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2.4. Distribuzione

2.4.2. Gli attori della distribuzione cinematografica

È possibile affermare che la distribuzione cinematografica a livello globale si basa sul modello americano (Squire, 2016). In questo senso, il lancio di ciascuna opera cinemato- grafica nei vari territori viene generalmente gestita da chi detiene i diritti di distribuzione su di essa, nonché da chi ha il controllo delle piattaforme digitali di distribuzione. Foca- lizzandosi sulla prima categoria, negli Stati Uniti si distinguono principalmente due tipo- logie di distributori, ossia i major studio e le relative sussidiarie, sui quali si concentra la distribuzione dei principali titoli per il mercato globale, e un elevato numero di società di distribuzione indipendenti (Young et. al, 2007). È interessante sottolineare una prima di- stinzione rispetto al panorama descritto in precedenza relativo alla produzione, ossia che in questa fase le mini-major non hanno la medesima influenza, poiché il loro core busi-

ness risiede appunto nella produzione. Fanno eccezione realtà come ad esempio The

Weinstein Company e Lionsgate, che con budget nettamente inferiori rispetto a quelli impiegati dalle Major riescono comunque a distribuire con successo i propri film a livello internazionale (Vogel, 2015).

Stando ai numeri riportati nel sito di Box Office Mojo, nel 2015 i sei major studio holly- woodiani (Walt Disney Pictures, Sony Pictures Entertainment, Paramount, 20th Century Fox, Warner Bros. e Universal) hanno inciso per oltre l’80% sul totale al box office ame- ricano, più della metà del quale generato da Universal e Disney (Box Office Mojo, 2016). Nonostante i numeri al box office non siano l’unico parametro da dover considerare per comprendere le reali dinamiche della distribuzione e in generale dell’industria cinemato- grafica, questi dati sono comunque sufficienti per poter sostenere che il settore cinema- tografico, quantomeno in termini economici, sia nelle mani di questi sei operatori. Vale la pena notare che il potere di tali soggetti non si limita solamente al cinema, poiché ciascuno dei major studio è a sua volta parte di enormi conglomerati mediatici, oltre al fatto che ognuno di essi è presente sul mercato cinematografico con diversi marchi (Corvi, 2016). Seguendo l’ordine decrescente delle quote di mercato al box office del 2015 se- condo la classifica di Box Office Mojo, le sei Major sono così costituite:

• Comecast detiene una grossa fetta del mercato cinematografico negli Stati Uniti grazie al controllo su Universal, la quale a sua volta possiede, tra i principali mar- chi, Universal Pictures (che nel 2015 ha realizzato 21 film che hanno incassato più di 2,4 miliardi di dollari solamente nel suolo americano), Focus Features e DreamWorks Animation42;

• Walt Disney Pictures appartiene a The Walt Disney Company, che distribuisce e commercializza i propri film tramite The Walt Disney Studios Motion Pictures (precedentemente conosciuto come Buena Vista Pictures Distribution). Le princi- pali etichette che fanno capo a Disney sono Pixar, Marvel Studios, Lucasfilm e ovviamente Walt Disney Pictures;

• Warner Bros. fa parte di Time Warner e ha come maggiori marchi Warner Bors. Pictures, New Line Cinema e DC Films;

• 20th Century Fox è parte del gruppo di proprietà di Rupert Murdock 21st Cenu- tury Fox, che oltre al major studio possiede anche Fox Searchlight Pictires, Blue Sky Studios e il 20% delle quote di New Regancy Production;

42 A partire dal 22 agosto 2016 DreamWorks Animation entra a far parte di Universal Filmed Entertainment Group, a seguito dell’acquisizione da parte di NBCUniversal per una cifra di 3,8 miliardi di dollari (Come- cast, 2016)

• Sony acquista, distribuisce e produce film per le etichette Sony Pictures Classics, Destination Films, Screen Germs, TriStars Pictures e Columbia Pictures;

• Viacom controlla Paramount, che produce e distribuisce film con i marchi Para- mount Pictures43, Paramount Vintage, Paramount Classics, MTV Films, Nickelo-

deon Movies e Insurge Pictures;

Si tratta di un quadro estremamente variegato e soggetto a un continuo mutamento, che negli ultimi vent’anni ha visto l’alternarsi di innumerevoli fusioni e ristrutturazioni fino a configurare la struttura sopra descritta (Vogel, 2015). Come si è detto, ciascun major

studio produce e distribuisce non solo i propri film, ma anche quelli delle etichette che

sono in suo possesso o con le quali si lega per dei singoli progetti, come inoltre accade che le Major collaborino tra loro per la realizzazione di alcuni film maggiori spartendosi i diritti di distribuzione nei diversi mercati. È interessante notare che il numero di film distribuiti nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti e del Canada è in aumento nell’ul- timo decennio (si veda la Tabella 2.5), con una netta differenza tra i major studio e le proprie sussidiarie, i quali sono membri dell’MPAA44, e gli operatori indipendenti: il nu- mero di prodotti filmici indipendenti è infatti in costante aumento, seguendo un trend iniziato negli anni Ottanta, mentre più contenuta è la crescita dei film da parte delle Major, che al contrario si focalizzano in misura sempre maggiore su produzioni ad alto budget e con elevati costi di commercializzazione. Ovviamente, la distribuzione dei film indipen- denti coinvolge un numero di attori molto più elevato e riguarda opere con un budget molto più basso, così come nettamente inferiori sono le performance al box office, ed è proprio da questi aspetti che deriva l’elevata concentrazione dell’industria del cinema negli Stati Uniti.

43 In base a quanto riportato da Rick Carew, Almol Sharma e Ben Fritz (2016) all’interno di un articolo del

The Wall Street Journal, nel luglio 2016 Dalian Wanda Group, il gruppo cinese di proprietà di Wang Jialin

che già possiede Legendary Entertainment e la catena AMC Entertainment, ha manifestato l’intenzione di voler acquisire il 49% delle quote di Paramount Pictures, con un’offerta compresa tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari. In questo modo il gruppo cinese avrebbe la possibilità di ottenere un maggiore controllo sul mercato cinematografico statunitense (Carew et. al, 2016)

44 Istituita nel 1922, la Motion Pictures Association of America (MPAA) è un’associazione di categoria finalizzata alla promozione degli interessi degli studi cinematografici che rappresenta, tra i quali figurano sei major studio hollywoodiani. L’organizzazione si occupa della tutela diritti di proprietà intellettuale delle opere audiovisive e inoltre amministra il sistema di rating dei film, grazie al quale i film vengono classificati in base al loro contenuto così da stabilire a quale pubblico sono adatti. L’MPAA opera a livello globale tramite numerosi uffici collocati a livello regionale e collabora con altre organizzazioni in 30 Paesi nel mondo. In Italia è socia della Federazione Anti-Pirateria Audiovisiva (MPAA, 2016)

Tabella 2.5: Numero di film distribuiti in sala negli Stati Uniti e in Canada tra il 2006 e il 2015

Fonte: Theatrical Market Statistics 2015 (MPAA, 2016)

Discorso a parte meritano le sussidiarie degli studio, le quali permettono una diversifica- zione dei rischi grazie alla possibilità di realizzare prodotti differenti, sia in termini di budget che di tipologia di contenuto, anche se il loro numero è in calo (Ulin, 2014). Ri- spetto ai contenuti, la presenza di queste divisioni consente agli studio di sperimentare vari generi e coprire le nicchie di mercato, molto spesso ottenendo grandi risultati durante le premiazioni ufficiali: si pensi a Fox Searchlight, la divisione di Fox specializzata nella produzione e la distribuzione di film indipendenti, che nel 2015 ha visto vincere l’Oscar come miglior film a Birdman or (The Unexpected Virtue of Ignorance) (G. Iñárritu, 2014), realizzato con un budget di 18 milioni di dollari (Box Office Mojo, 2016). D’altra parte, non sempre il budget dei film prodotti e distribuiti dalle sussidiarie è inferiore in confronto a quello delle Major: al riguardo è sufficiente citare Marvel Studios, le cui sin- gole produzioni possono superare i duecento milioni di dollari, come è avvenuto ad esem- pio con il film The Amazing Spider-Man (M. Webb, 2012) per cui sono stati spesi circa 230 milioni di dollari (Box Office Mojo, 2016).

Al di là del numero di film realizzati in un anno e del budget mediamente impiegato per la loro produzione e distribuzione, ciò che realmente distingue le Major dagli altri opera- tori nella distribuzione è proprio il fatto di integrare queste due fasi della filiera. Questo permette loro di pianificare delle strategie di medio-lungo periodo senza dipendere da nessun altro soggetto, avendo a disposizione capitali quasi illimitati ed esercitando un enorme potere contrattuale sugli esercenti e sui vari operatori dei mercati secondari. Non

solo, perché si esclude Columbia Pictures (dove la presenza di Sony è stata originaria- mente dettata dal desiderio di imporre i propri standard tecnologici, e quindi non focaliz- zandosi sui contenuti), tutti i major studio hanno una forte presenza nei segmenti video, integrando il comparto televisivo con la produzione e la distribuzione cinematografica (Zecca, 2012). E in questo senso sono da spiegarsi anche gli interessamenti sempre mag- giori da parte di questi operatori verso la distribuzione online, poiché storicamente il po- tere di mercato è sempre stato in mano a chi deteneva il controllo delle piattaforme di distribuzione dei contenuti (Cunningham & Silver, 2013).

Su un piano completamente differente, la distribuzione del cinema indipendente negli Stati Uniti è molto più articolata e complessa. In questo caso, accade raramente che uno studio di produzione indipendente sia in possesso anche di un braccio distributivo, e per per questa fase solitamente tali realtà fanno affidamento sui major studio, tramite accordi di vario genere (si pensi ad esempio alla formula rent-a-distributor, dove il distributore fornisce solo i servizi legati alla commercializzazione del film, ma tutti i costi sono co- perti da terze parti), oppure su distributori indipendenti, i quali si concentrano sui mercati locali e regionali che non sono ben presidiati dalle Major (Vogel, 2015). I distributori indipendenti sono perlopiù imprese di piccole dimensioni e come tali sono maggiormente soggette alle oscillazioni del mercato e di conseguenza ai rischi: ciascuna società si oc- cupa della distribuzione di un numero di titoli che varia tra i due e i tre l’anno, anche se non manca chi ne distribuisce anche più di dieci (Scott, 2005). Solitamente questi soggetti operano in un territorio soltanto e si assicurano i diritti di sfruttamento di un film all’in- terno del territorio presidiato (Kerrigan, 2010). Un aspetto fondamentale che deve essere considerato è che la distribuzione in sala delle opere indipendenti è molto complicata da ottenere per questi soggetti e per tale ragione la maggior parte dei film trovano più facil- mente spazio all’interno dei network televisivi o delle piattaforme di VoD quali Amazon o Netflix, e più in generale nelle forme di distribuzione direct-to-video (Vogel, 2015).

pendente non sono dettagliati quanto quelli sui film dei major studio. Tuttavia, le statisti- che fornite dal Sundance Film Festival45 del 2016 sono indicative del trend che stanno seguendo queste produzioni: sono 105 (sui 125 presentati al festival) i film che hanno raggiunto accordi di distribuzione nel 2015, con un incremento del 20% rispetto all’anno precedente e decisamente superiore rispetto ai soli 12 film del 2010 (Leipzig, 2016). In base a quanto indicato in un articolo di Adam Leipzig del 20 gennaio 2016 su Cultural

Weekly, la principale ragione di questo aumento è da associarsi alla sempre maggiore

penetrazione dei servizi di streaming (come Netflix o iTunes), che sono alla ricerca di nuovi contenuti da distribuire nei territori in cui operano. A ciò fa da contraltare la grande difficoltà di queste opere a trovare spazio per una distribuzione in sala cinematografica, e ciò a causa dei grandi rischi ad essa associati. Basti pensare che nel 2015 il 92,1% del box office americano proviene dai 147 film distribuiti dai major studio e relative sussi- diarie, su un totale di oltre 700 film (Leipzig, 2016). È interessante comunque notare che i festival del cinema, su cui si tornerà in seguito, rappresentino ancora oggi un’importante occasione d’incontro tra i produttori e i distributori indipendenti (Scott, 2005), ed è in questi momenti che entrano in gioco gli agenti di vendita e le agenzie di vendita.

Nel panorama frammentato del cinema indipendente, una delle figure più importanti è certamente quella delle agenzie di vendita e degli agenti di vendita, i quali agiscono so- stanzialmente come intermediari tra i produttori cinematografici e i distributori interna- zionali. Più nello specifico, gli agenti di vendita e le agenzie di vendita possono rappre- sentare un produttore o un finanziatore di un film e si occupano di dare in licenza o vedere i diritti delle opere ai distributori locali e agli altri player rilevanti nei vari mercati secon- dari, compresi quelli ancillari (hotel, aerei, merchandising, eccetera), facendo leva prin- cipalmente sul proprio network di contatti (Kerrigan, 2010). Se un’agenzia di vendita acquista i diritti sul film, allora viene considerata a tutti gli effetti un “distributore inter- nazionale” (Finney, 2015). Tra gli studiosi che hanno prestato maggiore attenzione al ruolo delle agenzie di vendita c’è Angus Finney (2015), che nel libro The International

45 Il Sundance Film Festival è il principale festival del cinema indipendente negli Stati Uniti, e ha luogo a Park City nel mese di gennaio. La prima edizione del festival risale al 1978, con lo scopo di interessare registi, sceneggiatori e produttori indipendenti, e ha il nome di Utah/United States Film Festival. Nel 1981 Robert Redford fonda il Sundance Institute, un’organizzazione senza scopo di lucro finalizzata a sostenere il cinema indipendente, che nel 1984 assume il controllo e la direzione artistica del festival, e ne cambia il nome in Sundance Film Festival nel 1991 (Sundance, 2016)

Film Business: A Market Guide Beyond Hollywood sostiene che le attività di questi ope-

ratori possono essere così riassunte:

• Acquisto del prodotto: il rapporto che si instaura tra l’agenzia e il network di pro- duttori cinematografici con cui collabora è molto forte e si nutre di ripetuti feed- back e consigli già a partire dalla fase dello sviluppo di un’opera, al fine di ren- derla quanto più attraente possibile in fase di vendita;

• Vendite: è la fase più importante, ossia quella in cui vengono negoziate le licenze con i distributori per uno o più film nei vari territori, regolandone i termini dello sfruttamento commerciale nei mercati di sfruttamento (sala, Home Video, Pay Tv, Free Tv, eccetera) per un periodo di tempo determinato. Di cruciale importanza in questo momento sono le cosiddette “stime” di vendita, che riguardano delle ipotesi sul valore del film in ciascun territorio in cui viene commercializzato, le quali risultano essere uno strumento fondamentale per attrarre i finanziatori e gli investitori in fase di finanziamento;

• Marketing e pubblicità: generalmente le agenzie di vendita sono in possesso di un dipartimento di marketing che si occupa non solo di curare l’immagine e il posi- zionamento di ciascun film, ma anche di fare branding per l’agenzia stessa. Le attività di marketing in questione, spesso realizzate in collaborazione di agenzie esterne, comprendono la realizzazione del trailer o del teaser, i poster, la realizza- zione del sito web, la preparazione del materiale informativo per la stampa e ul- teriori materiali che i distributori locali possono utilizzare nei propri mercati. Gli sforzi principali sono sostenuti in concomitanza dei mercati e dei festival in cui i film sono lanciati;

• Accordi legali: nonostante la maggior parte dei contratti siano gestiti da avvocati ed esperti legali interni o esterni alla società, è fondamentale che già dai primi contatti le parti siano informate sui principali diritti che vengono garantiti nell’ac- cordo, e in tal senso anche gli agenti vengono parzialmente coinvolti in questa fase nel loro lavoro, agendo come una sorta di “collante” tra le varie parti; • Servizi tecnici: finché il film non è consegnato al distributore, le agenzie di ven-

dita non ricevono alcun guadagno. Ecco allora che è di fondamentale importanza avere un dipartimento che si occupi delle questioni di natura tecnica o in alterna- tiva affidarsi a una società che svolga tali attività in outsourcing. Si tratta di fornire

tutti i materiali che hanno a che fare con lo sfruttamento del film, dalle copie del film alle tracce audio in lingua straniera, dagli elementi di marketing alle diverse documentazioni.

Le agenzie di vendita gestiscono mediamente tra i dieci e i quindici titoli all’anno (anche se non mancano agenzie che arrivano a occuparsi di 25 opere, gestite sotto etichette dif- ferenti), mentre le più importanti occasioni dove vendere i film ogni anno sono i mercati di Cannes, Berlino e l’American Film Market, così come i festival cinematografici (Fin- ney, 2015). A livello globale, le principali agenzie al di fuori di Los Angeles e Toronto sono localizzate a Londra, dove nel 2005 erano presenti 35 agenzie di vendita (Kerrigan, 2010). Come si è detto in precedenza, questi attori rivestono un’importanza fondamentale soprattutto per la filiera indipendente, in quanto le vendite internazionali per i major stu-

dio sono regolate in automatico nei contratti di licenza o sono gestite tramite le loro sus-

sidiarie nei vari territori (Bloore, 2009).

Per quanto riguarda gli attori della distribuzione cinematografica in Europa, in questa fase della trattazione si farà riferimento principalmente al report Statistical, Ecosystems and

Competiveness Analysis of the Media and Content Industries: The Film Sector46 realiz- zato da Sophie De Vinck e Sven Lindmark (2012), salvo poi inserire i contributi più re- centi per l’analisi del mercato italiano. Ciò che emerge dall’analisi dei due autori è che in Europa i distributori hanno ancora oggi un ruolo cruciale di collegamento tra la produ- zione e il consumo di un film, mentre il ricorso agli agenti di vendita è piuttosto limitato (basti pensare che nel 2003 erano 50 le agenzie di vendita che operavano nel suolo euro- peo). Analogamente a quanto descritto nel panorama statunitense, si rileva una netta con- trapposizione tra i distributori indipendenti e i major studio, i quali operano nei singoli territori europei per mezzo di sussidiarie oppure collaborando con i distributori locali, se non tramite le già citate joint ventures. Nonostante in Europa siano presenti alcuni distri- butori di grandi dimensioni (si pensi a Pathé Distribution in Francia, Entertainment Film

46 Il report Statistical, Ecosystems and Competiveness the Media and Content Industries: The Film Sector è uno studio pubblicato nel 2012 dall’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea che analizza i prin- cipali sviluppi dell’industria cinematografica in Europa, dalla produzione a alla distribuzione, fino all’ero- gazione nei vari mercati (De Vinik & Lindmark, 2012)

Distributors nel Regno Unito o a 01 Distribution in Italia), alcuni dei quali sono vertical- mente integrati e appartengono a conglomerati mediatici, il dominio delle Major è pres- soché indiscusso sul suolo europeo.

La difficoltà principale dei maggiori player europei della distribuzione cinematografica risiede principalmente nella loro dimensione quasi esclusivamente locale, ossia nell’in- capacità di imporsi a livello internazionale in modo analogo a quanto avviene nei territori presidiati. Similmente, si rileva una grande frammentarietà territoriale del cinema indi- pendente, che pur producendo un numero sempre più elevato di titoli fatica a trovare un pubblico fuori dal territorio nazionale. Tutto ciò si traduce in una fortissima concentra- zione del settore cinematografico europeo nelle mani dei major studio hollywoodiani. Secondo l’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo, i 633 titoli distribuiti dalle Major (contro i 1546 film europei) nel 2013 hanno garantito loro il controllo del 69,1% del mer- cato cinematografico, mentre i film europei hanno coperto una quota del 26,2%. Basti pensare che, tra il 2005 e il 2009, nella lista dei primi 40 distributori cinematografici in Europa c’erano 21 sussidiarie dei major studio americani, generando nei cinque maggiori mercati (Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Italia) il 65% dei ricavi (De Vinck & Lindmark, 2012). In base ai dati riportati nel report How do films circulate on VOD

and in cinemas in the European Union47 dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo (2016), si tratta di un trend che va avanti da oltre un decennio: tra il 2005 e il 2014 il 64% dei film distribuiti nel Vecchio Continente erano di origine europea, ma questi hanno generato solo il 27,4% dei ricavi al box office contro il 70,1% di quelli statunitensi, con una quota del 16% sui film totali distribuiti nello stesso periodo. Nello specifico, i numeri del report mostrano la grossa difficoltà dei film europei a circolare al di fuori dei confini nazionali. Sul punto, basti pensare che mentre la media di territori coperti dai film statu- nitensi è pari a 9,7 (solo il 25% è distribuito in un unico territorio), quella dei film europei è di 2,6 (il 63% di questi copre il solo Paese di origine, il 79% meno di tre territori). Per quanto riguarda le coproduzioni, il cui potenziale di diffusione è certamente maggiore rispetto alle produzioni nazionali, la tendenza in Europa è di farvi ricorso principalmente

47 Nello studio How do films circulate on VOD and in cinemas in the European Union pubblicato il 23 giugno 2016 dall’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo vengono analizzate le modalità di circolazione delle opere cinematografiche in Europa, sia nelle sale cinematografiche che nelle piattaforme di VoD