I dati qui presentati provengono da un questionario somministrato a 91 studenti di due scuole superiori di Lamezia Terme (un Istituto Tecnico Economico e un Liceo Classico): in entrambe le scuole sono state scelte due classi, corrispondenti a una classe del biennio (una quinta ginnasio e una seconda superiore) e a una classe del triennio (una seconda liceo per il classico e una quinta superiore per l’istituto tecnico) per poter avere un campione bilanciato per fasce d’età; un bilanciamento perfetto fra parlanti di sesso femminile e parlanti di sesso maschile non si è potuto ottenere per ragioni dipendenti dalla composizione delle classi (v. tabella 3).
Liceo Classico Biennio Triennio Ist. Tecnico Biennio Triennio Maschi 6 10 Maschi 14 6
Femmine 19 15 Femmine 9 12
TOT 25 25 TOT 23 28
Tabella 3 – Composizione del campione analizzato, suddiviso per età, sesso e scuola.
Il questionario è stato somministrato in tutte e quattro le classi durante le ore di lezione. Nel Liceo Classico, la classe della quinta ginnasio e quella della seconda liceo hanno svolto il questionario assieme in una sala incontri presente nell’edificio scolastico, mentre nell’Istituto Tecnico il questionario è stato somministrato separatamente nelle due classi. Il compito era da svolgersi per iscritto e ai ragazzi è stata concessa indicativamente un’ora di tempo.
I questionari, riportati in Appendice, contenevano in totale diciassette domande ed erano strutturati in modo tale da fornire due tipi di informazione. In primo luogo, lo scopo era di raccogliere rapidamente dati biografici relativi al parlante: data e luogo di nascita del parlante, provenienza dei genitori e dei nonni, occupazione dei genitori, luogo abituale delle vacanze, eventuali esperienze di vita in altre città. In secondo
luogo, uno scopo collaterale, ma non meno importante, era quello di indagare gli assi di variazione diafasico, diacronico, diatopico41.
L’obiettivo principale è consistito nell’elicitare le opinioni dei soggetti nei confronti del dialetto. Le prime sei domande riguardavano la loro biografia linguistica: si chiedeva di indicare la lingua usata prioritariamente dai genitori, la conoscenza del dialetto da parte dei genitori, il codice maggiormente usato in famiglia, gli eventuali rimproveri da parte dei genitori e della scuola nei confronti dell’uso del dialetto, l’emergere della competenza dialettale, i codici più appropriati nelle diverse situazioni comunicative (asse diafasico). Nel secondo set di domande (7-13) il focus era invece sulla percezione dello spazio dialettale locale, ossia sulla presenza del dialetto nella città, sulla capacità di riconoscimento della provenienza geografica dei parlanti, sulle zone giudicate più o meno dialettali (asse diatopico). Infine, le ultime domande (14- 17) avevano lo scopo di sondare la percezione di eventuali differenze tra il dialetto dei parlanti più anziani e quello in uso tra i giovani (asse diacronico, tempo apparente) e di ottenere dei giudizi soggettivi valutativi sul proprio dialetto e sull’eventuale scomparsa di quest’ultimo.
Si è preferito usare delle domande a risposta aperta per permettere ai ragazzi di avere più spazio nell’esprimere le proprie opinioni. Certo, questo ha causato molto spesso un più difficile processo di interpretazione dei dati, ma la ricchezza delle risposte ottenute ha più che controbilanciato l’inconveniente. Le domande a risposta aperta cercavano inoltre di allontanare dagli studenti l’idea che il questionario fosse in qualche modo un compito istituzionale che sarebbe stato poi giudicato o letto dai professori: per evitare questo sono stata presente durante lo svolgimento in tutte e quattro le classi, favorendo un clima informale ben lontano da quello che si respira durante un compito in classe. Gli studenti erano infatti stimolati a fare domande al
41 “[l]e fondamentali dimensioni della variazione sincronica della lingua sono costituite: dall’area
geografica in cui viene usata la lingua (o, più specificamente, dalla regione di provenienza dei parlanti e dalla loro distribuzione geografica) – variazione diatopica (...); dallo strato o gruppo sociale a cui appartengono i parlanti (o più specificamente, dalla posizione che il parlante occupa nella stratificazione sociale) – variazione sociale o diastratica; dalla situazione comunicativa nella quale si usa la lingua – variazione situazionale o funzionale-contestuale o diafasica.” Berruto (1993: 8-9).
ricercatore, ove le richieste del questionario fossero poco chiare, e a confrontarsi con gli altri ragazzi della classe. Ne è conseguito un livello di partecipazione molto alto che ha coinvolto quasi tutti i ragazzi delle due scuole: gli studenti erano molto incuriositi e, soprattutto, desiderosi di sottoporsi in seguito alle sessioni di registrazione. Molti di loro sentivano che avevano ancora qualcosa da dire riguardo al dialetto, e speravano di poter dare voce alle loro opinioni e credenze.
Si è già visto nel §5.2.2 che “far scrivere agli studenti universitari la propria autobiografia linguistica può stimolare in loro una capacità di riflessione autonoma, sollecitando il collegamento fra le nozioni apprese e la propria esperienza personale, contribuendo così a rendere meno volatile il sapere acquisito” (D’Agostino 2007: 20). Anche se la citazione si riferisce esplicitamente a una situazione universitaria, il metodo si è rivelato efficace anche in una situazione come quella di un istituto superiore: far chiedere agli studenti di rispondere a domande personali sulla propria storia di vita linguistica permette di far concentrare i parlanti stessi sulle proprie capacità metalinguistiche e permette di raccogliere informazioni legate al proprio rapporto con il codice lingua e con le valutazioni a esso associate. Ciò è ancor più vero quando si chiede al parlante di elaborare giudizi di valore su un oggetto di per sé neutro quale è il codice linguistico: diversamente da quanto ottenuto con le opinioni ottenute ad esempio attraverso esperimenti di matched-guise (v. §5.1.1), un compito di questo tipo fa apparire quali siano le ideologie dominanti nel giudizio sulla lingua. Lungi dal mettere in luce ciò che il parlante davvero pensa, rispondere apertamente in merito al gradimento rispetto a una varietà di lingua permette di riflettere su quello che il parlante crede che sia giusto pensare riguardo al proprio dialetto.
Inoltre, l’utilizzo di tecniche mutuate dalla dialettologia percettiva per la raccolta di dati linguistici permette di osservare la situazione di un’area dal punto di vista del parlante: uno sguardo dall’interno, che si focalizza sulla realtà linguistica così come percepita dai propri stessi protagonisti. Al centro vi è lo spazio comunicativo del parlante, visto non solo come spazio geografico di variazione diatopica ma come spazio vissuto nel quale il parlante interagisce e orienta il proprio comportamento: uno
spazio geografico visto come spazio antropico, interpretato di volta in volta secondo la propria esperienza di vita e il proprio orientamento socio-psicologico nei confronti del proprio ‘habitat’.