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La dottrina sull’autodichia del Presidente della Repubblica

Sezione II- I limiti all’autonomia normativa del Presidente della Repubblica: il caso dell’autodichia

3. La dottrina sull’autodichia del Presidente della Repubblica

Gli orientamenti sono riassumibili in tre filoni. Il primo è quello più risalente nel tempo ed è di orientamento favorevole alla presenza di questo istituto nel nostro ordinamento costituzionale. Il secondo è, invece, di opinione nettamente contraria e punta a riconoscere l’assoluta incompatibilità dell’autodichia con i principi costituzionali sulla giurisdizione e sulla tutela del singolo dei propri diritti ed interessi legittimi: questa posizione è in assoluto quella prevalente nella letteratura costituzionalistica ed è suffragata da molte decisioni, come visto, delle Supreme Magistrature, le quali hanno cercato di dialogare con la Consulta sul punto sin dagli albori della sua costituzione effettiva. L’ultimo orientamento è, invece, nettamente minoritario come il primo ma si è sviluppato più di recente: esso mira a cercare una soluzione compromissoria al problema. In particolare, l’obiettivo è quello di trovare un punto di equilibrio tra l’autodichia come giurisdizione speciale ed il rispetto della cornice di legalità costituzionale.

Cominciando dal primo, l’argomento principale, che ha portato questi autorevoli autori a ritenere legittima la sussistenza di un’autonomia sul piano giurisdizionale per le controversie con i propri dipendenti, risiede nello stretto nesso tra provvedimenti e regolazione del rapporto di lavoro del personale, rientrando tra l’organizzazione ed il funzionamento dell’organo costituzionale stesso. Ragion per cui, esse rappresenterebbero esercizio o manifestazione di un loro potere sovrano, insindacabile da parte degli altri organi costituzionali e immune dalla presenza della giurisdizione comune. In altri termini, l’esenzione della giurisdizione comune non agirebbe come eccezione alla grande regola dello Stato di diritto, ma si inserirebbe nell’ordinamento come normale estrinsecazione delle funzioni sovrane riconosciute comunemente agli organi costituzionali supremi345.

345 ORLANDO V.E., Immunità parlamentari e organi sovrani, in Rivista di diritto Pubblico, 1933,

26 e ss., e ss. CROSA E., Gli organi costituzionali e il Presidente della Repubblica nella

Costituzione italiana, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 1951, 91 e ss. SANDULLI A.M., op. cit., 1977,

1831 e ss., mentre indicazioni già in un senso più miti e comunque indicanti una visione meno netta della problematica ROMANO S., op. cit., 1950 a, 1 e ss., Gli atti di un ramo del Parlamento e la

loro precisa impugnabilità dinanzi alla IV sezione del Consiglio di Stato, in Scritti Minori, vol. 2,

1950, 149; ROEHRSSEN G., La impugnabilità di atti amministrativi di autorità non

amministrative, in Riv. amm., 1976, 872, RAFFI A., Il rapporto di lavoro alle dipendenze dei gruppi parlamentari e la c.d. “autodichia” della Camera dei Deputati, in Riv. it. dir. lav., 2010, 882

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Il secondo orientamento, quello contrario all’autodichia, ha fondato la sua critica all’istituto proprio sul concetto di organo esercitante potere sovrano e, di conseguenza, disconoscendo l’esistenza di un regime comune per gli organi costituzionali supremi con inclusione dell’autodichia. Nello specifico, la focalizzazione si è concretizzata su una questione di respiro generale e, soprattutto, obiettivo fondamentale del costituzionalismo liberal-democratico: il principio di separazione dei poteri. Alcuni Autori, ma soprattutto Nicola Occhiocupo346, hanno analizzato la natura ed i presupposti di questo principio dal punto di vista storico per poi dare conto, infine, della sua compatibilità con l’evolversi degli ordinamenti costituzionali ed in particolare con alcune delle previsioni di principio supreme dell’ordinamento italiano. Si è affermato, date queste impostazioni di metodo, che la concezione elaborata da Montesquieu nel suo Esprìt de loi fosse riferibile al periodo storico che ha accompagnato la Rivoluzione Francese, che vide nel contrasto al potere assoluto del Sovrano l’affiancamento del principio di sovranità democratica espresso dall’Assemblea parlamentare. La ragione storica dell’autodichia, infatti, risiedette nel timore, storicamente fondato, di ingerenza della Magistratura o dall’Esecutivo, guidato dal Monarca, nell’attività di chi fosse espressione del pouvoir constituant e che quindi necessitasse la separazione di imporsi nella maniera più rigida e meccanica347. Nel corso della storia politica ed istituzionale dell’Europa post rivoluzionaria questo aspetto marcatamente rigido del principio di separazione ha assunto carattere dominante e necessario per arrivare ad una parificazione piena se non un’acquisizione di una maggiore centralità del custode della sovranità popolare rispetto al Monarca, sfociando nella proclamazione dei profili di autonomia succitati e rendendoli, grazie al presupposto che le Assemblee elettive fossero le depositarie uniche della rappresentanza e delle funzioni sovrane, come esigenze costituzionali imprescindibili348. Da qui il conio del termine da parte di

346 OCCHIOCUPO N., op. cit., 1973, 140-142, OCCHIOCUPO N., op. cit., 1985, 12-13.

347 OCCHIOCUPO N., op. cit., 1973, 144, CHIEPPA R., Le prerogative parlamentari- I controlli sul potere, 1967 31 e ss., TRAVERSA S., Immunità parlamentari, voce Enciclopedia del Diritto,

1974, 2139, GROTTANELLI DE’SANTI G., Note sul sindacato giurisdizionale degli atti del

Parlamento nei paesi anglosassoni, in Riv. Trim. Dir. Proc., 1959, 222 e ss., LAVAGNA C., Le Costituzioni rigide, 1964, 79 e ss., CHELI E., Potere regolamentare e struttura costituzionale, 1967,

239 e ss., FERRARI G., Consiglio Superiore della Magistratura, autonomia dell’ordine giudiziario

e magistrati, in Democrazia e Diritto, 1969, 426; BACHELET V., La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, 1966, 33, nota 51

348 CRISAFULLI V., Le funzioni della Corte costituzionale nella dinamica del sistema: esperienze e prospettive, in MARANINI G. (a cura di), La giustizia costituzionale, 1966, 107, MARTINES T.,

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Occhiocupo, anche ironico ma molto efficace, di “Teologia dei corpi separati”, che si avrà modo di vedere più in avanti. Su questa disamina critica questa opinione ha rilevato che da un lato per la presenza di esigenze inderogabili come gli artt. 24, 113, 108, 111 Cost. e il fatto che al giorno d’oggi alla rigida separazione dei poteri si sia tramutata in una situazione regnata dal necessario controllo reciproco tra gli organi costituzionali, dove gli interna corporis acta non troverebbero più la loro legittimazione349.

Filone dottrinale corollario all’appena enunciato è quello che ha trovato nella giurisprudenza alcuni spunti ricostruttivi. Ci si riferisce alla teoria di alcuni Autori, tra cui Di Muccio, Panunzio e Midiri, per cui la sentenza n. 254 del 1927 del Consiglio di Stato secondo cui il controllo giurisdizionale del giudice amministrativo andasse esteso agli atti di organizzazione del personale di tutti gli organi costituzionali, salvo che la Costituzione stessa non avesse a propria volta posto in essere delle riserve di giurisdizione speciale per l’esercizio di funzioni costituzionalmente tipiche. Spunto, che ha trovato la sua affermazione nella dottrina che ha operato il discrimine sulla valenza dei regolamenti di Camere e Corte costituzionale rispetto a quelli previsti per la Presidenza della Repubblica: in particolar modo si è dato da distinguere le situazioni in cui i dati diritto positivo hanno evidenziato la sussistenza di situazioni differenti per cui è dato mantenere una sorta di autonomia improntata ai classici canoni dell’assoluta rigidità. Questi Autori hanno, però, ribadito che sulla base di queste considerazioni si dimostrerebbe, comunque, la non esistenza di un regime comune o quanto meno omogeneo tra tutti gli organi costituzionali350.

Governo parlamentare e ordinamento democratico. 1967, 155 e ss., BARTHOLINI S., I rapporti tra organi supremi regionali, 1961, 330 nota 86

349 MODUGNO F., Poteri (divisione dei), in Novissimo Digesto italiano, 1964, 167, DONATI D., Divisione e coordinamento dei poteri dello Stato fascista, in Archivio diritto pubblico, 1938, 6,

ROMANO S., op. cit., 1950 a, 11, GUARINO G., Autonomia e controlli, in Giur. Completa Cass. Civ., 1951, 861 e ss., BARTOLE S., La posizione rispettiva dei Consigli regionali e dalle Camere

nella giurisprudenza costituzionale, in Giur. Cost., 1962, 1613 e ss. CRISAFULLI V., Aspetti problematici del sistema parlamentare in Italia, in Studi in onore di Crosa, vol. I, 1960, 616, DI

MUCCIO P. Nemo iudex in causa propria: la politica e il diritto nella tutela giurisdizionale dei

dipendenti delle Camere parlamentari, in Foro amministrativo, vol. I, 1977, 3047 e ss.

350 Il riferimento maggiore è stato operato proprio nei confronti della Presidenza della Repubblica:

a fortiori quando era inesistente una disciplina regolamentare dell’autodichia e successivamente sul presupposto più generale dell’assenza del fondamento costituzionale implicito che legittimerebbe la piena autonomia costituzionale dell’organo. PANUNZIO S.P. op. cit., 1978, 256 e ss., MIDIRI M., op. cit., 32 e ss., ELIA L., Postilla, in Giur. cost., 1968, 709-11

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L’ultimo filone dottrinale, come anticipato, si è sviluppato di recente ed ha trovato nuova linfa a seguito dei recenti orientamenti giurisprudenziali della Corte costituzionale sulla sindacabilità delle fonti regolamentari degli organi costituzionali. Per raggiungere il summenzionato punto di equilibrio essa punta a ricercare i presupposti giustificativi affinché di autodichia se ne possa parlare come giurisdizione speciale, che sia, però, inserita nella cornice di legalità costituzionale e, perciò, a tutti i principi summenzionati di garanzia della posizione dell’individuo, di terzietà ed imparzialità del giudice351. In tal senso, questa dottrina ha premuto affinché gli organi costituzionali si dotassero delle garanzie previste dall’ordinamento della giurisdizione ordinaria ed amministrativa: in particolar modo sul ruolo del giudice dell’autodichia e del raggiungimento degli obiettivi di terzietà ed imparzialità. Essa ha premuto, altresì, molto affinché modifiche del genere fossero apportate ai regolamenti parlamentari, visti anche i moniti della Corte EDU nel caso Savino, mentre con riferimento alla Presidenza sembra che queste indicazioni siano state recepite quasi pienamente con la disciplina regolamentare al giorno d’oggi vigente.

4. Legibus soluta o autonomia funzionale legittima? La posizione del Presidente

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