A seguito delle richieste delle parti il giudice decide, con ordinanza (e quindi con provvedimento motivato), sull’ammissione delle prove, dopo aver sentito le parti e cioè dopo aver dato alle stesse la possibilità di interloquire e motivare eccezioni ed opposizioni. Difatti ai sensi dell’art. 495, comma 1
164
Cass., sez. 1, 23 gennaio 2003, n. 8739103, Cirillo, in Cass. pen. 2005, 1286.
165
Su questa linea, nella giurisprudenza di merito, si è affermato che, su accordo delle parti ex art. 493 comma 3 possono essere acquisiti anche tutti, indistintamente, gli atti delle indagini preliminari contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Tale accordo “acquisitivo”, peraltro, non determina la sanatoria degli atti affetti da inutilizzabilità “patologica” e/o da nullità assoluta (nella specie dichiarazioni assunte dagli imputati da parte della polizia giudiziaria, senza garanzie difensive, ex art. 350 comma 5 c.p.p.) stante il potere-dovere del giudice di rilevare (anche) d’ufficio tali ipotesi di invalidità.
166
MARAFIOTI, Prova “negoziata”, cit., 2946, DI BITONTO, Lettura di dichiarazioni, cit., 1290.
167
FANULI, Inutilizzabilità, cit., 92,ss.; in senso conforme, anche GRILLI, Il dibattimento, cit., 211, secondo cui l'interpretazione restrittiva sarebbe in contrasto con le finalità della norma, intesa ad abbreviare i tempi processuali.
c.p.p. “Il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza all’ammissione
delle prove a norma degli articoli 190, comma 1, e 190-bis”168.
Pertanto in base al rinvio all’art. 190, comma 1 c.p.p. il giudice decide sull’ammissione sulla base di quattro criteri. Innanzi tutto la prova deve essere
pertinente, e cioè deve tendere a dimostrare l’esistenza di un fatto storico
enunciato nell’imputazione o l’esistenza di uno dei fatti indicati dall’art. 187 c.p.p.. La prova non deve essere vietata dalla legge, come ad esempio nel caso di cui all’art. 220, comma 2 c.p.p. Inoltre la prova non deve essere
manifestatamene superflua, cioè non deve tendere ad ottenere un risultato
conoscitivo già acquisito. Infine la prova non deve essere manifestatamene
irrilevante, e cioè deve essere tale che il suo probabile risultato sia idoneo a
dimostrare l’esistenza di un fatto da provare. Non è necessario che la
168
Si veda in generale: BARTOLINI, Appunti sull'ammissione delle prove nel nuovo processo penale, in
Arch. n. proc. pen. 1991, 257; BIANCHI, L'ammissione della prova nel dibattimento penale, Giuffrè, 2002;
CALAMANDREI, La prova documentale, Cedam, 1995; CALAMANDREI, Le nuove regole sulla
circolazione probatoria, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1999, 160; CANZIO, Diritto alla prova», prova contraria e parte civile, in Foro it. 1997, 11, 403; CARRERI, Acquisizioni probatorie documentali e poteri istruttori del giudice nel dibattimento, in Cass. pen. 1992, 583; CHIAVARIO, Considerazioni sul diritto alla prova nel processo penale, in Cass. pen. 1996, 2009; COMUCCI, Parte civile e diritto alla “prova contraria”, in Dir. pen. e proc. 1996, 820; CONFORTI, Sul contenuto e mi limiti del diritto alla prova contraria, in Cass. pen.
1996, 3013; DE FALCO, Rinuncia al teste: poteri delle altre parti e del giudice, in Cass. pen. 1998, 184; DI PALMA, Art. 495 comma 2 c.p.p. e perizia quale presunto mezzo di prova «neutro», in Cass. pen. 1995, 2937; FANUELE, Un difficile punto di equilibrio tra il diritto alla prova delle parli e il controllo di
legittimità del giudice nel procedimento probatorio, in Cass. pen. 2001, 908; GIANBRUNO, Questioni in tema di prove nel nuovo processo penale, in Giur. merito 1991, II, 830; KOSTORIS, Ammissione di documenti e diritto alla prova contraria, in Giur. cost. 1994, 2502; ILLUMINATI, Ammissione e acquisizione della prova nell'istruzione dibattimentale, in AA.VV., La prova nel dibattimento penale, Utet,
1999, 1; E. LEONE, Sull'ammissibilità del controesame o della controprova nell'ipotesi di rinuncia all'esame
principale, in Cass. pen. 1997, 1522; LIBERINI, L'onere di produrre documenti nel dibattimento e il principio di acquisizione processuale, in Cass. pen. 1994, 3130; NAITI, Sulla necessità di distinguere il procedimento di ammissione delle prove dal procedimento di formazione del fascicolo per il dibattimento, in Cass. pen. 1991, 765; PLOTINO, Il dibattimento nel nuovo codice di procedura penale, Giuffrè, 1994;
POTETTI, C. cost. n. 532195; perplessità in tema di prova contraria, in Cass. pen. 1996, 1371;Brevi note in
tema di rinuncia alla prova, in Cass. pen. 1995, 3578; RANALDI, Incertezze interpretative tra criteri di ammissibilità e modalità di “inserimento” della prova a discarico, in Giur. it., 2000, II, 2152; RIVIEZZO, Testimonianza superflua, in Cass. pen. 1998, 1384; SICO, Rinuncia alla prova o revoca dei provvedimento di ammissione?, in Cass. pen. 1998, 1669; SIRACUSANO, voce Prova (nel nuovo c.p.p.), in Enc. giur. Treccani, vol. XXV, 1991, 1; SOTTANI, Il regime della controprova, in AA.VV., Le nuove disposizioni sul processo penale, Cedam, 1989, 245; TONINI, La prova penale, Cedam, 2001; TRIGGIANI, Il diritto alla prova nel nuovo codice di procedura penale, in Arch. n. proc. pen. 1991, 667; UBERTIS, voce Prova, in Dig. d. pen., vol. V, Utet, 1995, 296; UBERTIS, Il diritto alla prova nel processo penale e Corte europea dei diritti dell'uomo, in Riv. dir. proc., 1994, 489.
rilevanza e la non superfluità siano certe. E’ sufficiente il dubbio, e cioè la non manifesta irrilevanza o superfluità169170.
La Cassazione ha precisato che il giudice del merito può negare l’ammissione di una prova, più specificamente di una testimonianza, quando appare
evidente la sua irrilevanza per superfluità, scarsa o mancata attinenza con il tema del processo ovvero per altre ragioni obiettivamente risultanti prima che la prova o la testimonianza siano assunte. Egli però non può
escludere tale ammissione sulla presunzione, ancorché ragionevole, della sua inattendibilità perché, così facendo, anticipa un giudizio sulla valutazione della prova medesima che deve essere necessariamente espresso soltanto dopo che questa sia stata esperita.171.
Secondo la dottrina le prove originariamente escluse, qualunque sia stato il motivo dell’esclusione, possono essere successivamente ammesse, quando lo sviluppo del dibattimento ne abbia dimostrato la legittimità e la pertinenza172.
In giurisprudenza, si è anche affermato che il decorso del termine segnato dall’art. 495 non può avere efficacia preclusiva dell’ammissione, indipendentemente dalla disciplina dettata dall'art. 507, di nuove prove che non siano manifestamente infondate o superflue, intendendosi per “nuove”
169
Si veda TONINI, Manuale di procedura penale, nona edizione 2002, p. 188
170
Nella giurisprudenza di merito, si è sostenuto che, anche se gli artt. 190 e 495 prescrivono che il giudice provveda con ordinanza all’ammissione delle prove, l’omissione della formale pronuncia di tale provvedimento non comporta la nullità del dibattimento e della sentenza ex art. 178 lett. e) quando lo stesso può desumersi come implicito dagli atti. Più precisamente l'ordinanza può ritenersi superflua nelle ipotesi in cui, in difetto di contrasto tra le parti in ordine all'ammissione delle prove dedotte, il procedimento sia proseguito nel comune accordo dei protagonisti, i quali abbiano concretamente dato attuazione a quello che sarebbe stato lo scopo dell'ordinanza (App. Torino 12 aprile 1991, Dif. pen. 1992, n. 34, 84); e il giudice non abbia esercitato il potere di escludere d'ufficio le prove vietate dalla legge o manifestamente sovrabbondanti (App. Torino, 23 aprile 1991, Insinna, Arch. n. proc. pen. 1991, 257).
171
Si veda Cass., 7 febbraio 1996, Tollardo, Cass. pen. 1997, 759. Nella fattispecie, i giudici non avevano ammesso un teste per il lungo tempo trascorso dal fatto e per l'interesse che poteva, avere a negare la circostanza su cui avrebbe dovuto deporre.
172
quelle prove i cui elementi siano venuti ad esistenza o siano stati conosciuti
dalle parti successivamente al termine anzidetto173.
In riferimento al diritto alla prova contraria si veda il paragrafo 3.1.8.
5.2. Le questioni sull’ammissibilità della prova nel corso del dibattimento
Durante il corso dell’istruzione dibattimentale v’è la possibilità che il giudice revochi prove già ammesse, ammetta prove già dichiarate inammissibili o ammetta nuove prove. Difatti ai sensi dell’art. 495, comma 4 c.p.p. “Nel corso
dell’istruzione dibattimentale, il giudice decide con ordinanza sulle eccezioni proposte dalle parti in ordine alla ammissibilità delle prove. Il giudice, sentite le parti, può revocare con ordinanza l’'ammissione di prove che risultano superflue o ammettere prove già escluse”. Questa regolamentazione
viene spiegata con il fatto il giudice può trovare delle difficoltà ad effettuare la valutazione di cui all’art. 495 comma I c.p.p. perché deve inevitabilmente basarsi soltanto sulla documentazione presente nel fascicolo del dibattimento ai sensi dell’art. 431 c.p.p. Ne consegue che il giudice può ammettere nel corso dell’istruzione dibattimentale, le prove inizialmente escluse, qualora l’iter istruttorio ne abbia dimostrato la pertinenza e la rilevanza e, per converso, può escludere i mezzi già ammessi, laddove risultino superflui o irrilevanti.
Inoltre nel corso del dibattimento la parte può rinunciare alla prova. Al riguardo ai sensi del nuovo comma 4-bis introdotto nell'art, 495 dalla legge n. 397 del 2000, “nel corso dell’istruzione dibattimentale ciascuna delle parti
può rinunciare, con il consenso dell’altra parte, all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta”. Proprio allo scopo di porre fine alle incertezze
interpretative sulla ammissibilità della rinuncia unilaterale all’assunzione del
173
testimone, il nuovo capoverso subordina all’assenso delle controparti l’efficacia dell’atto abdicativo, riguardante l’assunzione della prova, proveniente da colui che abbia fatto richiesta di ammissione della prova medesima. In particolare la parte una volta richiesta ed ottenuta dal giudice l’ammissione d’un mezzo probatorio, può rinunciare al suo espletamento, ferma restando la subordinazione dell’efficacia di tale atto al consenso di tutte le parti. Tuttavia ciò non toglie che il giudice possa disporre officiosamente ex art 507 c.p.p. l’attività istruttoria concernente quei mezzi ai quali le parti
abbiano concordemente rinunciato174.
La giurisprudenza e la dottrina hanno precisato che una prova, una volta ammessa, viene posta a disposizione del contraddittorio, con la conseguenza che, nel caso un cui una parte vi rinunci, espressamente o tacitamente, l’altra parte ha comunque la possibilità di procedere ugualmente alla sua assunzione,
senza necessità di un formale provvedimento di revoca da parte del giudice175.
Tuttavia il principio che subordina all’accordo di tutte le parti l’efficacia della rinuncia unilaterale di prova già ammessa è stata disattesa dalla Corte di Cassazione. Difatti la suprema Corte ha affermato che “la decadenza da una
prova di una delle parti non può essere surrogata dal recupero di una prova
174
Con la nuova formulazione dell’art. 495, comma 4 c.p.p. è stato così recepito il prevalente orientamento della Cassazione, che aveva già avuto occasione di affermare che, in virtù delle regole che disciplinano l'ammissione e l'assunzione delle prove nel vigente codice di rito, una prova, a carico o a discarico, viene, con la sua ammissione, posta a disposizione del contraddittorio, con la conseguenza che, pur in presenza della rinuncia di una parte, resta fermo il potere dell'altra parte di procedere alla sua assunzione; ove anche questa parte rinunci, sia pure tacitamente, ad esercitare il suo diritto alla prova - ad esempio, non rivolgendo domande al teste - non occorre un'ordinanza con la quale il giudice, previa audizione delle parti, revochi il precedente provvedimento di ammissione della prova; ed invero, fuori dei casi espressamente stabiliti dalla legge, in cui gli è consentito indicare alle parti temi nuovi o incompleti sui quali si rende necessario acquisire ulteriori elementi, il giudice non è tenuto ad interpellare le parti, quando esse con il loro comportamento concludente abbiano dato concreta attuazione al principio di disponibilità della prova (Cass., 28 aprile 1997, Donato, Cass. pen. 1998, 1129).
Sulla stessa linea, la S.C. aveva detto che, una volta introdotto un teste nella dinamica dibattimentale attraverso l'indicazione nella lista testi approvata dal presidente del tribunale nelle forme di rito, la sua escussione non è più rimessa esclusivamente alla volontà della parte che lo ha richiesto e la rinuncia ad essa fa salvo il diritto dell'altra parte di procedere all'esame o comunque vincola il tribunale a motivare in modo esplicito sulla non assunzione della prova (nel caso di specie un teste d'accusa) in applicazione del principio generale previsto dall'art. 495 comma 4 (Cass., 21 marzo 1997, Falchi, Cass. pen. 1998, 132, con nota di DE FALCO C., 1669, con nota di Sico).
175
alla quale un’altra parte abbia rinunciato. Ne consegue che allorché il pubblico ministero abbia rinunciato all’audizione dei propri testimoni, la difesa può procedere al loro esame solo se ha osservato le formalità connesse alla lista testi poste a garanzia di un informato contraddittorio176.