L A NECESSITÀ DI UNA NUOVA CATEGORIA : LA RESPONSABILITÀ AMBIENTALE D’IMPRESA
1. L’ EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA AMBIENTALE E LE GREEN
1.2 D ALL ’A GENDA 21 AL PRINCIPIO “ CHI INQUINA PAGA ”
Tornando all’evoluzione della tutela ambientale a livello internazionale, si rileva come la necessità di tutelare l’ambiente abbia spinto gli Stati ad adottare trattati ed accordi internazionali per disciplinare più nel dettaglio la materia della protezione dell’ambiente. Al Rapporto Brundtland, difatti, sono seguiti, tra l’altro, la “Dichiarazione su ambiente e sviluppo” e il programma “Agenda 21” approvati a Rio de Janeiro nel 1992 dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e lo sviluppo (“UNCED”).
La Dichiarazione su ambiente e sviluppo contiene, da un lato, un’ammissione di responsabilità del degrado ambientale in capo ai Paesi più sviluppati; dall’altro, apportando una correzione ai principi di eguaglianza e reciprocità propri del diritto internazionale, racchiude uno specifico elenco di doveri in capo ai paesi industrializzati in relazione all’utilizzo delle risorse ambientali ed al perseguimento dello sviluppo sostenibile108.
Nella Dichiarazione, inoltre, vengono affermati il principio di precauzione109 – sul quale ci si soffermerà a breve – ed il principio
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P. LAFRATTA, Strumenti innovativi per lo sviluppo sostenibile, Franco Angeli, 2004, pag. 57; S. LUCCI, S. POLETTI, Lo sviluppo sostenibile, cit., pag. 20 ss.
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Principio 15 della Dichiarazione “Al fine di proteggere l’ambiente, gli Stati applicheranno largamente, secondo le loro capacità, il metodo precauzionale. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive, anche in rapporto ai costi, dirette a prevenire il degrado ambientale”
“chi inquina paga110”, secondo cui è l’inquinatore a dover sostener il costo dell’inquinamento e delle attività necessarie al ripristino dell’ecosistema111.
110
Principio 16 della Dichiarazione “Le autorità nazionali dovranno adoperarsi a promuovere “l’internalizzazione” dei costi per la tutela ambientale e l'uso di strumenti economici, considerando che è in principio l' inquinatore a dover sostenere il costo dell'inquinamento, tenendo nel debito conto l'interesse pubblico e senza distorcere il commercio internazionale e gli investimenti”.
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Interessante sotto il profilo del rapporto cooperativo che deve intercorrere tra P.A. ed impresa che ha causato l’inquinamento, è la recente giurisprudenza della Sezione grande della Corte di Giustizia CE, che ha affermato come “gli artt. 7 e 11, n. 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, in combinato disposto con l’allegato II alla medesima, devono essere interpretati nel senso che l’autorità competente ha il potere di modificare sostanzialmente misure di riparazione del danno ambientale decise in esito a un procedimento in contraddittorio, condotto in collaborazione con gli operatori interessati, che siano già state poste in esecuzione o la cui esecuzione sia già stata avviata. Tuttavia, al fine di adottare una siffatta decisione l’autorità è obbligata ad ascoltare gli operatori ai quali sono imposte misure del genere, salvo quando l’urgenza della situazione ambientale imponga un’azione immediata da parte dell’autorità competente. L’ autorità è tenuta parimenti ad invitare, in particolare, le persone sui cui terreni queste misure devono essere poste in esecuzione a presentare le loro osservazioni, di cui essa deve tener conto, e deve tener conto dei criteri di cui al punto 1.3.1 dell’allegato II alla direttiva 2004/35 e indicare, nella sua decisione, le ragioni specifiche che motivino la sua scelta nonché, eventualmente, quelle in grado di giustificare il fatto che non fosse necessario o possibile effettuare un esame circostanziato alla luce dei detti criteri a causa, ad esempio, dell’urgenza della situazione ambientale” (Corte di Giustizia CE, Sez. Grande, 09/03/2010, Sentenze C-379/08 e C-380/08).
E ancora, a livello nazionale, il TAR ha sentenziato che “nei procedimenti in materia di bonifica ambientale, è necessario che la P.A. consenta ai soggetti destinatari delle prescrizioni dettate dalla stessa P.A. di partecipare al relativo procedimento (articolato in una o più Conferenze di Servizi, istruttorie e decisorie). Ciò, quantomeno, con riguardo alle fasi procedimentali in cui emerge l’esistenza di una contaminazione del terreno e della falda acquifera nell’area in esame e che poi sfociano nelle determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria. È evidente, infatti, che l’onerosità degli obblighi imposti agli interessati impone di instaurare con questi ultimi un ampio contraddittorio (TAR Toscana, Sez. II, 19/02/2010, n. 436).
L’Agenda 21 rappresenta, invece, una sorta di codice delle politiche che ogni Paese si è impegnato a mettere in atto nel ventunesimo secolo in materia di sviluppo sostenibile, coinvolgendo tutti i settori economici e sociali. Nel documento, per la prima volta, si afferma esplicitamente che popolazione, consumo e tecnologie sono i principali fattori del cambiamento ambientale112.
Un passo fondamentale in avanti nella tutela dell’ambiente e nella promozione dello sviluppo sostenibile è stato compiuto con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto del 1997, con il quale 118 nazioni si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra per arginare il fenomeno dei cambiamenti climatici in atto. Con il Protocollo di Kyoto sono stati determinati standard ed obiettivi legalmente vincolanti per gli Stati contraenti in relazione alla riduzione complessiva delle emissioni di gas inquinanti tra il 6% e l’8%, rispetto ai livelli del 1990, da realizzare entro il 2012113.
Sulla base di tale percorso, alla fine del secolo scorso, si giunse all’inclusione del concetto di “responsabilità sociale d’impresa” in quello di “sostenibilità”114. Certamente la sostenibilità non è una
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Il testo completo dell’Agenda 21 è disponibile al sito www.un.org.
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La Comunità Europea ha firmato il Protocollo di Kyoto il 29 aprile 1998, mentre in Italia il Protocollo è stato ratificato con la Legge 1 giugno 2002, n. 120 “Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l' 11 dicembre 1997” (G.U. n. 142 del 19 giugno 2002).
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L’ambiente in Europa – La quarta valutazione, Report n. 1/2007, pag. 264, in www.eea.europa.eu, “L’uso sostenibile delle risorse prevede la disponibilità e la sicurezza nell’approvvigionamento e la protezione delle capacità produttive degli ecosistemi. Al tempo stesso, è importante mantenere la capacità dell’ambiente di fungere da ‘contenitore’ per assorbire emissioni e sostanze inquinanti. Sviluppare la sostenibilità della produzione presuppone un miglioramento dell’efficienza
formula magica che fa piovere utili per le imprese ma è, quanto meno, il modo più autentico di fare impresa, l’unico in grado di preservare il futuro delle nuove generazioni.
Le imprese responsabili devono analizzare il proprio background di riferimento ed orientare le scelte produttive al rispetto di regole di tipo economico, sociale e ambientale115.
1.3 AMBIENTE, IMPRESA E SVILUPPO: GLI OBBLIGHI DI