• Non ci sono risultati.

1.4 L’industria tipografica ed editoriale

1.4.2 La crisi dell’arte della stampa

Nel decennio 1750-1760, i maggiori stampatori erano ottimisti riguardo alla conclusione di iniziative intraprese negli anni precedenti e alla opportunità di nuove proposte.

I Baglioni operavano ancora nel campo dei libri liturgici, come i Pezzana e Manfrè, impegnati nelle opere teologiche e scientifiche. Altri editori come Zatta, Bettinelli, Pitteri e Pasquali rivolsero l’attenzione verso testi di letteratura e di attualità. Tuttavia, nel giro di qualche anno si assistette ad un’inversione di tendenza e all’emergere di alcune problematiche che erano rimaste irrisolte nel quindicennio precedente.

Le motivazioni che condussero alla fase recessiva furono molteplici54.

Innanzitutto fu fondamentale lo sviluppo delle attività editoriali in terraferma: la casa Remondini aveva ottenuto l’iscrizione all’arte della stampa il 4 settembre 1750 ed aveva incrementato i torchi tipografici conseguendo 356 licenze di stampa. Alla stamperia di Bassano fu concesso di mantenere i torchi in terraferma, godendo allo stesso tempo dei medesimi privilegi delle industrie della Dominante e del minor costo di produzione consentito dal mercato del lavoro provinciale55.

L’incapacità di reagire a questo pericoloso concorrente indusse molti librai veneziani a stipulare patti per regolare i rapporti, come Pezzana nel 1755 e in seguito Bettinelli, Manfrè e Baglioni, i quali probabilmente speravano di interrompere l’ascesa della nuova impresa capitalistica privata. Del prorompente sviluppo della casa bassanese e dei suoi punti di forza si tratterà successivamente in modo più dettagliato.

In secondo luogo, dagli anni Trenta era aumentato il numero di matricolati all’arte che si trovavano in pessime condizioni, senza capitali ed esperienza. Diventati editori e librai, costoro iniziarono a praticare la vendita di libri a prezzi ribassati ai corrispondenti stranieri, danneggiando i profitti delle case più ricche e accrescendo la conflittualità all’interno della corporazione. All’aumento dei titoli proposti corrispose la grave diminuzione della domanda sui principali mercati europei, che causò la crisi e la chiusura di alcune stamperie.

Anche il sistema dei privilegi iniziò a dimostrare le proprie debolezze: al termine della

53 Infelise, L’editoria veneziana, cit., pp. 157 e 162-165. 54 Ivi, pp. 277-294.

55

27

scadenza dei vent’anni i librai concorrenti che avevano seguito lo smercio dell’opera si affrettavano a ristamparla e a venderla a prezzi ridotti. In questo modo l’editore che aveva conservato il privilegio era danneggiato ed era impossibilitato a smerciare le copie rimaste in magazzino56.

Un avvenimento remoto ed esterno all’arte ebbe un grave effetto su una situazione già critica. L’espulsione della Compagnia di Gesù dal Portogallo nel 1759 e dalle terre borboniche nel 1767, e l’esclusione dal mercato dei titoli degli autori gesuiti che costituivano una parte preponderante del commercio librario veneto, causarono l’aumento di opere invendute e l’attacco contro gli attori che avevano sovvertito l’equilibrio vigente negli anni precedenti: i Remondini e i matricolati poveri. Dal 1761 si assistette a una serie di contrasti tra questi ultimi e le ricche case come i Baglioni, i quali bloccarono i baratti e vollero vendere i libri esclusivamente in contanti per mettere in difficoltà i librai poveri impossibilitati a commercializzare i titoli più richiesti e obbligati a importare dall’estero le opere già stampate a Venezia. L’obiettivo dei matricolati era di difendere le posizioni di privilegio guadagnate nel passato, mantenere il codice di comportamento non scritto che aveva regolato fino ad allora i rapporti tra le case e tutelare la struttura corporativa tradizionale contro l’ascesa di una moderna industria capitalistica57.

Nel 1764 venne affidato l’incarico di sovraintendente alle stampe allo scrittore Gasparo Gozzi da parte dei Riformatori dello Studio di Padova58. Lungimirante e ben informato sullo stato dell’arte, costui svolse importanti indagini per esaminare i problemi ed elaborare possibili soluzioni alla crisi del commercio librario veneziano.

Insieme ai Riformatori giunse all’elaborazione della terminazione del 29 luglio 1767, ratificata un mese dopo, che illustrava le cause della crisi dell’arte e i provvedimenti che si intendevano applicare59. Tra le ragioni del declino venne riconosciuta particolare rilevanza alla diminuzione del consumo di libri in rapporto all’abbondante numero di botteghe, il deterioramento della qualità, la scomparsa delle possibilità di vendita nei mercati delle opere religiose e la crescita delle stamperie in terraferma. I provvedimenti più importanti riguardarono invece l’estensione dei privilegi alla durata di trent’anni per le prime edizioni e la possibilità di ottenere i normali privilegi dell’arte per gli stampatori possessori di torchi in terraferma.

56 Ivi, p. 1324. 57

Infelise, L’editoria veneziana, cit., pp. 289-294.

58 Riguardo a una parte dei documenti di carattere generale e specifico prodotti da Gozzi vedi M. Infelise, F.

Soldini (a cura di), Gasparo Gozzi “Col più devoto ossequio”: interventi sull’editoria (1762-1780), Venezia, Marsilio Editore, 2003.

59

28

Le regolamentazioni del ’67 non condussero a una ripresa della produzione libraria e all’ottenimento di nuovi vantaggi da parte delle case storiche. I loro problemi anzi andarono accentuandosi e la crisi fece diminuire il numero dei torchi al lavoro. La rigidità insita nella gestione delle vecchie aziende si contrapponeva alla vivacità delle stamperie di piccole dimensioni che proponevano opere di sicura diffusione e limitato impiego di capitali, rischiando le poche sostanze a disposizione in nuove iniziative editoriali e non facendo affidamento sull’uscita dal privilegio delle opere di successo.

Non riconoscendo la validità delle proposte di tali piccole attività, il Gozzi e gli organi dirigenti dell’arte attribuirono la responsabilità della generale decadenza ai Remondini, accusati di influenzare con il loro operato fraudolento tutte le case veneziane. Infine, nel 1780 una terminazione dei Riformatori decretava la durata perpetua delle licenze di stampa per togliere definitivamente ai Remondini la possibilità di accedere alle ristampe dei titoli usciti dal privilegio e per riportare l’arte sotto il controllo dei librai veneziani storici. Con un altro provvedimento si decise la divisione dell’arte in due categorie: nella seconda erano compresi i matricolati più miseri che avevano sostenuto la casa bassanese aggirando le disposizioni a svantaggio delle stamperie di terraferma.

In un quadro di profondo declino, la composizione della corporazione aveva subito notevoli cambiamenti e gli attori che si erano schierati in difesa dei privilegi erano ormai scomparsi. Nel 1789 si giunse ad una terminazione che abrogava quella del 1780 e riportava i privilegi allo stato vigente prima del 1767. La mancanza di capitali e di iniziative imprenditoriali che superassero le tradizionali ristampe lasciò campo libero alle edizioni estere, indicative di un rinnovato gusto letterario per i testi filosofici e i nuovi classici illuministi. I deboli segnali di ripresa e l’aumento del numero dei torchi in attività negli anni ’90 non furono sufficienti ad arrestare l’andamento discendente delle case più famose. Contemporaneamente la ditta Remondini, grazie alla sua evoluta strategia imprenditoriale, riuscì a sopravvivere fino agli albori del secolo successivo60.