• Non ci sono risultati.

La soluzione degli anni ’20 e la prima model tax convention

Nel documento Dottorato di Ricerca in Diritto ed Impresa (pagine 98-106)

3.1. I limiti alla potestà impositiva extraterritoriale degli Stati

3.1.4. La soluzione degli anni ’20 e la prima model tax convention

Nel descritto contesto economico, nel 1923 il Comitato Finanziario della Lega delle Nazioni incarica quattro eminenti economisti, esperti di finanza pubblica82, affinché si pronuncino sui profili teorico-scientifici della doppia imposizione e dell’evasione fiscale, al fine di porre le basi per elaborare i principi generali della soluzione al problema di porre le fondamenta della nuova fiscalità internazionale. Il punto di partenza è ben chiaro: la doppia imposizione costituisce un gravissimo ostacolo agli scambi internazionali, una “trade barrier” da rimuovere83.

In estrema sintesi le scelte della Lega delle Nazioni risentono fortemente di due fattori84.

In primo luogo, si intende affermare l’imposta “personale” come modello razionale di imposizione, anche in quanto idoneo a rappresentare la capacità contributiva delle persone fisiche e a ben conformarsi con la progressività dell’imposizione85; e dalla necessità di impiegare le convenzioni contro le doppie imposizioni in modo funzionale alle politiche degli Stati86.

In secondo luogo, gli Stati mirano ad articolare le convenzioni in modo

82 I quattro economisti provenivano da Paesi sviluppati – e, come si dirà, tale notazione non è irrilevante ai fini di interesse in tale sede – ed erano Gijsbert Weijer Jan Bruins (Commercial University di Rotterdam, Olanda), Luigi Einaudi (Università di Torino, Italia), Edwin Robert Anderson Seligman (Columbia University, Stati Uniti) e Sir Josiah Charles Stamp (London University, Gran Bretagna).

83 Per un approfondimento, si veda International Chamber of Commerce, Final report of the Trade Barriers Committee of the International Chamber of Commerce, 1926.

84 G. FRANSONI,, op. ult. cit., p. 123.

85 Cfr. B. GRIZIOTTI, L'imposition fiscale des entrangers, Académie de Droit internationale. Parigi, 1927, p. 147.

86 Come osserva J. F. AVERY JONES, Avoiding Double Taxation: Credit versus Exemption - The Origins, in Bull. Int. Tax., 2012, p. 1, la distinzione tra imposte personali e impersonali (impôts réels) fu posta all’attenzione della Società delle Nazioni, quando iniziò a considerare i problemi della doppia imposizione negli anni '20. La prima era un’imposta progressiva sul reddito totale le altre erano le imposte proporzionali su diversi tipi di reddito, in base alle quali l'identità e la residenza del proprietario erano irrilevanti.

I quattro economisti nel loro Rapporto del 1923 categorizzarono i sistemi fiscali come segue:

(1) alcuni si basavano su imposte reali diverse gravanti su beni espressivi di ricchezza (come Francia e Belgio prima della guerra, con i loro imperi réels, e gli Stati tedeschi, con il loro Ertragssteuern);

(2) altri si basavano su imposte gravanti su diversi beni che, in aggregato, costituivano un’imposta reale sul reddito complessivo (ad esempio, in Francia e in Italia);

(3) altri si basavano su un'imposta personale sul reddito come una delle principali fonti di reddito (come ad esempio gli Stati Uniti, la Germania, la Gran Bretagna e l'Olanda).

funzionale ai rispettivi progetti di espansione economica87, circostanza che vede contrapposti gli Stati esportatori di capitali (di norma, i Paesi sviluppati, fautori del residence principle) e gli Stati importatori di capitale (di norma, i Paesi in via di sviluppo, fautori del souce principle). Con riferimento ai metodi di tassazione dei non residenti e, quindi, alle varie declinazioni del source principle, il quadro dell’epoca è assai variegato ed è essenzialmente composto da Paesi, come il Regno Unito, che assoggettano ad imposizione le imprese straniere in ragione dei contratti conclusi nel loro territorio, Paesi (come gli Stati Uniti), che assoggettano ad imposizione i redditi ritratti dalla vendita dei prodotti nel territorio dello Stato e Paesi (soprattutto Europei) che assoggettano ad imposizione le imprese straniere in base ai redditi prodotti mediante una sede fissa di affari88.

Il contrasto tra le due posizioni emerge subito già in seno ai lavori della Società delle Nazioni, e si evince – sin dagli albori – dal disallineamento di posizioni tra il report del 1925, redatto da tecnici provenienti da Paesi debitori, e quello rilasciato nel 1923 dagli economisti, provenienti da Paesi creditori89. Questi ultimi infatti privilegiano la tassazione esclusiva negli Stati di residenza, mentre gli esperti tecnici privilegiano la tassazione nello stato della fonte secondo modelli già noti in Europa. Ciò in quanto "nuovi paesi che necessitano di capitali stranieri

per il loro sviluppo generale desiderano avere una quota delle imposte riscosse sul reddito che viene prodotto sul loro territorio"90. Lo stesso Seligman osserva che "quando ... gli esperti tecnici si sono riuniti, la loro preoccupazione è stata

87 Tra il 1926 e il 1927, il Comitato elaborò quattro modelli di convenzioni (in materia di doppie imposizioni, imposta sulle successioni, cooperazione amministrativa e assistenza giudiziaria) con l’ausilio di altri esperti, ancora una volta provenienti dai Paesi europei e dagli Stati Uniti; tali modelli furono poi approvati da 28 Stati nel 1928 (cfr. V. UCKMAR - G. CORASANITI - P. DE’ CAPITANI DI VIMERCATE - C. CORRADO OLIVA, Diritto Tributario Internazionale, cit., p. 50). Di seguito, in seno alla Lega delle Nazioni fu istituito un Comitato permanente che elaborò due ulteriori modelli di convenzioni contro le doppie imposizioni: si tratta del modello di trattato del Messico del 1943, alla cui elaborazione parteciparono principalmente Paesi dell’America Latina (essendo gli altri Paesi impegnati nella Seconda Guerra Mondiale che nel frattempo era cominciata) e del modello di trattato di Londra del 1946, alla cui stesura parteciparono invece molti Paesi industrializzati. Cfr. C. SACCHETTO, voce Diritto Tributario (convenzioni internazionali), in Enc. Dir., Annali, vol. I, Milano, 2007, p. 523.

88 M.B. CARROLL, Taxation of foreign and national enterprises: methods of allocating taxable income, League of Nations 1933, p. 20 ss.

89 N. TADMORE, Source taxation of Cross-Border Intellectual supplies - Concepts, History and Evolution into the Digital Age, in Bill. Int. Tax., 2007, p. 1.

90 LEAGUE OF NATIONS, Double Taxation and Tax Evasion, Report and Resolution submitted by the Technical Experts to the Financial Committee of the League of Nations, Ginevra, 1925, par. 15.

soprattutto quella di entrare in un accordo che sarebbe politicamente gradito ai rispettivi governi"91.

In termini assai generali, si può affermare che i sostenitori del principio della tassazione su base mondiale fanno leva sull’equità, in quanto i livelli di imposizione sono uguali per i contribuenti aventi redditi di uguale entità, e sull’efficienza economica, nella misura in cui la tassazione diviene neutrale rispetto al luogo in cui il capitale è investito. Si tratta di un’impostazione propugnata soprattutto dai Paesi industrializzati esportatori netti e Paesi “d’origine” dei redditi. I sostenitori del principio di territorialità, di contro, fanno leva sulla sua idoneità ad incentivare gli investimenti all’estero e sul c.d. principio del beneficio, nella misura in cui il reddito viene attratto ad imposizione nel territorio nel quale sono allocate le infrastrutture e i servizi di cui la società si serve per produrre quel medesimo reddito ed è sostenuta dagli Stati in via di sviluppo importatori netti, Paesi fonte dei redditi, in primis i Paesi dell'America latina92.

In questo contesto, il Comitato delle Nazioni adotta una metodologia che prima classifica, poi assegna e distribuisce (agli Stati impositori) le fonti di reddito. Rispetto agli utili d’impresa, il comitato presceglie un criterio distributivo personalistico, ancorato alla residenza, e adotta quale criterio di collegamento alla fonte il concetto di stabile organizzazione, combinando in uno i criteri europei e britannici (da cui la stabile organizzazione rispettivamente materiale e personale)

91 A. SELIGMAN, R.A. EDWIN., Double Taxation and International Fiscal Cooperation, New York,1928, p. 143.

92 D. PINTO, The Need to Reconceptualise the Permanent Establishment Threshold, in Bulletin for International Taxation. 2006, p. 266.. L’autore riconosce che gran parte delle spese pubbliche è destinata alla creazione e al mantenimento di un ambiente in cui possa esprimersi l’attività di impresa; “il rapporto tra l'attività privata e la spesa pubblica è variabile, come il rapporto tra la le spese per il mantenimento di una ferrovia e la quantità di traffico che trasporta”. Tuttavia, può dirsi con ragionevole certezza che i due valori sono direttamente proporzionali: maggiore è l’attività delle imprese, maggiori le spese destinate al mantenimento dell’ambiente economico in cui esse operano.

Per tale motivo, le spese pubbliche destinate al mercato economico dovrebbero essere ripercosse, tramite la fiscalità generale, su tutte le imprese che beneficiano di quel mercato.

Tradizionalmente, un accesso significativo a un mercato in uno Stato ha sempre richiesto all’impresa di operare con un certo grado di presenza fisica nello Stato, ma la teoria del beneficio non preclude l’individuazione di altri elementi idonei a rappresentare dei vantaggi che prescindono dalla presenza fisica: si pensi, a titolo esemplificativo, ai vantaggi che emergono dalle leggi che istituiscono e regolamentano le banche locali che consentono le operazioni di credito, o i tribunali avocati per le riscossioni coatte del prezzo, l'applicazione delle leggi sulla tutela dei consumatori , o anche gli investimenti in infrastrutture e telecomunicazioni.

e respingendo quello statunitense (che guarda al consumo, c.d. demand

approach), invero troppo espansivo e difficilmente gestibile sotto il profilo

amministrativo93. Tale criterio favorisce le imprese degli stati esportatori, che non subiscono più alcuna limitazione in termini di doppia imposizione, ma tendenzialmente sfavorisce gli stati della fonte, limitandone la potestà impositiva in favore degli stati di residenza94.

La giustificazione economica dell’endiadi fonte/residenza95 si rinviene nell’economic allegiance. La nozione di economic allegiance adottata fu modulata sulla base di una teoria già postulata alla fine dell’’80096 e, in ogni caso, postula la circostanza che quel collegamento economico determini un beneficio rilevante per la produzione del reddito; beneficio elargito dallo Stato che, quindi, può attrarre presso di sé l’imposizione di quei redditi che ha contribuito a produrre97. Tali benefici possono essere generali (forze di polizia, protezione della difesa, istruzione che garantisce manodopera qualificata) o specifici (politiche volte a favorire la conduzione di attività, ad esempio mirate a mantenere i tassi di cambio stabili e i tassi di interesse bassi)98.

Secondo gli economisti che elaborano il rapporto del 1923,

“a prescindere dal tema della nazionalità, che ancora gioca un ruolo minore, la scelta deve ricadere tra il principio del domicilio e quello del

93 La prima soluzione suggeriva di attribuire nello Stato di residenza una deduzione per tutti redditi prodotti all’estero, ma fu immediatamente accantonata perché l’incremento impositivo generato dalla doppia deduzione sarebbe interamente ricaduto sugli Stati creditori (par. 41 del report). Gli economisti parvero invece più propensi a concedere l’esenzione per i redditi prodotti all’estero, che avrebbe sortito effetti positivi sulle pianificazioni del tempo mirate ad attrarre investimenti esteri.

94 G. FRANSONI, Le stabile organizzazione. Nihil sub sole novi?, in Riv. Dir. Trib., 2015, p. 123.

95 K. VOGEL, ‘State of Residence’ may as well be ‘State of Source’ – There is No Contradiction, in Bull. for Intl. Taxn., 2005, p. 420, afferma che la residenza, nella misura in cui è ancorata al place of effective management, può ben essere considerata una “fonte”, se non si considera il tema della responsabilità fiscale limitata o illimitata.

96 Fu infatti per la prima volta propugnata da G. SCHANZ, Zur Frage der Steuerpflicht, in FinanzArchiv, 1892, p. 9.

97 Si veda K. VOGEL, Worldwide vs. Source Taxation of Income: A Review and Re-evaluation of Arguments (Part III), in Intertax, 1988, p. 393, ove si legge che “The only valid legitimation therefore can be derived from benefit aspects. Usually it is the state of source that has provided most or all of the benefits relevant for the production of the income”. Sulla stessa linea, si pone R. AVI-YONAH, International Taxation of Electronic Commerce, in Tax Law Review, 1997, p. 507, ove si legge che “These benefits justify source-based corporation taxation in the sense that the host country’s government bears some of the costs of providing the benefits that are necessary for earning the income”.

luogo di origine. Considerando il campo della tassazione nel suo complesso, la ragione per cui le autorità fiscali oscillano tra questi due principi sta nel fatto che ciascuno di essi può essere considerato come parte del principio, ancora più ampio, della economic allegiance, in opposizione al principio della political allegiance. Una parte della somma totale pagata in base alla capacità99 di una persona dovrebbe pervenire all’erario di un Paese in base all’interesse economico di tale persona in detto Paese. La soluzione ideale è che l'intera ricchezza dell'individuo sia tassata, ma che sia tassata una sola volta e che l’assoggettamento ad imposizione sia ripartito tra le varie giurisdizioni secondo i suoi interessi relativi in ciascuna di esse”100.

I puristi della dottrina dell’economic allegiance attribuirebbero la giurisdizione fiscale gli Stati che rivendicano un qualsiasi rapporto di connessione economica con la società estera, ma gli stessi economisti riconoscono che “il

reddito è un prodotto così composito e la sua nozione è così complessa che anche teoricamente non è facile assegnare in senso quantitativo le “porzioni” di allegiance dei diversi paesi interessati” 101. La dottrina della economic allegiance non richiede infatti la presenza fisica in uno Stato per ancorare la tassazione, in quanto la produzione della ricchezza si concentra sulla "comunità la cui vita

economica rende possibile il rendimento finale". La produzione del rendimento

finale può anche essere fisicamente localizzata in un luogo ed economicamente

localizzata in un altro: tuttavia, tale secondo criterio deve prevalere sul primo.

Detto altrimenti, nella dottrina dell’economic allegiance la collocazione fisica della produzione in un dato luogo assume rilevanza solo se – e nella misura

99 Già emerge, seppure in un’accezione embrionale, il concetto di capacità contributiva, che poi sarà adottato dai modelli costituzionali degli Stati.

100 Profs. Bruins, Einaudi, Seligman and Sir Josiah Stamp, Report on Double Taxation, submitted to the Financial Committee, League of Nations, Economic and Financial Commission, Ginevra, 1923 (traduzione libera). Tale concetto è definito dagli stessi autori come il “passaggio più importante dell’intero rapporto” (p. 571). Si riporta l’estratto in lingua originale: “apart from the question of nation- ality, which still plays a minor role, the choice lies between the principle of domicile and that of location or origin. Taking the field of taxation as a whole, the reason why tax authorities waver between these two principles is that each may be considered as part of the still broader principle of economic allegiance, as against the original doctrine of political allegiance. A part of the total sum paid according to the ability of a person ought to reach the competing authorities according to his economic interest under each authority. The ideal solution is that the individual’s whole faculty should be taxed, but that it should be taxed only once, and that liability should be divided among the tax districts according to his relative interests in each”. Si veda anche C. GARBARINO, La tassazione del reddito trasnazionale, Padova, 1990, p. 111 ss. Sul punto si richiamano anche le osservazioni di G. MAISTO, Residence of Individuals and the Italy-France Tax Treaty, in European taxation, 1999, p. 42.

101 N. TADMORE, Source taxation of Cross-Border Intellectual supplies - Concepts, History and Evolution into the Digital Age, in Bill. Int. Tax., 2007, p. 1.

in cui – essa è rappresentativa di una collocazione economica in detto luogo. Sono chiarissimi i quattro economisti sul punto:

"Il situs fisico è una cosa; il concetto di origine o di collocazione economica è un'altra cosa; tali due concetti non coincidono necessariamente. Il situs fisico rileva nell’ottica della economic allegiance solo nella misura in cui rafforza il situs economico"102.

Su tali premesse, finanche il luogo in cui avviene il consumo dei beni e servizi può costituire una parte essenziale della produzione di ricchezza e può dunque essere rappresentativo di una economic allegiance anche in assenza di una presenza fisica103:

“Le arance sugli alberi della California non rappresentano una ricchezza acquisita finché non vengono raccolte, e nemmeno in quella fase finché non vengono imballate, e nemmeno in quella fase finché non vengono trasportate nel luogo in cui v’è domanda di quei beni e fino a quando non vengono collocate il consumatore può fruirne”.

Il principio dell’"origine della ricchezza" è dunque ancorato all’economic

allegiance al dichiarato scopo di valutare i vari contributi apportati dai diversi

Stati alla produzione e al godimento di reddito104. In termini generali, gli economisti concludono che i fattori più importanti (in proporzioni diverse a seconda della classe di reddito in questione) sono " the origin of the wealth and

the residence or domicile of the owner who consumes the wealth". Per i profitti

delle imprese, ritengono che il luogo in cui il reddito è prodotto sia "of

preponderal weight" e "in an ideal division a preponderant share should be assigned to the place of origin". L'origine o la produzione della ricchezza è

ancorata, a questi fini, alle fasi coinvolte nella creazione della ricchezza: "the

original physical appearance of the wealth, its subsequent physical adaptations, its transport, its direction and its sale"105.

In questo contesto, si sceglie così di legittimare la tassazione nello Stato

102 Profs. Bruins, Einaudi, Seligman and Sir Josiah Stamp, Report on Double Taxation, submitted to the Financial Committee, par. 27.

103 Profs. Bruins, Einaudi, Seligman and Sir Josiah Stamp, Report on Double Taxation, submitted to the Financial Committee, par. 21.

104 M. GRAETZ, M. O'HEAR, The “Original Intent” of U.S. International Taxation, in Duke Law Journal, 1997, p. 1022.

105 OECD, Tax Challenges Arising from Digitalisation – Interim Report 2018: Inclusive Framework on BEPS, Parigi, 2018, p. 174.

della fonte solo al sussistere di un certo livello di presenza fisica, personale o materiale, anche nella consapevolezza che, al tempo, le imprese non potessero operare in market countries stranieri prescindendo da una sede fissa d’affari; tale scelta fu, tuttavia, puramente convenzionale, in quanto non prevista da alcuna norma internazionale consuetudinaria, né addirittura necessitata alla luce della dottrina dell’economic allegiance. La prima nozione di stabile organizzazione106, oggi contenuta nell’art. 5 del modello OCSE, viene infatti ai due fenomeni economici già assunti nella tradizione Europea e Britannica come elementi di collegamento dell’attività d’impresa con il territorio dello Stato: l'esercizio di un'attività all'estero, attraverso una serie di mezzi materiali, direttamente organizzati e gestiti dall'operatore (stabile organizzazione materiale) e la presenza all'estero dell’impresa attraverso un agente dipendente dell’impresa stessa (stabile organizzazione personale). Tutt’ora l’OCSE riconosce che, nonostante gli adeguamenti intervenuti nel tempo107, “in both situations a certain level of

physical presence in the source jurisdiction is required, either directly or through the actions of a dependent agent”108.

Dal 1948, i lavori della Società delle Nazioni proseguono nelle mani dell’Organizzazione per la Cooperazione Europea109 che, dal 1956 al 1961, elabora quattro relazioni ciascuna acclusa ad un potenziale modello di

106 Il primo riferimento alla nozione di stabile organizzazione viene ricondotto al 1899 e alla prima convenzione contro le doppie imposizioni conclusa tra il Regno di Prussia e l’Impero Austro Ungarico; già quella primissima definizione conteneva tutti gli elementari requisiti dell’istituto ad oggi conosciuto, che poi confluì – in esito alle riflessioni degli anni ’20 – nel primo Modello Di Convenzione del 1927.

107 In OECD, Addressing the tax challenges of the digital economy, 2014, p. 39, si legge che “Some extensions have been made over time to address changes in business conditions. For example, the development of the service industry has led to the inclusion in many existing bilateral treaties of an additional threshold whereby the performance of services by employees (or other persons receiving instructions) of a non- resident enterprise may justify source-based taxation as soon as the duration of such services exceeds a specific period of time, irrespective of whether the services are performed through a fixed place of business” A. ALESSI, J. DE GOEDE, W. WIJNEN, The Treatment of Services in Tax Treaties, in Bulletin for International Taxation, 2012, Vol. 66, N. 1.

108 B. WESTBERG, Digital Presence – Does it exist?, in AA.VV., La digital economy nel sistema tributario Italiano ed Europeo, a cura di L. DEL FEDERICO - C. RICCI, Padova, 2015, p. 21, ove si legge che «some minimum form of physical presence and permanence must be required in any source country aspiring to fiscal benefits».

109 L'Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea (OECE) è stata un'organizzazione internazionale attiva dal 1948 al 1961, istituita il 16 aprile 1948 per controllare la distribuzione degli aiuti statunitensi del Piano Marshall finalizzati alla ricostruzione dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale e favorire la cooperazione e la collaborazione fra i Paesi membri della Comunità Europea, devastata dal conflitto bellico appena terminato.

Nel documento Dottorato di Ricerca in Diritto ed Impresa (pagine 98-106)