• Non ci sono risultati.

Soprattutto però si ritiene necessario indagare non solo i settori sopra citati, ma andare ad analizzare nello specifico quali siano queste forme di nuova dialettalità e quale rapporto ci sia con i corrispondenti italiani regionali. A tale proposito Auer (2011: 496-7) ricorda come nelle situazioni di diglossia parlata e di diaglossia (scenari B e C, vedi §3.2.3) i dialetti vadano indebolendosi. Come si è detto però in queste situazioni si assiste alla creazione di forme intermedie, o regioletti: queste forme soddisfano una particolare funzione sociolinguistica, giacché vanno a ricoprire quel vuoto lasciato dai dialetti - che potrebbero avere connotazioni negative di arretratezza sociale e culturale - e permettono ai parlanti di veicolare un’identità locale inesprimibile attraverso lo standard nazionale, inadatto per mostrare particolari affiliazioni locali proprio in virtù del suo essere sovralocale (Auer 2005: 22). Il fenomeno rimanda direttamente a questioni di più ampia portata, che non riguardano solo la linguistica ma che sono da vedere in diretta relazione con l’evoluzione della società nel mondo contemporaneo. Un’ottima sintesi delle domande da porsi nel momento in cui si affronta il problema dell’esprimere un’affiliazione locale attraverso le proprie risorse linguistiche si trova in Mæhlum (2010: 28). Per l’autrice è importante chiedersi innanzitutto quale sia l’unità socio-geografica di base per la propria identificazione nel mondo contemporaneo. Qual è l’ambiente locale che serve come cornice socio-geografica di riferimento per gli utenti della lingua di oggi? La varietà locale viene forse soppiantata da unità di riferimento di più ampia portata, come a esempio la regione di appartenenza, la propria nazione, lo stesso mondo globalizzato? Il mondo occidentale contemporaneo rende infatti impossibile pensare piccole comunità non integrate in una società sovralocale e sovranazionale. Una serie di processi storici, come l’avvento dei nuovi media, l’alfabetizzazione, il livellamento sociale e culturale, la globalizzazione,

l’aumentata mobilità sociale, ha avuto come conseguenza un eclissarsi del mondo tradizionale rurale e la conseguente scomparsa di un patrimonio locale materiale e immateriale. Ciò però ha dato vita a nuove forme culturali differenziate, normalmente definite “glocalizzate”, che proprio rispecchiano la tensione vigente tra l’avvento del globale e la sopravvivenza – o risignificazione – del locale. I dialetti, vero e proprio patrimonio immateriale, fanno parte a pieno titolo di questo processo bifronte: essi sono comunemente associati a una determinata comunità geografica, e sono il riflesso linguistico di una cultura locale e tradizionale. Per converso, la varietà standard può essere vista come espressione di quella cultura al di sopra dei particolarismi, geograficamente indefinita (o almeno non così sottospecificata come può essere una varietà dialettale locale), delocalizzata e per questo più adatta nel veicolare significati associati alla modernità (Mæhlum (2010: 29). Una descrizione sociolinguistica della situazione italiana deve perciò muovere da queste considerazioni di carattere più generale. Per quanto i dialetti resistano in alcuni settori della comunicazione, si può perciò pensare che gli italiani regionali, almeno in particolari regioni o situazioni sociolinguistiche, vadano a ricoprire quegli ambiti di affiliazione locale lasciati liberi dai dialetti. Come si è detto, i parlanti, oramai sempre più inseriti in un mondo caratterizzato da forte mobilità geografica e sociale, tendono sempre più ad attingere da un bagaglio di competenze formato a tutti gli effetti da un continuum di sotto- varietà non solo diatopiche (Cerruti 2011). L’utilizzo delle forme regionali di italiano, soprattutto da parte di quei settori della popolazione per cui è più importante la costruzione di una carta d’identità, quali sono gli adolescenti, può quindi essere considerato come un nuovo patrimonio linguistico che veicola significati di identità locale.

Riepilogo

Nel presente capitolo abbiamo ripercorso indirettamente la storia della sociolinguistica italiana nel suo affrontare i problemi derivanti dal particolare intreccio che si viene a creare sul territorio nazionale tra lingue, dialetti e varietà regionali. Si sono riassunti i modelli principali che spiegano l’architettura variazionale dell’italiano, soffermandoci soprattutto sulle proposte di Berruto, Trumper e Auer. Per quanto la nozione di dilalìa

proposta da Berruto sia in grado di spiegare la situazione sociolinguistica odierna, derivata da quei processi storici, dall’unificazione a oggi, che hanno portato sempre più parlanti a fare uso dell’italiano anche in famiglia, nondimeno si rende necessaria un’analisi che tenga conto delle specificità regionali, per far emergere affinità e divergenze.

Ci si è soffermati su quei due settori intermedi tra lingua e dialetti individuati da Pellegrini, e cioè le koinè dialettali e gli italiani regionali: di questi ultimi si sono presentate le diverse definizioni proposte dai linguisti, i rapporti che esso intrattiene con lo standard e con i dialetti di base e i problemi ancora non risolti in merito ai suoi confini geografici. Si è poi spostato lo sguardo per osservare la situazione odierna dei dialetti italiani, cercando di individuare quali siano i settori in cui essi sopravvivono e in che modo. Come si è visto, il quadro nazionale è caratterizzato da un intricato groviglio di competenze e usi, che difficilmente riescono a essere schematizzati in maniera univoca. Si elenca di seguito una serie di problemi che, a parere di chi scrive, emergono dalla bibliografia menzionata e che necessitano un approfondimento.

1. Il problema, come ricordato da Telmon (1993), dei settori della lingua che paiono essere maggiormente influenzati dall’italiano o, viceversa, dai dialetti. Come si è visto, la fonetica è uno dei settori più esposti: emerge quindi come sia necessario indagare, soprattutto con tecniche strumentali adeguate, come si realizzino le forme regionali, e il rapporto che intercorre tra esse e le forme standard da un lato, dialettali dall’altro;

2. Si è accennato al problema della delimitazione geografica degli italiani regionali, alla loro delimitazione lungo gli assi della variazione (ovverosia il rapporto tra varietà diatopiche, diastratiche, diafasiche). A tale proposito, possono i parlanti aiutare i linguisti nel fornire risposte anche parziali? Nello specifico, come si collocano i parlanti nei confronti delle compartimentazioni fatte dai linguisti? Soprattutto oggi, per i parlanti che hanno per madrelingua l’italiano regionale, dove corre il confine tra dialetti locali, dialetti di koinè, italiano regionale? Sono in grado di identificare una varietà come regionale?

3. La sopravvivenza dialettale, in quelle che sono state definite sacche di risorgenza, necessita approfondimenti che facciano emergere quelle competenze multiple dei parlanti sempre più riscontrate anche fra i giovani. Si è visto che esistono dei settori privilegiati nei quali il dialetto sopravvive, ma sembra quanto mai necessario, anche alla luce della domanda n.2, chiedersi in quale forma esso sopravviva. Soprattutto alla luce delle considerazioni contenute nel §1.6 serve investigare quali siano le forme linguistiche alle quali attingono i giovani per mettere in scena un’identità locale.

Nei capitoli precedenti si è offerta una rassegna delle due diverse branche di studio utilizzate in questa tesi, sempre più spesso poste in relazione, che potrebbero provare a offrire un quadro più dinamico della situazione sociolinguistica italiana, e cioè la dialettologia percettiva (o folk linguistics) e la sociofonetica. Scopo di questa tesi sarà perciò provare a dare delle risposte alle domande qui proposte, soprattutto in relazione alla percezione geolinguistica posseduta dagli adolescenti e all’uso che questi fanno di elementi marcatamente regionali nel loro parlato, utilizzando i metodi delle due discipline sopra menzionate.

CAP. 4 – LO STUDIO DEL PARLATO ADOLESCENZIALE IN

ITALIA

Introduzione

Nel seguente capitolo si riprenderanno alcune delle nozioni introdotte nella seconda parte del cap. 1 e ci si concentrerà sullo studio dedicato al parlato adolescenziale in Italia. Nel §4.1 si riporteranno le definizioni date dai linguisti italiani del parlato adolescenziale, le caratteristiche che suddetti studiosi identificano come precipue della lingua degli adolescenti, e i principali settori dell’analisi linguistica su cui si è concentrata la scuola italiana; nel §4.2 si parlerà invece del rapporto tra adolescenti italiani e dialetto.