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2.1. L’evoluzione storica della filiera cinematografica negli Stati Uniti

2.1.4. New Hollywood (1950-oggi)

Come si è detto, a seguito del Paramount Decree e della sostituzione della televisione al cinema come principale forma di intrattenimento del pubblico americano l’industria ci- nematografica statunitense inizia ad assumere una nuova fisionomia, che dopo una ri- strutturazione di oltre trent’anni (tra il 1950 e il 1970) nel 1980 produce non solo un nuovo modello di business ma anche una nuova estetica del cinema popolare (Scott, 2005).

Figura 2.1: Ricavi totali al box office, numero di film distribuiti dagli otto major studio e numero totale di film distribuiti tra gli anni Trenta e gli anni Settanta negli Stati Uniti

Fonte: Film Fact (Steinberg, 1980)

In Figura 2.1 sono rappresentati alcuni elementi di questo periodo di transizione, tra cui la riduzione dei ricavi totali generati nel settore e del numero totale di film distribuiti dai

major studio, a fronte di un progressivo aumento del numero di film realizzati produttori

indipendenti dalla seconda metà degli anni Sessanta in poi. Un altro fattore che segna questo passaggio è la diffusione della televisione a colori nel 1967, che riduce ulterior- mente il numero di spettatori in sala cinematografica e fa fallire molti dei blockbuster27 distribuiti in quell’anno dalle major (Cunningham & Silver, 2013). Si calcola infatti che tra il 1969 e il 1971 ben sei degli otto major studio riportano delle perdite finanziarie in almeno uno degli anni considerati (Jowett & Linton, 1980). Secondo Stuart Canningham e Jon Silver (2013) i major studio di Hollywood, seppure vicini alla bancarotta, sono riusciti mantenere il dominio del mercato in questa fase soltanto grazie alla loro forza nella distribuzione e per l’assenza di un’offerta alternativa di prodotti filmici di qualità,

27 Il blockbuster, letteralmente “successone”, è il nome che viene comunemente indicato per indicare una tipologia di film ad alto budget e indirizzati a un pubblico molto vasto. Sono generalmente caratterizzati da una narrativa semplice ma sviluppata con un ritmo incalzante, dalla presenza di almeno una star di Holly- wood e da un finale edificante. Un altro importante aspetto che li qualifica sono i grandi investimenti nel marketing e nella distribuzione, che arrivano anche a pareggiare o a superare i costi di produzione. Per la maggior parte della letteratura il primo blockbuster della storia è Lo Squalo (1975) di Steven Spielberg, con la sua massima espressione in Titanic (1997) di James Cameron (Scott, 2005)

anche se si sottolinea come i reali vincitori furono coloro che controllavano il nuovo mer- cato, la televisione.

Seguendo il ragionamento proposto da Allen Scott (2005) nel libro On Hollywood, la “nuova Hollywood” è quindi da intendersi in contrapposizione con la vecchia Hollywood, che dopo il periodo di assestamento sopra descritto si caratterizza in base ai cinque se- guenti elementi:

• Un’intensificazione del divario a Hollywood tra il cinema delle grandi produzioni, ossia i blockbuster delle Major, e quello a budget più modesto dei produttori in- dipendenti;

• La fusione delle major per la formazione di enormi conglomerati mediatici la cui scala di operazioni è globale (si pensi a 21st Century Fox, che comprende anche il business televisivo, sia via cavo che satellitare);

• Un aumento della decentralizzazione geografica delle attività di riprese da Holly- wood, in favore di luoghi come il Canada, l’Australia, il Messico e la Gran Bre- tagna;

• La proliferazione di nuovi mercati che si basano sullo sfruttamento di diritti pro- prietà intellettuale (Home Video, Pay Tv, eccetera);

• La penetrazione delle nuove tecnologie informatiche in tutte le fasi della produ- zione di un film e nei processi di distribuzione.

Un altro importante fenomeno che si verifica a partire dagli anni Ottanti è l’aumento del numero delle sale cinematografiche lungo tutto il territorio degli Stati Uniti (e in generale nel mondo), legato fondamentalmente allo sviluppo dei cinema multisala, ossia i multi-

plex, nelle aree suburbane (Vogel, 2015). In base a quanto riportato da National Associa-

tion of Theater Owners (NATO), si conta che tra il 1988 e il 2000, negli Stati Uniti il numero di sale aumenta del 61% (passando da 23.000 a circa 37.000), mentre le presenze aumentano del 36%. Si parla in proposito di overscreening, e porta negli anni Novanta al fallimento di quattro tra le sei principali catene di sale cinematografiche negli Stati Uniti (in particolare United Artists, General Cinema, Regal Cinema e Loews Cineplex Enter- tainment), per aumento delle sale che continua ancora oggi con la diffusione dei digital cinema (Ulin, 2014).

Tabella 2.1: Numero di film distribuiti dai produttori indipendenti e dai major studio tra il 1980 e il 2000 negli Stati Uniti

Fonte: On Hollywood (Scott, 2005)

Per comprendere al meglio i cambiamenti nella filiera cinematografica vale la pena ana- lizzare il modo in cui i major studio si sono evoluti negli ultimi trent’anni, sviluppando una visione strategica differente rispetto al passato. Innanzitutto, l’industria cinematogra- fica statunitense oggi si caratterizza per un ristretto numero di società che integrano le attività di produzione, distribuzione e finanziamento (l’oligopolio formato dai sei major

studio e le mini-major, con un potere non così dissimile rispetto a quello delle major degli

anni Quaranta), le quali a loro volta dipendono e si rapportano regolarmente con una grande quantità di attori minori, identificabili in produttori indipendenti e fornitori di ser- vizi ad alta specializzazione tecnologica, formano così un network altamente dinamico e mutevole (Vogel, 2015). Questo è ancora più evidente se si considera il circuito delle sussidiarie cinematografiche dei major studio (si pensi ad esempio a Marvel Studios, che fa parte di The Walt Disney Studios), sviluppato negli ultimi anni al fine di ripartire i rischi, diversificare l’offerta e sondare le nuove opportunità offerte dal mercato (Vogel, 2015; Scott, 2005). In contrapposizione a questa parte di mercato, dalla seconda metà degli anni Ottanta a Hollywood si assiste anche alla diffusione di numerosi piccoli studi di produzione e di distribuzione completamente indipendenti dalle major (si veda la Ta- bella 2.1), che coprono una grande varietà di nicchie di mercato e i cui prodotti si diffon- dono principalmente attraverso i mercati ancillari (Scott, 2005).

Ma a cambiare la struttura dell’industria cinematografica e le relative economie sono so- prattutto gli sviluppi dei mercati di sfruttamento secondari, con la diffusione dei canali alternativi alla sala cinematografica, e delle nuove geografie del settore, con l’aumento del consumo di cinema nei mercati internazionali. Da un lato, a partire dagli anni Ottanta la globalizzazione trasforma radicalmente l’importanza e il peso dei mercati internazio- nali (si veda la Figura 2.2), tanto che tra il 1985 e il 2010 i ricavi dal box office interna- zionale passano dal 40% al 70% sul totale a livello globale (Ulin, 2014). Si tratta di una grossa opportunità per i major studio, che spingendosi nei nuovi territori (con particolare riguardo per la Cina, attualmente il mercato in maggiore espansione) possono moltipli- care le possibilità di generare profitti, e in questo senso si spiega il recente trend di lan- ciare i film all’estero prima che negli Stati Uniti (Ulin, 2014).

Figura 2.2: Il box office internazionale espresso come percentuale del box office globale tra il 1985 e il 2012

Fonte: The Business of Media Distribution (Ulin, 2014)

Per competere nel mercato globale aumentano notevolmente i costi di produzione per i

major studio, in particolare per la maggiore richiesta di blockbuster da esportare in questi

mercati, che tra il 1980 e il 2007 passano da circa 9,5 a 70 milioni di dollari per film, con una crescita annuale di oltre il 7,5% (Vogel, 2015). Parallelamente, incrementano anche i costi di distribuzione e di marketing, che mediamente valgono il 50% dei costi di pro- duzione (Scott, 2005; Pasquale, 2012; Vogel, 2015), rendendo necessari capitali sempre più elevati. Oltre a un maggiore coinvolgimenti degli operatori finanziari (quali le banche

e i venture capitalist), tutto ciò ha portato alla formazione di numerose joint venture in- ternazionali (si pensi a United International Pictures, nata nel 1981 come joint venture paritaria tra Paramount Pictures, Universal Pictures e MGM, quest’ultima fino al 2001), con il principale compito di distribuire i film in vari territori internazionali e di gestirne i diritti di sfruttamento (Ulin, 2014). Dopo un ridimensionamento nel primo decennio degli anni Duemila, secondo Jeffrey Ulin (2014) da identificarsi per ragioni sia egoistiche che economiche, negli ultimi anni le joint venture tra major studio sembrano tornare in auge, spinte dalla crescente importanza dei nuovi mercati digitali.

Tabella 2.2: Le fonti di ricavo nell’industria cinematografica per mercato di sfrutta- mento (in miliardi di dollari) tra il 1948 e il 2007 negli Stati Uniti

Fonte: Entertainment Industry Economics (Vogel, 2015)

Accanto alla crescita del cinema nei mercati internazionali, un altro aspetto fondamentale è l’importanza sempre maggiore che assumono i mercati secondari rispetto alla sala cine- matografica. Seguendo l’approccio proposto da Harold Vogel (2015) nel libro Entertain-

ment Industry Economics, non ci sono dubbi sul fatto che i nuovi media abbiano modifi-

cato la struttura dei ricavi nell’industria cinematografica, moltiplicando le fonti di ricavo. Come si nota dalla Tabella 2.2, tra il 1948 e il 2007 sia il segmento Home Video che quello televisivo (inteso come somma dei ricavi generati da televisione gratuita e a paga- mento) arrivano a doppiare la sala cinematografica per ricavi generati, facendo scendere il contributo dell’esercizio al 20% su un totale di circa 43 miliardi di dollari.

termini di fonti di ricavo dalla vendita di un film, ancora oggi la sala cinematografica è considerata il mercato primario (eccetto per alcuni esperimenti che saranno affrontati nel Capitolo Tre). Ecco allora che, come la globalizzazione ha spinto i major studio a operare negli ultimi anni numerose joint venture internazionali per competere nel mercato glo- bale, allo stesso modo questi cambiamenti nei mercati di sfruttamento dell’opera cinema- tografica portano alla formazione di enormi conglomerati mediatici (Vogel, 2015), che generalmente uniscono il business cinematografico a quello televisivo.

Infine, da sottolineare è anche il recente trend che vede l’interessamento dei principali mercati internazionali a Hollywood. Un esempio su tutti è la Cina, i cui ricavi al box office crescono dal 2011 a un ritmo del 34% l’anno (raggiungendo nel 2015 quota 6,8 miliardi di dollari, secondo dietro agli 11,1 miliardi di dollari registrati negli Stati Uniti e in Canada nello stesso anno), con previsione di superare il Nord America nel 2017 come primo mercato al mondo (MPAA, 2016). In particolare, secondo un articolo di Anousha Sakoui su Bloomberg Businessweek del 25 febbraio 2016 questo storico “passaggio del testimone” sarebbe confermato anche una riduzione del peso di Hollywood nel mercato cinese (passando al 32%, con una riduzione di 17 punti percentuali in tre anni), a fronte di un’audience in crescita testimoniata dall’aumento del numero degli schermi, per un totale di quasi 32.000 totali (una crescita davvero notevole considerato che nel 2008 erano 4.000). Non stupisce allora se le società cinesi stiano puntando a ottenere un controllo su Hollywood, come dimostra l’acquisizione di Legendary Entertainment da parte di Wanda Group nel mese di gennaio (Sakoui, 2016).

Per concludere, secondo Stuart Cunningham e Jon Silver (2013) ciò che la storia del ci- nema e dell’industria cinematografica realmente insegna è che a determinare il potere di mercato in questo settore è il controllo delle nuove piattaforme di distribuzione dei con- tenuti (dalle sale cinematografiche alla televisione, fino ad arrivare alle piattaforme digi- tali), e in questo senso si spiegano anche i recenti tentativi da parte dei major studio di entrare nel mercato delle piattaforme di online Video on Demand (si pensi a Hulu, nato nel 2007 da una joint venture tra Fox Entertainment Group, NBC Universal e Disney ABC).