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Il capitalismo, l’imprenditore-capitalista e la provenienza del capitale

2.1 Introduzione alla teoria dell’impresa

2.1.3 Il capitalismo, l’imprenditore-capitalista e la provenienza del capitale

Con il termine capitalismo, Sombart intende un sistema economico caratterizzato da una organizzazione di scambio in cui due gruppi diversi della popolazione, i possessori

dei mezzi di produzione e i lavoratori nullatenenti, collaborano uniti dal mercato, e che è dominata dal razionalismo economico18.

Tuttavia oltre allo scambio, è necessario sottolineare la rilevanza della produzione, la quale prende avvio con lo scambio di mercato attraverso i contratti, ma non esaurisce le sue caratteristiche nella sola attività di scambio. I principi economici che dominano questa definizione sono il guadagno e il razionalismo, che sostituiscono la sussistenza e il tradizionalismo. Il razionalismo consiste nello sforzo di orientare le attività economiche verso una finalità, tramite un piano determinato, l’adattamento allo scopo o la razionalità nella registrazione dei conti.

La forma economica di tale sistema è, secondo Sombart, l’impresa capitalistica, una unità astratta il cui scopo è appunto il raggiungimento di un guadagno attraverso la stipulazione nel modo più vantaggioso di contratti per prestazioni e controprestazioni valutabili in denaro19.

Questo sistema economico presuppone, per il suo funzionamento, l’esistenza di diritti di proprietà sui beni e sulla forza lavoro. Lo Stato esercita dunque un’influenza economica e sociale nell’espansione o limitazione della sfera di diritti di proprietà e nella loro tutela.

Il capitalista di Sombart è dunque il fornitore dei mezzi di produzione (capitale reale) e dei mezzi finanziari, ma è anche l’imprenditore di Schumpeter, del quale si discuterà in seguito, in quanto organizza le attività dei lavoratori dipendenti che costituiscono la forza lavoro, l’utilizzo delle macchine e l’impiego delle materie prime. L’aspetto organizzativo

17 Ivi, pp. 222-229. 18

Sombart, Il capitalismo, cit., p. 127.

19 Sombart propone anche una classificazione delle forme assunte dall’impresa capitalistica: secondo l’oggetto di

attività (produzione o trasmissione di beni reali, di godimento, prestazione o mediazione del credito), secondo la costituzione del capitale (individuali o collettive), secondo la posizione dell’imprenditore di fronte al lavoratore e di fronte ai pubblici poteri. Ivi, pp. 128-129.

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assume un particolare rilievo per una serie di motivi: l’imprenditore deve possedere la capacità di giudicare gli uomini in base al loro rendimento e scegliere le persone adatte al conseguimento del profitto più alto possibile; egli svolge anche la funzione di controllo, di miglioramento delle tecniche produttive, di organizzazione commerciale; sotto la sua coordinazione e subordinazione gerarchica operano i prestatori di lavoro per raggiungere una gestione ordinata ed efficiente20.

In età preindustriale, le tipologie di soggetti compatibili con la figura di imprenditore- capitalista che partecipano allo sviluppo dell’impresa sono i seguenti21: in primo luogo i

principi, in virtù del potere di cui disponevano, dello spirito intraprendente e delle attitudini

personali, potevano impegnarsi in imprese di lungo termine incaricando funzionari come agenti di commercio e anticipando somme a privati senza interesse.

In secondo luogo la grande nobiltà terriera aveva saputo spostare l’attenzione dalla rendita e dalla produzione per il consumo diretto a quella per il profitto e progressivamente andava trasformando il proprio carattere feudale in borghese. I nobili potevano contare sul potere esercitato sulle forze produttive in quanto proprietari di terre.

I borghesi potevano diventare capitalisti attraverso l’ampliamento di piccole imprese artigiane e agricole o ricevendo anticipazioni dai membri della classe nobile o dai mercanti che disponevano di ricchezze da investire.

I progettisti, gli inventori, i consiglieri fornivano indicazioni su invenzioni e possibili forme di innovazione, ed erano inoltre spesso incaricati di risanare le finanze degli Stati.

Le minoranze religiose (o eretici, come erano definiti all’epoca) formavano una categoria sociale e politica caratterizzata dall’esclusione dalla vita pubblica a causa del loro mancato riconoscimento in una Chiesa di Stato in Europa. Dedicavano quindi i loro sforzi alle attività economiche per riconquistare tramite la ricchezza l’influenza e la considerazione che erano loro negate. Esempi di questi gruppi sono costituiti dagli Ebrei sino alla fine del XVIII secolo, dai cattolici nei paesi protestanti, dagli Ugonotti in Francia, dai presbiteriani in Gran Bretagna. In particolare, gli Ebrei ebbero un ruolo molto rilevante nel commercio internazionale, essendo attivi nei mercati dei beni di lusso, dei metalli preziosi e dei prodotti di grande consumo come cereali, lana e lino.

Gli stranieri influenzavano l’andamento della vita economica nel caso di migrazioni di massa, in seguito alle quali costoro abbandonavano le precedenti abitudini e relazioni; i nuovi

20 J. A. Schumpeter, Il processo capitalistico: cicli economici, Torino, Boringhieri, 1977, pp. 130-136, riprodotto

in F. Amatori, P. Toninelli (a cura di), Una introduzione alla storia d’impresa, cit., pp. 59-78.

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paesi rappresentavano una favorevole opportunità per la realizzazione di guadagni. Esempi di questi gruppi sono i Lombardi in Francia, i Lucchesi attivi nell’industria della seta a Venezia, gli italiani in Francia, Svizzera e Austria22.

Il patrimonio dell’imprenditore-capitalista poteva provenire da varie fonti23. Innanzitutto poteva derivare dalla ricchezza della grande proprietà terriera feudale appartenente ai signori fondiari oppure dai guadagni accumulati da artigiani e commercianti che detenevano privilegi commerciali, sebbene di norma i mercanti di professione raggiungessero difficilmente la ricchezza con la loro attività a causa delle problematiche circostanze di vendita, come le ridotte quantità vendute, i trasporti che richiedevano spese elevate ma la cui sicurezza non era garantita, i costi delle scorte e delle numerose dogane.

Eccezioni erano rappresentate dai produttori di beni della terra e del sottosuolo particolarmente richiesti come il vino di Colonia o il sale di Salisburgo; dai produttori di beni estremamente costosi come armature, armi, panni fini acquistati dai signori fondiari in cambio delle proprietà terriere; dai produttori di servizi particolarmente apprezzati in particolari periodi storici come il trasporto in Terra Santa o a Costantinopoli da parte dei veneziani.

Questi soggetti godevano dunque di monopoli che potevano avere diverse origini: i privilegi concessi al commercio dagli ordinamenti delle corporazioni, i diritti riservati a certe famiglie per vendere determinati tipi di merci, oppure situazioni naturali costituite in precedenza.

Un’ulteriore fonte di ricchezza potevano essere le alte provvigioni guadagnate nelle attività di prestito di denaro alla nobiltà e alla Chiesa nel secoli XI e XII, nonché il potere esecutivo attribuito al creditore grazie al diritto di pegno e al diritto ipotecario e la possibilità offerta ai prestatori dalle città e dai principi di riscuotere i dazi e altre entrate pubbliche per soddisfare il debito24.

Ancora, il capitale poteva provenire dall’accumulazione di rendite fondiarie relative ai terreni sui quali erano sorte le città: infatti il suolo di appartenenza delle famiglie originarie non veniva utilizzato solo attraverso l’alienazione alle famiglie di artigiani per la costruzione di abitazioni, ma anche edificando e affittando officine e botteghe. La proprietà del suolo veniva dunque valorizzata grazie allo sfruttamento dei privilegi annessi. In seguito

22 Sul commercio e gli stranieri a Venezia vedi A. Bellavitis, “Ars mechanica e gerarchie sociali a Venezia tra

XVI e XVII secolo”, in M. Arnoux, P. Monnet, Le technicien dans la cité en Europe occidentale, 1250-1650, Roma, Ecole Française de Rome, 2004, pp. 161-179. D. Calabi, P. Lanaro (a cura di), La città italiana e i luoghi

degli stranieri: XIV-XVIII secolo, Bari, Laterza, 1998.

23 Sombart, Il capitalismo, cit., pp. 174-198.

24 A proposito di Venezia, vedi B. Cecchetti, La vita dei Veneziani fino al 1200, Venezia, Tipografia Naratovich,

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all’aumento della popolazione e della produttività del lavoro all’interno delle mura cittadine, i terreni venivano venduti a prezzi sempre più elevati nelle città che esercitavano un ingente potere di attrazione sui lavoratori delle aree circostanti, alimentando quindi il patrimonio delle famiglie proprietarie originarie25;

I patrimoni potevano trovare origine dai proventi derivanti dall’amministrazione di colonie, dall’appalto e dallo sfruttamento delle miniere d’oro e d’argento dapprima in Tirolo, in Ungheria e in seguito in Messico26; in truffe e furti derivanti dall’esercizio disonesto dei pubblici uffici, nelle rapine e nei saccheggi effettuati nei paesi conquistati, dove venivano imposti tributi da parte dei conquistatori; nei guadagni derivanti dal commercio forzato, una forma di scambio iniquo in cui venivano sottratti beni di valore a persone incapaci di giudizio o prive di volontà senza pagare un corrispettivo equivalente, come nel caso degli scambi tra europei e indigeni nelle colonie; nei profitti ricavati dall’economia di schiavitù imposta agli indigeni nei paesi conquistati nelle piantagioni, nella lavorazione della seta, del cotone, del vetro e nelle industrie minerarie da parte dei Veneziani e dei Genovesi nelle colonie del Levante. I proprietari ottenevano quindi abbondanti guadagni dalle piantagioni lavorate dagli schiavi sfruttando la loro forza lavoro e la produttività naturale della terra.

Dunque, la caratteristica di questi “beni capitali” era quella di essere il risultato di un lavoro o una attività anteriore e di essere impiegati successivamente nel processo di produzione. I capitali circolanti accumulati avevano così la capacità di rigenerarsi, di venire accresciuti e di produrre un reddito, mentre i capitali fissi si deterioravano in un ciclo pressoché continuo27.

2.1.4 La separazione dell’imprenditore dal capitalista, il management e la grande