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La logica delle proposte, tra contrasto all’abuso e ampliamento

Nel documento Dottorato di Ricerca in Diritto ed Impresa (pagine 163-166)

1. L E SOLUZIONI DEL BEPS A CTION P LAN

1.1. Il contrasto alle strategie di elusione della stabile organizzazione

1.1.4. La logica delle proposte, tra contrasto all’abuso e ampliamento

Le proposte appena illustrate consentono di osservare che l’OCSE sembra essere andato ben oltre i propri originari intenti.

Come visto, le modifiche alla nozione di stabile organizzazione sono ispirate al dichiarato intento di prevenire gli abusi e si snodano nel solco di principi ben precisi. Da un lato, si intende attribuire agli Stati impositori strumenti efficaci per contrastare le pratiche elusive poste in essere dalle imprese; dall’altro, e correlativamente, si riconosce che le stesse imprese devono essere messe in condizione di poter operare in condizioni di certezza e prevedibilità, per porre in essere scelte consapevoli di investimento.

Sotto il primo profilo, che guarda agli Stati, l’operato dell’OCSE si è rivelato senz’altro efficace, ma a tratti sembra aver oltrepassato i limiti dell’approccio anti-abuso e aver, di fatto, ampliato la nozione di stabile

66 In questo caso il concetto di “closely related enterprise” utilizzato dal Commentario è quello, già illustrato, di cui al paragrafo 8 dell’articolo 5. D. SANSONETTI, Evoluzione del concetto di stabile organizzazione alla luce dell’“Action 7” BEPS, in Corriere Tributario, n. 31, 2016, pag. 2457.

organizzazione. Tutte le modifiche intervenute, infatti, si risolvono in un “alleggerimento” dei limiti precedentemente posti alla soglia rappresentata dalla stabile organizzazione che, in esito ai predetti interventi, risulta ampliata nel suo ambito di applicazione, soprattutto in ragione della preferenza accordata ad una valorizzazione del sostrato economico, più che degli schemi giuridici, delle operazioni poste in essere dalle imprese, che favorisce l’imposizione nei source

State piuttosto che nei residence State.

Più in dettaglio, la modifica all’interpretazione della negative list sembra, in un certo senso, consentire agli Stati di presumere che nessuna attività svolta dall’impresa non residente sia preparatoria o ausiliaria, rimettendo al contribuente straniero la prova contraria67; allo stesso modo, l’introduzione

dell’anti-fragmentation rule non sembra presupporre una frammentazione necessariamente

artificiosa (e, quindi, priva di valide ragioni economiche), ma sembra consentire un’aggregazione automatica in tutti i casi in cui le attività siano frammentate, anche se detta frammentazione non sia ispirata da logiche elusive.

Ma la più manifesta deviazione dal concetto originale di stabile organizzazione è quella che verte sulla nozione di agente68. La storia sottesa alla redazione dell'articolo 5 del Modello OCSE suggeriva infatti un'interpretazione letterale, cioè un approccio giuridico puro69, in base al quale solo i contratti conclusi in nome del non residente (legalmente vincolato dall’attività dell’agente)

67 R. BATHEJA, Treaty Abuse and Permanent Establishments: Proposed Changes to Article 5(3) and (4) of The OECD MC, in D.W. BLUM, M. SEILER & M. LANG, Series on International Tax Law: Preventing Treaty Abuse, 2016, p. 386-387.

68 V. DHULDHOYA, International/OECD - The Future of the Permanent Establishment Concept, in Bull. Int. Tax., Volume 7, No. 4a/Special Issue, pubblicato online il 26 marzo 2018.

69 H. PIJL, Agency Permanent Establishments: in the name of and the Relationship between Article 5(5) and (6) – Part 1, in Bull. Intl. Taxn., 2013, p. 67; H. PIJL, Agency Permanent Establishments: in the name of and the Relationship between Article 5(5) and (6) – Part 2, in Bull. Intl. Taxn., 2013, p. 2. L’autore ripercorre la storia della figura dell’agente indipendente nelle convenzioni contro le doppie imposizioni, a partire dai lavori degli anni ’20. In particolare, osserva che i primi trattati fiscali utilizzavano la locuzione "in the name of" nel contesto delle agency-PE e, quando questo termine è stato ulteriormente elaborato nei rapporti della Società delle Nazioni (1927-1946), è stato interpretato come "vincolante" per la società non residente. Le Nazioni Unite, nel lavoro del gruppo di esperti tra il 1968 e il 1980 su quello che divenne il modello delle Nazioni Unite (1980), intrapresero intense discussioni sul fatto che "in nome di" o "per conto di" fosse più appropriato, ma in ambedue i casi concordarono che fosse necessario un vincolo giuridico-formale tra l’agente e la società estera; questa tradizione, quasi un secolo fa, di "vingolo legale", quindi, sembra essere un serio impedimento rispetto ai tentativi, da parte delle autorità fiscali, di interpretare il termine "vincolante" al di là del suo uso tradizionale, e quindi in termini economici. La modifica recente ha, quindi, chiari effetti novativi, e non meramente interpretativi della nozione di stabile organizzazione.

potessero esprimere l’esistenza di una stabile organizzazione. La scelta dell’OCSE di optare per un approccio economico sembra dunque un chiaro

revirement, in controtendenza con gli stessi approcci adottati dalla maggior parte

degli Stati70. Anche tale novella ha quindi, di fatto, ampliato la portata dell’originaria nozione di stabile organizzazione, favorendo la tassazione nel paese di origine. Le medesime considerazioni valgono rispetto al tema del

principal role, i.e. del ruolo svolto dall’agente nella contrattazione, ovvero alla

sua correlazione con il principal; anche in tal caso, l’approccio è chiaramente economico e altrettanto chiaramente volto ad ampliare la nozione di stabile organizzazione71.

Ma tutte le succitate modifiche consentono di trarre un’ulteriore considerazione. Sembra, infatti, che l’OCSE abbia “abbassato” la soglia della stabile organizzazione al punto che ora sembra potersi finanche integrare una

service-PE72, priva di una soglia di rilevanza, precedentemente non consentita

dalla convenzione73, che può ora essere costituita dalla mera esecuzione di attività da parte di un agente dipendente, che non ha natura "preparatoria o ausiliaria", nello stato di origine e indipendentemente dal fatto che un agente concluda i contratti in nome dell’impresa o in proprio nome74.

Sotto il secondo profilo, che guarda alle imprese, le soluzioni cui è pervenuta l’OCSE non sembrano guardare alla certezza del diritto e alla prevedibilità, da parte delle società, degli effetti fiscali delle proprie scelte. Già da

70 Si veda la precedente nota n. 31.

71 Cfr. M.C. VILLAREAL REGALADO, Treaty Abuse and Permanent Establishments: Proposed Changes to Articles 5(5) and 5(6) of the OECD MC, in D.W. BLUM, M. SEILER & M. LANG, Series on International Tax Law: Preventing Treaty Abuse, 2016, p. 386-387.

72 Si tratta di un chiaro esempio della crisi dell’economia dei beni e dell’avvento dell’economia dei servizi. Sul punto, si rinvia – per una panoramica generale della questione – a M. PIERRO, Beni e servizi nel diritto tributario, Padova. 2003.

73 Una definizione di "service PE" è invece contenuta nell'articolo 5, paragrafo 3, lettera b), del modello di convenzione delle Nazioni Unite, che contiene una disposizione73, non inclusa nel modello di convenzione OCSE, che definisce la service permanent establishment come il luogo in cui i servizi vengono forniti dall'azienda e che, secondo detti Paesi, non richiederebbe una presenza fisica dell’impresa, ma il mero “consumo” dei servizi medesimi. L’interpretazione è espressa anche da UNITED NATIONS, Committee of Experts on International Cooperation in Tax Matters, Report on the tenth session, 2014, in http://digitallibrary.un.org/record/787330/files/E_2014_45_E_C.18_2014_6-EN.pdf. Questa interpretazione, a volte indicata come "virtual service PE", è stata ufficialmente approvata in alcuni Stati, di cui meglio si dirà al Capitolo IV.

74 V. DHULDHOYA, International/OECD - The Future of the Permanent Establishment Concept, in Bull. Int. Tax., Volume 7, No. 4a/Special Issue, pubblicato online il 26 marzo 2018.

una prospettiva analitica, può osservarsi che alcune modifiche sono volte proprio a privare di efficacia alcune disposizioni che erano state introdotte al dichiarato fine di facilitare il commercio transfrontaliero: il riferimento è alla negative list, la cui valenza esplicativa dei casi di esclusione rispondeva proprio ad esigenze di certezza per gli operatori, oltre che per gli Stati; esigenza attualmente frustrata, attesa la necessità di interpretare ciascuna delle esclusioni alla luce dell’attività caratteristica delle imprese75. Secondo alcuni, dal punto di vista dei “fundamental

principles of tax policy”76, il risultato raggiunto dall’Action 7, con riferimento alla

negative list, rappresenterebbe un “ribilanciamento del principio della certezza e semplicità (certainty and simplicity) a favore dell’equità tra nazioni (inter-nation equity)” 77; tuttavia, da una prospettiva sistematica, non può non notarsi che tutte le modifiche apportate prediligono un approccio economico e casistico, così inevitabilmente incrementando le difficoltà di addivenire a soluzioni univoche e i rischi di controversie in relazione all'attribuzione del reddito.

E tali rischi, è bene sottolinearlo, non involgono solo i rapporti tra imprese e Stati, ma anche tra i diversi paesi impositori. Sfumare i confini della nozione di stabile organizzazione significa, infatti, non solo inficiare la certezza del diritto, ma anche rarefare i margini che delimitano l’attribuzione della potestà impositiva tra gli Stati della fonte e quelli della residenza; in mancanza di un accordo tra i Paesi impositori, che non traccino gli stessi confini impositivi, potrebbero di fatto annullarsi i benefici derivanti dalle convenzioni e potrebbe determinarsi quella doppia imposizione che le convenzioni sarebbero demandate a prevenire.

Nel documento Dottorato di Ricerca in Diritto ed Impresa (pagine 163-166)