’inidoneità della teoria della persona giuridica per definire la natura degli apparati quirinalizi; l’imputazione totale degli effetti giuridici dell’attività svolta e l’agire a nome e per conto esclusivamente proprio in piena autonomia dal Sovrano ieri e dal Presidente della Repubblica oggi contrasta con la “complessità” dell’azione del Segretariato al giorno d’oggi e con il fattore che questa struttura non è slegata dall’organo costituzionale a cui fa riferimento, ma bensì strettamente inserita per cui non tutti gli effetti giuridici della sua azione possono imputarsi ad essa e tenere estraneo il maggiore inquilino del Quirinale.

235 CRISAFULLI V., op. ult. cit. 44 236 Ibidem. 47

123

Outline

Documenti correlati