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La crescente importanza del marketing tra le attività del distributore

2.4. Distribuzione

2.4.5. La crescente importanza del marketing tra le attività del distributore

Assieme alle vendite, l’attività più importante svolta da una società di distribuzione è sicuramente il design e l’implementazione delle campagne di marketing per promuovere un film, su cui ci si concentra in questo paragrafo. Come si è visto in precedenza, negli Stati Uniti i costi associati a queste operazioni coprono mediamente il 50% del budget totale di un film, anche se sono sempre più frequenti i casi in cui gli investimenti di mar- keting eguagliano se non addirittura eccedono il budget di produzione (Ulin, 2014). Gli investimenti di marketing sono la voce di costo che in proporzione è cresciuta maggior- mente negli ultimi anni: infatti, tra il 2007 e il 2013 gli investimenti medi dei major studio sono passati da 34,5 a 48 milioni di dollari (con un aumento del 39,2%, contro una crescita

del 31,3% dei costi di produzione), mentre nel 1999 erano 21,4 i milioni di dollari me- diamente impiegati nelle attività di marketing per un film (Vogel, 2015). Secondo quanto indicato nel Case Study: Media & Entertainment50, realizzato da MarketShare in colla- borazione con Google, la televisione (su cui si concentrano l’82,6% degli investimenti pubblicitari, mentre ai canali digitali spetta una quota di circa il 10%) rappresenta il mezzo più efficace in termini di ritorni al box office, generando il 64% dei ricavi attribui- bili al marketing. Lo stesso studio dimostra anche che investire maggiormente nella tele- visione genererebbe dei risultati controproducenti, e che piuttosto ridurre le spese pubbli- citarie in tv, investendo in digital advertising il 35% del marketing mix complessivo, in- crementerebbe i ricavi al box office del 34%. In base a quanto indicato da Daniel Kehrer in un articolo dell’1 luglio 2015 sul magazine Forbes, questo fenomeno viene definito dagli esperti point of diminishing return, ossia il punto in cui all’aumentare della spesa si ottengono dei ritorni di investimento decrescenti: nel caso in esame, per ottenere il risul- tato ottimale la quota da riservare alla televisione sul totale del marketing mix pubblici- tario si aggira attorno al 50%. Ovviamente, la situazione è molto diversa se si considerano i film indipendenti e quelli ad alto budget, così come sussistono grosse differenze tra l’Europa e gli Stati Uniti.

Indipendentemente dalla tipologia di film e dal luogo in cui viene distribuito, ciò che emerge con vigore negli ultimi anni è che la pianificazione della strategia di marketing diventa un elemento sempre più essenziale per determinare il successo o l’insuccesso di un film al botteghino e di conseguenza nei mercati di sfruttamento successivi. E in uno scenario in cui la competizione si espande, dove a contendersi l’attenzione degli utenti sono sempre più prodotti di intrattenimento e aumentano i costi (e i rischi) per produrre un film, ai distributori cinematografici non resta altra scelta se non di investire in modo aggressivo nel marketing (Vogel, 2015).

Prima di fare considerazioni ulteriori, vale la pena discutere il significato di marketing

50 Il Case Study: Media & Entertainment è stato pubblicato nel maggio nel maggio 2015 da MarketShare in partnership con Google, per comprendere quale influenza sui ricavi hanno gli investimenti pubblicitari nei canali digitali, a partire dallo studio 26 film americani classificati dall’MPAA come G13-action. In particolare, la ricerca ha analizzato l’impatto sui risultati al box office degli investimenti in televisione, digital, video, social media, search e le altre forme pubblicitarie concentrandosi su Stati Uniti, Australia, Brasile, Germania, Francia e Regno Unito nel biennio 2012-2013 (Kehrer, 2015)

nell’industria cinematografica e il suo legame con la distribuzione, a partire da alcuni contributi della letteratura accademica. Secondo Jason Squire (2016, p.277), il marketing di un prodotto filmico è “comunicare al mondo cos’è un film e perché è interessante”51. In particolare, Angus Finney (2015, p.131) sostiene che il marketing “offre un insieme di

strumenti di comunicazione e di strategie per connettere il prodotto ai venditori (ossia i distributori) e all’audience”52. E poiché ogni film è diverso, è evidente che ciascuno ri- chiede una strategia di marketing differente, da inserire al centro di qualsiasi piano per lo sfruttamento di un titolo (Finney, 2015). In questo senso allora il marketing e la distribu- zione lavorano mano nella mano (o almeno dovrebbero), tant’è che la linea che li separa viene spesso confusa (Ulin, 2014). È un processo che genera i massimi risultati quando le due fasi sono perfettamente integrate: mentre il marketing è finalizzato a suscitare in- teresse su un titolo e a incentivarne il consumo, la distribuzione si concentra a rendere tale consumo disponibile e profittevole.

Ciascun consumatore entra in contatto ogni giorno con un numero elevatissimo di input che influenzano le sue scelte di consumo di film, resi possibili dalla proliferazione negli anni degli strumenti di marketing a disposizione di un distributore (si pensi ad esempio ai trailer, i siti web, le recensioni, i post sui social network, le pubblicità, eccetera). Negli anni Trenta, le celebrità erano l’elemento centrale per la promozione di un film, e di con- seguenza ogni sforzo di marketing si concentrava esclusivamente sul fornire alla stampa i nomi delle celebrità e il titolo della pellicola per generare visibilità in prossimità dell’uscita del titolo in sala, in un contesto in cui tutto dipendeva dai risultati del primo weekend (Finney, 2015). Successivamente, più precisamente tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, i processi distributivi si allungarono e permisero ai film di ottenere un se- guito anche senza dover per forza dipendere dagli incassi al botteghino durante il wee- kend d’apertura, sfruttando gli effetti del word of mouth. Al giorno d’oggi, il marketing si configura come un processo onnicomprensivo che deve essere attivato lungo tutte le fasi della filiera, dal momento in cui il film viene ideato fino a quando giunge ai consu- matori. Basti pensare che nei progetti maggiori l’ideazione del piano di marketing e

51 Testo originale: “Marketing is the essential communication to the world as to what a movie is and why

it’s interesting” (Squire, 2016)

52 Testo originale: “Marketing offers a range of communication tools and strategies that conncet product

l’identificazione del budget da allocare alle attività di promozione costituiscono parte in- tegrante del processo di green-lightening (Squire, 2016). Come sottolinea Finney (2015), questa evoluzione ha permesso al marketing di smettere di essere approcciato dagli ope- ratori della filiera in modo marginale, quasi come fosse un’operazione fine a se stessa e di cui disporre solo nel momento in cui film viene distribuito al pubblico (nella maggior parte dei casi limitatamente all’uscita theatrical). In questo senso, lo sviluppo di internet e dei mezzi di comunicazione digitali iniziato nel Ventunesimo secolo hanno sancito la fine del marketing basato su un approccio top-down e l’inizio del marketing incentrato sul dialogo con i consumatori. In particolare, internet permette ai distributori cinemato- grafici di lanciare un messaggio in modo diretto all’audience interessata, di costruire re- lazioni di tipo one-to-one e di creare delle comunità (Finney, 2015), di farsi trovare dove oggi sono gli utenti e di comprenderne i gusti, fino a monitorare in tempo reale l’apprez- zamento del film uscito in sala (Squire, 2016).

Uno degli emblemi di questo cambiamento nell’industria del cinema è senza dubbio il film indipendente The Blair Witch Project (Sànchez & Myrick, 1999), che nel 1999 arriva a guadagnare quasi 250 milioni di dollari al box office internazionale con un film costato all’incirca 60 mila dollari, per un successo trainato dall’ideazione di un’innovativa stra- tegia di marketing (Young et. al, 2007). In quella che viene comunemente indicata come la prima campagna di marketing virale della storia del cinema, il produttore e distributore Artisan Entertainment (che durante il Sundance Film Festival del 1999 aveva acquistato i diritti sul film per circa un milione di dollari) comprese le enormi potenzialità di internet come leva per suscitare interesse tra il pubblico in modo spontaneo e generare coinvolgi- mento anche senza l’investimento di grosse cifre. Con un budget di 20 milioni di dollari impiegati complessivamente nella campagna, Artisan Entertainment riuscì a far credere che il film fosse in realtà un documentario i cui tre protagonisti erano davvero scoparsi nelle foreste del Maryland: fu dapprima rilanciato il sito “Blairwitch” inserendo nuovi video e inedite testimonianze (tra cui report della polizia e altri casi irrisolti di persone scomparse nella stessa zona, così da accrescerne la leggenda), per poi rilasciare il trailer nel sito “Ain’t It Cool News” e inviare materiali in esclusiva a più di duemila giornalisti, che fomentarono la discussione (Finney, 2015). A ciò conseguirono la diffusione di nu- merosi siti non ufficiali e il continuo emergere di nuove teorie da parte dei fan nei forum

e nelle chat sul web, per un fenomeno che proseguì nel corso dei mesi successivi. Lo studio di distribuzione adottò varie strategie per generare buzz attorno al film prima dell’uscita in sala, mescolando deliberatamente fatti e finzione: tra queste, la creazione di campagne ad hoc all’interno di 40 college americani, la collaborazione con i canali Sci Fi Channel e MTV per diffondere le news sull’argomento (il che manifestò la precisa volontà di colpire un target di età compresa tra i 14 e i 24 anni), fino anche a coinvolgere la nota piattaforma IMDb (che segnò i tre attori come “scomparsi, presunti morti”), cul- minando con l’acquisto di uno spazio pubblicitario sul magazine Variety durante il wee- kend di apertura, che consentì di ottenere oltre 20 milioni di visite al sito ufficiale in prossimità della sua distribuzione in sala nell’estate del 1999 (Silver, 1999).

Il successo globale di The Blair Witch Project (Sànchez & Myrick, 1999) rese evidente ai major studio e a tutti gli operatori del settore il potenziale della rete come mezzo per promuovere un film, ma è anche da intendersi come un primo segnale dell’importanza di progettare contenuti creativi all’interno della strategia di marketing e della forza del web per diffondere un messaggio e comunicare con un’audience specifica. Come sottolinea Meriah Doty in un articolo del 15 settembre 2016 sul magazine The Wrap, questo episo- dio ha condotto numerosi distributori ad accrescere gli investimenti di marketing online (con un budget che arriva anche a superare il 50% del totale degli investimenti di marke- ting, in un contesto in cui la gran parte delle spese riguardano i costi pubblicitari sui media tradizionali), segnando un trend soprattutto per i film horror a thriller a basso costo di produzione. E in questo senso, i social network, quali ad esempio Facebook, Instagram e Twitter, rappresentano il teatro per la sperimentazione di forme di coinvolgimento inte- rattive e immersive, in un contesto in cui la social experience del prodotto è una compo- nente sempre più necessaria e integrata (Zecca, 2012). Tutto ciò si traduce in un infinito ventaglio di possibilità a cui è facile accedere anche per i distributori indipendenti, e di conseguenza la centralità della questione si sposta da quanto budget investire a quali sono le migliori scelte da effettuare per promuovere un dato film, a partire dalle sue caratteri- stiche.

Tuttavia, come sostiene Ulin (2014), questo non significa che promuovere un film online sia meno complesso (con il proliferare dei contenuti sul web e della facilità di accedervi,

è molto più difficile distinguersi oggi che un tempo) o meno rischioso (si pensi a quanto è complicato controllare il flusso di un “messaggio” una volta che è stato condiviso agli utenti nella rete) rispetto a farlo attraverso i media tradizionali, né tantomeno che coin- volgere e suscitare interesse online si tradurrà sempre in maggiori incassi al box office. È piuttosto vero che pianificare il lancio di un film significa oggi dover coordinare e bilan- ciare gli sforzi di numerosi dipartimenti all’interno della divisione marketing di uno stu- dio di distribuzione, di cui il comparto digitale rappresenta una parte importante (ma ov- viamente non è la sola), con l’obiettivo di generare una connessione emozionale con il prodotto tale da spingere l’audience a volerlo consumare (Squire, 2016). Certamente, molto dipende dal tipo di film che viene commercializzato, poiché un film giudicato dall’audience come “brutto” difficilmente rende in sala, a prescindere dagli investimenti di marketing che vengono effettuati; una strategia ben congeniata può invece aiutare un film di qualità “mediocre” a generare maggiori incassi al box office, e di conseguenza nei mercati di sfruttamento successivi (Vogel, 2015).

Per gli operatori maggiori si tratta quindi di progettare una strategia di marketing inte- grata, adattando in modo originale ciascuna campagna sono solo al singolo film ma anche al territorio in cui il film viene commercializzato (specialmente se si considera la cre- scente importanza dei mercati internazionali degli ultimi anni), a partire da uno studio accurato della natura e della composizione del pubblico a cui il film è rivolto (Squire, 2016). I momenti di massimo sforzo sono quelli in prossimità della data in cui il film viene distribuito in sala, quando tutte le campagne sono attive (sui social media, in tele- visione, eccetera) e ogni decisione può incidere sul successo o l’insuccesso del film al botteghino, determinando così anche i risultati dell’operato del reparto marketing e in buona parte anche quelli dello studio di distribuzione.