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2.1. L’evoluzione storica della filiera cinematografica negli Stati Uniti

2.1.3. Old Hollywood (1930-1950)

L’industria cinematografica degli anni Trenta si sviluppa quasi unicamente in California, che nel 1937 offre lavoro a oltre 34.000 persone (contro le quasi 3.000 situate a New York), concentrando l’87,8% degli impiegati nel settore (Scott, 2005). Al centro di questo mercato c’è Hollywood e tutto è in mano a un numero ristretto di società, in quello che viene definito come Hollywood studio system (Gomery, 2005). In base a quanto scritto da Douglas Gomery (2005) nel suo The Hollywood Studio System: A History, a conten- dersi il mercato in questi anni sono i “big five” (Paramount, Warner Brothers, Fox, MGM e RKO), che integrano tutte le fasi della filiera nelle modalità già descritte, e i “little three” (Universal, Columbia e United Artists), i quali uniscono la produzione e la distribuzione. Se l’attività di produzione si concentra a Hollywood, i grandi dirigenti delle major riman- gono a New York, dove possono concordare e gestire al meglio i finanziamenti richiesti in fase di produzione (Scott, 2005). L’oligopolio genera delle barriere all’entrata insupe- rabili per gli eventuali nuovi entranti e garantisce alle major la maggior parte dei profitti tramite il controllo di un numero limitato di sale: si calcola infatti che pur possedendo il 15% delle sale negli Stati Uniti le major si spartivano una percentuale compresa tra il 50% e il 75% dei ricavi totali al box office (Gomery, 2005).

A rendere possibile questa cannibalizzazione del mercato è un meccanismo organizzativo che è considerato l’antenato del sistema delle finestre di distribuzione, sebbene il solo mercato di sfruttamento dei film fosse la sala cinematografica. In quello che Douglas Gomey (2005) definisce run-zone clearance system, il territorio degli Stati Uniti viene suddiviso in un totale di trenta mercati, a loro volta frammentati in zone a cui ciascuna sala viene associata, chiamate run. Innanzitutto le pellicole vengono distribuite “in prima visione”, o meglio first-run, nei centri principali e solo successivamente nelle zone rurali o di periferia, al termine di un periodo di esclusiva chiamato clearance. Il periodo di tempo che separa le first-run da quelle successive può variare dai sette ai trenta giorni, fino a un massimo undici visoni (in questo modo ciascun film circola anche per molti mesi). A ciascuna zona è associato un prezzo decrescente: se in first-run il prezzo per la visione di un film è di circa due dollari, a fronte di grossi investimenti pubblicitari, nelle

visioni successive arriva anche a dieci centesimi, operando quindi una discriminazione di prezzo di secondo grado. Inoltre, a questo sistema si legano anche le già discusse pratiche commerciali del blind buying e del block booking, con il risultato che il rischio è addos- sato completamente agli esercenti. Tutto ciò consente alle major di (Gomery, 2005):

• Minimizzare il numero di sale da possedere (solo quelle nelle zone chiave) • Ottimizzare la frequentazione delle sale da parte degli spettatori

• Ridurre gli alti costi di duplicazione delle copie

• Annullare quasi del tutto i costi di transazione con gli esercenti

Tra il 1942 e il 1945 Hollywood sperimenta il periodo di maggiore successo della sua storia, con due-terzi della popolazione a frequentare le sale almeno una volta alla setti- mana (Sklar, 1994). Nel 1946 il cinema rientra per la prima volta tra i dieci settori più rilevanti negli Stati Uniti, generando l’1,5% dei ricavi totali (Gomery, 2005). Tuttavia, questa situazione così favorevole all’industria cinematografica e soprattutto alle otto so- cietà che controllano il mercato, ormai anche a livello internazionale, non dura molto a lungo. Alla fine degli anni Quaranta sono due gli eventi che trasformano in modo perma- nente la struttura del settore, portando al passaggio verso un nuovo periodo storico: il

Paramount Decree26 del 1948, che colpisce nel profondo tutti i major studio, e la defini- tiva consacrazione della televisione come principale strumento di intrattenimento (Sklar, 1994; Scott, 2005; Gomert, 2005; Cunningham & Silver, 2013).

Il Paramount Decree condanna i “big five” e i “little three” a cedere tutte le sale in loro possesso, eliminando la possibilità di integrare verticalmente tutti e tre gli stadi della fi- liera, oltre a vietare l’utilizzo delle pratiche commerciali scorrette nei confronti degli eser- centi, tra cui il blind selling e il block booking (Orbach & Einav, 2007). L’obiettivo di promuovere la libertà di mercato e favorire gli esercenti e i produttori indipendenti non viene però raggiunto, e il risultato è piuttosto una riduzione dell’offerta totale di film e un aumento dei film ad alto budget (su cui investono i major studio per ridurre i rischi), costringendo gli esercenti ad aumentare il prezzo dei biglietti e paradossalmente rendendo

26 Lo United States vs Paramount Pictures, Inc. et al., 334 US 131(1948), anche noto come Paramount

Decree, è il decreto con il quale nel 1948 la Corte Suprema degli Stati Uniti condanna gli otto major studio

per la violazione delle sezioni 1 e 2 dello Sherman Act del 1890, riguardanti l’utilizzo di pratiche commer- ciali sleali e la monopolizzazione del mercato (Justia, 2016)

il gioco più complicato per i produttori indipendenti (Hoffmann, 2013). Rispetto al di- vieto di integrazione verticale tra distribuzione ed esercizio, dal primo decennio degli anni Ottanta il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti offre un’interpretazione più tollerante del Paramount Decree (Blackstone & Bowman, 1999), con alcuni casi di re- integrazione tra queste due fasi della filiera (si pensi all’acquisto di Loew’s Cineplex da parte di Sony Coroporation). Inoltre, si sottolinea che l’integrazione verticale tra le tre fasi della filiera cinematografica incorre anche nel caso di controllo di mercati secondari, quali ad esempio l’Home Video o la televisione via cavo e satellitare, il che rappresenta la norma per i moderni conglomerati mediatici.

Contemporaneamente a questo sconvolgimento, nello stesso periodo e specialmente du- rante gli anni Cinquanta la televisione (sebbene in commercio dalla fine degli anni Trenta) prende terreno tra il pubblico americano, e lo fa a discapito della sala cinematografica (Cunningham & Silver, 2013). In particolare, se fino al 1946 il principale mezzo della cultura di massa è il cinema, successivamente lo diventa con forza la televisione (Sklar, 1994). Infatti, si conta che nel decennio degli anni Cinquanta il tasso di penetrazione della televisione passa dal 9% all’86%, mentre le presenze in sala cinematografica calano di oltre il 45% (Cunningham & Silver, 2013). Sono i principali segni della fine dello Studio System di Hollywood in favore di una riorganizzazione del settore verso una struttura più decentrata e flessibile, con una filiera che, affiancando la sala ad altre forme di sfrutta- mento, comincia ad assumere la conformazione attuale (La Torre, 2006).