• Non ci sono risultati.

Omessa bonifica: art 257 d.lgs n 152/2006

2. Paradigmi di violazione dei limiti: scarico, emissione, deposito, inquinamento

2.4. Omessa bonifica: art 257 d.lgs n 152/2006

Un’ulteriore ipotesi in cui l’aggressione al bene ambiente assume una particolare dimensione quantitativa è rinvenibile nella fattispecie di cd. “omessa bonifica” di cui all’art. 257 d.lgs. n. 152/200653.

Tale figura contravvenzionale presenta tratti di marcata specificità rispetto a quelle sinora esaminate, da un lato andando a interessare trasversalmente i macro-

come illecito amministrativo ai sensi del d.lgs. n. 22 del 1997, art. 50 (ora d.lgs. n. 152 del 2006, art. 255) o come reato contravvenzionale ai sensi del d.lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2 (ora d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2); b) gli estremi del deposito preliminare (o stoccaggio), che, essendo una forma di gestione dei rifiuti, in assenza della prescritta autorizzazione o comunicazione in procedura semplificata, è sanzionato come contravvenzione dal d.lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, (ora d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1); c) una messa in riserva (o stoccaggio) in attesa di recupero, che è sempre soggetta ad autorizzazione, in quanto configura un ulteriore forma di gestione dei rifiuti (punto R.13 allegato C dei d.lgs. n. 22 del 1997 e d.lgs. n. 152 del 2006). (…) Ritiene il collegio che la scelta tra le varie opzioni dipende soltanto dagli elementi specifici della fattispecie concreta, sicché, quando non ricorre un deposito temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, ovvero una messa in riserva se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero, mentre si realizza un deposito incontrollato o abbandono quando è - per dir così - definitivo, nel senso che non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o di recupero». Sul punto, C.RUGA RIVA, Rifiuti, cit., 96, riconosce come la distinzione assuma uno scarso rilievo pratico, alla luce del fatto che la pena prevista per le ipotesi di cui al primo ovvero al secondo comma dell’art. 256 d.lgs. n. 152/2006 è la medesima.

53

«Art. 257. Bonifica dei siti.

1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque cagiona l'inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro, se non provvede alla bonifica in conformità al progetto approvato dall'autorità competente nell'ambito del procedimento di cui agli articoli 242 e seguenti. In caso di mancata effettuazione della comunicazione di cui all'articolo 242, il trasgressore è punito con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da mille euro a ventiseimila euro.

2. Si applica la pena dell'arresto da un anno a due anni e la pena dell'ammenda da cinquemiladuecento euro a cinquantaduemila euro se l'inquinamento è provocato da sostanze pericolose.

3. Nella sentenza di condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2, o nella sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza, bonifica e ripristino ambientale.

4. L'osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilità per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1».

Su tale fattispecie v., ex multis, A.DI LANDRO, Bonifiche: il labirinto della legislazione ambientale,

dove le responsabilità penali “si perdono”, in www.dirittopenalecontemporaneo.it, 28 febbraio 2014; D.MICHELETTI, sub art. 257, in F. GIUNTA (a cura di), Codice commentato dei reati e degli illeciti

ambientali, cit., 329 ss.; L.PIETRINI, Rifiuti, cit., 316 ss.; L.RAMACCI, Diritto penale dell’ambiente,

cit., 229; C.RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, cit., 219 ss.; ID., Tutela penale dell’ambiente,

cit., 52 ss.; L.SIRACUSA, Ambiente, cit., 111 ss.; L.VERGINE, Ambiente-acque (nota introduttiva), in

F.CPALAZZO-C.E.PALIERO (diretto da), Commentario breve alle leggi penali complementari, 70 ss. Più in generale, sulla normativa in materia di bonifica ambientale, v. F.DE LEONARDIS, La bonifica

ambientale, in P.DELL’ANNO -E.PICOZZA (diretto da), Trattato di diritto dell’ambiente, II, cit., 273

settori delle acque e dei rifiuti54, e dall’altro non risultando facilmente riconducibile ai già citati modelli di reato ambientale55; in questo senso, infatti, l’omessa bonifica non pare direttamente ascrivibile né al paradigma dell’illecito meramente sanzionatorio, né a quello della violazione dei limiti-soglia, quantomeno intesi in conformità a quanto visto per le già citate ipotesi di inquinamento idrico e atmosferico56.

La norma in oggetto sanziona, al primo periodo del primo comma, l’aver cagionato l’inquinamento di suolo, sottosuolo, acque superficiali o sotterranee, con il superamento delle «concentrazioni soglia di rischio», nel caso in cui non si provveda alla bonifica del sito contaminato in conformità ad un progetto approvato dall’autorità amministrativa competente.

All’evidenza due sono i poli intorno ai quali ruota l’intervento penale: il causare un «inquinamento» di diverse matrici ambientali qualificato sulla base del superamento di un determinato dato quantitativo («concentrazioni soglia di rischio», o «CSR»); il non ottemperare all’obbligo di bonifica del sito secondo le disposizioni previste sul punto.

Proprio alla luce di queste caratteristiche, tale illecito è stato ritenuto espressione estrema di un «diritto penale in funzione ripristinatoria», volto ad ottenere una rimessione in pristino della situazione antecedente57, in qualche modo subordinando la logica sanzionatoria a quella dell’effettiva eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della condotta.

Volendo soffermarsi sui valori-soglia richiamati dalla norma de qua, occorre sottolineare come questi presentino tratti particolari rispetto ai limiti previsti per «scarichi», «emissioni», o «depositi» sui quali ci si è in precedenza soffermati; in particolare, è possibile riconoscere come tali valori (i cd. «CSR») non siano fissati -

54

C.RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, cit., 219. 55

Sottolineano la specificità di tale ipotesi criminosa C.RUGA RIVA, Tutela penale dell’ambiente, cit., 15 ss.; D.MICHELETTI, sub art. 257, cit., 330 ss.

56

Così C.RUGA RIVA, Tutela penale dell’ambiente, cit., 15, che riconosce come tale fattispecie non risulti riconducibile - a stretto rigore - alla tipologia del superamento dei valori soglia, poiché «il superamento delle concentrazioni soglia di rischio non è predeterminato per legge né in base ad un provvedimento amministrativo anteriore alla condotta di inquinamento, ma è calcolato all’esito di una complessa procedura ex post legata alle concrete caratteristiche del sito inquinato».

57Così C. R

UGA RIVA, Tutela penale dell’ambiente, cit., 53; nello stesso senso v. anche D.

MICHELETTI, sub art. 257, cit., che individua nell’art. 257 una norma che «esprime nell’intimo, e in

massimo grado, quella moderna scelta di politica criminale che tende a far prevalere l’interesse per la restitutio in integrum dell’ambiente rispetto all’istanza punitiva».

in generale e per tutti i siti interessati da inquinamento - esclusivamente in conformità ad un modello «tabellare»; essi vengono piuttosto elaborati a valle di un procedimento di ulteriore analisi, volta a verificare i profili di rischio «sito- specifici»58.

Si tratta, in buona sostanza, di soglie non già rigidamente predeterminate, ma individuate solo successivamente all’evento dannoso, all’esito di una complessa procedura, puntualmente disciplinata all’art. 242 d.lgs. n. 152/2006.

In questo senso, laddove si verifichi un potenziale evento di contaminazione alle matrici del suolo o delle acque, il responsabile dell’inquinamento è tenuto a predisporre le necessarie misure prevenzionistiche, ed è destinatario di un obbligo di comunicazione all’autorità competente (penalmente sanzionato ex art. 257, c. 1, secondo periodo59). Questi deve altresì svolgere un’indagine preliminare, finalizzata

a verificare l’eventuale superamento di un primo “valore-soglia” - questa volta già fissato in generale e in via tabellare - costituito dal livello delle «concentrazioni soglia di contaminazione» (cd. «CSC»60) di cui all’All. n. 5 al titolo V. Laddove tale valore risulti effettivamente superato, si apre la citata fase di analisi del rischio sito- specifica61, volta a determinare il livello di «concentrazioni soglia di rischio»; l’obbligo di bonifica - e dunque la responsabilità penale in caso di omissione della

58

Per i diversi modelli di fissazione di valori-soglia, quello «tabellare» e quello improntato ad una «analisi di rischio sito-specifica», v. F.DE LEONARDIS, La bonifica ambientale, cit., 297 ss. I CSR sono puntualmente definiti all’art. 240, c. 1, d.lgs. n. 152/2006, come «i livelli di contaminazione delle matrici ambientali, da determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di rischio sito specifica secondo i principi illustrati nell'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica. I livelli di concentrazione così definiti costituiscono i livelli di accettabilità per il sito».

59

In merito a tale fattispecie, v. D.MICHELETTI, sub art. 257, cit., 337 ss.; C.RUGA RIVA, Diritto

penale dell’ambiente, cit., 228 ss.; L.SIRACUSA, Ambiente, cit., 115. 60

Anche le concentrazioni soglia di contaminazione sono definite all’art. 240, c. 1, come «i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, come individuati nell'Allegato 5 alla parte quarta del presente decreto. Nel caso in cui il sito potenzialmente contaminato sia ubicato in un’area interessata da fenomeni antropici o naturali che abbiano determinato il superamento di una o più concentrazioni soglia di contaminazione, queste ultime si assumono pari al valore di fondo esistente per tutti i parametri superati». In senso critico sottolinea come nel richiamato Allegato 5 manchi un riferimento al suddetto valore soglia per le acque superficiali L. VERGINE, Ambiente-acque (nota

introduttiva), cit., 70 ss.

61

Tale procedura risulta oggi puntualmente disciplinata all’Allegato n. 1 al Tit. V del decreto. Sul punto v. F.DE LEONARDIS, La bonifica ambientale, cit., 304 ss.

stessa - sorge esclusivamente nel caso in cui la concentrazione dei contaminanti sia superiore alla «CSR» così determinata62.

Alla luce della posizione centrale così assunta dal dato quantitativo nell’economia dell’illecito, ci si è chiesti se con il superamento delle citate soglie di rischio il legislatore abbia inteso fotografare una situazione di reale danno, ovvero di mero pericolo rispetto al bene ambiente63; entrambe le opzioni paiono in effetti

sostenibili64, a seconda del tasso di pervasività che si voglia riconoscere al concetto di ambiente, nella sua accezione di oggetto della tutela penale. È stato sottolineato come a rilevare sia piuttosto la possibilità di identificare nel superamento delle «CSR» un evento del reato, che esprime l’avvenuta «contaminazione ambientale» delle matrici coinvolte65.

Il “secondo polo” dell’illecito, già in precedenza richiamato, è costituito, in presenza di una siffatta contaminazione, dal non avere il responsabile provveduto alla bonifica, in conformità al progetto elaborato sempre sulla scorta della procedura di cui all’art. 242 d.lgs. n. 152/2006. L’avvenuta bonifica esclude la punibilità non soltanto per il superamento delle concentrazioni-soglia66, ma, a norma del c. 4

62

Ampiamente, con riferimento a tale procedura, v. A. DI LANDRO, Bonifiche: il labirinto della legislazione ambientale, cit., 15 ss.; F. DE LEONARDIS, La bonifica ambientale, cit., 298 ss.; D. MICHELETTI, sub art. 257, cit., 334 ss., il quale parla di «giudizio bifasico, il primo di natura tabellare, il secondo di carattere specifico».

63In questo senso rileva la differenza con la precedente disciplina di cui all’art. 51-bis del d.lgs. 5

febbraio 1997, n. 22, che sottoponeva ad obbligo di bonifica i soggetti che, anche in maniera accidentale, avessero cagionato il superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione ambientale o avessero determinato un pericolo concreto di attuale superamento di siffatti limiti. Con riferimento al rapporto con la precedente disciplina, e all’incisione del riferimento al pericolo concreto, v. L.SIRACUSA, Ambiente, cit., 111 ss.

64In questo senso in dottrina afferma trattarsi di reato di danno L.P

IETRINI, Rifiuti, cit., 317. Esprime

«rammarico» per la scelta legislativa di abbandonare il riferimento al pericolo, sottolineando le problematicità sottese alla parametrazione quantitativa dell’inquinamento rilevante sulla base delle concentrazioni soglia, L. SIRACUSA, Ambiente, cit., 113 ss. C. RUGA RIVA, Diritto penale

dell’ambiente, cit., 222 ss., afferma invece come l’illecito de quo «rispetto all’offesa (…) rappresenta un pericolo o un danno, a seconda dell’accezione più o meno ideale che si attribuisca al bene ambientale; rispetto alla salute il superamento delle CSR rappresenta un pericolo particolarmente qualificato».

65

In questo senso C. RUGA RIVA, Tutela penale dell’ambiente, cit., 54; D.MICHELETTI, sub art. 257, cit., 336 e 354, che esplicitamente riferisce di un «evento di contaminazione ambientale», che definisce «“antropoflesso”, specifico e negoziato».

66

Dibattuta è la natura giuridica della bonifica nell’economia del reato de quo. L’orientamento maggioritario la qualifica quale condizione obiettiva di punibilità intrinseca costruita negativamente; in qualche modo, essa aggraverebbe l’offesa già verificatasi con il superamento delle CSR (in questo senso D.MICHELETTI, sub art. 257, cit., 355 ss.). Una tesi minoritaria individua invece nell’avvenuta

bonifica una causa sopravvenuta di non punibilità (C.RUGA RIVA, Diritto penale dell’ambiente, cit.,

dell’art. 257, anche per le eventuali altre contravvenzioni ambientali contemplate per il «medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento»67; si pensi, rimanendo alle ipotesi già analizzate in precedenza, all’inquinamento idrico ex art. 137 d.lgs. n. 152/2006.

Sempre con riferimento ai possibili reati «sottostanti»68, nel caso in cui - invece - la bonifica non sia andata a buon fine, rimane il nodo di un loro eventuale concorso con la fattispecie di omessa bonifica di cui all’art. 257; nodo che sarà sciolto diversamente, a seconda che si ritenga possibile ricorrere a criteri sostanziali, volti a far emergere la posizione sussidiaria degli altri reati ambientali rispetto all’inquinamento “qualificato” tipico dell’omessa bonifica, ovvero che - piuttosto - si voglia applicare in via esclusiva un canone formale-strutturale, che disvelerebbe la sussistenza di una mera interferenza fra norme, necessariamente in concorso69.

2.5. Rilevanza “indiretta” dei limiti-soglia in altre figure criminose a tutela