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Il d.lgs n 8/2016: sopravvivenza di una soglia di rilevanza alla nuova

depenalizzazione?

Il d.lgs. n. 8/2016 ha provveduto, come noto, a depenalizzare numerose fattispecie di reato presenti nel nostro ordinamento220; tale decreto, a ben vedere, è

andato a incidere anche sul sistema dei delitti di contrabbando, ritagliando da questo un cospicuo spazio di punibilità, e devolvendolo all’operare di sanzioni amministrative, così circoscrivendo ulteriormente l’intervento penale in tale settore. Secondo autorevole dottrina la richiamata novella avrebbe in sostanza consacrato «la quasi totale scomparsa del diritto penale doganale dal nostro sistema sanzionatorio»221.

A rilevare è in questo senso la «clausola “cieca”»222 di depenalizzazione di cui

all’art. 1 del citato d.lgs. n. 8/2016, che stabilisce come «non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali è prevista la sola pena della multa o dell'ammenda». Tale clausola risulta destinata ad operare anche con riferimento alle ipotesi-base di contrabbando doganale “semplice”, che, alla luce degli interventi del d.lgs. n. 507/1999 e della l. n. 300/2000, mantenevano rilevanza penale qualora caratterizzate dal superamento della soglia di punibilità di cui all’art. 295-bis t.u.dog., essendo tuttavia sanzionate con la sola pena pecuniaria. Tale esito è confermato dal fatto che i reati doganali non sono richiamati fra le “materie” comunque escluse dalla depenalizzazione di cui all’allegato n. 1 del d.lgs. n. 8/2016223.

Sempre alla luce dei canoni di depenalizzazione ricavabili dal decreto richiamato si può delineare il residuo ambito di rilevanza della sanzione penale nel settore che ci occupa.

220

Per una ricostruzione d’insieme degli interventi apportati con il citato decreto, si rinvia per tutti a A.GARGANI, La depenalizzazione bipolare: la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a sanzioni

pecuniarie amministrative e civili, in Dir. pen. proc., 2016, 571 ss.

221

C. SANTORIELLO, I reati doganali, in Diritto penale dell’impresa, II, diretto da C. PARODI, Milano, 2017, 507.

222Così A.G

ARGANI, La depenalizzazione bipolare, cit., 580, che sviluppa considerazioni critiche in

ordine a tale tecnica di depenalizzazione operante, appunto, “al buio”, solo sulla base della pena astrattamente prevista, e senza una considerazione del disvalore effettivo della fattispecie e del bene giuridico di riferimento.

223

In questo senso deve essere riconosciuta la permanenza nel sistema delle ipotesi sanzionate con pena detentiva di cui all’art. 295 commi 2 e 3 t.u.dog.224, nonché di quella in materia di recidiva di cui al successivo art. 296 225. Tali disposizioni, peraltro, assumono una nuova natura giuridica, alla luce del dettato dell’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 8/2016, che espressamente prevede come le ipotesi aggravate punite con pena detentiva, laddove sia venuta meno la rilevanza penale delle ipotesi-base, «sono da ritenersi fattispecie autonome di reato»226.

Orbene, considerando la già richiamata declinazione quantitativa dell’aggravante (oggi reato autonomo) di cui al comma 3 dell’art. 295 t.u.dog., che si fonda - esclusivamente - sul quantum dei diritti di confine dovuti, è possibile svolgere alcune considerazioni riassuntive dell’attuale assetto dei reati doganali.

In questo senso si deve riconoscere il perdurante operare di una tecnica di selezione quantitativa per quelle ipotesi che non risultino caratterizzate dai tratti “qualitativi” di cui all’art. 295, c. 2, t.u.dog. In sostanza, la soglia che nel sistema precedente determinava (soltanto) la più severa punibilità con sanzione detentiva dei

224Permane la rilevanza penale delle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 295, c. 2, t.u.dog.: «a) quando

nel commettere il reato, o immediatamente dopo nella zona di vigilanza, il colpevole sia sorpreso a mano armata; b) quando nel commettere il reato, o immediatamente dopo nella zona di vigilanza, tre o più persone colpevoli di contrabbando siano sorprese insieme riunite e in condizioni tali da frapporre ostacolo agli organi di polizia; c) quando il fatto sia connesso con altro delitto contro la fede pubblica o contro la pubblica amministrazione; d) quando il colpevole sia un associato per commettere delitti di contrabbando e il delitto commesso sia tra quelli per cui l'associazione è stata costituita». Ugualmente mantiene natura criminosa la fattispecie di cui al terzo comma, che prevede la pena della reclusione fino a tre anni, in aggiunta alla multa, «quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti è maggiore di lire novantasei milioni e ottocentomila (euro 49.993,03)».

225

«Art. 296. Recidiva nel contrabbando.

1. Colui, che dopo essere stato condannato per delitto di contrabbando preveduto dal presente testo unico o da altra legge fiscale, commette un altro delitto di contrabbando per il quale la legge stabilisce la sola multa, è punito, oltre che con la pena della multa, con la reclusione fino ad un anno.

2. Se il recidivo in un delitto di contrabbando preveduto dal presente testo unico o da altra legge fiscale commette un altro delitto di contrabbando per il quale la legge stabilisce la sola multa, la pena della reclusione comminata nella precedente disposizione è aumentata dalla metà a due terzi.

3. Quando non occorrono le circostanze prevedute in questo articolo, la recidiva nel contrabbando è regolata dal codice penale».

226

In questo senso C. SANTORIELLO, I reati doganali, cit., 522 ss., il quale ritiene di trovare conferma a tale conclusione anche in altre norme del d.lgs. n. 8/2016, che «si adattano perfettamente alla disciplina dei reati doganali»; in questo senso l’Autore sottolinea il dettato dell’art. 1 c. 6 del citato decreto, che prevede che quando per i reati depenalizzati sia «prevista una pena pecuniaria proporzionale, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, la somma dovuta è pari all’ammontare della multa o dell’ammenda, ma non può in ogni caso essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000»; ugualmente, rileva l’art. 5, che prevede che «quando i reati trasformati in illeciti amministrativi ai sensi del presente decreto prevedono ipotesi aggravate fondate sulla recidiva ed escluse dalla depenalizzazione, per recidiva è da intendersi la reiterazione dell’illecito depenalizzato».

fatti di contrabbando, alla luce dell’avvenuta depenalizzazione delle precedenti fattispecie-base (e della relativa caduta della corrispondente soglia di rilevanza), assurge oggi a primo criterio di selezione per l’intervento penale.

In sintesi: da soglia (ulteriore) “di maggiore punibilità”, a soglia (esclusiva) “di punibilità”227.

Le ricadute - non è dato sapere quanto consapevolmente previste - della depenalizzazione attuata con il d.lgs. n. 8/2016 si prestano, tuttavia, a talune considerazioni critiche; in particolare pare problematico il rapporto del sistema frutto della novella del 2016 con i già richiamati doveri di tutela imposti a livello comunitario.

Considerata infatti la perdurante riconducibilità degli illeciti doganali alle frodi di rilevanza europea, risulta oggi sostanzialmente eluso l’obbligo di prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate, e dissuasive, per le ipotesi non di “lieve entità” caratterizzate (esclusivamente) dal superamento della soglia comunitaria di cui all’art. 2, par. 2, Convenzione P.I.F.; queste ultime sono infatti attualmente attinte dalla sola sanzione amministrativa, essendo l’ambito di rilevanza penale circoscritto piuttosto dall’operare di quel più elevato limite ponderale che, nella logica comunitaria, avrebbe dovuto attivare l’obbligo (non già di sanzionabilità tout court, ma) di ricorso alla pena detentiva.

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In definitiva, pertanto, i fatti contrabbando di cui agli artt. da 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 290, 291, 291-bis c.2, e 292 t.u.dog. risultano oggi sanzionati in via amministrativa. Se tali fatti determinano una mancata corresponsione di diritti di confine superiore a euro 49.993,03, ex art. 295 c. 3 t.u.dog. questi assumono rilevanza penale, e sono sanzionati con la reclusione fino a tre anni; se, pur non superando tale soglia, sono caratterizzati qualitativamente secondo l’art. 295, c. 2, essi mantengono ugualmente natura delittuosa, risultando sanzionati con la reclusione da tre a cinque anni. Le ipotesi di cui agli artt. 291-bis, c. 1, 291-ter, e 291-quater t.u.dog. in tema di tabacchi lavorati esteri non risultano interessate dalla depenalizzazione de qua, stante il ricorso ivi previsto alla sanzione detentiva. Tali tratti del sistema attuale dei reati doganali sono stati confermati dalla Agenzia delle Dogane, con la nota protocollo n. 553883/RU del 24 maggio 2016 (in www.agenziadoganemonopoli.gov.it), con la quale vengono forniti alcuni chiarimenti in tema di accertamento dell’illecito amministrativo, procedimento di irrogazione della relativa sanzione, estinzione mediante pagamento in forma ridotta e recidiva.

SEZ. III - SOGLIE E REATI IN MATERIA DI PREVIDENZA SOCIALE

Sommario: 1. Rilevanza della dimensione quantitativa nei reati in materia di previdenza e assistenza sociale. - 2. La “frode previdenziale”: art. 37 l. n. 689/1981. - 3. Epifania di una soglia: l’omesso versamento di ritenute previdenziali.

1. Rilevanza della dimensione quantitativa nei reati in materia di previdenza e assistenza sociale.

Un’ulteriore categoria che assume rilevanza ai nostri fini, all’interno della macro-area dei reati di “evasione fiscale e omesso versamento”, può essere individuata nelle fattispecie in materia di assicurazione e previdenza sociale228.

L’intervento penale in tale settore, come noto, ha vissuto diverse stagioni legislative, la più recente delle quali può dirsi inaugurata dall’ampia depenalizzazione apportata con l’art. 35 della l. 24 novembre 1981, n. 689, attraverso una scelta volta a recuperare profili di effettività e selettività che erano andati persi nel previgente sistema normativo229; scelta immediatamente (e parzialmente) smentita dal d.l. 12 settembre 1983, n. 463, che intese piuttosto «ri-criminalizzare»

230 l’omissione contributiva. L’ultima tappa di un siffatto moto pendolare231 può

essere individuata nell’art. 3, comma 6 del già citato d.lgs. n. 8/2016, che, attraverso l’introduzione di un limite quantitativo per la fattispecie di omesso versamento di ritenute previdenziali, pare nuovamente orientarsi secondo logiche deflattive.

Le fattispecie principali sulle quali risulta costruita la disciplina penale nel settore in oggetto sono oggi individuabili nella cd. “frode previdenziale” di cui

228Per i tratti caratterizzanti l’intervento penale nel settore della sicurezza e assistenza sociale v. la

ricostruzione offerta da T.PADOVANI, Reati in materia di assicurazioni sociali, in Noviss. dig. it.,

App., VI, Torino, 1986, 330 ss.; F.MUCCIARELLI, Sicurezza sociale (reati in materia di), in Dig. disc.

pen., XIII, Torino, 1997, 297 ss.; E.SCORZA, I reati in materia di previdenza e assistenza sociale, in B.DEIDDA -A.GARGANI (a cura di), Reati contro la salute e la dignità del lavoratore, in Trattato

teorico-pratico di diritto penale,X,diretto daF.C.PALAZZO -C.E.PALIERO, Torino, 2012, 579 ss.;

D.PETRINI, Reati ed illeciti amministrativi in materia di lavoro, in F.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, II, 13a ed., a cura di C.F.GROSSO, Milano, 2014, 513 ss.

229

Sui tratti della disciplina precedente, e sulle ragioni che hanno portato alla depenalizzazione attuata con la l. 689/1981, v. T.PADOVANI, Reati, cit., 331 ss.; ID., Commento articolo per articolo l. 24/11/1981 n. 689, sub art. 35, in Leg. pen., 1982, 299 ss.

230

L’espressione è di E.SCORZA, I reati, cit., 586. 231

Così F.CIROCCHI, Brevi osservazioni sul reato di omesso versamento di ritenute contributive, in Lav. e prev. oggi, 1998, 675.

all’art. 37 l. n. 689/1981 e nell’omesso versamento di ritenute di cui all’art. 2 d.l. n. 463/1983232. Entrambe le richiamate ipotesi risultano interessanti ai nostri fini, nella misura in cui sono caratterizzate dalla (più o meno recente) previsione di soglie di punibilità.

Prima di soffermarsi specificamente sull’atteggiarsi di tali soglie con riferimento a ciascuna delle citate figure criminose, occorre svolgere qualche considerazione preliminare in ordine all’utilizzo di una siffatta tecnica quantitativa nel settore in oggetto. A tal fine può essere utile distinguere il piano strutturale dei reati de quibus, da quello della relativa dimensione sostanziale.

A livello strutturale, già da una prima analisi dei tratti di fattispecie, emerge come tanto la frode previdenziale quanto (evidentemente) l’omessa contribuzione siano costruite sul paradigma dell’omesso versamento patrimoniale; in questo senso la scelta legislativa di introdurre soglie ponderali (aventi ad oggetto specificamente il

quantum di tale omesso versamento) risulta immediatamente comprensibile e

conforme al modello già sperimentato in sede penal-tributaria.

Il significato e la portata di tali limiti quantitativi si rivelano tuttavia differenti rispetto a quanto si è osservato con riferimento ai reati fiscali, alla luce della diversità sostanziale dell’orizzonte di tutela di riferimento.

Più specificamente, possiamo osservare come nel settore della sicurezza sociale la dimensione dell’obbligo impositivo risulti calata non già nella generica prospettiva della contribuzione alle spese pubbliche ex art. 53 Costituzione, quanto piuttosto nella ben più specifica logica previdenziale, intimamente legata alla tutela di situazioni di “bisogno sociale” di cui all’art. 38 della Carta fondamentale233.

Una siffatta peculiarità ha portato gli interpreti a sottolineare la complessità del bene giuridico di categoria, identificato nel corretto funzionamento del sistema previdenziale, che risulta suscettibile di essere declinato in una duplice dimensione:

232Sono presenti invero anche ulteriori ipotesi di criminose di rilevanza limitata, definite “truffe

minori”, espressamente escluse dall’opera di depenalizzazione attuata con il citato art. 35 l. n. 689/1981; per un quadro ricostruttivo recente delle stesse si rimanda a E.SCORZA, I reati, cit., 594 ss. 233

Con riferimento alla rilevanza che le caratteristiche del sistema previdenziale assumono per la formulazione delle fattispecie penali operanti in tale settore, v. C. MONTICELLI, I reati in tema di

previdenza obbligatoria e complementare, in N.MAZZACUVA -E.AMATI (a cura di), Il diritto penale

del lavoro, in Diritto del lavoro. Commentario, VII, diretto da F. CARINCI, Torino, 2007, 370; P. POMANTI, I reati in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, in F.S.FORTUNA (a cura di), I

reati in materia di lavoro, in Trattato di diritto penale dell’impresa, VIII, diretto da A.DI AMATO,

“patrimoniale”, alla luce della evidente rilevanza del fattore economico per il funzionamento del sistema stesso, e “funzionale”, legata all’interesse al corretto operare dei soggetti coinvolti, datori di lavoro in primis234.

Da queste prime osservazioni emerge immediatamente l’idoneità solo parziale del dato quantitativo riferito all’omesso versamento a fungere da elemento indiziante l’offesa tipica, attingendo quest’ultimo necessariamente al suddetto profilo patrimoniale, ma risultando invece muto rispetto al citato e coesistente interesse funzionale235.