2. Le soglie quantitative nell’evoluzione della legislazione tributaria
2.2. Eterogenesi dell’elemento quantitativo: soglie di punibilità nella l n.
2.2.4. Riflessioni riassuntive
In conclusione, richiamando sinteticamente le caratteristiche delle soglie di rilevanza nel sistema della l. n. 516/1982, occorre sottolineare taluni profili di continuità e talaltri di rottura rispetto ai tratti che i medesimi elementi disvelavano nel precedente sistema legislativo.
Conformemente a quanto previsto nei d.P.R. dei primi anni ’70, le soglie quantitative si confermarono, nel quadro della successiva riforma, pilastro fondante l’intervento penale in materia fiscale. In questo senso, con particolare riferimento alle ipotesi di cui agli artt. 1 e 2, era proprio la soglia a marcare la differenza fra
79Nel testo dell’art. 4, lett. f), come risultante dalla l. n. 154/1991, era pertanto sanzionato il soggetto
che avesse indicato«nella dichiarazione dei redditi ovvero nel bilancio o rendiconto ad essa allegato, al di fuori dei casi previsti dall'art. 1, ricavi, proventi od altri componenti positivi di reddito, ovvero spese od altri componenti negativi di reddito in misura diversa da quella effettiva, utilizzando documenti attestanti fatti materiali non corrispondenti al vero ovvero ponendo in essere altri comportamenti fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento di fatti materiali». A. MAMBRIANI,
voce Reati tributari, cit., 147, sottolineò come la modifica in questione avesse portato in evidenza il disvalore già insito nella condotta fraudolenta, al pari delle altre fattispecie di frode fiscale. In senso critico, tuttavia, l’Autore sottolineò come, in tal modo, rischiassero di essere ugualmente sanzionate condotte di portata offensiva diversissima, non risultando più necessaria una alterazione quantitativamente significativa del risultato della dichiarazione (e dunque del quantum imponibile), allontanando ulteriormente la fattispecie da quella vicinanza all’interesse “finale” della piena percezione dei tributi.
80
«Se i fatti previsti nelle lettere a), c), d), e) ed f) del comma 1 sono di lieve entità si applica la pena della reclusione fino a sei mesi o della multa fino a lire cinque milioni. I fatti non si considerano in ogni caso di lieve entità quando i relativi importi complessivi sono superiori a lire cinquanta milioni».
81Riconosce in tale scelta legislativa una «rozzezza e insipienza davvero sconcertanti» T.P
ADOVANI,
Problemi generali, cit., 269, sottolineando la difficoltà di calibrare il dato numerico rispetto alle ipotesi di cui alle lett. a) e c), e concludendo per l’inidoneità del riferimento ai cinquanta milioni a fornire una delimitazione della “lieve entità” comune alle varie fattispecie di frode.
illecito penale e illecito amministrativo, andandosi per mezzo della stessa ad identificare quelle condotte (per lo più già di per sé illecite) che necessitavano della più grave sanzione criminale82; allo stesso tempo il dato ponderale fungeva da elemento differenziale rispetto alla dicotomia “ipotesi base - ipotesi circostanziate”83, nonché - addirittura - con riferimento alla partizione “figure contravvenzionali - figure delittuose”84.
Un ulteriore tratto di continuità può essere rilevato, sul piano dell’ermeneutica, nel perdurare (e anzi, nello svilupparsi compiutamente) del dibattito in ordine alla natura delle soglie di punibilità, se cioè queste fossero da annoverare fra gli elementi condizionati la punibilità, ovvero se esse trovassero piuttosto il loro ubi consistam all’interno della tipicità di fattispecie85.
Diversa invece rispetto alla precedente legislazione in materia è certamente la struttura assunta dalle soglie, conformemente alla mutata prospettiva del sistema penal-tributario. In questo senso si è già sottolineato come oggetto del giudizio quantitativo, una volta espunta dagli elementi dell’illecito l’evasione di imposta, venissero ad essere le somme infedelmente dichiarate, omesse, o comunque sottratte all’accertamento86.
Sotto questo profilo possiamo sin d’ora incidentalmente affermare come il variare della struttura delle soglie con il mutare della prospettiva entro cui si inscrive
82
Così, in continuità con quanto affermato da G.FLORA,Profili penali, cit., 5 ss. con riferimento al precedente sistema, v. le considerazioni di A. MAMBRIANI, voce Reati tributari, cit., 128.
83Rilevano in questo senso le ipotesi circostanziate di cui all’art. 1, cc. 1 e 3, e all’art. 4, c. 2; vi
riconosce invero la natura di fattispecie autonome, proprio per la “autonomia” insita nella predisposizione di una diversa soglia, necessariamente oggetto di rappresentazione soggettiva, M. ROMANO, Osservazioni, 743.
84
In questo senso il riferimento corre a quanto già detto a proposito della formulazione dell’art. 2 c. 3, e alle perplessità espresse in merito da A. MAMBRIANI, voce Reati tributari, cit., 135, e G.FLORA, I reati previsti dall’art. 2 e 3, cit., 154.
85
Sul punto v. infra, Cap. IV, par. 3.
86
Così espressamente T. PADOVANI, Itinerari della riforma, cit., 298. In questo senso rileva il richiamo all’introduzione di soglie di punibilità contenuto già nella Relazione al d.d.l. n. 1507/1980, cit., 260, ove si affermò come centrale la «volontà di abbandonare, come misuratore della antigiuridicità, l’importo del tributo evaso e di criminalizzare invece le violazioni di obblighi strumentali in luogo del fatto stesso dell’evasione dall’imposta. In particolare, nel costruire le nuove fattispecie penali, ogni riferimento all’entità del tributo evaso o al reddito accertato e, in generale, al fatto dell’evasione, viene soppresso come fatto costitutivo del reato e costituito con l’indicazione di fatti che pur costituendo elementi indispensabili per la determinazione dei redditi, vengono presi in considerazione per se stessi come fatti indicativi di pericolo, senza che sia necessario valutare l’ammontare del reddito sottratto a tassazione, o del tributo evaso».
il finalismo dell’intervento penale non può che indiziare la loro stretta connessione con il bene giuridico tutelato.
2.3. Ritorno al futuro: soglie di punibilità nel sistema del d.lgs. n. 74/2000
Anche il sistema penal-tributario delineato dalla l. n. 516/1982 mostrò ben presto tutti i suoi limiti, rivelandosi inadatto a contrastare efficacemente il fenomeno dell’evasione fiscale. Diversi sono stati i fattori che hanno contribuito al fallimento della «illusione panpenalistica»87 che aveva ispirato e caratterizzato le scelte di tutela - anticipata e prodromica - di una legge forse troppo frettolosamente ribattezzata “manette agli evasori”88; alla difficoltà riscontrata dalla magistratura ordinaria - abbandonata la pregiudiziale tributaria - nel gestire accertamenti e funzioni tipiche, in passato, di un giudice speciale si era venuto a sommare il copioso afflusso di notizie di reato presso le Procure della Repubblica, ingenerato da una legislazione rivelatasi, alla prova dei fatti, eccessivamente criminalizzante rispetto anche e soprattutto a ipotesi in concreto scarsamente offensive89. La stessa dottrina aveva
stigmatizzato l’eccessiva anticipazione di tutela perpetrata dalla l. n. 516/1982, marcatamente orientata alla protezione di una “funzione” (accertamento tributario), più che di un “bene” (interesse patrimoniale del fisco alla piena percezione delle imposte)90. In questo senso, in una prospettiva de iure condendo, era stata segnalata l’esigenza di semplificare il modello normativo, attraverso la predisposizione di
87
E. LO MONTE, Luci (poche) e ombre (tante) del disegno di legge delega per la riforma dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, in Rass. trib., 1999, 151.
88
E.MUSCO, voce Reati tributari, cit., 1041 ss.
89
Individua un’eterogenesi dei fini nella prassi applicativa della normativa penal-tributaria in oggetto E. DI NICOLA, Le fattispecie di frode fiscale, cit., 280, riconoscendo come attraverso le scelte
normative in oggetto «è stato frustrato non solo lo scopo della riforma del 1982, ma è stato ottenuto un risultato completamente diverso da quello voluto da quel legislatore: la impunità dei comportamenti strumentali alle maggiori evasioni (…) contrapposta alla severa punizione di condotte fraudolente poste in essere in modo sprovveduto da modesti evasori».
90
In questo senso le già richiamate considerazioni di M. ROMANO, Osservazioni, cit., 755, e T. PADOVANI, Problemi generali, cit., 192. In generale sul tema del problematico passaggio dalla tutela
di beni alla tutela di funzioni, con particolare riferimento alla materia della finanza pubblica, per tutti, S.MOCCIA, Dalla tutela di beni alla tutela di funzioni: tra illusioni postmoderne e riflessi illiberali, in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, 350 ss., il quale riconosce proprio nella normativa penal-tributaria del 1982 «un modello, del tutto negativo, di amministrativizzazione della tutela penale opposto a quello della difesa di beni giuridici».