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2. Il sistema delle soglie di punibilità nel falso in bilancio

2.1. La “sensibile alterazione”

Il requisito della capacità delle condotte falsificatorie di «alterare in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale, o finanziaria

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La l. n. 262/2005 introdusse all’art. 2621 c.c. il comma 5, a norma del quale «nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa»; parallelamente al comma 9 dell’art. 2622 c.c. si prevedeva come «nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall'esercizio dell'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'impresa». Per le critiche espresse in dottrina con riferimento all’introduzione di tali illeciti amministrativi, in particolare alla luce della peculiare previsione di una sanzione espressa in quote, v. E.MUSCO, I nuovi reati societari, cit., 92 ss.; R.FLOR, Le ipotesi di false comunicazioni

sociali, cit., 110 ss. La citata l. n. 262/2005 assume rilevanza ai nostri fini anche per l’aver introdotto il legislatore un ulteriore profilo di rilevanza quantitativa, non già costituente una soglia di punibilità, quanto piuttosto caratterizzante un’ipotesi aggravata dell’art. 2622 c.c. In questo senso ai commi 4 e 5 della citata norma venne previsto: «La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori. Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall'ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo»; nell’ambito delle false comunicazioni riferite alle società quotate (comma 3) veniva insomma introdotta una circostanza aggravante per i casi in cui la condotta avesse cagionato un «grave nocumento» ai risparmiatori, da determinarsi quantitativamente, con riferimento al numero dei consumatori interessati, ovvero al valore del nocumento stesso, rapportato al P.I.L. Sull’introduzione di tale aggravante v. le considerazioni critiche, per tutti, di S.SEMINARA, Nuovi illeciti penali ed amministrativi nella legge sulla tutela del risparmio, in Dir. pen. proc., 2006, 549 ss. Per una critica alla lettura del comma terzo in oggetto quale circostanza aggravante, e il riconoscimento della relativa natura di fattispecie autonoma (rispetto alla quale non opererebbero dunque le soglie di punibilità), v. per tutti A.ROSSI,

Illeciti penali e amministrativi, cit., 142 ss.

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In questo senso tale uguaglianza è stata letta come emblematica di una unitaria prospettiva di tutela: v. sul punto V.PLANTAMURA, Alle soglie del falso, cit., 1255.

della società» rappresentava uno dei punti nodali della riforma delle false comunicazioni sociali intrapresa - e infine attuata - a cavallo del nuovo millennio.

Il tema della “significatività” del falso si era posto prepotentemente all’attenzione del legislatore, quale puntuale espressione della già richiamata esigenza di evitare la criminalizzazione di falsità trascurabili e “innocue”33; se, tuttavia, fino ad allora la risoluzione di tale problematica era stata sostanzialmente demandata alla sede interpretativa e applicativa34, con la nuova stagione riformatrice ci si propose di dare riconoscimento positivo alla questione, inserendo nella trama di fattispecie il requisito della “rilevanza” dei dati o dei comportamenti attinti dal falso, al fine di evitare sanzioni ispirate ad un modello formalistico. Autorevole dottrina, peraltro, aveva già in allora evidenziato come la medesima esigenza fosse sentita e tradotta normativamente anche nell’ordinamento statunitense, ove veniva accolto pacificamente che il dato oggetto della condotta falsificatoria fosse un “material

fact”, rilevante appunto per la sua idoneità a influenzare le decisioni dei destinatari35.

È evidente, alla luce di quanto sopra, come il profilo della “alterazione sensibile” inerisse direttamente il piano dell’offesa alla dimensione dell’informazione societaria, sia che la stessa fosse da ritenere assurta al rango di riferimento assiologico esclusivo, sia che, invece, vi si volesse riconoscere un bene strumentale alla tutela di altri interessi (in particolare, patrimoniali)36.

Se dunque era innegabile la vocazione selettiva del requisito in oggetto, doveva altresì riconoscersi allo stesso una natura «neutra», suscettibile di essere

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In questo senso v. per tutti le considerazioni di E.MUSCO, I nuovi reati societari, cit., 11; D. PULITANÒ, False comunicazioni sociali, cit., 155 ss. Dell’esigenza di contenere l’applicazione delle norme penali con riferimento alle sole ipotesi di falsi “rilevanti” si faceva carico anche il “Progetto Mirone”, ove, a questo precipuo scopo, era tuttavia introdotta solo l’idoneità ingannatoria della condotta; sul punto v. per tutti L. FOFFANI, La nuova disciplina delle false comunicazioni sociali,

cit., 236 ss.

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Rilevava in questo senso la problematica del falso “quantitativo”, e dell’eventuale spazio di tolleranza da riconoscere alle ipotesi di minore rilevanza, richiamata fra gli altri da E.MUSCO, I nuovi reati societari, cit., 11 e ss. e 86 ss.; F.GIUNTA, Quale futuro per le false comunicazioni sociali?, cit., 931; G.E. COLOMBO, La moda dell’accusa del falso in bilancio, cit., 713; L. FOFFANI, La nuova

disciplina delle false comunicazioni sociali, cit., 285.

35Sul punto v. A.A

LESSANDRI, Alcune considerazioni generali, cit., 28 ss. Per la rilevanza assunta

da tale nozione di origine anglosassone nel nostro ordinamento, v. infra, par. 3.1., nota n. 105.

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In questo senso sono concordi le conclusioni di D.PULITANÒ, False comunicazioni sociali, cit., 155; L. FOFFANI, La nuova disciplina delle false comunicazioni sociali, cit., 285; M. ROMANO,

tradotta in termini quantitativi o qualitativi37, nonché, soprattutto, una capacità operativa potenzialmente autonoma38; il legislatore delegato tuttavia, in questo senso sollecitato dalla lettera della legge delega39, ritenne di declinare ulteriormente in senso ponderale il profilo della “rilevanza”, spinto da - comprensibili - esigenze di determinatezza di fattispecie40, così come, forse, da - per taluni meno comprensibili - pregiudizi nei confronti di possibili derive ermeneutiche41.

Emergeva, dunque, la natura di clausola generale, elastica, dell’“alterazione sensibile”, in sé espressiva di un requisito di fattispecie che, per come costruita la norma, necessariamente viveva nel rapporto con le contigue soglie percentuali, assumendo un significato diverso a seconda del ruolo che a queste ultime fosse stato attribuito: esplicativo ovvero meramente indicativo.