4. I L PROBLEMA DELLA RESIDENZA . L’ EROSIONE DELLE BASI IMPONIBILI
4.2. Norme domestiche e concorrenza fiscale. Il caso Irlanda-USA
Recenti forme di treaty abuse, frutto di sofisticata ingegneria fiscale, sono attualmente realizzate da numerosi gruppi multinazionali il cui core business, che si sostanzia nella titolarità di beni immateriali, ben si presta a tali pratiche abusive. Si tratta soprattutto, ma non solo, delle imprese c.d. digital, attrici della nuova economia. Tali nuovi fenomeni abusivi sono conosciuti con la esotica denominazione di double Irish, in quanto richiedono l’impiego di due consociate con sede in Irlanda (una delle quali è incorporata in Irlanda e amministrata in un paradiso fiscale). Essi consentono di sfruttare, contemporaneamente, i benefici fiscali offerti dall’Irlanda in tema di tassazione dei redditi d’impresa e quelli concessi dai paradisi fiscali, che esentano totalmente da imposizione tali ricchezze.
In sostanza, il double Irish consente al gruppo di trasferire in un paradiso fiscale le royalties corrisposte a fronte della possibilità di fare uso dei diritti di proprietà intellettuale, licenziati tra le società del medesimo gruppo, sfruttando i disallineamenti tra norme domestiche (soprattutto irlandesi e americane) e internazionali. Esso sarà quindi doverosamente analizzato nel seguito, non mancando di sottolineare che si tratta di un mero esempio, il più noto, ma non certo dell’unico caso in cui i gruppi multinazionali hanno strutturato il proprio tax
planning sfruttando, più o meno abusivamente, i vantaggi derivanti dalla
Non è un caso che il su descritto sistema coinvolga, prioritariamente, l’Irlanda, in quanto è (rectius, era, fino al 2015143) consentito da una apposita norma irlandese introdotta nel 1999144, dichiaratamente volta a fare dell’Irlanda un paese fiscalmente competitivo ed attrattivo per gli investimenti stranieri.
La definizione di “residenza” delle società di capitali ai fini del diritto irlandese è stata introdotta solo nel 1999, in risposta alle pressioni internazionali145, e considera residenti nel territorio dello Stato le società ivi incorporate. Fino al 2015, sfuggivano tuttavia alla regola della residenza, per espressa esclusione, le relevant companies, e cioè quelle società che esercitassero un’attività commerciale nel territorio irlandese direttamente o tramite società controllate (da cui il pittoresco appellativo di double Irish)146 e fossero a loro volta controllate da una società residente in uno Stato membro dell'UE o in un Paese legato all’Irlanda da una convenzione contro le doppie imposizioni (per tutti, gli Stati Uniti) ovvero fossero collegate ad una società quotata detti Stati147.
143 Si precisa che tale norma, meglio descritta nel seguito, è stata modificata con la legge finanziaria irlandese per il 2015, anche a fronte delle pressioni esercitate dall’Unione Europea; la novella è entrata in vigore il 1° gennaio 2015 per tutte le imprese neo-costituite e dal 1° gennaio 2020 per le imprese già operanti in Irlanda (al fine di consentire a queste ultime di adeguarsi alle nuove regole entro termini più lunghi).
144 Ireland Tax Consolidation Act 1997, par. 23A.
145 In precedenza, esisteva unicamente una definizione di matrice giurisprudenziale, che considerava residenti in Irlanda le società che avessero nel territorio dello Stato il luogo dell’amministrazione.
146 Producendo redditi al di sopra di una certa soglia, invero molto bassa.
147 Nel 1999, l’Irland Tax Consolidation act, rubricato Company residence, è stato integrato con I paragrafi 23A e ss., che dispongono quanto segue.
La Subsection 2 introduce la regola secondo la quale una società si considera residente in Irlanda se ivi incorporata:
“(2) Subject to subsections (3) and (4), a company which is incorporated in the State shall be regarded for the purposes of the Tax Acts and the Capital Gains Tax Acts as resident in the State.
La Subsection 3 prevede l’eccezione per le relevant companies che svolgono attività commerciale in Irlanda:
(3) Subsection (2) shall not apply to a company incorporated in the State if the company is a relevant company and—
(a) carries on a trade in the State, or
(b) is related to a company which carries on a trade in the State. LA Subsection 1 definisce invece la relevant company:
“‘relevant company’ means a company
(i) which is under the control, whether directly or indirectly, of a person or persons who is or are
(I) by virtue of the law of any relevant territory, resident for the purposes of tax in a relevant territory or relevant territories, and
(II) not under the control, whether directly or indirectly, of a person who is, or persons who are, not so resident,
Più in dettaglio, in forza di tale disposizione una società con sede legale in Irlanda ma gestita ed amministrata altrove (148) non si considerava residente nello Stato ai fini fiscali a condizione che (i) fosse controllata da una società residente in uno Stato che avesse stipulato con l’Irlanda una convenzione contro le doppie imposizioni e (ii) controllasse, a sua volta, una società irlandese, effettivamente impegnata in una attività economica in Irlanda (ed ivi residente ai fini fiscali).
Come previsto da alcuni autori, già al momento della sua introduzione era chiaro che la norma avrebbe consentito alla maggior parte delle controllate estere di grandi gruppi multinazionali di non risultare residenti in territorio irlandese149. Le imprese avrebbero potuto, infatti, sfruttare il difetto di coordinamento tra le norme convenzionali e la menzionata norma domestica, in tutti i casi in cui la controllante fosse residente in un Paese vincolato da una Convenzione bilaterale con l’Irlanda.
Non sorprende, allora, che detta norma sia stata di fatto applicata soprattutto da società statunitensi: ciò in quanto, come subito si dirà, anche il sistema statunitense, segnatamente quello diretto a regolamentare le Controlled Foreign
Companies, contiene una “falla” che consente, soprattutto se combinata con la
legge irlandese appena descritta, di minimizzare il carico impositivo dei gruppi. Il difetto di coordinamento tra le norme irlandesi e quelle statunitensi è finanche assurto, nel dibattito sul tema della digital economy, ad emblema dell’abuso delle norme in materia di residenza delle società proprio perché, fin dagli anni ’90, le più importanti digital enterprises hanno sfruttato tale disallineamento per
(ii) which is, or is related to, a company the principal class of the shares of which is substantially and regularly traded on one or more than one recognised stock exchange in a relevant territory or territories;
‘relevant territory’ means—
(i) a Member State of the European Communities, or
(ii) not being such a Member State, a territory with the government of which arrangements have been made;
‘tax’, in relation to a relevant territory other than the State, means any tax imposed in that territory which corresponds to income tax or corporation tax”
Le summenzionate norme sono in vigore dall’11 febbraio 1999 (entrata in vigore della novella) per le società costituite dopo tale data e dall’11 ottobre 1999 per le società costituite in precedenza.
148 In Irlanda, infatti, prima del 1999 le società si consideravano fiscalmente residenti nel territorio dello Stato, ai fini fiscali, ove esse fossero gestite ed amministrate in territorio irlandese (secondo una regola generale di common law); il criterio della sede legale quale indice di residenza fiscale era previsto solo in via sussidiaria.
149 W. CUNNINGHAM, Irish--incorporated companies—new residence rules, in Bulletin for International Fiscal Documentation, 1999, p. 476, 476.
minimizzare i rispettivi carichi impositivi complessivi.
La normativa americana in materia di Controlled Foreign Companies (subpart F legislation)150 ha subito nel corso del tempo molteplici deroghe. Tra le varie, essa consente alla società madre statunitense di optare per l’applicazione della c.d. check the box rule, istituto introdotto nel 1997 al dichiarato fine di semplificare il procedimento di classificazione soggettiva degli enti esteri. In particolare, per stabilire, ai fini della normativa sulle Cfc, se un'entità estera sia classificabile come corporation, partnership, sole proprietorship, branch oppure
disregarded entity, non si richiede di interpretare e ricostruire la natura del
soggetto estero, ma è prevista una forma di autoqualificazione soggettiva fiscale: “check-the-box”, per l’appunto. Nel 2006 le “check-the-box rules” hanno ricevuto un supporto legislativo, in quanto il Congresso ha introdotto la cosiddetta “Cfc
look-through rule” (section 954(c)(6)), che incide sul perimetro del passive income, escludendo dall'applicazione della Subpart F alcune tipologie di
dividendi, interessi e royalties erogate a una CFC da un’altra CFC ad essa correlata151: le due CFC vengono infatti considerate, ai fini della normativa statunitense, un’unica entità, con la conseguenza che i trasferimenti di passive
income intercorsi tra loro divengono fiscalmente neutrali e si sottraggono alla recapture statunitense152.
150 La subpart F legislation americana affonda le proprie radici negli anni ’60, quando le società americane a vocazione internazionale hanno cominciato a sfruttare l’utilizzo di società straniere ai fini commerciali e di risparmio fiscale. Secondo alcuni autori (S. CIPOLLINA, Profili evolutivi della cfc legislation: dalle origini all'economia digitale, in Dir. Fin., 2015, p. 356), sarebbe ispirata a logiche anti-deferral. L'uso “creativo” delle strutture societarie internazionali, divenuto un fenomeno dilagante a partire dagli anni Cinquanta, fu descritto per la prima volta nel messaggio sulla fiscalità che il presidente Kennedy inviò al Congresso degli Stati Uniti il 20 aprile 1961, nel quale egli affermò che “Recently, more and more enterprises organized abroad by American firms have arranged their corporate structures - aided by artificial arrangements between parent and subsidiaries regarding intercompany pricing, the transfer of patent licensing rights, the shifting of management fees, and similar practices which maximize the accumulation of profits in the tax haven - so as to exploit the multiplicity of foreign tax systems and international agreements in order to reduce sharply or eliminate completely their tax liabilities both at home and abroad” (J. F. KENNEDY, Special Message to the Congress on Taxation (April 20, 1961), in
http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=8074). Secondo altri autori, sarebbe invece ispirato a logiche impositive avulse dale finalità anti-deferral (S. Avi-Yonah, N. Fishbien, Once More, with Feeling: The 'Tax Cuts and Jobs' Act and the Original Intent of Subpart F, in Public law and legal theory research paper series. Paper n. 578, novembre 217).
151 S. CIPOLLINA, Profili evolutivi della cfc legislation: dalle origini all'economia digitale, in Dir. Fin., 2015, p. 356.
152 USA Internal Revenue Code, Chapter 1 Subchapter N, Part III, Subpart F, sections 951-964, che, ove operante, avrebbe ri-attratto negli Stati Uniti i redditi poi trasferiti in Bermuda, così vanificando le strategie mirate all’ottenimento del risparmio fiscale. Per un approfondimento, cfr.
Il disallineamento tra le descritte norme, irlandese e americana, è manifesto. Si pensi al caso in cui una società statunitense collochi in Irlanda una società controllata cui conceda i diritti di sfruttamento di una proprietà intellettuale, controllata che, a sua volta, conceda i medesimi diritti ad una seconda controllata operativa irlandese, secondo il seguente schema:
Nella specie, come emerge dallo schema rappresentato retro, la struttura fiscale succitata consente, in definitiva, il trasferimento in una paradiso fiscale delle royalties, in quanto:
- in applicazione della su descritta norma irlandese, la holding costituita in Irlanda, se amministrata fuori dall’Irlanda (tipicamente, in un paradiso fiscale, ad esempio Bermuda), non risulterà residente in tale Stato, in quanto (i) controllata da una società avente sede in un Paese (gli USA) legato all’Irlanda da una convenzione contro le doppie imposizioni e (i) controllante di una società irlandese che svolge un’attività economica in Irlanda;
- la controllata operativa irlandese abbatterà il proprio reddito a fronte dei canoni pagati alla holding costituita in Irlanda153 (ma residente altrove ai fini fiscali), beneficiando peraltro di un’aliquota particolarmente competitiva sul
J. B. DARBY III, K. LEMASTER, How to reduce worldwide taxation via an Irish subsidiary, in Practical US/International Tax Strategies, 2007, vol. 11, n. 9, p. 2.
153 Si consideri che l’Irlanda non applica una rigorosa disciplina in materia di transfer price. Solo nel 2010, con la legge finanziaria per il 2011, l’Irlanda ha infatti introdotto una compiuta regolamentazione della materia, basata sulle guidelines dell’OCSE, integrando il Taxes consolidation act del 1997 con la Part 35A, Section da 835A a 835H. La disciplina si applica solo ai profitti assoggettati all’aliquota del 12,5%, e non a quelli assoggettati alla maggiore aliquota del 25% (passive income), né trova applicazione nei confronti delle piccole e medie imprese.
S2
Con sede legale in Irlanda, che ivi svolge una effettiva attività di impresa
S1
Con sede legale in Irlanda, con Place of Effective Management in Bermuda
residuo imponibile (12,5%154);
- le due società irlandesi, in applicazione della check the box rule statunitense, risulteranno come entità unitaria irlandese e sfuggiranno al recapture della disciplina CFC statunitense.
Nel double Irish suddetto le royalties da ultimo corrisposte dalla S2 irlandese alla S1 bermudiana sono tuttavia soggette a ritenute d’imposta (sul flusso reddituale in uscita). Per ovviare a tale rischio, alcune imprese hanno fatto ricorso ad una pratica ancora più elaborata, che coniuga i vantaggi del double
Irish a quelli del tipico treaty shopping che si è più innanzi descritto, dando luogo
a quel fenomeno denominato, per l’appunto, Double Irish with a Dutch sandwich, esemplificato nel seguente schema (155):
-
154 In Irlanda, i business profits sono assoggettati all’aliquota del 12,5%, mentre il passive income all’aliquota del 25%.
155 Da F. ANTONACCHIO, Treaty shopping: abuso del diritto convenzionale mediante pratiche aggressive di tax planning, in il fisco, 2013, p. 4779.
Secondo tale struttura, le royalties corrisposte dalla controllata irlandese a quella bermudiana “transitano” per un’interposta olandese (nello schema, S2).
In questo modo, detti flussi reddituali non sono assoggettati a ritenute in uscita in Irlanda, in forza della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore con l’Olanda e, parimenti, sono esenti da ritenute quando vengono ri-trasferiti da S2 ad S1, in ragione della mancata tassazione alla fonte di canoni ed interessi prevista dal sistema fiscale olandese.
Tale ultima pratica consente di ottenere sia i benefici derivanti dall’abuso diretto delle norme dei trattati (riconducibili al passaggio dei redditi mediato dalla
conduit company olandese) sia quelli derivanti dall’applicazione delle norme
domestiche, irlandesi e statunitensi, “in combinato” con quelle dei trattati. Più in dettaglio,
4.3. Ratio e intentio delle politiche fiscali domestiche. Pianificazione