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2.1 Introduzione alla teoria dell’impresa

2.1.1 L’economia pre-capitalistica

Nell’età pre-capitalistica, la produzione aveva lo scopo principale di soddisfare in maniera diretta e immediata i bisogni in misura proporzionale a seconda della classe sociale di appartenenza. Soprattutto a partire dal Medioevo, le attività economiche erano dominate dall’idea del soddisfacimento dei bisogni essenziali: la massa del popolo lavorava per provvedere al proprio sostentamento, mentre i laici e gli ecclesiastici che costituivano la classe dominante consumavano senza essere dediti ad alcun tipo di produzione.

Nell’economia di villaggio (dalla tarda età repubblicana romana all’Alto Medioevo), l’organizzazione economica era basata sull’autonomia e consisteva nella assegnazione in godimento perpetuo o temporaneo a ciascuna famiglia della terra da coltivare necessaria e sufficiente per soddisfare i bisogni. Inoltre la parte restante di terra non divisa tra i contadini era destinata al pascolo.

Nell’economia curtense, diffusa in Europa dall’Alto Medioevo al XVI secolo, la popolazione dipendente prestava la propria opera al servizio della classe dominante che, in questa maniera, provvedeva direttamente ai bisogni propri e della comunità di riferimento. Alla produzione manifatturiera era dedicato il lavoro di alcuni servi specializzati, che la

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G. Luzzatto, “Giudizio sintetico sull’opera storiografica di Werner Sombart”, in L’opera di Werner Sombart, cit., pp. 187-193. L’interpretazione della economia generale del Medioevo che non teneva conto delle specificità dei vari settori europei e che aveva considerato come generale la situazione dei territori continentali del Sacro Romano Impero è stata confutata in A. Sapori, “Il commercio internazionale nel Medioevo”, in Idem, Studi di

storia economica (secoli XIII-XIV-XV), Firenze, Sansoni, 1955, pp. 495-533.

7 R. Romeo, Risorgimento e capitalismo, Bari, Laterza, 1959, p. 207.

8 G. Barbieri, “W. Sombart e il valore dello “spirito economico” nella ricostruzione storiografica”, in L’opera di

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esercitavano nei laboratori della signoria fondiaria, e degli artigiani di professione libera senza sede fissa, i quali realizzavano costruzioni e opere di maggiore rilevanza nell’industria edilizia9.

L’epoca di transizione all’economia capitalistica si caratterizza per la rinascita dell’economia di scambio a partire dal XI secolo, la quale era fondata sulla produzione di eccedenze rispetto al fabbisogno e che rifiorì sulla scia delle attività e dei traffici commerciali ben radicati e diffusi in età romana fino alla caduta dell’Impero romano d’Occidente nel 476. La produzione eccedente era infatti obbligatoria per gli utilizzatori delle terre, i quali, dovendo versare un censo in denaro alle grandi proprietà fondiarie signorili, dovevano procurarselo con la vendita di una parte dei prodotti. Gli scambi vennero favoriti anche dallo sviluppo dei diritti signorili sui molini, sulle gualchiere da panni e sui forni, che furono trasformati in tributi in denaro.

Altri fattori fondamentali furono il ruolo dei mercanti-produttori che, nei loro viaggi, praticavano scambi diretti e periodici; il miglioramento e la specializzazione delle colture agricole e della produzione industriale che si concretizzarono in un aumento della ricchezza; i rapporti commerciali con il mondo orientale; la produzione di metalli preziosi nel IX e X secolo in Europa centrale; la rinascita delle città. Dal punto di vista economico, la città è un insediamento, di una certa grandezza, di uomini i quali per il loro mantenimento devono contare sul lavoro agricolo di altri uomini estranei alla città stessa10.

Le città medievali infatti erano essenzialmente città di consumo, che non pagavano i beni ricevuti con prodotti propri. La capacità di consumo derivava dalle imposte, rendite, diritti e quanto veniva pagato ai proprietari fondiari e al clero. Questi ultimi alimentavano i consumi diretti mentre i dipendenti erano i produttori la cui esistenza era determinata dalla quota di consumi che la classe dei consumatori riservava loro.

Tra il XII e il XIII secolo (Basso Medioevo) la città può essere considerata anche come centro di commercio internazionale, seppur limitato dalla mancanza di sviluppo nella tecnica dei trasporti, come centro industriale per i primi esempi di produzione di beni quali armi, lino e panni, e come centro finanziario sede di banchieri, cambiavalute e usurai11. Ciononostante, la città medievale rimane soprattutto un centro di consumo, a cui si riconosce una centralità derivante soprattutto dalla massa di rendite e tributi provenienti dalla campagna.

9 Sombart, Il capitalismo moderno, cit., pp. 30-32. 10 Ivi, p. 34.

11 F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo (secoli XV-XVIII), vol. I, Le strutture del quotidiano,

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Un ulteriore ruolo fondamentale era giocato dal sistema dell’artigianato, una forma di organizzazione in cui i soggetti erano lavoratori indipendenti il cui fine era provvedere al proprio sostentamento attraverso lo scambio.

Al raggiungimento dei fini economici degli artigiani contribuivano le corporazioni, il cui ordinamento garantiva l’equilibrio tra le singole imprese affinché le dimensioni di ciascuna non aumentassero a discapito delle altre. A questo scopo erano orientate le misure riguardanti il rifornimento della materia prima, la limitazione della quantità di produzione, il numero dei collaboratori impiegati da ogni maestro, le modalità di vendita e la limitazione della concorrenza tra gli appartenenti ad una stessa arte12.

Nell’epoca del feudalesimo europeo (dal X al XII secolo), i commercianti rappresentavano il ceto più elevato della società e si appropriavano di una parte della sovrapproduzione che la città realizzava. I beni scambiati erano costituiti sia da merci di lusso che da articoli di prima necessità destinati al consumo di massa e provenienti da tutti i settori dell’economia, dai cereali ai tessuti e al vino.

La pratica sempre più diffusa del commercio, la nascita di un’estesa economia monetaria, l’abolizione della servitù della gleba e la dissoluzione del feudalesimo condussero allo sviluppo di rapporti di dipendenza meno rigidi e destinati ad evolversi verso le prime forme capitalistiche, come nel caso dell’industria tessile, divenuta un ramo principale del commercio tra il XII e il XIII secolo13.

Una testimonianza del mutamento radicale avvenuto a partire dal XVI secolo fu la rivoluzione agricola in Inghilterra che condusse al passaggio delle terre da proprietari feudali a capitalisti e alla interruzione della continuità della proprietà14.

I signori feudali furono espropriati senza alcun risarcimento, mentre i lavoratori agricoli, liberi da costrizioni dovute allo stato di dipendenza, alimentarono la manodopera necessaria all’industria nel passaggio alla produzione manifatturiera su larga scala durante i secoli successivi. In particolare, lo sviluppo dell’industria tessile fu legato alla manodopera a domicilio, alla razionalizzazione e specializzazione del processo di produzione che condussero a una maggiore produttività del lavoro e a una diminuzione del costo di produzione.

12 Sombart, Il capitalismo, cit., pp. 70-72.

13 J. Kuczynski, Breve storia dell’economia: dalla comunità primitiva al capitalismo contemporaneo, Roma,

Editori Riuniti, 1974, pp. 127-166.

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