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97 2.1.3 Problemi giuridic

2.3 La danza come bene culturale immateriale

Alla luce di quanto finora espresso comprendiamo come la danza, in quanto creazione artistica, sarebbe tutelabile dalla carta Costituzionale tramite l’art. 9 (la Repubblica tutela il patrimonio artistico della nazione) e 33 (l’arte è libera) e in più da due sistemi di norme: quella del diritto d’autore e quelle che prevedono la tutela delle cose di interesse artistico. Il sistema che ne risulta ha scopo eminentemente difensivo, volto a respingere due distinte, ma concorrenti serie di attacchi: quella alla personalità creatrice dell’autore e quella all’integrità dell’opera239.

Rientra però qui il problema dell’immaterialità che caratterizza la danza.

Tale aspetto del materiale-immateriale è centrale, ai fini della presente ricerca, per capire come sia tutelabile la danza.

La danza rientra nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità come si può evincere dal punto 2.2 della convenzione UNESCO.

Essa è salvaguardata dall’Unesco anche ad opera del CID (Consiglio Internazionale della Danza), organizzazione ufficiale per tutte le forme di danza, in tutti i Paesi del mondo. Fondato il 12 novembre 1973, il CID è un’organizzazione non-profit e non-governativa ed è il forum universale che riunisce individui attivi nella danza, scuole, compagnie internazionali, nazionali e locali.

Dal 1982, il Comitato Internazionale della Danza, che fa sempre capo all’UNESCO, ha poi istituito la Giornata Internazionale della Danza, da celebrarsi il 29 Aprile di ogni anno. La data commemora Jean-Georges Noverre, grande riformatore della danza, nato appunto il 29 aprile del 1727.

Diverse danze sono state riconosciute patrimonio mondiale dell’umanità, come ad esempio il tango nel 2009 e il flamenco nel 2010240. In questi casi sussistono enti, Università, associazioni che hanno come obiettivo la tutela di queste danze considerate elementi fondamentali per l’identità di un popolo. La danza è infatti

239

PIVA G., s.v. Cose d’arte, in Enc. Dir., vol. XI, Milano, 1962, p. 93.

240

Per la scheda dei criteri per cui il flamenco, ad esempio, è stato dichiarato patrimonio mondiale

dell’umanità si veda:

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espressione della cultura di un Paese, celandosi in essa i segni di dominazioni, scambi culturali, evoluzioni storiche e politiche, ecc… è quindi a pieno titolo un bene culturale immateriale.

In Italia si sta risvegliando da alcuni anni l’interesse per le danze folkloristiche, ma di certo non c’è una così forte attenzione “Statale”.

Le leggi che riguardano la danza hanno un carattere principalmente economico (riguardano i finanziamenti), e sono: la Legge 14 agosto 1967, n. 800; la Circolare 5 dicembre 1994, n. 10; il Decreto Ministeriale 21 maggio 2002, n. 188.

Il sostegno dello Stato alle attività di danza trova il suo fondamento normativo nella Legge 14/08/1967 n. 800 recante il “Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali”.

Dal 1985, anno di istituzione del Fondo Unico dello Spettacolo (con la legge 163), al 1996 le attività di danza sono state finanziate tramite la quota FUS assegnata alle attività musicali; ma la complessità e, spesso, anche la diversità delle attività di musica, rispetto alle attività coreutiche, hanno portato nel 1997 alla completa separazione contabile e normativa dei due settori.

Al fine di razionalizzare e semplificare le procedure per la contribuzione statale, il Regolamento contenuto nel D.M. 09 febbraio 2001 n. l67 è stato abrogato dall’art. 16 del D. M. 21 maggio 2002 n. 188, recante il nuovo Regolamento che disciplina i criteri e le modalità di erogazione dei contributi in favore dei soggetti operanti nel settore della danza241.

L’iter di formazione del provvedimento si è rivelato più lungo e complesso del previsto, in rapporto anche alle necessità dell’Amministrazione di trovare risposte più adeguate alle problematiche, ancora attuali, sorte tra Stato e Regioni in materia di competenze normative242.

241

Cfr. RAWYLER T., La danza contemporanea nel testo normativo italiano fra il 1967 e il 2004, criteri di valutazione qualitativi e quantitativi, tesi di laurea, Università Roma3, DAMS, luglio 2007, (Relatore: Prof.ssa Concetta Lo Iacono; Correlatore: Prof. Giancarlo Sammartano).

242

Osservatorio dello Spettacolo, Relazione sull’Utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo Anno 2004, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, p. 95; Tesi ROMA3 DAMS sito: http://www.excursus.it/new/index.php?option=com_content&task=view&id=139&Itemid=135

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Un problema è che chiunque, in assenza di catalogazioni precise, potrebbe depositare a proprio nome musiche/canzoni e danze della tradizione. Questa è una questione che giuridicamente va risolta.

In tema di danza, come poc’anzi citato, attualmente l’unica legge regionale in materia è quella della Puglia, a cui si stanno rifacendo diverse altre Regioni.

La proposta 123A-IX, presentata dal Consigliere regionale Sergio Blasi del gruppo Partito Democratico, e passata all’unanimità nella seduta della VI Commissione del 05.07.12, intende «mettere in campo una serie di interventi rivolti al sostegno dell’insieme variegato di soggetti che, a vario titolo (…) operano sul territorio con iniziative di salvaguardia e promozione delle musiche e delle danze tradizionali». Altresì l’intento della proposta di legge in commento è quello di salvaguardare la “memoria musicale”, sostenendo la ricerca e la pubblicazione di “documenti originali”, ossia le registrazioni delle “performance degli anziani cantori”, e infine creando “una rete di archivi multimediali” ove conservare e rendere fruibili i materiali raccolti.

L’articolato legislativo, composto di 10 articoli, definisce immediatamente l’oggetto della legge (art. 1) e per gli interventi si propone di utilizzare lo strumento del “Programma pluriennale” (art. 2), adottato dalla giunta regionale su parere della commissione consiliare competente, in cui vengono definite le linee di attività e le risorse finanziarie.

I soggetti non pubblici abilitati a usufruire del sostegno regionale confluiscono in un apposito Albo regionale (art. 3). Per quanto riguarda i gruppi e le associazioni operanti nel settore, sono previsti (art. 4) contributi economici per l’acquisto, il miglioramento e il completamento delle attrezzature musicali (nella misura massima del 20% della spesa), per lo svolgimento di attività fuori dai confini regionali (nella misura del 20% della spesa), per la realizzazione di percorsi di formazione e apprendimento sulle pratiche musicali tradizionali, in particolare mediante il coinvolgimento degli anziani “depositari” (nella misura del 50% della spesa) e per la realizzazione delle produzioni musicali dei gruppi su cd o dvd (nella misura del 20% della spesa).

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Per gli Enti Locali invece sono previsti contributi economici (art. 5) per la realizzazione di Archivi e Biblioteche multimediali, in raccordo con le reti archivistiche e bibliotecarie regionali (nella misura del 50% della spesa) e per la realizzazione di festival e raduni (nella misura del 30% della spesa). Anche l’editoria specializzata per la pubblicazione di studi e ricerche, con particolare attenzione alle opere multimediali che consentono un accesso diretto alle “fonti” storiche della tradizione musicale e coreutica regionale, è contemplata fra gli usufruitori dei finanziamenti (art. 6)

Gli articoli 7 e 8 disciplinano poi le procedure con le quali i soggetti interessati possono richiedere i contributi e gli adempimenti della Regione. Infine, l’art. 9 impone che i contributi erogati ai sensi della presente legge non possano essere utilizzati per altre finalità.

Da questo excursus notiamo dunque come le leggi presenti in Italia in materia “danza” siano soprattutto di ordine economico e, qualora trattino di conservazione, siano da riferirsi esclusivamente alle danze tradizionali.

C’è da chiedersi dunque quale protezione possano avere le altre danze, quelle che, se dovessero essere poste in una categoria, potremmo definire arte.

Quale futuro si prospetta per quelle espressioni di danza “contemporanea” frutto anche di ibridazioni fra stili e arti, definibili opere d’arte e quindi forse tutelabili come performance?

Ma allora conseguentemente potremmo chiederci: cosa è la performance? Quali sono i confini?

Cercheremo nel capitolo 3 e 4 di comprendere meglio vari aspetti di queste problematiche qui solo poste all’attenzione, ma non sviscerate, perché dal punto di vista della tutela giuridica vi è un vuoto.

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III