131 3.3 Il corpo del danzatore
3.5 I “materiali della memoria” della danza: tra produzione e conservazione di immagin
Come abbiamo già visto la danza intesa come spettacolo ha una serie di elementi materiali che la compongono. Finora questi sono stati l’oggetto di conservazione, ad esempio le coreografie si sono conservate, prima dell’avvento del video, con notazioni e/o appunti dei danzatori che potremmo genericamente chiamare scritture; le scenografie trovano la loro testimonianza nei bozzetti, nella sopravvivenza a volte delle strutture scenografiche stesse, nei dialoghi epistolari fra artisti e coreografi, ecc., lo stesso può dirsi per i costumi. Si hanno poi le musiche (anche specificamente composte), le locandine, il materiale pubblicitario e quant’altro. Tutti questi “reperti” possono essere considerati a vario titolo fonti, elementi costituenti, ma spesso rimangono “accessori” della danza.
Se invece dovessimo conservare la danza in senso assoluto, da quanto finora indagato è emerso che tale conservazione non è possibile, perché la materia unica e sola in questo caso è il corpo del danzatore. Proprio questa idea di danza è però
della notazione alle danze greche, pp. 337 e ss. Oggi invece la notazione è molto utilizzata per questa finalità,cfr. RAVNIKAR B., Cinetografia e ballo popolare. Analisi e rappresentazione grafica della danza tradizionale, a cura di N. Nori, Roma, Gremese Editore, 2012.
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LOUPPE L. - DOBBELS D. et al., Danses tracées, op. cit. Carolyn Carlson ad esempio (di cui numerosi quaderni di lavoro si trovano alla BNF), nell’appuntare le sue coreografie, non scrive passi, ma disegna quadrati con colori, poiché ritiene che la sequenza di movimento venga dopo. Per prima cosa immagina la distribuzione nello spazio degli elementi.
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spesso l’oggetto di raffigurazioni artistiche che in qualche modo hanno voluto darle concretezza tramite un’immagine.
Danza e immagine sono legate a doppio filo, dal momento che la danza si manifesta e conserva principalmente tramite immagini. Allo stesso tempo l’immagine è legata alla memoria, così come immortalato da Aby Warburg nell’impresa Mnemosyne (nome alquanto evocativo, è difatti la madre delle nove muse, tra cui la danza), frutto del tema della sua ricerca incentrata sul Nachleben der Antike, ossia il concetto di eredità culturale che è legato a quello delle immagini della memoria. Infatti sono comunque immagini sia i documenti, che le opere artistiche o quant’altro serva a fissare un attimo, che siano foto, video o ricordi, ma ancor prima dipinti, sculture, bronzi e potremmo comunque sempre parlare di immagini anche con le fonti scritte, che tramite le parole vogliono dare o rievocare un’idea, un’immagine appunto della danza. Come se si fosse voluto fermare un attimo, quelli carpiti dai mezzi di documentazione possono esser considerati dei frammenti di una danza e ciò accade da sempre; già nelle grotte preistoriche venivano raffigurati uomini danzanti, nel tentativo forse di catturare il movimento, di rendere eterno un attimo324.
Proprio grazie alle raffigurazioni “storico-artistiche” oggi possiamo cercare di comprendere quali fossero le danze dell’antichità e a volte tentare anche di ricostruirle sommariamente. Queste sono vere e proprie fonti storiche, che divengono documentazione, testimoni silenziosi di un passato, sul quale tuttavia hanno ancora qualcosa da dire325. Attualmente immagini tecnologiche più sofisticate
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Circa le problematiche dell’iconografia legata alla danza nella preistoria si veda: RAGAZZI G., Iconografia preistorica e danza: osservazioni preliminari, in “Danza e Ricerca. Laboratorio di studi, scritture, visioni”, anno V, numero 4, 2013, (rivista on line: http://danzaericerca.unibo.it/article/view/3342). Interessante anche il seguente scritto che si concentra molto sul ritmo in rapporto alle raffigurazione della danza in vari reperti archeologici, MANCINI L., La danza per ‘figure’ immagini del movimento ritmico nella Grecia arcaica.
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Un progetto interessante sarebbe catalogare le fonti iconografiche riguardanti le danze, anche per capire l’evoluzione dello sguardo artistico riguardo a questo tema. Qualcosa di simile si sta facendo in Grecia con il Greeck dance Pandect. La ricostruzione che è stata fatta dei balli popolari in questo Paese si è basata essenzialmente sulle fonti storiografiche.
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possono fornire documentazione, ad es. le fotografie, ma anche il cinema e il video, perché possiamo definirle immagini, caratterizzate però dal movimento, come lo è la danza. Immagini in movimento dunque, come quelle di cui parlava Gilles Deleuze326 partendo da Matière et Mémoire (1896) di Bergson. Da questa rilettura e da ulteriori riflessioni sulla teoria bergsoniana del movimento emerge come l’immagine in movimento possa essere considerata come “dialettica delle forme” o come «passaggio regolato da una forma all’altra, cioè un ordine delle pose o degli istanti privilegiati, come in una danza»327. Successivamente, dalla danza moderna in poi, si è vista la danza come fatta di movimento, senza pose fisse, con una dinamica continua. Estremamente esplicative sono le parole di Laurence Louppe riguardo la danza. Essa non produce “figure fisse”, bensì suscita actes, «L’analyse et la transmission de l’acte ne passent pas par le signe, mais par la contamination entre les “états” dont le mouvement dévelloppe les degrés et les qualités d’énergie, les tonalités. La captation, la lecture de telles données ne sauraient être qu’immediate »328
.
Vorrei aprire una parentesi sulla questione fissità-movimento. Ritengo che anche la fotografia contenga in sé una componente dinamica, per quanto sia una immagine fissa. Una cosa infatti è fotografare un soggetto in posa, un’altra carpire un attimo di un movimento. Ciò che sto tentando di sostenere nasce dalle riflessioni sulle parole di Jean Baudrillard: «La vera immobilità non è quella di un corpo statico, è quella di un peso all’apice del suo pendolarismo. […] è il tempo
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DELEUZE G., L’image-mouvement, Paris, Minuit, 2006. Sull’ immagine dinamica e virtuale che crea la danza si veda anche: LANGER S. K., Problemi dell’arte, Milano, Il Saggiatore Mondadori, 1962, (1957, Problems of Art, N. Y., pp. 1-12). Per il rapporto tra danza-corpo e immagine si veda anche: GUIGNARD C., Image: entre absence et presence: “Image corps/image virtuelle”, mémoire de thèse DEA, sotto la direzione di Hubert Godart, Paris8, Parigi 1998, dove sono riportati diversi studi su tale questione.
327
Concetto sviluppato da Henri Bergson nel testo l’Evoluzione creatrice del 1907.
328
LOUPPE L.- DOBBELS D. et al., Danses tracées : Dessins et Notation des Chorégraphes, catalogo dell’esposizione, Marseille, Centre de la Vieille Charité, Musées de Marseille/Paris, ed. Dis voir, 1991, p. 10.
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dell’istante […] in cui l’immagine è l’attestazione presente del movimento senza mai farlo vedere»329.
Immobilità dunque come essenziale stadio di moto, come forza dinamica attiva e possibilità di illusione concreta, per cui si parla di immobilità cinetica che coincide con quella particolare tensione in cui si muove l’artista tra due stadi di opposizione330 e che crea qualcosa di eterno. Ecco dunque avvalorata la seguente affermazione di Benjamin: «[…] il est de l’essence de l’image de contenir quelque chose d’éternel. Cette éternité s’exprime pour la fixité et la stabilité du trait, mais elle peut aussi s’exprimer, de façon plus subtile, grâce à une intégration dans l’image même de ce qui est fluide et changeant»331
.
Immagine come ciò che può essere perpetuato. A tal proposito è naturale fare un riferimento a Cesare Brandi il quale, in apertura del testo Il restauro. Teoria e pratica, afferma che il restauro è qualsiasi attività svolta per prolungare la conservazione dei mezzi fisici ai quali è affidata la consistenza e la trasmissione dell’immagine artistica332. Ritengo affascinante il fatto che il “padre del restauro”
parli di immagine artistica, piuttosto che di opera d’arte.
Se per Brandi la materia dell’opera d’arte è quanto serve all’epifania dell’immagine, il corpo del danzatore, in quanto materia dell’opera d’arte, è veicolo di una immagine e storicizzante, così come è la materia dell’opera d’arte per Brandi333. Centrale quindi, per un discorso sulla conservazione della danza, l’immagine creata da un corpo in movimento.
Parimenti Massimo Schiavoni, parlando del concetto assoluto di danza, sostiene che l’uomo quando danza diviene un tutt’uno con la vita e non è più un
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BAUDRILLARD J., Patafisica e arte del vedere, Milano, Giunti, 2006, pp. 93-94.
330
SCHIAVONI M.,Ereditare il futuro, op. cit., pp. 39-40.
331
BENJAMIN W., Peintures chinoises à la Bibliothèque Nationale (1938), écrits français, éd. J. M. Monnoyer, Paris, Gallimard, 1991, pp. 261-262.
332
BRANDI C., Il restauro, op. cit., p. 5.
333
Ivi, pp. 18-19. Ricordo che anche lo stesso S. Mallarmé definiva la danzatrice ‘materia’ dove corpo, spazio e tempo si fondono insieme cfr. DIDI-HUBERMAN G –MANNONI L., Mouvements de l’air. Etienne – Jules Marey, photographe des fluides, Paris, Gallimard, 2004, p. 292.
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individuo o una persona, ma l’uomo come figura originaria. Uomo che si presenta e si dona e che in rapporto con la scena crea una unità, «dove il tutto diventa immagine. L’immagine scenica che noi vediamo è il bildet, è ri-presenza, è la sua stessa energia che afferma il senso dell’evidenza, quindi dell’assenza»334
.
Si conserva per immagini dunque, ma si pensa anche per immagini, si ricorda per immagini335, si crea per immagini.
Porto qui l’esempio in campo musicale di Mozart, il quale vedeva le sue creazioni come un insieme che esaminava con un colpo d’occhio, come un dipinto o una statua, e lo stesso valeva per Beethoven336.
Si fa comunque ricorso ad immagini anche per descrivere emozioni che un’arte suscita in noi, pensiamo a Charles Baudelaire che nella lettera a Richard Wagner cerca di restituire tramite le parole le sensazioni pittoriche che la musica gli ha suscitato, ricorre quindi ad immagini, anche se astratte o fatte soprattutto di colori per descrivere queste sensazioni 337.
334
SCHIAVONI M.,Ereditare il futuro, op. cit., p. 31. Ritornano dunque tutti i concetti espressi nel primo capitolo, specialmente nel paragrafo in cui si è tentato di dare una particolare lettura del fantasmata correlandolo all’astanza teorizzata da Brandi che, in ultima analisi, è assenza, sospensione. Per ciò che concerne invece la “presenza” interessanti le linee di pensiero citate da Ada D’Adamo nella conferenza dal titolo: Corpo come testo: alcune riflessioni su danza e drammaturgia, 25 gennaio, riportate da Andrea Scappa, Scrivere con il corpo: pensiero e pratica, (resoconto di DNAscritture del primo appuntamento di W4DNA 2014 e della conferenza di Ada D’Adamo http://romaeuropa.net/promozione-danza/dna-scritture/dna-scritture-report/).
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Si è consapevoli che un ricordo può essere suscitato anche da un odore o sapore (di proustiana memoria), in questo caso non si crea una immagine, ma un qualcosa di astratto e informe capace di evocarci una totalità “ […] come il peso della rete avverte il pescatore della sua preda. L’olfatto è il senso del peso di colui che getta le sue reti nel mare del tempo perduto”, BENJAMIN W., Per un ritratto di Proust (1929), in ID., Avanguardia e rivoluzione. Saggi sulla letteratura, trad. it. A. Marietti, Torino, Einaudi, 1973, pp. 39-40.
336
COOK N., Musica. Una breve introduzione, Torino, EDT, 2005, pp. 76-77. Questo testo risulta interessante anche quando tratta del museo immaginario della musica e del concetto dell’interpretazione della stessa, nonché quando affronta la questione delle tracce tra i capolavori e il concetto di “fiume di geni”.
337
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La medesima cosa accade quando dobbiamo pensare a una azione, abbiamo un’immagine del nostro corpo.
Il creatore principale di queste immagini in movimento, come è stato finora affermato, è il corpo del danzatore.
Abbiamo detto che la danza in senso assoluto ha come unica materia l’essere umano e dunque non potendosi conservare il corpo, l’unica cosa che può rimanere è l’idea assoluta di danza, che si può estrinsecare in un’immagine di conservazione (secondo la dottrina platonica potrebbe essere l’ombra di ciò che è stato). Ritengo che l’immagine della danza in senso assoluto sia quella racchiusa nella mia affermazione Le souvenir de la danse e(s)t l’image de la danseuse338. Il titolo in francese è stato una scelta tecnica, dal momento che con questa lingua potevo avere due titoli semplicemente mettendo tra parentesi la lettera ‘s’ del verbo est facendogli così avere la funzione sia di verbo, che di congiunzione. Quindi due titoli: “Il ricordo della danza è l’immagine della danzatrice”; “Il ricordo della danza e l’immagine della danzatrice”. In questo modo abbiamo tre immagini: una della danza, una della danzatrice e infine un’immagine che le racchiude entrambe vale a dire il ricordo della danza che coincide con il corpo del danzatore339.
Quello che si è conservato finora dell’immaterialità della danza è fissato quindi in immagini, che siano ricordi, foto, video, scritti e quant’altro, e questo è ciò che si
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Titolo del mio intervento in occasione della giornata di studi del dottorato Memoria e Materia dell’opera d’arte, Università degli Studi della Tuscia, svoltasi l’8 aprile 2014 presso il Palazzo Brugiotti di Viterbo.
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Rifacendosi alla prima asserzione - il ricordo della danza - un’idea astratta di alcune caratteristiche intrinseche della danza potrebbe essere quella del mare, come affermato nel cap.1 al § 1.2.1.1. Per la parte della frase che fa riferimento all’immagine della danzatrice (in senso assoluto, non in riferimento ad uno specifico stile o danzatore, ma all’idea astratta di essa e al femminile per un inconscio richiamo alla ninfa) vorrei evocare un’immagine particolare per sottolineare alcuni aspetti, come la ricchezza culturale e lo scambio, vale a dire quella del pellegrino, di cui darò spiegazioni più avanti nel capitolo 4 parlando dei Dupuy. Infine è fuor di dubbio che se si ricorda una danza, l’idea si estrinseca nell’immagine del danzatore/danzatrice in movimento, dunque condensando le due asserzioni “Il ricordo della danza è l’immagine della danzatrice”.
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deve continuare a conservare nonostante la nostra epoca svuoti le immagini di tutto il loro senso340.
Come se si conservassero le foto di un viaggio, che riguardandole ci ricordano e fanno rivivere determinate emozioni, ma ciò non equivale a compiere il viaggio stesso. Viaggio immaginario che a sua volta è sospensione, astanza. Per riprendere le parole di Dominique Dupuy nel testo La saggezza del danzatore: «L’assenza di traccia potrebbe essere uno dei marchi più autentici della danza contemporanea? […] così non c’è bagaglio, non c’è viaggiatore. C’è il viaggio»341
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E cosa meglio delle espressioni artistiche può farci compiere dei viaggi storici ed emozionali?
3.6 Danza - Arte. Dal ritmo, al corpo: elementi in comune e