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La natura giuridica del Ministero della Real Casa tra dottrina e giurisprudenza

Sezione II- l’attività del Comparto Grazie dell’Ufficio per gli Affari dell’amministrazione della giustizia

Capitolo 3 Sulla natura giuridica del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica

1. La natura giuridica del Ministero della Real Casa tra dottrina e giurisprudenza

Il tema della natura giuridica dell’Amministrazione della Corona così come quella dell’attuale Presidenza della Repubblica non ha ricevuto in dottrina, salvo in pochissimi contributi, una ricostruzione ex professo sul piano dogmatico; così come in giurisprudenza ha ricevuto delle qualificazioni sul piano giuridico contradditorie e non definite da un orientamento consolidato. Nel primo capitolo della presente ricerca si è fatto cenno all’organizzazione giuridica interna del Ministero in modo da provare a scorgere delle analogie nell’attuale conformazione del Segretariato Generale: nel presente capitolo si adopererà la medesima impostazione, partendo dall’analisi delle varie teorie elaborate sulla Real Casa e per cercare infine di scolpire un inquadramento della natura giuridica del Segretariato e di cogliere gli aspetti di continuità o di rottura tra le due amministrazioni al servizio dei Capi di Stato monarchici e repubblicani. Come accennato, molto pochi furono i contributi della dottrina sulla natura giuridica del detto Ministero, mentre, invece, si ebbero numerosi i riferimenti nella manualistica del diritto pubblico e costituzionale, i quali però non hanno approfondito sul piano argomentativo il tema, limitandosi ad accennarlo. I contributi che hanno più di tutti svolto questo approfondimento sono, invece, quelli di Giorgio Arcoleo, Santi Romano e Vezio Crisafulli, i quali hanno dato ciascuno una propria lettura che ha influito notevolmente sulla successiva accezione da attribuire al Segretariato Generale. Alla giurisprudenza, invece, è da attribuire il merito di aver in prima facie sollevato il problema dalla natura giuridica del Ministero e stimolato alcuni degli autori sopra citati a porre in essere le proprie riflessioni sulla questione. Tre pronunce contribuirono ad alimentare il dibattito e sono quelle della Corte d’appello di Trani nel lontano 1897, della Corte di Cassazione nel 1906 e del Consiglio di Stato nel 1942.

Il tribunale di merito pugliese ebbe modo di esplicitare che i dipendenti dell’Amministrazione del Ministero fossero da considerare dipendenti pubblici in quanto strutturati in una pubblica amministrazione diversa dalle amministrazioni dello

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Stato per la specialità della Corona nell’ordinamento costituzionale statutario211 . A questa pronuncia seguì una decisione in senso totalmente opposto della Corte di Cassazione, la quale optò, invece, per considerare la detta Amministrazione della Real Casa un organismo di carattere “privato”. La Suprema Corte, benché avesse comunque riconosciuto che l’attività svolta da quest’organizzazione presentasse dei caratteri pubblici e demaniali, in realtà considerò che intercorresse tra il Re ed il suo personale un contratto di locazione d’opera soggetto al diritto privato ed ai regolamenti interni della Corona. Tutto ciò si sarebbe basato sul presupposto che l’uso e l’usufrutto sui beni e rendite della Corona allorquando fossero passati al Re avrebbero perso il carattere di demanialità e ottenuto il carattere di cose personali dello stesso Sovrano212. A questa tesi si oppose nettamente il Consiglio di Stato nel 1936 e nel 1942. Nel1936 la Sezione III di Palazzo Spada con un parere affermò che i dipendenti della Real Casa andassero considerati come impiegati dello Stato e da qui affermò altresì che la Real Casa fosse da annoverarsi tra gli organi dello Stato. Ciò venne impostato sull’argomento che le funzioni svolte dalla detta amministrazione avessero una natura annoverabile tra gli interessi dello Stato come l’assicurazione del mantenimento economico e del lustro della Corona, supremo organo costituzionale dello Stato. Citando testualmente le parole del giudice amministrativo: “[…] Il buon governo di tali risorse resta, comunque, di pubblico interesse, e al medesimo provvede un’apposita amministrazione all’uopo opportunamente elevata alla dignità di Ministero […]”213

. Nel 1942, si ebbe una pronuncia in questo caso di diverso contenuto: il Consiglio di Stato statuì che si fosse di fronte non solo ad un’entità giuridica di carattere pubblico, ma altresì dotata di personalità giuridica estranea alle pubbliche amministrazioni dipendenti dall’esecutivo di Governo e connotate dal carattere dell’autarchia. Preme al momento, salvo poi vedere le simili argomentazioni sul punto della dottrina,

211 Cfr. Corte d’appello di Trani, 19 luglio 1897, in Rivista del diritto ecclesiastico, 1898, 95 e ss.

Ne vengono riportati alcuni stralci da OCCHIOCUPO N., op. ult. Cit., 332.

212 Corte di Cassazione, Sez. I, 13 giugno 1906, in Giurisprudenza Italiana, 1906, 732 e ss. Si segnala

che questa pronuncia stimolò il dibattito dottrinario sulla qualificazione da attribuire invece ai beni della Corona amministrati dalla Real Casa. Come già visto nel primo capitolo ci si allinea all’orientamento dominante in dottrina per il quale si farebbe riferimento a beni demaniali con vincolo di destinazione.

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sottolineare come queste ultime decisioni si allinearono alla dottrina nei suoi primi spunti per ricostruire sul dogmatico la natura del Ministero della Real Casa214.

Il primo autore da citare è Arcoleo, il quale mosse le sue considerazioni rimarcando con fermezza il carattere pubblico della Real Casa sulla base dell’argomentazione che la funzione esplicata dalla detta amministrazione fosse di natura pubblica. Infatti, secondo Arcoleo, non potendo negare che la funzione regia sia pubblica altrettanto non si può farlo altrettanto verso il complesso di persone e cose che serve appunto alla funzione regia non possa non considerarsi pubblica: sarebbe venuto meno così il carattere costituzionale della Corona215. Sulla scia di Arcoleo intervenne Santi Romano, il quale riprese il tema del carattere pubblico ed autarchico della Corona per riaffermare che il Re, in quanto a capo dell’organo della Corona, tramite la Real Casa esercitasse delle funzioni al tempo stesso pubbliche e proprie e per queste ragioni la configurazione da dare al Ministero non sarebbe stata quella né di ente privato e né di organo dello Stato, ma bensì di un ente autarchico afferente alla Corona216.

La dottrina di Crisafulli ebbe, invece, il merito di aver svolto un primo approfondimento specifico di rilievo monografico sul tema, ampliando notevolmente il ventaglio delle problematiche e questioni insite nella detta tematica. Ad esempio, il detto autore confermò le indicazioni di Arcoleo e Santi Romano sul carattere pressoché autarchico dell’Amministrazione della Corona non potendo qualificarla espressamente come organo dello Stato, ma andò oltre, come accennato, sollevando un problema giuridico cruciale, che si vedrà essere tale anche per la qualificazione da dare al Segretariato Generale, che è quello del rapporto che intercorre tra l’Amministrazione regia e la figura del Monarca come organo dello Stato. In critica ai precedenti autori egli mosse questo rilievo, affermando che non si avrebbe mai avuta una corretta qualificazione senza aver esaminato il tipo di rapporto giuridico che intercorresse tra le due entità, definendolo come il presupposto dell’esistenza della Real Casa

214 In generale in alcune voci enciclopediche e nella manualistica si erano avuti degli accenni

generici e tutti sulla scia delle indicazioni che si vedranno a breve di Arcoleo e Santi Romano. ORLANDO V.E., Lista civile, in Diritto Pubblico Generale, 1940, 538, RANELLETTI O.,

Istituzioni di diritto pubblico, 1940, 219, BISCARETTI DI RUFFIA C., Lo Stato democratico moderno, 1946, 388 e ZANZUCCHI E., Istituzioni di diritto pubblico, 1941, 171.

215 ARCOLEO G., Brevi considerazioni intorno al carattere pubblico dell’amministrazione della Casa Reale, in Giurisprudenza Italiana, 1906, 731 e ss.

216 ROMANO S., Corso di diritto costituzionale, 1943, 218 ed in Principi di diritto costituzionale generale, 1946, 209 e ss.

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. Sulla scorta di queste due indicazioni Crisafulli affermò che la Real Casa agisse in veste di “rappresentante” (e quindi dotato altresì di personalità giuridica) del Re, che sulla base delle considerazioni di Arcoleo e Santi Romano sarebbe inquadrato come soggetto autarchico. Secondo Crisafulli il caso della Real Casa rappresenta una situazione di rappresentanza istituzionale in funzione sostitutiva del Re nella gestione della dotazione, della lista civile e dei beni particolari imputando a sé la titolarità e la responsabilità giuridica di detti atti e negozi218. Sulla mancata configurazione dell’Amministrazione regia come organo dello Stato, invece, Crisafulli argomentò sulla base della considerazione che da un lato mancasse un controllo parlamentare sulla gestione della dotazione regia e sul fatto che, d’altro canto, l’attività del Ministero non fosse appunto imputabile allo Stato nella sua unità ma “nei confronti” dello Stato219

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L’aver dato conto di queste indicazioni giurisprudenziali ed opinioni dottrinarie costituisce la base per poter sviluppare quale tipo di teoria risulta valida per il Segretariato Generale. Nei prossimi paragrafi si proverà a sciogliere i dubbi sul carattere pubblico del detto apparato, della qualifica o meno di pubblica amministrazione in senso stretto e del rapporto che intercorre tra esso e l’organo costituzionale del Presidente della Repubblica: da queste risultanze si potrà arrivare ad affermare quale è l’effettiva natura giuridica del Segretariato Generale.

2. Dottrina e (incidentalmente) giurisprudenza sulla natura giuridica del

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