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La produzione tipografica: privilegi e organizzazione industriale

4.3 Attività produttive e materie prime

4.3.3 La produzione tipografica: privilegi e organizzazione industriale

Per quanto riguarda la tipografia e la produzione libraria, sarebbe necessaria una trattazione approfondita che però oltrepassa lo scopo di questo lavoro. Infatti sono numerosissimi gli aspetti che meritano una descrizione accurata: dai titoli di vario genere pubblicati all’andamento delle tirature, dai rapporti con la corporazione dei librai e stampatori alle controversie con gli editori veneziani (brevemente descritte nel primo capitolo), dai legami con gli autori al commercio con i mercati italiani ed europei.

Nei decenni precedenti il 1740, la produzione libraria dei Remondini era ancora ridotta a sette o otto libri all’anno, mentre a partire dal 1750 tale produzione ricevette nuovi impulsi grazie all’iscrizione all’arte della stampa veneziana, in seguito alla quale i libri posti in commercio aumentarono a una media di 30 all’anno e i torchi tipografici attivi divennero 18.

Dunque lo sviluppo delle attività tipografiche avvenne solamente in seguito al 1750, quando l’azienda, grazie al successo della calcografia, ebbe a disposizione una quantità di capitali sufficienti all’espansione editoriale.

Riguardo alla quantità dei titoli pubblicati dai Remondini dopo il 1740, si può fare riferimento ai registri dei mandati di stampa dei Riformatori dello Studio di Padova, i quali annotarono 86 licenze nel decennio 1741-1750 e 1227 nel successivo quarantennio, periodo in cui l’incidenza della quota delle licenze dei Remondini sul totale della Repubblica di Venezia si attestò in media attorno al 10%39.

Un interrogativo che potrebbe sorgere riguarda i fattori che condussero a una aumento così rilevante della produzione libraria.

Innanzitutto, per ottenere i privilegi di cui godevano le stamperie della Dominante, era necessario entrare a far parte della corporazione, manifestando all’Università la volontà di trasferire parte dei capitali a Venezia, introducendo nuove lavorazioni e favorendo lo sviluppo del settore cartario40.

38 Baseggio, “Della calcografia in Bassano”, cit., pp. 214-217. 39 Infelise, I Remondini, cit., pp. 145-153.

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L’ottenimento di concessioni, favori ed esenzioni dai dazi fu un elemento fondamentale per l’espansione della casa in quanto fu sfruttato abilmente dagli stampatori bassanesi, che approfittarono delle debolezze e della rigidità dello statico sistema corporativo, aggirando con successo le controversie sostenute con gli altri stampatori veneziani. Questi ultimi infatti in un primo momento reagirono autonomamente alla concorrenza di un’impresa che, pur essendosi appena affacciata sul mercato, era riuscita a guadagnare in poco tempo un’ampia quota di mercato, senza mobilitare direttamente la corporazione.

Il conflitto più rilevante fu quello sostenuto con il maggiore degli stampatori veneziani, il Baglioni, e si concluse con una terminazione dei Riformatori nel 1764 che vietò di utilizzare come luogo di pubblicazione Venezia per i libri stampati a Bassano e impose alla casa alcuni obblighi per non peggiorare la qualità di stampa41. Nonostante i provvedimenti presi per arginare l’ascesa della casa, i Remondini continuarono a sfruttare le difficoltà di una struttura non idonea a competere e tantomeno a integrarsi con la nascente libertà d’intrapresa e caratterizzata da una mentalità produttiva antiquata. Inizialmente essi stamparono le opere di successo che erano appena uscite dal privilegio decennale concesso agli altri stampatori. In seguito, approfittando dell’esenzione dai dazi, importarono nel territorio veneto i libri esteri già stampati a Venezia42.

In secondo luogo, fu determinante per il successo dei Remondini l’organizzazione industriale degli stabilimenti e della produzione.

Infatti, come si è già visto in precedenza, nel periodo di massimo splendore la casa disponeva di quattro cartiere, tre delle quali situate lungo il corso del Brenta e una sul Piave, della tipografia bassanese attrezzata con 18 torchi attivi, di una fonderia per la fusione dei caratteri e di un impianto per la produzione di inchiostro43. In questo modo si realizzava l’integrazione verticale di tutte le attività necessarie per l’elaborazione del prodotto finito e fu possibile realizzare processi formati da operazioni complesse e molteplici senza subire l’ulteriore costo dei trasporti (fatta eccezione per la carta).

Di particolare interesse è la questione dei caratteri da stampa, il cui costo incideva pesantemente sul bilancio delle tipografie, sia di grandi che di ridotte dimensioni, a causa

41 Ivi, pp. 189-194. 42 Ivi, pp. 195-196. 43

“Non sono senza merito le introduzioni fatte da detti fratelli del getto de caratteri e della fabbrica degli inchiostri e vernici bisognosi alle stampe, cosicché per l’intiero son forniti del necessario al loro commercio senza attenderlo da altre parti. La facilità di aver ogni cosa in pronto, e di prima mano, il continuo lavoro agl’operai fecero ridurre le opere loro a prezzi così vantaggiosi e discretti, che allettarono fino le parti più remote a provederne”. ASV, Riformatori dello studio di Padova, f. 365, 47, Stampa Remondini, 21 maggio 1751.

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della necessità di ottimizzare la fusione tra i metalli che costituivano la lega, del costo del piombo nuovo e non usurato che influenzava sulla qualità dei caratteri44.

Per quanto riguarda la produzione, caratterizzata da un andamento irregolare e discontinuo, i Remondini si affidavano ai 18 torchi dello stabilimento di Bassano per soddisfare le necessità ordinarie mentre, nel caso di aumento repentino della domanda di libri, commissionavano la produzione ai tipografi veneziani invece di procedere all’acquisto di nuovi macchinari, disponendo in questo modo di una struttura produttiva altamente elastica45.

La combinazione di questi elementi consentì di smerciare i prodotti a prezzi inferiori rispetto a quelli degli altri stampatori, prezzi che venivano mantenuti ridotti anche grazie alla bassa qualità della maggior parte dei libri, in cui i caratteri venivano stampati molto ravvicinati e i margini delle pagine erano di esigue dimensioni per risparmiare carta, e per questo motivo potevano risultare di difficile lettura46.

Altri oneri incidenti sul costo finale erano rappresentati dalla manodopera, di cui si tratterà in seguito, dalle spese di correzione, di illustrazione, di legatura, di spedizione, nonché dalle spese correnti, da quelle di un’eventuale traduzione e redazione di note su testi stranieri e infine dagli scarsi compensi riconosciuti agli autori delle prime edizioni. In questo periodo emerse sempre più intensamente la problematica riguardante la retribuzione del lavoro degli scrittori e il riconoscimento della proprietà letteraria, che nella pratica non veniva tutelata dagli editori sebbene una terminazione dei Riformatori del 1780 garantisse la preminenza del diritto di esclusiva dell’autore su quello dello stampatore47.

Anche nel caso dei Remondini, gli autori iniziarono a far valere le loro richieste di denaro e di riconoscimento del loro operato. Sebbene inizialmente le loro pretese non fossero decisamente convincenti, in seguito si ha notizia di un contratto firmato nel 1757 tra i Remondini e l’autore di un corso di matematica, tale padre Giovanni Antonio Lecchi, che stabiliva alcune regole sulle ristampe e sullo smercio del libro, clausole che risultavano comunque favorevoli per la casa bassanese48.

Riguardo ai dati quantitativi della gestione generale di una stamperia, gli studi sull’editoria hanno potuto beneficiare di alcune stime effettuate dal sovraintendete alla stampa Gasparo Gozzi per il progetto di una piccola tipografia e della relazione di una commissione dell’arte della stampa sulla valutazione delle retribuzioni ai dipendenti. Il costo della

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Infelise, L’editoria veneziana, cit., pp. 200-203.

45 Infelise, I Remondini, cit., p. 153. 46 Ivi, p. 154-155.

47 Infelise, L’editoria veneziana, cit., pp.193-198. 48

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manodopera risulta preponderante sulle altre voci, mentre di rilievo è la proporzione di circa uno a quattro tra il costo del libro e il suo prezzo di vendita al pubblico.

La differenza tra prezzo e costo non rappresentava il profitto totale dello stampatore, in quanto una parte poteva essere destinata alla remunerazione del tipografo che aveva ricevuto la commissione e un’altra parte al ribasso sul prezzo di copertina destinato ai librai. Questi dati tuttavia rappresentano solo una stima e il guadagno effettivo poteva variare al rialzo o al ribasso in base al successo o all’insuccesso delle edizioni49.