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Dall’esposizione introduttiva alle richieste di prova

4. Il dibattimento

4.2. La dichiarazione di apertura del dibattimento e le richieste di prova

4.2.1. Dall’esposizione introduttiva alle richieste di prova

L’art 493 c.p.p. nella sua originaria formulazione prevedeva che il pubblico ministero procedesse alla concisa esposizione dei fatti oggetto dell’imputazione e all’indicazione delle prove di cui chiedeva l’ammissione, mentre le altre parti, più semplicemente, dovevano indicare i fatti che intendevano provare e chiedere l’ammissione delle prove.

La ratio dell’esposizione suddetta era, dalla dottrina, individuata nel fatto

che il giudice non conosce gli atti, se non nei limiti esigui rivelatigli dal fascicolo per il dibattimento, e siccome non vi è stato alcun provvedimento sull’ammissione delle prove, è necessario che a ciò si pervenga previa

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Si è osservato, in dottrina, che la dichiarazione prevista dall'art. 492 coincide con il momento che costituisce l'epilogo del predibattimento, facendo scattare una serie di preclusioni in merito alle questioni indicate nell'art. 491, e che, nello stesso tempo, determina l’avvio del dibattimento.

Si è sottolineato, inoltre, che la dichiarazione di apertura del dibattimento è successiva alla trattazione e risoluzione delle questioni preliminari e precede la lettura dei capi di imputazione; e che per l’omissione della formale dichiarazione non è prevista alcuna sanzione.

In giurisprudenza, si è affermato anche la mancata lettura dell’imputazione da parte dell'ausiliario non dà luogo ad alcuna nullità, poiché vige il principio della tassatività delle ipotesi di nullità e poiché, d'altra parte, deve tenersi conto che l'esigenza della contestazione all'imputato è già soddisfatta con la notificazione del decreto che dispone il giudizio (si veda Rassegna Lattanzi-Lupo, VII, 126 s.).

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In generale sul punto si veda: ANDREAZZA, Gli atti preliminari al dibattimento nel processo penale, Cedam, 2004; BACCARI, C. CONTI, Una nuova espressione del metodo dialettico:l'acquisizione

concordata di atti di indagine, in Dir. pen. e proc., 2003, 873; BELLUTA, Contraddittorio e consenso: metodi alternativi per la formazione della prova, in Riv. dir. proc., 2003, 150; CANTONE, La prova documentale, 2004; CHINNINCI, L'incursione della “prova negoziata” nel giudizio penale (alcuni rilievi critici), in Riv. dir. proc., 2003, 871; DAMASKA, Il diritto delle prove alla deriva, Il Mulino, 2003, 127; DE

CARO, Poteri probatori del giudice e diritto alla prova, E.S.I., 2003; DEL COCO, Disponibilità della prova

penale e accordi tra le parti, Giuffrè, 2004; Di BITONTO, Lettura di dichiarazioni del prossimo congiunto dell'imputato e prova negoziale, in Cass. pen. 2005, 1287; DI BITONTO, Profili dispositivi dell'accertamento penale, Giappichelli, 2004; FANULI, Inutilizzabilità e nullità della prova, Giuffrè, 2004;

GAROFOLI, L'introduzione della prova testimoniale nel processo penale, Giuffrè, 2005; GEMELLI,

L’irruzione della negozialità nel giusto processo, in Giust. pen., 2001, 111, 733; GRILLI, Il dibattimento penale, Cedam, 2003; MACCHIA, poteri dispositivi delle parti: profili di legittimità costituzionale, in Arch. n. proc. pen., 2003, 190; MARZADURI, Diritto alla prova testimoniale e modalità di escussione del testimone, Giuffrè, 2005; PROCACCINO, Il ruolo dell'imputato nel “patto di prova”, in Giust. pen., 2002,

111, 688; SCAGLIONE, Il regime di utilizzabilità degli atti delle indagini preliminari a contenuto

dichiarativo, in Cass. pen., 2003, 356; TONINI, Disciplina della prova e durata ragionevole del processo penale, in Cass. pen., 2004, 334.

informazione del giudice medesimo ad opera delle parti, segnatamente di quella parte pubblica che, avendo chiesto il giudizio nella convinzione che gli elementi sono idonei a sostenere l’accusa, è la più idonea ad illustrare l'imputazione.

Da ciò derivava uno squilibrio tra accusa e difesa. Difatti, si rilevava che fra l’esposizione dei fatti (da parte del p.m.) e l’indicazione dei medesimi (per opera delle altre parti) v’era una profonda differenza: la prima comportava un

narrare ordinatamente ed uno spiegare, la seconda un semplice individuare136..

Questa diversità veniva giustificata in quanto diretta ad evitare un processo prima del processo, cioè, una discussione anticipata sui fatti, altrimenti idonea, in qualche modo ad influenzare il dibattimento

A ciò si aggiunga che l’applicazione pratica della norma aveva portato anche ad un superamento degli argini dalla stessa delineati. Spesso avveniva, infatti, che il pubblico ministero, approfittando dei maggiori poteri conferitigli dalla legge, desse vita ad una vera e propria requisitoria anticipata, violando il principio di separazione funzionale delle fasi e mettendo a repentaglio l’imparzialità di giudizio del giudice dibattimentale137.

Inoltre questa prassi aveva ricevuto l’avallo interpretativo della Cassazione, che aveva affermato che non sussiste alcuna violazione del diritto di difesa nell’esposizione introduttiva del pubblico ministero con cui si riportino le dichiarazioni rese dagli imputati in sede di indagini preliminari, non essendo la stessa in alcun modo vincolante per il giudice138.

La dottrina, a sua volta, era decisamente contraria a questa prassi in

quanto la lettura effettuata nel corso della esposizione introduttiva di un atto contenuto nel fascicolo de pubblico ministero si traduceva in una violazione

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AMBROSINI, in Commento Chiavario, V, 181 s..

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CASARTELLI, Le innovazioni, cit., 181 138

Cass., 26 gennaio 1996, Noto, in Cass. pen. 1997, 1412 e 1998, 1680, con nota di NACAR.

della regola ricavabile dal regime del doppio fascicolo, producendo conseguenze pratiche non dissimili da quelle che deriverebbero dall’iniziale e ed illegittimo inserimento di tale atto nel fascicolo per il dibattimento. Per di più, si rilevava che il giudice potrebbe essere compromesso nella valutazione delle prove legittimamente acquisite dalle letture operate dal pubblico ministero delle dichiarazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari. Peraltro quando il pubblico ministero compie una relazione introduttiva abnorne, incide sul modus di acquisizione delle conoscenze del giudice relativamente ai fatti compiuti nelle indagini preliminari, in contrasto con il principio secondo cui l’unica forma di conoscenza legale delle dichiarazioni rese dall’imputato è quella che si realizza con il ricorso ai sistema delle contestazioni e delle letture ma entro i limiti del fatto dichiarato dall’imputato e ad esso contestato. Si denunciava pure una violazione del diritto di difesa, adducendo che il legale non aveva alcuna possibilità di imporsi direttamente e personalmente, se non sollecitando l’intervento del giudice nel momento in cui il pubblico ministero compiva la sua relazione introduttiva, ed una volta che tale attività era già compiuta, non esisteva alcun mezzo per verificare gli effetti prodotti dalla lettura di quelle dichiarazioni le quali, poi, inserite nel

verbale d’udienza, risultavano, ancor dopo, alla memoria del giudice139 140.

Con la L. 16 dicembre 1999, n. 479, conformemente all’introduzione del principio di parità delle parti inserito nella Costituzione dalla l. cost. 23 novembre 1999 n. 2, è stato riscritto l'art. 493 e, proprio al fine di

riequilibrare le posizioni di accusa e difesa, è stata abolita l’esposizione

introduttiva del pubblico ministero e si è previsto che, in modo del tutto

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si veda ancora Cass., 26 gennaio 1996, Noto, Cass. pen. 1997, 1412 e 1998, 1680, con nota di NACAR

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Nella giurisprudenza di merito, si è affermato che è consentito avvalersi nel corso dell'esposizione introduttiva di un supporto multimediale, purché alla parti venga dato avviso, con congruo periodo di tempo, del deposito del compact-disk che contiene l’esposizione medesima140. Tuttavia si obbiettò che l’esposizione multimediale finiva per assumere un ruolo eminentemente retorico e persuasivo, imprimendo così nell'inconscio dei giudici immagini suoni frasi ed espressioni, difficilmente controllabili a livello razionale e inoltre determinava una abnorme disparità di posizione tra accusa e difesa.

paritario e nel consueto ordine il pubblico ministero e i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell’imputato “indicano i fatti che intendono provare e chiedono

l'ammissione delle prove”.

In dottrina, si è affermato che, anche dopo questa modifica, l’intervento del pubblico ministero conserverà una maggiore ampiezza rispetto a quello delle altre parti, incombendogli, comunque, un onere probatorio che le altre parti non hanno, se non nei limiti in cui intendono provare fatti volti a neutralizzare quelli addotti dall'accusa141.

Inoltre il comma 4 dell’art. 493, come modificato dalla L. n. 479 del 1999, afferma che “il presidente impedisce ogni divagazione, ripetizione e

interruzione e ogni lettura o esposizione del contenuto degli atti compiuti durante le indagini preliminari”. Con ciò si assegna al presidente del collegio

una specifica competenza funzionale, il cui esercizio evidenza il ruolo di garante del conseguimento delle finalità che hanno ispirato l’intervento

legislativo. A tale riguardo, si è precisato che la previsione è riferita non soltanto agli atti compiuti dal pubblico ministero, ma anche a quelli di investigazione difensiva142.

La ratio di questa disposizione va ricercata nel tentativo di impedire quelle degenerazioni riguardanti soprattutto il pubblico ministero che si erano verificate nella prassi e che non erano state adeguatamente stigmatizzate dalla giurisprudenza143

Per quel che riguarda l’eventuale lettura di atti di indagine non consentiti in tal caso, non essendo effettuata in chiave probatoria, non può comportare alcuna sanzione processuale e può determinare solo una violazione del generale dovere di correttezza e lealtà processuale, che deve plasmare la

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CIANI, Le nuove disposizioni, cit., 576.

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KALB, La richiesta di ammissione, cit., 176 s.

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condotta delle parti144. Secondo altra più corretta dottrina, qualora dovessero essere effettuate delle indebite letture, si avrebbe la violazione di un divieto probatorio che darebbe luogo, per l’effetto, ad una inutilizzabilità rilevabile in ogni stato e grado del giudizio145.