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Il crowdsourcing

piattaforme e l’economia collaborativa. – 5.3. L’online advertising. – 5.4. Il cloud

computing. – 5.5. Big data e modelli di business. – 5.5.1. L’utilizzo dei dati nella catena

del valore. – 5.5.2. Gratuità, onerosità e corrispettività nei servizi online. – 5.5.3. Dati e consenso dell’interessato.

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1. LA GENESI DELLA DIGITAL ECONOMY E I TENTATIVI DEFINITORI.

“La legge di Moore è il principio guida della Silicon Valley: come se i dieci

comandamenti fossero racchiusi in uno solo. Afferma che i chip migliorano a un tasso sempre maggiore. Non si limitano ad accumulare miglioramenti, come un mucchio di sassi che diventa più alto se se ne aggiungono altri. I miglioramenti non si sommano, si moltiplicano. Sembra che più o meno ogni due anni la tecnologia divenga due volte migliore. Ciò significa che, dopo quarant’anni di miglioramenti, i microprocessori sono diventati milioni di volte migliori di quelli iniziali”.

Così Jaron Lanier1, informatico e saggista statunitense e ardito fautore del cyber-pessimismo, spiega la prima legge di Gordon Moore2, che nel 1965 predisse il progresso dei computer. La legge assurge a metafora del vorticoso inarrestarsi del progresso tecnologico, rispetto al quale la sola certezza prevedibile è, per l’appunto, il suo crescente e continuo sviluppo. Si ignora, tuttavia, per quali vie

1 J. LANIER, La dignità ai tempi di internet: per un’economia digitale equa, Milano, 2014. 2 Secondo l’enunciato della legge, la complessità di un microcircuito, misurata ad esempio tramite il numero di transistori per chip, raddoppia ogni 18 mesi (e quadruplica quindi ogni 3 anni).

tale sviluppo si manifesterà e, di conseguenza, quali mutamenti determinerà sulla dimensione socio-economica che, di volta in volta, ne subirà l’impatto.

È in ogni caso indiscusso – la storia lo insegna – che tale impatto può assumere contorni rivoluzionari.

Sull’attuale dimensione socio economica e segnatamente a partire dagli anni ‘90, il dispiegarsi dei rapporti umani, nella sua accezione sociale, prima ancora che economica, ha risentito fortemente del progresso tecnologico manifestatosi nella forma delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (information and communication technology, o “ICT”). L’espressione Information

and Communication Technologies è ormai entrata nel linguaggio corrente e sta ad

indicare quel complesso di scienze, tecniche e strumenti funzionali alla raccolta, all’elaborazione e, soprattutto, alla trasmissione delle informazioni. Internet è solo il più dirompente prodotto dell’ICT, che assurge ad antonomasia della digitalizzazione, cui si affiancano (e si sovrappongono) i software e gli hardware, i dispositivi mobili, i sistemi satellitari, le infrastrutture della telefonia fissa e mobile: tutti strumenti atti a immagazzinare informazioni e dati e a garantirne la circolazione.

Alla luce del ruolo chiave che l’ICT ha assunto nell’attuale panorama socio economico, non v’è chi non veda che essa possa finanche essere eletta a fulcro della nuova rivoluzione (culturale e) industriale, avendo di fatto segnato l’avvento della società dell’informazione3 ed inciso in maniera significativa sulla comunicazione, anche economica, di massa.

Limitando l’analisi – per quanto qui d’interesse – alle sue ripercussioni economiche4, la dimensione economica della nuova società dell’informazione di massa ha assunto tratti nuovi e caratteristici ed è stata concettualizzata, più o meno correttamente, come “economia digitale”. I tentativi definitori del concetto

3 Tale espressione, che trova la sua origine in quella di "società post-industriale" ed è stata usata per la prima volta nel 1973 da Daniel Bell, ordinario di sociologia a Harvard, sta ad indicare una società moderna che, giunta al culmine del processo di industrializzazione, deve - per continuare a crescere - concentrare i propri sforzi verso la produzione non più di beni materiali bensì di servizi immateriali. Si veda D. BELL, The Coming of Post-Industrial Society: A Venture in Social Forecasting, Penguin, 1973; D. BELL, The Third Technological Revolution and Its Possible Socioeconomic Consequences, in Dissent, 1989, p. 164; F. WEBSTER, Theories of the information society, Londra, 1995; T. PUCCI, Il diritto all'accesso nella società dell'informazione e della conoscenza. Il digital divide, in Inf. Dir.,2005, p. 119.

4 Per gli effetti sociali della medesima rivoluzione si rinvia alla dottrina citata alla nota precedente.

di “economia digitale” sono molteplici ma, come si avrà modo di osservare, tutti insufficienti o effimeri, in quanto riferiti alle manifestazioni assunte di volta in volta dal progresso tecnologico (ora internet, ora i mobile devices, recentissimamente la blockchain) e quindi rese immediatamente inadeguate dai nuovi e imprevedibili mutamenti determinati da quel medesimo progresso.

Negli anni ’90, il concetto di digitalizzazione economica fu coniato negli Stati Uniti e ancorato alla diffusione capillare di internet. Nel 1993, il CERN pubblicò infatti la tecnologia alla base del World Wide Web, rendendola liberamente implementabile da chiunque5: ben si comprende perché, per economia digitale si sia intesa, in questi anni, soprattutto l’economia che si svolgeva per mezzo di Internet o che era in qualche modo influenzata da tale nuova e rivoluzionaria tecnologia. Fu Don Tapscott6 il primo autore a coniare il termine

digital economy come concetto legato “not only about the networking of technology […] but about the networking of humans through technology [that] combine intelligence, knowledge, and creativity for breakthroughs in the creation of wealth and social development”7.

Tali definizioni iniziali trovavano inoltre fondamento nella necessità di emanciparsi dalle precedenti teorizzazioni sulla information economy (e, più in generale, sulla information society), da intendersi come “tendenza a lungo termine

5 Nel 1991, presso il CERN di Ginevra, il ricercatore Tim Berners-Lee definì il protocollo HTTP (HyperText Transfer Protocol), un sistema che permette una lettura ipertestuale e non-sequenziale dei documenti. Il 6 agosto dello stesso anno, Berners-Lee pubblicò il primo sito web della storia, presso il CERN, all'indirizzo http://info.cern.ch/hypertext/WWW/TheProject.html

(cfr. T.J. BERNERS-LEE, R. CAILLIAU, J-F GROFF, B. POLLERMANN, CERN, World-Wide Web: The Information Universe, in Electronic Networking: Research, Applications and Policy, pp. 52-58, 1992).

Il 30 aprile 1993, il CERN decise di rendere pubblica e liberamente implementabile dagli utenti la tecnologia alla base del World Wide Web. Ne seguì un prevedibile ed immediato successo del World Wide Web, dovuto alle funzionalità offerte, alla sua efficienza e soprattutto alla sua facilità di utilizzo.

Internet, concepita originariamente come una rete dedicata alle comunicazioni all'interno della comunità scientifica e tra le associazioni governative e amministrative, divenne così una rete cui chiunque poteva accedere.

6 D. TAPSCOTT, The Digital Economy: Promise and Peril in the Age of Networked Intelligence, New York, 1996.

7 Come Dan Tapscott, anche altri autori dell’epoca definirono la digital economy focalizzandosi sull’uso di Internet; per tutti, Near Lane la definnì come “the convergence of computing and communication technologies in the Internet and the resulting flow of information and technology that is stimulating all of electronic commerce and vast organisational changes” (N. LANE, Advancing the Digital Economy into the 21st Century, in Information Systems Frontiers 1999, p. 317).

verso l'espansione delle attività e dei valori basati sull'informazione e sulla conoscenza relativa alle attività materiali e ai prodotti associati all'agricoltura, all'estrazione e alla produzione”8. Per fare un esempio, lo stesso Tapscott ha sostenuto che l’economia digitale comprende due generazioni di attività economica: la prima, informativa, che ha condotto alla creazione delle informazioni, concepite tuttavia come statiche; la seconda, incentrata invece sulla

trasmissione delle informazioni, che riflette le attività, ben più dinamiche e

interattive, abilitate da Internet9.

Alla fine degli anni ‘90, il fenomeno del commercio elettronico e delle vendite online ha apportato nuovi contenuti alla definizione di economia digitale. Lynn Margherio ridefinì quindi tale concetto, riferendolo ad un’economia fondata su “Building out the Internet […] Electronic commerce among businesses […]

Digital delivery of goods and services […] Retail sale of tangible goods”10. La nozione di economia digitale fu, dipoi, gradualmente “contaminata” dai nuovi prodotti della comunicazione e dell’informazione, anche in ragione della capillare diffusione di dispositivi, soprattutto mobili, che hanno rafforzato e migliorato l’interconnessione: si cominciò a parlare di datafication (traduzione in dati di fenomeni), digitalization (conversione di entità analogiche in entità digitali),

virtualization (disaccoppiamento dei processi dall’infrastruttura hardware) e generativity (riprogrammazione e ricombinazione di tecnologie).

La nozione di economia digitale cominciò così ad assumere contorni più sfumati e venne frequentemente segmentata in “macro-aree”, nelle quali l’accento non fu più posto sul commercio elettronico, bensì sulle infrastrutture ICT, distinguendo tra la produzione di tali infrastrutture e l’uso delle medesime nello svolgimento dei processi economici. Si fece strada, in questa fase, la dicotomia tra il “fare digitale”, i.e. il servirsi delle tecnologie digitali per lo svolgimento dell’attività di impresa, e “l’essere digitale”, il porre cioè le tecnologie digitali al

8 BRYNJOLFSSON, KAHIN, Understanding the Digital Economy: Data, Tools, and Research, MIT Press, Cambridge, MA, 2000.

9 R. BUKHT, R. HEEKS, Defining, Conceptualising and Measuring the Digital Economy, working paper n. 68, in “Development Implications of Digital Economies” strategic research network, funded by the UK’s Economic and Social Research Council as part of the Global Challenges Research Fund initiative, Manchester, 2017.

10 MARGHERIO (a cura di), The Emerging Digital Economy, US Department of Commerce, 1998.

centro di tutti i processi aziendali eleggendole a core business stesso dell’azienda11.

Si riconobbe per la prima volta – e si riconosce tutt’oggi – che l’incidenza dell’ICT sul business varia da impresa a impresa: talune attività ben si prestano alla digitalizzazione di una o più fasi della loro produzione, mentre altre sono ancora espressione di “un’economia di calce e mattoni”12. I settori altamente tecnologici sono stati identificati come quelli nei quali insistono in maniera determinante sulla catena del valore le attività di ricerca e sviluppo e nei quali la progettazione e la produzione possono essere gestite centralmente e i passaggi industriali della creazione del valore possono essere frammentati e distribuiti ovunque.

Tentando sin d’ora una primissima esemplificazione (schematizzata nella tabella che segue), è dunque possibile distinguere tra13:

imprese che nascono con un digital core, esistono e si sviluppano grazie alla digitalizzazione (core digital);

imprese che non mutano il proprio core business ma mutano il proprio modello organizzativo, massimizzando lo sfruttamento dell’evoluzione tecnologica;

imprese che adottano modelli di business tradizionali e digitalizzano alcune fasi della produzione, senza mutare la propria natura (si parla, in tal caso, di economia digitalizzata, i.e. digitalized economy).

11 B. ASEN, C. BLECHSCHMIDT, Making digital, real and rewarding, in Cognizanti, 2016, p. 2; C. BAHL, The Work Ahead: The Future of Businesses and Jobs in Asia Pacific’s Digital Economy, in Cognizant, 2016, p. 2. Nello stesso senso, Kling e Lamb dividono le componenti dell’economia digitale in quattro aree, in base all’oggetto dell’attività delle imprese: “prodotti e servizi altamente digitali: sono beni che vengono consegnati in forma digitale e servizi di cui porzioni sostanziali vengono consegnate digitalmente […]; beni e servizi digitali misti: [...]vendita al dettaglio di beni materiali o servizi; servizi ad alta intensità IT o produzione di beni: servizi che dipendono in modo dall’IT per la loro fornitura […]; segmenti dell'industria IT che supportano questi tre segmenti dell'economia digitale: i beni ei servizi dell'industria IT che sostengono più direttamente i suddetti tre segmenti dell'economia digitale includono una grande parte della sub-industria di computer in rete, la produzione di PC e la prestazione di servizi di consulenza IT” (M. KLING, K. LAMB, IT and organizational change in digital economies, in Understanding the Digital Economy, Cambridge, 2000, p. 295. Per una ricostruzione, cfr. R. BUKHT, R. HEEKS, Defining, Conceptualising and Measuring the Digital Economy, cit.).

12 L. HINNEKENS, Le implicazioni del commercio elettronico sulla tassazione all’origine, e in particolare sui paradigmi di determinazione della stabile organizzazione e l’attribuzione dei profitti senza favoritismi commerciali, in Riv. dir. trib. int., 2001, p. 9.

13 La tabella che segue è tratta da R. BUKHT, R. HEEKS, Defining, Conceptualising and Measuring the Digital Economy, cit., p. 14.

Il più recente e compiuto tentativo definitorio di economia digitale, propedeutico all’analisi del fenomeno in vista dello studio delle relative problematiche fiscali, si deve all’OCSE che, sul punto, non si differenzia molto dagli autori finora menzionati. Anche l’OCSE ha infatti sottolineato la sempre più sottile differenza tra le nozioni di “economia tradizionale” ed “economia digitale”, in quanto quest’ultimo concetto è una mera declinazione del primo e “refers to an

economy based on digital technologies (sometimes called the internet economy). Increasingly the digital economy has become intertwined with the traditional economy making differences between them less clear”14.

I su enunciati tentativi definitori, pur differenziandosi tra loro in ragione degli elementi fattuali valorizzati dalle concettualizzazioni elaborate di volta in volta, hanno tuttavia un fulcro comune. Infatti, quando tentano di enucleare il concetto di digital economy, non si riferiscono mai ad un settore dell’economia, né ad un mercato economico autointegrativo, bensì ad un modo di atteggiarsi dell’economia medesima, che fortemente risente dell’influenza di internet e, più in

14 COMMISSIONE EUROPEA, Expert Group on taxation of the Digital Economy - general issues – working paper, Bruxelles, 2013. Nello stesso senso si è espresso il Parlamento Europeo, che pure ha affermato che The digital economy is increasingly interwoven with the physical or offline economy11 making it more and more difficult to clearly delineate the digital economy. As such, some of the characteristics of the digital economy are on their way to integrate into the more traditional sectors” (PARLAMENTO EUROPEO, Challenges for Competition Policy in a Digitalised Economy, Bruxelles, 2015).

generale, dell’ICT. In tale accezione, evidentemente, l’economia digitale si confonde e si sovrappone all’economia “tradizionale”, che ben può digitalizzarsi ove scelga di sfruttare le tecnologie dell’informazione nei processi produttivi.

2. DIGITAL ECONOMY E INDUSTRIA 4.0.

È innegabile che, ad oggi, la digitalizzazione è l’obiettivo di tutte le imprese, anche di quelle medio-piccole, indirizzate nel senso dell’integrazione dei propri business con modelli digitali più o meno penetranti. Le nuove tecnologie, anche quando non caratterizzano il core business delle imprese, insistono infatti sulla loro catena del valore e tale processo, al momento, è solo ai suoi albori. Si suole definire il nuovo modo di atteggiarsi dell’industria come “industria 4.0.”, a volerne volutamente sottolineare il carattere rivoluzionario.

È infatti in corso, nel presente momento storico, una chiara rivoluzione industriale, la quarta conosciuta. Segnatamente, dopo la prima, originata in Gran Bretagna nel XVIII secolo e scaturita dall’applicazione della scienza all’industria (la nota macchina a vapore ne è solo un’antonomasia15), la seconda, avvenuta alla fine del IXX secolo e associata alla scoperta dell’elettricità e del motore a combustione e all’applicazione del metodo fordista e la terza, ancorata all’introduzione transistor, dei computer e di Internet16, la quarta – attualmente in corso – integra e sintetizza la dimensione reale e quella virtuale. Nasce l’Internet

of Things” e si accentua l’interconnessione automatica non più solo tra soggetti,

ma anche tra oggetti, legati in un network che consente loro di interagire, scambiare dati, condividere risultati e adeguare le proprie funzioni a seconda delle

15In quegli anni, il ferro e l’acciaio iniziarono ad essere usati come risorse energetiche e il carbone, il petrolio e la combustione interna come nuove fonti di energia. Furono inventati il filatoio idraulico, il telaio meccanico che, insieme alla macchina a vapore, consentirono il cambiamento dell’intero apparato produttivo e il passaggio dalla società rurale e artigianale a quella industriale. Contestualmente, nacque il concetto di fabbrica intesa come organizzazione di persone e mezzi, destinata alla produzione di massa.

16 La terza rivoluzione trasforma gli operai da operatori di macchine a operatori di computer, che diventano strumenti indispensabili nell’attività lavorativa e in particolar modo per accelerare la produzione. L’elettronica divenne da analogica a digitale e diminuì la presenza umana nelle fabbriche (anche in ragione delle sobillazioni sindacali del tempo), soppiantata dai sistemi automatici. La produzione divenne più efficiente, più affidabile e soprattutto più prevedibile.

esigenze della rete stessa17.

Può subito osservarsi che la c.d. quarta rivoluzione industriale, a differenza delle precedenti tre, non è ancorata ad una specifica scoperta scientifica (che nella prima era la macchina a vapore, nella seconda l’elettricità e nella terza il computer o, più in generale, le tecnologie ICT). Essa è piuttosto una rivoluzione concettuale, che ri-disegna i preesistenti modelli lungo le direttive della digitalizzazione e dell’automazione. È la stessa concezione di impresa, lavoro, economia che viene integralmente rimodulata e ripensata e concepita come una dimensione in cui i tradizionali elementi della produzione non sono più atomistici, ma si fondono in un’unicum che è costantemente interconnesso e interattivo.

L’industria 4.0. declina quindi il concetto tradizionale di industria – e di economia – in termini digitali e rimodula in quest’ottica gli impianti aziendali, i prodotti, i collegamenti tra imprese e tra queste ultime e i clienti e, più in generale, tutte le fasi che attraversa il ciclo di vita del prodotto, dalla progettazione alla produzione, dall’ingegnerizzazione alla manutenzione, dalla fornitura alla logistica, fino all’immissione in consumo. Le integrazioni sono realizzate

17 La tabella che segue è tratta da MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, IMPRESA 4.0: strumenti e servizi per la digitalizzazione delle imprese, Napoli, 2017, in

attraverso alcune tecnologie, i suoi “pilastri”18, di seguito schematizzati19:

Per la prima volta, l’impresa 4.0. è dotata di una perfetta integrazione orizzontale, creando collegamenti persistenti con altre imprese in una rete che rende l’interazione più efficiente, e verticale, realizzata cioè all’interno della singola impresa, nella quale tutti i livelli della produzione sono in continuo dialogo.

3. LA PROSPETTIVA DELLANALISI.

Tutte le concettualizzazioni sin qui illustrate dimostrano che la ricerca forsennata di una definizione univoca di economia digitale è invero impossibile, a meno di non cadere in forzate approssimazioni, nonché – dopotutto – superflua, in quanto non aiuta alla disamina di tutte le problematiche che si intendono di volta

18 Il Boston Consulting Group afferma che le fondamenta di Industry 4.0 sono nove: l’automazione, la simulazione dei processi, i big data, l’integrazione orizzontale e verticale, l’Internet of things, la cybersecurity, il cloud computing, l’additive manufacturing (la realizzazione di prodotti altamente personalizzabili, come avviene con la stampa 3D) e la augmented reality (la creazione di una realtà virtuale). Cfr. M. RÜßMANN, M. LORENZ, P. GERBERT, M. WALDNER, J. JUSTUS, P. ENGEL E M. HARNISCH, Industry 4.0: The Future of Productivity and Growth in Manufacturing Industries, 09 Aprile 2015, in https://www.bcgperspectives.com/content/articles/engineered_products_project_business_industry _40_future_productivity_growth_manufacturing_industries/.

19 La tabella che segue è tratta da R. BUKHT, R. HEEKS, Defining, Conceptualising and Measuring the Digital Economy, cit. p. 10.

in volta risolvere ed esaminare20. In dottrina21, si è anche evidenziato che, poiché tutti i tentativi di definire il concetto di economia digitale si sono rivelati inconcludenti ed effimeri, è forse preferibile aderire alla conclusione del giudice supremo della Corte Suprema degli Stati Uniti, Potter Stewart, che ha descritto il fenomeno con un granitico "we know it when we see it"22. Del resto, per analizzare le sfide fiscali legate alla crescente importanza dell'economia digitale, occorre comprendere gli effetti reali generati dalla diffusione dell'economia digitale, piuttosto she sforzarsi di individuarne una definizione precisa23.

Sembra quindi ben più corretto, e senz’altro più utile, impostare l’analisi metodologica da altra prospettiva. Premessa l’interrelazione tra digital economy e ICT, può infatti ritrarsi l’insieme delle sue key features, e cioè degli elementi caratterizzanti di tale fenomeno, scaturiti proprio dal copioso utilizzo delle tecnologie ICT in tutti i settori economici. Come si avrà modo di notare, le tecnologie della comunicazione e dell’informazione, modificando di fatto il modo di atteggiarsi del fare impresa, hanno attribuito al dispiegamento dell’attività economica caratteristiche del tutto nuove: tali caratteristiche hanno chiaramente messo in crisi i concetti creati su misura della old economy in tutti i settori del diritto, ivi incluso, naturalmente, quello fiscale.

4. LE KEY FEATURES DELLECONOMIA DIGITALE.

4.1. L’utilizzo massivo dei big data. “Data is the new oil”.

Il primo, più innovativo e senz’altro più dirompente elemento di discontinuità con il passato risiede nell’utilizzo massivo dei dati: “le conseguenze

della società dell’informazione sono sotto gli occhi di tutti: un cellulare in ogni tasca, un computer in ogni zaino e sistemi informativi di ultima generazione nei back-office di tutto il mondo. Ma quello che si nota di meno sono le informazioni

20 Ed infatti, ogni definizione si focalizza su un peculiare aspetto della problematica: prima internet, poi il commercio online, poi le tecnologie ICT mobili.

21 D. W. BLUM, Permanent Establishments and Action 1 on the Digital Economy of the OECD Base Erosion and Profit Shifting Initiative – The Nexus Criterion Redefined?, in Bull. Int. Tax., 2015, p. 314.

22 D. HELLERSTEIN, Jurisdiction to Tax in the Digital Economy: Permanent and Other Establishments, in Bull. Intl. Tax., 2014, p. 15.

23 P. HONGLER, P. PISTONE, IBFD Blueprints for a New PE Nexus to Tax Business Income