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2. Le soglie quantitative nell’evoluzione della legislazione tributaria

2.2. Eterogenesi dell’elemento quantitativo: soglie di punibilità nella l n.

2.2.1. Fattispecie contravvenzionali

Volendo tracciare un rapido excursus delle fattispecie che risultavano attinte da siffatte soglie di punibilità nel corpus normativo in commento, occorre prendere le mosse da quelle costruite come «reati omissivi e misti»47, integranti ipotesi contravvenzionali. Il riferimento corre, primariamente, all’art. 1 della l. n. 516/1982, ove venivano sanzionate condotte che incidevano negativamente sull’attività di accertamento fiscale, estrinsecandosi in fatti solo strumentali o prodromici all’evasione48. Si trattava di reati «di pura condotta» e - tendenzialmente - «di pericolo» rispetto all’interesse alla corretta percezione delle imposte49, andando questi a ricollegare la sanzione penale al mancato adempimento di obblighi formali e sostanziali, spesso già amministrativamente sanzionati.

Procedendo ad una rapida scorsa delle richiamate contravvenzioni - sempre nell’ottica di evidenziarne gli espressi riferimenti ponderali -, emerge primariamente la fattispecie di omessa dichiarazione di redditi e I.V.A., di cui all’art. 1 c. 1 del

corpus normativo in esame50.

fiscale, Milano, 2011, 60; in giurisprudenza, v. Cass., Sez. Un., 06 luglio 1990, n. 2264, in Cass. pen., 1991, 45 ss., con commento di R. TITO.Sul punto M.ROMANO, Osservazioni, cit., che ritiene come il sistema penale tributario inaugurato con la l. n. 516/1982 «trascuri nel modo più evidente il momento essenziale del disvalore del fatto. In campo tributario, il disvalore è intrinsecamente e irriducibilmente connesso al mancato versamento del tributo all’erario».

46

La dottrina aveva valutato positivamente la previsione di soglie ponderali nella legislazione degli anni ’70, e in una prospettiva di riforma propendeva per il mantenimento di tali elementi quantitativi, pur riferiti sempre all’evasione di imposta; in questo senso C.F.GROSSO, Sanzioni penali e sanzioni amministrative, in S.ANDRIANI-L.VIOLANTE (a cura di), Le evasioni fiscali, cit., 137 ss.

47

A. MAMBRIANI, voce Reati tributari, cit., 127. 48

C.F. GROSSO, Le contravvenzioni previste dall’art. 1, legge n. 516 del 1982, in ID.,(a cura di),

Responsabilità e processo penale nei reati tributari. Legge 7 agosto 1982 (modificata dalla legge 15 maggio 1991 n. 154), Milano, 1992, 147 ss.

49

A.PATRONO-B.TINTI, Contravvenzioni e delitti tributari, cit., 8. 50

«Chi omette di presentare una delle dichiarazioni che è obbligato a presentare ai fini delle imposte sui redditi o ai fini dell'imposta sul valore aggiunto è punito, se l'ammontare dei redditi fondiari,

Si trattava - come evidente - di un’ipotesi di reato omissivo proprio, costruito sulla mancata presentazione di una delle dichiarazioni obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi e I.V.A, la cui punibilità veniva subordinata alla circostanza che «l’ammontare dei redditi fondiari, corrispettivi, ricavi, compensi o altri proventi non dichiarati (fosse) superiore a cento milioni di lire». Emergeva chiaramente come il fuoco della fattispecie non risiedesse tanto nell’evasione - eventualmente - realizzata (che, comunque, non avrebbe dovuto essere pregiudizialmente accertata), quanto piuttosto nella condotta omissiva, impeditiva di un corretto accertamento. In questo senso l’oggetto della soglia che attivava la rilevanza penale veniva individuato (non già nell’imposta evasa, come nell’art. 56 D.P.R. n. 600/1973, quanto piuttosto ne) l’ammontare dei redditi non dichiarati51.

L’elemento quantitativo fungeva, infine, anche da parametro per l’ipotesi circostanziata; nella formulazione originaria della norma era infatti prevista una soglia “di maggiore punibilità” - in senso naturalmente aggravante - per il caso di redditi non dichiarati superiori a cento milioni di lire, successivamente superata con la l. 15 maggio 1991, n. 154, che modificò la soglia prevista per la fattispecie base, innalzandola a cento milioni di lire, e accostando ad essa una circostanza attenuante, laddove i redditi sottratti all’accertamento fossero compresi fra cinquanta e cento milioni52.

corrispettivi, ricavi, compensi o altri proventi non dichiarati è superiore a cento milioni di lire, con la pena dell'arresto da tre mesi a due anni e dell'ammenda da lire dieci milioni a lire venti milioni; se l'ammontare predetto è superiore a cinquanta milioni ma non a cento milioni di lire, si applica la pena dell'arresto fino a due anni o dell'ammenda fino a lire cinque milioni. Ai fini del presente comma non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine prescritto o presentata ad un ufficio incompetente o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto».

51Sul punto v. M. R

OMANO, Osservazioni, cit., 741 ss.; C. MANDUCHI, Il ruolo delle soglie di

punibilità, cit., 1212;A.PATRONO-B.TINTI, Contravvenzioni e delitti tributari, cit., 8, identifica in

tale fattispecie un reato di danno, poiché «non essendo stata presentata la dichiarazione, si è omesso il pagamento delle relative imposte»; più correttamente A. MAMBRIANI, voce Reati tributari, cit., 130, parla di reato di pericolo presunto, «che colpisce determinati soggetti essenzialmente in quanto titolari di un “giro d’affari” (…); la fattispecie ricomprende fatti di portata lesiva diversissima, dall’omessa dichiarazione in credito di imposta a quella cui si accompagna l’evasione vera e propria». Sulle problematiche esegetiche sottese all’oggetto della soglia così determinato v. per tutti C.F. GROSSO, Le contravvenzioni previste dall’art. 1, cit., 94 e ss.

52

In merito a tale evoluzione normativa v. C.F. GROSSO, Le contravvenzioni previste dall’art. 1, cit.,

98 e ss., che identifica invero tale ipotesi come fattispecie autonoma, a prescindere dalla modifica incorsa; nello stesso senso, ritenendo di poter rinvenire nelle soglie di “maggiore punibilità” elementi costitutivi nuovi, M.ROMANO, Osservazioni, 743. Contra, nel senso di riconoscere invece in questa

Ulteriori fattispecie contravvenzionali caratterizzate da una specifica declinazione quantitativa erano quelle di cui al secondo comma, lett. a) e b)53, della norma in oggetto.

Tali ipotesi, fondate sulla irregolare tenuta di contabilità obbligatoria, e sull’aver il contribuente compiuto cessioni di beni o prestazioni di servizi delle quali non fosse stata correttamente data risultanza documentale54, disvelavano una

chiarissima ratio anticipatoria, risolvendosi in condotte soltanto eventualmente prodromiche ad una - futura - evasione d’imposta.

Il dato ponderale era riferito, questa volta, all’ammontare dei corrispettivi non annotati o non fatturati; le soglie di rilevanza si dimostravano, per vero, costruite in modo complesso, dovendo il quantum essere superiore55 a centocinquanta milioni di lire e allo 0,25% dell’ammontare complessivo dei corrispettivi risultante dall’ultima dichiarazione presentata, ovvero rivelarsi comunque superiore a lire cinquecento milioni. La predisposizione di una soglia proporzionale venne ricondotta a esigenze equitative, alla luce della necessità di fissare una «franchigia penale per gli errori tollerabili»56.

Come per la fattispecie di cui al primo comma, intorno alla soglia quantitativa era costruita anche l’ipotesi circostanziata57.

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«É punito con la pena dell'arresto da tre mesi a due anni e dell'ammenda da lire dieci milioni a lire venti milioni chiunque:

a) avendo effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi, ne omette l'annotazione nelle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi o annota i relativi corrispettivi in misura inferiore a quella reale, se l'ammontare dei corrispettivi non annotati nelle scritture del relativo periodo di imposta è superiore a centocinquanta milioni di lire e allo 0,25 per cento dell'ammontare complessivo dei corrispettivi risultante dall'ultima dichiarazione presentata, al netto di quelli imputati ai redditi di immobili o di capitale di cui alla lettera c) o, comunque, è superiore a cinquecento milioni di lire;

b) avendo effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi, ne omette la fatturazione o l'annotazione nelle scritture contabili obbligatorie ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero indica nelle fatture o nelle annotazioni i relativi corrispettivi in misura inferiore a quella reale, se l'ammontare dei corrispettivi non fatturati o non annotati nelle scritture contabili del relativo periodo di imposta è superiore a centocinquanta milioni di lire e allo 0,25 per cento dell'ammontare complessivo dei corrispettivi risultante dall'ultima dichiarazione presentata o, comunque, è superiore a cinquecento milioni di lire».

54

A. MAMBRIANI, voce Reati tributari, cit., 130; C.F. GROSSO, Le contravvenzioni previste dall’art.

1, cit., 102.

55A seguito delle modifiche apportate con la citata l. n. 154/1991. 56

Così A. MAMBRIANI, voce Reati tributari, cit., 131; solleva critiche in ordine alla determinazione percentuale di tali soglie C.F. GROSSO, Le contravvenzioni previste dall’art. 1, cit., 117 e ss.

57

Anche in questo caso, prima costruita come aggravante, e poi come attenuante, alla luce dell’intervento normativo della l. n. 154/1991. Conformemente a quanto sostenuto rispetto alla

Da ultimo, con riguardo alle figure contravvenzionali, rilevava la fattispecie di dichiarazione infedele disciplinata all’art. 1, c. 2, lett. c) della l. n. 516/198258.

La norma in oggetto prendeva in considerazione redditi per i quali non fosse previsto un obbligo di annotazione, risultando il dato sanzionatorio incentrato, giocoforza, sul momento dichiarativo. Anche in questo caso il reato si presentava come caratterizzato da una dimensione quantitativa, con soglie di punibilità aventi ad oggetto l’ammontare di reddito sottratto all’accertamento: i redditi dichiarati dovevano essere inferiori a quelli effettivi di oltre cento milioni di lire, oppure - nell’ipotesi attenuata introdotta nel 1991 - di oltre un quarto e di cinquanta milioni59.