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Il divieto di domande suggestive

Nel documento Disciplina e tecnica dell'esame incrociato (pagine 119-123)

7. Le regole dell’esame incrociato

7.3. Il divieto di domande suggestive

Il secondo divieto previsto dall’art. 499 c.p.p. è quello di domande suggestive. Ai sensi del comma 3 “Nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la

citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte”.

Tali sono le domande che, presupponendo cose non ancora dette, tendono

a suggerire o a provocare la risposta del testimone secondo gli intenti dell’esaminante. Si pensi ad esempio al caso di una domanda che si articola

nella minuziosa descrizione di un fatto e si conclude con la richiesta se esso sia vero o falso264.

Il divieto riguarda però soltanto la parte che ha chiesto la citazione del

testimone (o più esattamente che ha chiesto l’assunzione della prova testimoniale, dato che il teste può anche essere portato in udienza senza citazione) e quella che ha con essa una comunanza di interessi (ad esempio, la parte civile con il pubblico ministero, il responsabile civile con l’imputato,

263

FERRUA, La testimonianza nell'evoluzione del processo penale italiano, in Studi sul processo penale 11, Torino 1992, 102; SPACCASASSI, Considerazioni in tema di esame testimoniale, ANPP 1991, 496.

264

FRIGO, sub art 498 c.p.p., in Comm Chiavario V, 219; (18) ID., SUb art. 499 c.p.p., in Comm. Chiavario V, 254.

l’associato di un’organizzazione criminale rispetto ad un altro associato coimputato).

Ne consegue che le domande suggestive non sono inibite alle parti diverse, nel controesame. Il legislatore, infatti, ha voluto evitare che chi

indica un teste a prova della propria tesi faccia allo stesso capire anche la risposta che si attende da lui, considerando che si tratta di una persona che presumibilmente partecipa, in qualche misura, della posizione di chi lo ha chiamato a deporre. Nel controesame, invece, è consentito alle altre parti saggiare l’attendibilità e la credibilità dell’esaminato, ponendo domande finalizzate a metterlo in imbarazzo ed a provocare risposte che, se anche lasciate trasparire nella domanda, spontaneamente non verrebbero forse fornite265.

In analogia con quanto avviene nel processo angloamericano, si è supposto che nel controesame, non essendo ipotizzabile un accordo tra la parte e il testimone, la mancanza di spontaneità della risposta provocata da una domanda suggestiva possa essere funzionale a una verifica della veridicità del teste. Il controesame, in realtà, è destinato a sottoporre a verifica le dichiarazioni già rese dal testimone nel corso dell’esame condotto dalla parte che lo ha indicato. Questa verifica sarà favorita dal confronto della versione già resa dal teste con le risposte incontrollate che il controesaminante riuscirà

ad ottenere anche mediante domande suggestive266267.

265

DUBOLINO-BAGLIONE-BARTOLINI, Il nuovo codice, 1315

266

NAPPI, Guida, 462.

267

Sulla stessa linea si è espressa la Cassazione, affermando che è evidente l’intento del legislatore di evitare che chi induce un teste a prova possa anche suggerirgli le risposte, durante l’esame diretto, in modo da manipolare a suo piacimento la genuinità della prova, mentre analoga esigenza non si pone per chi conduce il controesame, il quale anzi è opportuno che sia lasciato libero di saggiare l’attendibilità del teste anche con domande provocatorie e suggestive. Pertanto, a chi conduce il controesame non possono essere inibite domande che tendono a suggerire le risposte, neppure in virtù del potere presidenziale - previsto nel comma 6 dell'art. 499 - di intervenire per assicurare la genuinità e la sincerità delle risposte tutelata dalla predetta regola generale. D'altra parte, non esiste alcuna ragione normativa o sistematica perché queste regole per l'esame e il controesame testimoniale non debbano essere applicate anche nella istruzione dibattimentale in sede di appello: sicché vale a tal proposito la regola generale dell'art. 598, che estende al processo di appello la disciplina dettata per quello di primo grado (Cass., 3 giugno 1993, Tettamanti, Cass. pen. 1995, 79).

Un’eventuale eccezione è stata ravvisata nell’ipotesi del “teste ostile”, quello, cioè, che la parte introduce ritenendolo a sé favorevole e, ciononostante, in sede di esame diretto si rivela sfavorevole in maniera ed in circostanze

sospette268; in questo caso, secondo un’interpretazione che fa leva sulla ratio

dell’esame diretto e sull’esperienza formatasi nei sistemi adversary, non pare possa più prospettarsi il divieto, per la parte che conduce l’esame, di porre

domande suggestive269; ad ogni modo, la parte potrà effettuare al teste le

contestazioni a norma dell'art. 500270.

Passando dal piano dei principi alla prassi applicativa, non sempre è agevole

stabilire quando una domanda possa definirsi suggestiva.

Al proposito, in dottrina sono stati elaborati alcuni criteri di massima.

Secondo un’indicazione, non sarebbe mai suggestiva la domanda introdotta dalle particelle: chi, come, dove, quando, perché; questa soluzione suscita delle perplessità, in quanto eccessivamente riduttiva e semplicistica: non si tiene conto, infatti, del contesto concreto in cui le domande vengono formulate271.

Secondo un’altra prospettazione, deve ritenersi suggestiva la domanda preceduta da un presupposto, inteso come premessa non dimostrata che possa

ricevere una risposta tendente a soddisfarne le richieste di chi la formula272, e

quella che dà per ammesso un fatto o una circostanza che il teste non ha

riferito (c.d. domanda implicativa)273, che altri, invece, colloca tra le

268

CARPONI SCHITTAR-HARVEY CARPONI SCHITTAR, Modi dell’esame e del controesame, Milano 1992, 289.

269

PAULESU, Giudice e parti nella "dialettica " della prova testimoniale, Torino 2002, 209

270

FERRUA, La testimonianza nell'evoluzione del processo penale italiano, in Studi sul processo penale II, Torino 1992, 102; SPACCASASSI, Considerazioni in tema di esame testimoniale, ANPP 1991,498; sulla tecnica d'esame del teste ostile, cfr. CAROFIGLIO, Il controesame. Dalle prassi operative al modello

teorico, Milano 1997, 146 s.; CARPONI SCHITTAR-HARVEY CARPONI SCHITTAR, Modi dell'esame e del controesame, Milano 1992, 289.

271

COLAMUSSI, In tema di domande suggestive nell'esame testimoniale, in Cass. pen. 1993, 1799

272

GULOTTA, Strumenti concettuali per agire nel nuovo processo penale, Milano 1990, 217.

273

domande nocive ovvero tra quelle potenzialmente lesive della lealtà dell’esame e del requisito della specificità274.

Non è invece suggestiva la domanda alternativa (ad esempio: pioveva o

nevicava?), perché lascia all'esaminato la possibilità di rispondere nei due modi275.

La giurisprudenza ha affermato che la formulazione di domande tramite capitolato di prova si pone in contrasto con l’art. 499 coma 3, in quanto tale modalità di proporre le domande al teste si risolve in una mera ripetizione di una testimonianza predisposta nel suo complesso, rendendo pertanto agevole e unilaterale la risposta276.

La giurisprudenza è divisa sul comportamento del presidente del collegio (o del giudice monocratico) che, in sede di controesame, impedisca al difensore la formulazione di una domanda suggestiva.

Secondo un orientamento, tale condotta integra una nullità ai sensi dell’art.

180, che deve essere dedotta entro il termine previsto dall’art. 182277;

Secondo un diverso indirizzo è legittimo il potere di escludere, anche in sede

di controesame, domande suggestive, costituendo un’estrinsecazione della più ampia facoltà di intervento durante l’esame testimoniale riconosciuta al presidente dall'art. 499 comma 6278.

Si ritiene esattamente che il divieto di formulare domande suggestive operi

anche in sede di riesame. Ciò si desume sulla base dell’analogia esistente

con l’esame diretto e della ratio dell’istituto, nonché dalla formulazione

274

SPACCASASSI, Considerazioni in tema di esame testimoniale, ANPP, 1991, 496.

275

SPACCASASSI, Considerazioni in tema di esame testimoniale, ANPP 1991, 495.

276

Cass. sez. I 21.1.1992, Daniele, Cass. pen. 1993, 1796.

277

Cass. sez. III 3.6.1993, Tettamanti, in GUARINIELLO 358: in un’ipotesi in cui al difensore dell'imputato, che stava conducendo il controesame, era stato impedito di porre una domanda suggestiva, ha annullato la sentenza in quanto emessa in violazione di una norma concernente l’intervento e l’assistenza dell’imputato tempestivamente dedotta.

278

letterale del comma 3, che si riferisce alla parte che ha chiesto la citazione del teste e a quella che ha un interesse comune.

Circa la questione relativa alla proposizione di domande suggestive la

Suprema Corte ha affermato che essa deve essere prospettata direttamente al giudice innanzi al quale si forma la prova. Nei successivi gradi di giudizio, invece, può essere oggetto di valutazione solo la motivazione con cui il giudice abbia accolto o rigettato l’eccezione e, pertanto, non può essere eccepita per la prima volta con i motivi di impugnazione l’inutilizzabilità dell’atto assunto in violazione dell’art. 499 c.p.p.279 280.

Infine si è pure affermato in giurisprudenza che le regole dettate dall’art. 499 c.p.p. non sono applicabili all’assunzione di informazione da parte del p.m. di persone informate sui fatti; tali soggetti, difatti, sentiti nel corso delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 362 c.p.p., non rivestono la qualità di testimoni281.

Nel documento Disciplina e tecnica dell'esame incrociato (pagine 119-123)