Memoria dell’effimero
1.2 Il Fantasmata: immagine in movimento
1.2.1 Pensare per immagini: con gli occhi del tempo
1.2.1.1 Tracce effimere
Volendo rendere tramite un’immagine la caratteristica essenziale della danza, ossia la sua effemericità che la rende eterna, sicuramente si deve ricorrere all’elemento acquatico, simbolo per eccellenza di instabilità, di cambiamento, ma anche di adattamento ad ogni nuova situazione e di vita.
Già Eraclito nel voler visualizzare il panta rei e il tempo che scorre, parlava dello stesso fiume all’interno del quale mai ci si può bagnare due volte.
Come dunque il fluire dell’acqua è da sempre metafora del fluire del tempo, così anche l’effimero, poiché consiste nell’accogliere lo spirito del vago, accettare il fluente e il fluttuante, trova nell’elemento acquatico la sua realtà e la sua metafora95
. Non è dunque sorprendente il fatto che nel corso di questa ricerca mi sia imbattuta in similitudini aventi sovente per oggetto l’acqua e il mare per descrivere la danza e la sua effemericità, soluzione adottata non solo da danzatori, ma anche da altri artisti nel tentativo di fermare la danza in una immagine (si pensi al quadro di Gino Severini Ballerina in blu, che può essere interpretato come una fusione della danza con il mare, metafora resa in modo più esplicito nel quadro del 1914 intitolato Mer = danseuse).
Sono state create anche coreografie ispirate al mare, come quella di Joaquin Grilo presentata alla biennale di flamenco di Sevilla 2012: La mar de flamenco. Il danzatore spiega la sua scelta sottolineando come la vita dell’essere umano sia molto
94
DI GIACOMO G., Memoria, op. cit., p. 460.
95
51
legata al mare, sia come forma della nostra essenza (il nostro corpo è infatti formato soprattutto di acqua e con essa abbiamo un legame speciale fin dal grembo materno), sia come legame profondo con la nostra vita e storia, infatti molte delle influenze culturali e artistiche, e di conseguenza arricchimenti e stratificazioni in tal senso, sono arrivati attraverso di esso. Lo stesso Flamenco deriva da tali “melting pot”96
. Interessante rievocare alcune delle espressioni più emblematiche che hanno come termine di paragone il mare per lasciare una sorta di eco, di rumore, come quello, per rimanere in tema, che sentiamo nelle conchiglie quando le accostiamo all’orecchio. Ci vogliamo illudere che sia il ricordo del rumore delle onde, ma in realtà è solo il rumore dell’aria, che la nostra fantasia trasforma e collega ad un ricordo e a una immagine ben precisa.
Inizierei questo excursus da Isadora Duncan che, quando parla della ricerca della fonte della danza e del suo avvenire, sostiene che se noi guardiamo alla natura capiamo come questa è e resterà eterna, e richiama il movimento dell’oceano: «sulla spiaggia noi non ci domandiamo su quale fu il movimento dell’oceano nel passato, né su quale sarà nel futuro. Noi realizziamo che il movimento tipico della sua natura è eterno»97.
96Cfr. la presentazione dello Spettacolo “La Mar de Flamenco” di Joaquín y Manuel Grilo sul sito:
http://www.labienal.com/programa/la-mar-de-flemanco/ (2012-2013).
97
Trad. aut. «Sur la plage, nous ne nous interrogeons pas sur ce qu’était le mouvement de l’océan dans le passé ni sur ce qu’il sera dans le futur. Nous réalisons que le mouvement particulier à sa nature est éternel », DUNCAN I., La Danse de l’avenir, in MACEL C.- LAVIGNE E. (a cura di), Danser sa vie, op. cit., p. 35. La sua danza fu spesso paragonata, anche come qualità di movimento, alle onde del mare, immagine che può essere richiamata per ogni movimento fluido, non a caso Simona Lisi afferma, a proposito del movimento del corpo del danzatore: «Come se il danzatore fosse il mare e i suoi gesti si riproducessero continuamente come la cresta delle onde sul mare. Le onde sembrano staccarsi dalla superficie del mare, ma in realtà ne sono la forma attuale e continua», LISI S., Il linguaggio della danza, la danza del linguaggio, in MUSCELLI C. (a cura di), In cerca di danza. Riflessioni sulla danza moderna, Genova, Costa & Nolan, 1999, p. 125.
52
Anche Merce Cunningham per descrivere la danza, nello specifico la sua inaccessibilità, fa riferimento all’acqua98
.
Suggestive le poetiche parole di Dominique Dupuy riguardo alle «tracce lasciate come depositi sulla battigia dalle maree che inscrivono sulla sabbia frammenti di storie interrotte […]. Una scrittura potrebbe nascere da queste reliquie, traccia tangibile di storie perdute, ma dei gesti che furono fatti, volatili, l’onda s’è impadronita come il vento, trascinandoli in una metamorfosi zoologica…»99. Dei gesti in danza in fondo accade la stessa cosa, la maggior parte degli atti, come trascinati da una forte corrente, s’allontanano da noi, si perdono… e mai si ripeteranno uguali, «come un libro che si chiude e che si riapre, mai alla stessa pagina»100.
Parole simili utilizza lo stesso Dupuy per descrivere la mostra Danses tracées, per cui sostiene che quelle tracce esposte erano come la quintessenza di questa danza sparita, «come la spiaggia, una volta ritirata la marea, offre una visione sintetica dell’oceano»101
.
Il mare dunque offre diverse immagini per descrivere alcune caratteristiche della danza, che da sempre ha fatto porre questioni su cosa essa rappresentasse; non a caso, nello scritto di Valéry, alla domanda se la danza rappresenti o meno qualcosa, Socrate non indugia a rispondere: «…Nessuna cosa…Ma ogni cosa… L’amore, come il mare e la vita stessa, e i pensieri…non sentite cosa è l’atto puro della metamorfosi?»102.
98
Merce Cunningham considera la danza come un liquido impalpabile e sfuggente: « je compare les idées sur la danse et la danse elle-même, à de l'eau.(...) Tout le monde sait ce qu'est l'eau et ce qu'est la danse, mais cette fluidité les rend ce pendant insaisissables », M. CUNNINGHAM, Le Danseur et la danse – entretiens avec Jacqueline Lesschaeve, 1980.
99
DUPUY D., Danzare oltre, op. cit., p. 23.
100
Ibidem.
101
DUPUY D., Danzare oltre, op. cit, p. 90; DUPUY D., Des danses, quelles traces?, in “Marsyas”, n. 19, septembre, 1991, pp. 85-90; la mostra a cui si riferisce è Danses tracées, La Vieille Charitè, Marseille 19 aprile - 9 giugno1991.
102
53
Eterna... ma effimera, un ossimoro, ma calza perfettamente con il paragone delle onde del mare, infinite, sempre diverse, che durano fino al momento in cui non si infrangono sugli scogli o sulla battigia; vengono alla mente i versi di Valéry de “Il Cimitero Marino” Si leva il vento!...e di nuovo la vita! L’aria immensa apre e richiude il mio libro. Rompete onde! Rompete acque inebriate. Quel tetto quieto ove beccan fiocchi!103.