1. L E SOLUZIONI DEL BEPS A CTION P LAN
1.5. Le soluzioni concordate, tra esigenze di prevenzione della base
1.5.1. Le scelte avallate dalla comunità internazionale (rectius, dalla maggior parte dei Paesi).
Alcune delle posizioni finora illustrate sono confluite, da ultimo, nella Convenzione Multilaterale140, prevista dall’Action 15 del BEPS, volta ad
140 Il 7 giugno 2017, presso la sede dell’OCSE, 67 Paesi hanno siglato la Multilateral Convention to Implement Tax Treaty Related Measures to Prevent Base Erosion and Profit Shifting-MLI, incrementatisi in 78 nel gennaio 2018. Con il deposito dello strumento di ratifica da parte della Slovenia, avvenuto il 22 marzo 2018, è entrata in vigore, sicchè modificherà in modo automatico un network estremamente vasto di Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dagli Stati firmatari (tra cui l’Italia) senza necessità di rinegoziazioni bilaterali. Nel comunicato stampa reso noto dall’OCSE nel 2018, si legge infatti che “The Multilateral Convention to Implement Tax Treaty Related Measures to Prevent Base Erosion and Profit Shifting (the "Convention") will enter into force on 1 July 2018, marking a significant step in international efforts to update the existing network of bilateral tax treaties and reduce opportunities for tax avoidance by multinational enterprises. The entry into force of the Convention, just one year after the first signature, underlines the strong political commitment to a multilateral approach to fighting base erosion and profit shifting (BEPS) by multinational enterprises. The entry into force follows from the deposit of the fifth instrument of ratification by Slovenia on 22 March 2018. Earlier, the Republic of Austria (22 September 2017), the Isle of Man (19 October 2017), Jersey (15 December 2017), and Poland (23 January 2018) deposited their instruments with the OECD”.
aggiornare la rete esistente di convenzioni bilaterali; a ben vedere, si tratta dell’unica soluzione possibile in un siffatto contesto. È infatti dubbia la rilevanza ermeneutica delle modifiche che intervengono sul Modello di Convenzione o sul suo Commentario, che assumono maggiore o minore valenza interpretativa rispetto ai trattati precedentemente stipulati a seconda del carattere più o meno innovativo delle modifiche medesime141. La scelta di affidare ad un’apposita Convenzione sottoscritta ex novo dagli Stati aderenti azzera il rischio di incertezze e contrasti interpretativi e rappresenta senz’altro la migliore soluzione perseguibile, alla luce delle modifiche apportate che, per certi versi, appaiono senz’altro innovative142.
Senza soffermarsi sulle criticità della Convenzione, sull’assenza significativa (tra i suoi firmatari) degli Stati Uniti e sul gran numero di riserve apposte dai Paesi sottoscrittori, ai fini di specie giova sottolineare che l’accordo non addiviene ad una soluzione in materia di economia digitale, dimostrando che la riflessione (tecnica e politica) sul punto non è ancora matura. Il trattato, infatti, dedica apposite norme al tema fulcrale del BEPS, i.e. l’erosione internazionale delle basi imponibili, ma tralascia il tema specifico dell’economia digitale.
Tuttavia la discussione sul tema è senz’altro ancora aperta, come del resto conferma l’avvio di una nuova consultazione in seno all’OCSE, confluita nell’interim report del maggio 2018.
Il report dei primi mesi del 2018143, infatti, ripercorre le sfide tuttora da
Per un commento, si veda G. ODETTO, La convenzione multilaterale BEPS entra in vigore, in banca dati Eutekne, 23 marzo 2018.
141 Si tratta della nota diatriba tra static ed ambulatory interpretation del modello di convenzione. Sul punto si veda, M. LANG, How significant are the amendments of the OECD commentary adopted after the conclusion of a tax treaty?, in Dir. Prat. Trib., 2002, p. 3 ss; M. LANG, Later Commentaries of the OECD Committee on Fiscal Affairs not to Affect the Interpretation of Previously Concluded Tax Trieties, in Intertax, 1997, p. 7 ss, nonché P. J. WATTEL, O. MARRES, The Legal Status of the OECD Commentary and Static or Ambulatory Intepretation of Tax Treaties, in European Taxation, 2003, p. 222 ss., secondo il quale: “(..) la valenza interpretativa delle versioni successive diminuisce – sino a zero – nella misura in cui i cambiamenti apportati nelle versioni successive mutino la sostanza del Trattato non risolvendosi in semplici chiarificazioni. Essa diminuisce altresì nella misura in cui una delle parti contraenti non faccia parte dell’OCSE (paese non membro) ovvero abbia espresso riserva. Nessun valore può infine essere riconosciuto alle versioni successive che siano chiaramente inconciliabili con la versione corrente al tempo della conclusione del Trattato e/o con l’enunciazione del particolare Trattato da applicare [traduzione libera]”.
142 Per un commento, si veda B. FERRONI, Firmata la Convenzione Multilaterale del progetto BEPS: effetti su migliaia di trattati fiscali in tutto il mondo, in Fisc. Int., 2017, p. 2952.
affrontare144 e, arricchitosi delle esperienze domestiche145, tenta di sintetizzarle e ripercorrerle, prendendo atto della circostanza che si tratta di problematiche che “go beyond the issue of how to put an end to BEPS”146. Tali problematiche, e con
esse le soluzioni proposte, appaiono se possibile ancor più innovative di quelle confluite nella Convenzione del 2017, sicché non v’è dubbio che l’implementazione di tali – allo stato, solo ipotetiche – determinazioni dovrà necessariamente confluire in una nuova Convenzione, se del caso multilaterale, non potendo essere rimessa unicamente alle modifiche del Modello e del suo commentario, per le ragioni di cui già si è detto.
Tuttora, l’OCSE si pone il problema di “assess whether the challenges
described in this report, relating to the principle of aligning profits with underlying economic activities and value creation, would be best addressed by a consensus-based solution focused on certain highly digitalised business models, or whether such a solution should be applicable to the broader economy”,
confidando di addivenire ad una soluzione entro il 2020. La stessa OCSE conferma, quindi, che le soluzioni finora proposte non risolvono, ma soltanto lambiscono, la tematica della fiscalità digitale.
La nuova consultazione prova, dunque, che la riflessione si sta gradualmente spogliando degli ibridismi che la caratterizzavano in principio e si sta, quindi, spogliando di finalità antielusive e attestando su interventi strutturali. Nondimeno, la discussione si è medio tempore arricchita di rinnovati stimoli, provenienti non solo da parte di Stati Membri, ma anche di altre Organizzazioni internazionali, tra le quali non è mancata la stessa Unione Europea147.
144 A. TOMASSINI, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, in Corr. Trib., 2018, p. 169.
145 Che saranno descritte amplius nel Capitolo IV.
146 OECD, Tax Challenges Arising From Digitalisation – Interim Report 2018, cit., pag. 166.
147 Sul punto, parte della dottrina, soprattutto internazionale, afferma tuttavia che il progetto BEPS avrebbe “curato i sintomi” delle problematiche fiscali internazionali, senza tuttavia affrontarne le cause (S.A. ROCHA - R. TOMAZELA SANTOS, Tax Sovereignty and Digital Economy in Post-BEPS Times, in S.A. ROCHA – A. CHRISTIANS, Tax Sovereignty in the BEPS Era, Series on International Taxation, 2017, p. 37). Tali autori sono scettici sulla reale influenza che il progetto sortirà sulla fiscalità internazionale, concludendo che “To solve the problem and rescue societies from engineering the path to their collective fiscal destruction requires an abrupt departure from history: namely, developing institutions and processes for a comprehensive and globally inclusive multilateral tax regime” (così A. CHRISTIANS, BEPS and the Power to Tax, in Tax Sovereignty in the BEPS Era, Series on International Taxation, cit., p. 3).
1.5.2. L’evoluzione della riflessione internazionale sul tema.
Alla luce di quanto finora illustrato, nella riflessione internazionale sulla fiscalità della digital economy, della quale l’OCSE si fa portavoce, possono quindi rintracciarsi tre diversi stadi.
Il primo stadio, sviluppatosi negli anni ’90, è quello cauto e conservativo. In questa prima fase, l’OCSE infatti ha cominciato ad osservare il fenomeno soprattutto sotto il profilo dell'automazione delle funzioni, che lentamente ha iniziato a consentire una certa interazione economica con il market country attraverso una presenza più volatile della tradizionale impostazione brick and
mortar, ma nella quale era ancora possibile rintracciare elementi di fissità,
forzando la definizione di stabile organizzazione vigente. È in questa fase che si l’OCSE ha posto l’attenzione sulle apparecchiature automatiche (macchine da gioco e distributori automatici), integrandole nella definizione di stabile organizzazione. laddove l'impresa non residente ne sia responsabile rispetto all’'installazione, al funzionamento, al controllo e alla manutenzione delle attrezzature148. Tali apparecchi automatici sono stati esaminati anche ove utilizzati per scopi digitali ed è in questo contesto che l’OCSE ha chiarito che i server possano costituire stabili organizzazioni se effettivamente a disposizione dell’impresa e e se utilizzati per svolgere attività non preparatorie o ausiliarie149.
Si tratta, chiaramente, di un approccio case by case che affronta i sintomi, ma non le cause del problema. Non v’è chi non veda, peraltro, che tale interpretazione, pur formalmente corretta, sia tuttavia in controtendenza con la
ratio della stabile organizzazione. Se è vero che detto istituto rappresenta una
soglia minima legale che denoti un coinvolgimento economico significativo dell’impresa con lo Stato ospitante, davvero non si vede come un server, che è del resto un mero computer, possa esprimere tale partecipazione150. La debolezza
148 Commentario all’art. 5 del Modello OCSE, par. 10, emendato il 23 luglio 1992. Per un commento, si veda A. SKAAR, Permanent Establishment: Erosion of a Tax Treaty Principle, Boston, 1991, p. 194.
149 Commentario all’art. 5 del Modello OCSE, par. 42.2 e 42.9. cfr. A. COCKFIELD, W. HELLERSTEIN, R. MILLAR, C. WAERZEGGERS, Taxing Global Digital Commerce, Amsterdam, 2013, p. 127.
150 E. E. LOPEZ, An Opportunistic, and yet Appropriate, Revision of the Source Threshold for the Twenty-First Century Tax Treaties, in Intertax, 2015, p. 6. Nello stesso senso, R.
dell’impostazione si disvela con tutta evidenza anche se si considera che, da un lato, i server possono essere indifferentemente allocati ovunque (si pensi che Google ha di recente annunciato che intende allocare delle data room nel mare, in acque internazionali151) e, dall’altro, rappresentano una tecnologia che potrebbe presto divenire obsoleta (per esempio, essere soppiantata dalla blockchain, che non è un server, ma una rete di nodi dispersi ovunque e non rintracciabili)152.
Questo approccio ha quindi subito rivelato le sue debolezze.
Il secondo stadio della riflessione, come visto, è invece ancorato al tema dell’abuso. L’OCSE è infatti intervenuta sulla nozione di stabile organizzazione, soprattutto con l’Action 7 del progetto BEPS ed ha così affermato con vigore, anche a livello internazionale, l’esigenza di tutelare le norme convenzionali dai fenomeni elusivi perpetrati – anche – dalle imprese digitali.
Ma anche tale seconda fase si è rivelata non soddisfacente, disvelando chiaramente che le problematiche di fondo non concernevano affatto l’abuso, ma la struttura stessa delle norme impositive che, nell’ipotesi di business digitali, conferivano agli stati della fonte una potestà impositiva sempre più limitata.
La riflessione odierna rappresenta invece il terzo stadio, si è depurata sia degli approcci case by case, sia di quelli antielusivi, e si collocha unicamente sul piano della ripartizione internazionale dei redditi, mettendo in discussione in radice le norme convenzionali che la disciplinano e le stesse logiche che la orientano.