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Il copyright e il diritto d’autore (SIAE)

97 2.1.3 Problemi giuridic

2.2 Il copyright e il diritto d’autore (SIAE)

Parlando di bene culturale immateriale più volte è emersa la questione dell’opera dell’ingegno, per la quale ben netta è la contrapposizione tra corpus misticum, ossia la creazione intellettuale, e corpus mechanicum, la sua materiale, plurima e non esclusiva estrinsecazione. La prima non si incorpora nella seconda, ma, anzi, la trascende, potendo assumere come veicolo il più ampio numero di oggetti materiali218. Questa forte distinzione fra i due “corpi” non è possibile per i beni culturali, la cui identità è connessa a un valore ideale che è profondamente compenetrato nell’elemento materiale, assieme al quale costituisce un unicum non ripetibile con la stessa valenza culturale. Pertanto, mentre per i beni immateriali in senso proprio possono aversi due discipline giuridiche, l’una della creazione

veda anche: SERRA A., Patrimonio culturale e nuove tecnologie: la fruizione virtuale, in CASINI L. (a cura di), La globalizzazione dei beni culturali, Bologna, Il mulino, 2010, p. 237, questo testo risulta molto interessante per ciò che riguarda i numerosi cambiamenti che impone la globalizzazione circa la fruizione e il concetto stesso di bene culturale.

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Questi due commi attengono rispettivamente: alla tutela del "decoro" dei beni e al divieto di attività commerciali incompatibili con le esigenze di tutela (ad es. le attività commerciali improprie in zone archeologiche, si pensi a ciò che accade a Roma al Colosseo) e all’identificazione di beni culturali-attività riconducibili alle espressioni di patrimonio immateriale ai sensi della relativa Convenzione UNESCO del 2003, richiamata dall'art. 7-bis del Codice, Cfr. CASINI L., "Noli me tangere": i beni culturali tra materialità e immaterialità, in I beni immateriali, op. cit.

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intellettuale e l'altra della sua estrinsecazione materiale, altrettanto non può avvenire per i beni culturali, dove la speciale regolamentazione si rende necessaria proprio a causa di questa inscindibilità tra corpus mysticum e corpus mecanicum, da cui discende l’immediata inerenza alla cosa materiale, oggetto di due diverse utilità giuridicamente garantite (le facoltà d’uso dominicale e la conservazione/fruizione pubblica)219.

Il bene culturale è un “oggetto auratico”, unico, irripetibile e insostituibile, si pensi alla disquisizione sull’aura di Walter Benjamin circa l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica220, ma anche più semplicemente e materialmente, come argutamente notato da Fabrizio Lemme, alla necessità di possedere l’originale di un’opera piuttosto che la copia e ciò è legato ad una questione di aura e di possesso della bellezza citando il testo di Francesca Molfino221.

L’arte contemporanea porta con maggior forza a interrogarsi su queste delicate questioni, come appunto il problema delle copie, dei repertori, dei remake e reenactement, che tante riflessioni ha aperto sul problema del diritto d’autore222 e che, concettualmente può essere esteso agli argomenti in materia di danza. Prendendo come esempio il caso della performance, si nota come facciano parte integrante dell’opera i soggetti coinvolti e in alcuni casi particolari anche il “proprietario” dello spazio ove questa ha luogo, nonché il fotografo che documenta questo evento che altrimenti si perderebbe. Si crea un parallelismo con il cinema, dove sono considerati coautori del film l’autore del soggetto della sceneggiatura, l’autore della musica e il direttore artistico. Per spiegare questo delicato concetto (espandibile ma anche restringibile in termini di diritto all’infinito) addurrei il caso

219

Ibidem.

220

BENJAMIN W., L’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1977.

221

LEMME F., Compendio, op. cit., p. 88; MOLFINO F., Il possesso della bellezza, Torino, Allemandi, 1997.

222

Alcune interessanti riflessioni sul diritto d’autore, ma ancor prima sul concetto di autore e individuo nell’epoca di internet, sono nel saggio: LONGO M., Fossili autoriali. Sull’obsolescenza del concetto d’autore, in BORRELLI D. - DI CORI P. (a cura di), Rovine future. Contributi per ripensare il presente, Milano, Lampi di stampa, 2010, pp. 51-69.

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della performance di Gino De Dominicis “lo Zodiaco”, realizzata presso L’Attico di Fabio Sargentini a Roma in via Beccaria. L’artista in questo caso ha creato un’immagine, il fotografo Claudio Abate (che ne ha anche tratto delle foto d’autore) documenta e perpetua l’evento e il gallerista, dando la disponibilità di uno spazio in relazione all’immagine, partecipa all’idea creativa223

. In questa ipotesi sarebbe applicabile l’art. 44 della legge d’autore riguardante appunto le opere cinematografiche.

Per analogia dunque possiamo applicare il tutto anche alla danza. Come non ammettere che il ballerino sia determinante per la realizzazione della coreografia, quindi coreografi, scenografi, costumisti, ma anche gli esecutori materiali rientrano a pieno titolo nella realizzazione dell’opera. Ognuno poi avrà le sue particolarità, poiché in alcuni casi la scenografia può essere determinante, così come anche il costume (si pensi a Lamentation di Martha Graham che non sarebbe possibile senza quel vestito, realizzato appositamente per la coreografia).

Si è consapevoli che ognuno di questi delicati argomenti sono potenzialmente estendibili all’infinito e dunque potrebbero arrivare anche a conclusioni assurde e lì gioca un ruolo fondamentale il giurista e l’interprete.

Poiché è stato portato un esempio riguardante l’estero, e se ne faranno ulteriori, ricordiamo anche l’aspetto della territorialità del diritto d’autore; difatti si applicano le leggi non del territorio dove l’autore ha svolto l’attività creativa o dove l’opera è uscita per la prima volta dall’inedito, bensì quella del Paese dove l’autore

223

LEMME F., Compendio, op. cit., p.41; del medesimo autore l’interessante dissertazione circa i problemi giuridici, ma anche e soprattutto di restauro, nascenti dall’arte concettuale, si veda: LEMME F., Il restauro dell’opera d’arte concettuale, in MUNDICI M. C. – RAVA A. (a cura di), Cosa cambia, op. cit., Milano, Skira, 2013, pp. 63-65. In materia immagini di beni culturali le discussioni possono essere molteplici, si rimanda anche alle osservazioni di TUMICELLI A., L'immagine del bene culturale, in I beni immateriali tra regole privatistiche e pubblicistiche - Atti Convegno Assisi (25- 27 ottobre 2012) pubblicati nella rivista quadrimestrale on line “Aedon”, n. 1, 2014; RESTA G., L'immagine dei beni, in IDEM (a cura di), Diritti esclusivi e nuovi beni immateriali, Torino, Utet Giuridica, 2011.

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chiede che essa sia tutelata224. Questa territorialità è ribadita dalla convenzione di Berna all’art. 5, comma 2.

È quindi forte l’esigenza di una uniformazione del diritto, specialmente per le opere dell’ingegno, che per la loro natura che può trascendere dal corpus mechanicum, hanno una sostanziale insofferenza alle limitazioni territoriali225.

Per ciò che riguarda la legislazione in Italia, ai beni immateriali intesi come opere dell’ingegno è dato un riconoscimento costituzionale a seguito della modifica dell’articolo 117 con la legge 3/2001, dove si riferisce in modo esclusivo allo Stato l’esercizio del potere legislativo su tale materia (2 comma)226.

Come noto in Italia è la SIAE (Società italiana degli Autori e degli Editori) che si occupa della gestione e della salvaguardia dell’opera dell’ingegno. Questo è Ente di diritto pubblico, così come definito dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 25 del 1968, il quale, sostanzialmente, ha il compito di impedire l’indebito utilizzo dell’opera coperta da diritto d’autore e riscuotere i relativi compensi227.

224

GUTIÉRREZ B. M., La tutela del diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 2008 (serie: il diritto privato oggi a cura di P. Cendon), p. 5; DE SANCTIS V. M., La sfera di applicazione della legge di protezione dei diritti degli autori, in “Il diritto di autore: rivista trimestrale della Società Italiana degli Autori ed Editori”, Vol. 68, No. 2 (1997), pp. 121 e ss.

225

GUTIÉRREZ B. M., La tutela del diritto, op. cit., p.7.

226

Ivi, p. 14.

227

Sulla S.I.A.E. si veda anche GUTIERREZ B., La tutela del diritto, op. cit., pp. 333 e ss. La SIAE è poi controllata a sua volta dalla “Direzione generale per le biblioteche, gli istituti culturali ed il diritto d'autore” (DGBID), organo centrale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Questo è centro di responsabilità amministrativa e svolge funzioni e compiti relativi alle biblioteche pubbliche statali, ai servizi bibliografici e bibliotecari nazionali, agli istituti culturali, alla promozione del libro e della lettura ed alla proprietà letteraria e diritto d'autore nel quadro della legislazione di competenza (queste competenze sono regolate dal D.M. 20 luglio 2009 - "Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale dell'Amministrazione centrale e periferica"). La DGBID svolge funzioni di coordinamento e di vigilanza, sugli istituti centrali e sugli istituti dotati di autonomia finanziaria direttamente dipendenti quali: Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, Biblioteca nazionale centrale di Roma, Biblioteca nazionale centrale di Firenze e Centro per il libro e la lettura e sull'Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi, http://www.librari.beniculturali.it/opencms/opencms/it/dirgenerale/

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La legge speciale n. 633 del 1941, che contempla il diritto d'autore, al titolo quinto attribuisce alla SIAE, in forma esclusiva, l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta e indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza e anche cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate. Tale legge è nata al fine di salvaguardare il diritto alla paternità e all’integrità dell’opera (opera intesa come creazione immateriale dell’ingegno e che racchiude arti figurative, letteratura, musica, teatro, cinema, etc.).

Ovvia è la questione economica che vi è dietro la SIAE, ma in generale intorno al diritto d’autore ed è un aspetto estremamente delicato.

Illuminante l’osservazione di Fabrizio Lemme, quando, parlando nello specifico dell’art. 70 della Legge sul Dir. d’autore, sottolinea come la problematica contrapposizione tra finalità scientifica e finalità di utilizzazione economica sia frutto del pensiero crociano e della “logica dei distinti”, per la quale la categoria estetica (appartenente al momento conoscitivo) si contrapponeva alla categoria economica (appartenente alla pratica)228. Uno dei problemi che pone l’immaterialità è proprio di ordine economico. Suggestiva la riflessione di Remo Franceschelli, quando disquisendo sui beni immateriali ne sottolinea il carattere di infinitezza, paragonandoli a un accumulatore di energia che nonostante il “consumo” non si scarica (fa l’esempio di un libro, il suo portato culturale non si scarica se viene letto, in termini aristotelici è come se rimanesse sempre in potenza e non si scaricasse nell’atto), e li definisce dunque res inconsumabilis. I limiti di spazio e di tempo che interessano l’esperienza giuridica, quindi, sono carattere comune a tutte le cose materiali che possono essere riprodotte. Franceschelli poi sottolinea subito come sia pericoloso parlare per immagini229, ma continua con la metafora dell’energia (muscolare, cinetica, vocale, mentale) e tuttavia cercando di superare la distinzione

228

Cfr. LEMME F., Compendio, op. cit.

229

FRANCESCHELLI R., Beni immateriali. Saggio di una critica del concetto, in Id. (a cura di), “Riv. diritto industriale”, I, 1956, Milano, Giuffrè, pp. 384-387.

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gaiana tra ciò che è tangibile o meno e disquisendo sulla materialità che può assumere ciò che è immateriale.

Da queste premesse emerge come sia annosa la questione del Copyright e quanti argomenti venga a toccare. Uno dei primi casi in materia fu sollevato in America, proprio a proposito della danza.

La protagonista è la famosa danzatrice Loïe Fuller che, alla fine dell’Ottocento, brevetta la sua creazione fissando con minuzia la partitura della coreografia, le luci, la musica, i movimenti, le pause, le figure e le forme che nello spazio dovevano svilupparsi. Era la prima volta che, per una coreografia “astratta”, veniva richiesto il copyright. Di lì a poco però, quando la Fuller cercò di far valere i suoi diritti contro un’imitatrice, il tribunale determinò un giudizio a lei contrario a causa dell’astrattezza dell’oggetto di tutela e occorrerà aspettare il 1978 affinché venga riconosciuto lo statuto di prodotto artistico e quindi il diritto alla proprietà intellettuale per l’autore di una coreografia astratta230.

Problemi di altro genere, ma in linea di fondo estremamente simili, hanno riguardato la paternità di alcune opere di Martha Graham, i cui diritti furono in parte dati al proprietario del Centro per il quale la Graham lavorava, piuttosto che alla persona cui lei aveva lasciato in eredità i suoi beni (Ron Protas).

Si comprende con ciò come la questione sul copyright e il diritto d’autore sia importante nell’affrontare la tematica degli archivi di danza, per la serie di autorizzazioni in materia che sono necessarie, ma emerge anche, a più titoli, quando si parla del patrimonio immateriale231.

230

Cfr. CARANDINI S., La danzatrice è una metafora. Poesia del corpo e astrazione dello spazio nella danza di Loïe Fuller, in “L’astrazione danzata. Le arti del primo novecento e lo spettacolo di danza”, (Ricerche di Storia dell’arte), Roma, La Nuova Italia Scientifica, 49 (1993), p. 11; LISTA G., Loïe Fuller. Danseuse de la Belle Époque, Paris, Stock-éditions d’Art Somogy, 1994, pp. 94-96.

231

Cfr. KURIN R., La salvaguardia del patrimonio cultural immaterial en la convención de la UNESCO de 2003: una valoración crítica, in BOUCHENAKI M. (a cura di), Patrimoine immatériel, op. cit., p. 69; WENDLAND W., Patrimonio immaterial y propriedad intelectual : retos y perspectivas, in BOUCHENAKI M. (a cura di), Patrimoine immatériel, op. cit., pp. 98-109.

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A livello internazionale vi è un organismo specializzato nella protezione della proprietà intellettuale, l’OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale), il quale fa parte del sistema di organizzazione delle Nazioni Unite (che conta 180 Stati Membri)232.

L’OMPI considera il diritto intellettuale in riferimento alle tradizioni e ciò è molto importante perché, dal punto di vista giuridico, la “protezione” della proprietà intellettuale è distinta dall’idea di “salvaguardia” della Convenzione dell’UNESCO, la quale si riferisce alla identificazione, documentazione, trasmissione, conservazione, protezione, rivitalizzazione e promozione del patrimonio culturale con la finalità di garantire il suo mantenimento o diffusione. Di conseguenza, la Convenzione non affronta il tipo di questioni relazionate alle proprietà intellettuali che tratta il Comitato dell’OMPI233

. Il lavoro di questo Comitato consiste in un processo di revisione dei principi e ipotesi base della proprietà intellettuale, grazie alla compilazione e all’analisi di esperienze reali nel terreno della proprietà intellettuale e i riconoscimenti tradizionali e le espressioni culturali tradizionali234.

Tra gli anni 1970-1980 furono fatti dei tentativi, falliti, di creare strumenti internazionali per la protezione del folclore, destinati a configurare lo sviluppo di mezzi di protezione del copyright e la proprietà intellettuale235.

WIPO e UNESCO, nel 1997, tentarono di nuovo questa iniziativa e organizzarono il “Foro Mondiale sulla protezione del folclore”, dove si arrivò alla conclusione che il regime del copyright non era adeguato per assicurare la protezione del folclore e, pertanto, si ritenne necessario un nuovo accordo internazionale. Nel 1999 dunque, l’UNESCO e la WIPO organizzarono congiuntamente riunioni regionali. Nel 2000 l’Assemblea Generale della WIPO creó il Comitato Intergovernamentale sulla Proprietà Intellettuale e i Ricorsi Genetici,

232

Per l’organizzazione dell’OMPI si veda: WENDLAND W., Patrimonio immaterial, op. cit.

233

Ivi, p. 103.

234

Ivi, p. 107.

235

Cfr. AIKAWA N., Visión Histórica de la Preparación de la Convención International de la UNESCO para la Salvaguardia del Patrimonio cultural inmaterial, in BOUCHENAKI M., Patrimoine immatériel, op. cit., p. 141.

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Conoscenze tradizionali e Folclore (che si riunisce semestralmente), ma in queste già non partecipava l’UNESCO236

.

Problema di fondo è che il PCI è vivo e in continua evoluzione ed è difficile creare una legge che lo imbrigli.

Valdimar Tr. Hafstein afferma in un articolo, che le tradizioni popolari sono le opere senza autore per eccellenza. Sono le anti-autorizzate237.

Nel 1999 vari studi sull'impatto della “Recommandetion” UNESCO per la salvaguardia del patrimonio immateriale, presentati alla Conferenza Internazionale di Washington, organizzata congiuntamente dall'UNESCO e dallo Smithsonian Institution, evidenziano la necessità di elaborare un nuovo strumento giuridico per una visione più complessiva, che possa dare risalto ai «“detentori” della cultura intangibile»238.

236

Ibidem, p. 145.

237

HAFSTEIN V. TR., Célébrer les différences, renfoncer la conformité, in BORTOLOTTO C. (a cura di), Le patrimoine culturel immatériel, op. cit., p. 82.

238

BOUCHENAKI M., The interdependency of the tangible and intangible cultural heritage, intervento in ICOMOS 14th General Assembly and Scientific Symposium, Victoria Falls, 2003.

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