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In questo capitolo si parlerà del setting sperimentale all’interno del quale sono stati raccolti i dati acustici per l’analisi sperimentale. Nel §9.1 si espliciteranno gli obiettivi dell’inchiesta che hanno guidato la scelta delle metodologie più appropriate; nel §9.2 si analizzerà nel dettaglio il setting sperimentale, esplicitando il campione analizzato (§9.2.1), i tipi di parlato elicitato (§9.2.2, §9.2.3) le scelte alla base della compilazione delle frasi da somministrare per il compito di lettura (§9.2.3.1-§9.2.3.5), le variabili sociolinguistiche tenute in considerazione (§9.2.4); nel §9.3 si descriveranno le procedure che sono state adottate nel condurre l’analisi fonetica, e cioè il trattamento dei dati e la loro segmentazione (§9.3.2) e la descrizione degli script utilizzati per l’estrazione dei dati (§9.3.3).

9.1 Gli obiettivi dell’inchiesta

La ricerca qui presentata aveva come scopo primario il raccogliere dati di natura sociolinguistica sulla classe dei foni occlusivi sordi. Come visto nei capitoli precedenti, nell’area in esame le occlusive sorde sono realizzate come aspirate sia in dialetto, sia nell’italiano regionale. Inoltre, il fenomeno dell’aspirazione sembra essere in qualche modo di natura indessicale, giacché esso è uno dei tratti più citati dai parlanti di altre regioni per identificare soggetti provenienti dalla provincia di Catanzaro. Le necessità essenziali, alla base della messa a punto della metodologia di inchiesta, erano quindi: 1) raccogliere un numero sufficiente di attestazioni dei suddetti foni; 2) ottenere registrazioni di buona qualità, di modo da poter condurre analisi di tipo acustico; 3) raccogliere quante più informazioni possibili sui parlanti stessi, di modo da cercare delle correlazioni tra produzione dell’aspirazione e fattori esterni di natura sociolinguistica.

Uno dei problemi maggiori dal punto di vista empirico era legato al fatto che il parlato spontaneo raccolto in condizioni informali, com’è tipico delle interviste sociolinguistiche, presenta varie difficoltà per l’analisi fonetica di tipo sperimentale:

rumore di fondo, sovrapposizione di voci, mancato controllo delle ricorrenze effettive dei foni da analizzare. Tutti elementi, questi, che rendono quanto mai difficile lavorare esclusivamente con dati provenienti da questo tipo di registrazioni. Inoltre l’intervista sociolinguistica stessa è stata oggetto di riflessione epistemologica da parte dei pionieri della disciplina, che ne hanno messo in evidenza la sua natura problematica. Uno degli assunti di base della sociolinguistica risiede infatti nell’acquisizione del cosiddetto vernacular, definito da Labov (1972: 208) come “the style in which the minimum attention is given to the monitoring of speech”, e cioè uno stile in cui “we find more systematic speech, where the fundamental relations which determine the course of linguistic evolution can be seen most clearly” (ivi) (cf. §1.2). Si tratta quindi di cercare di elicitare quello che potrebbe essere definito, come per esempio in Sankoff & Thibault (1980:54), il linguaggio di tutti i giorni, o la vera lingua dell’uso (Milroy 1992: 66). La necessità di raccogliere il vernacular (o substandard, come chiamato in Calamai 2015) sottintende la possibilità di accedere al – e registrare il – parlato quotidiano. Ciò apre però le porte a quello che viene comunemente definito come il “paradosso dell’osservatore”, nota crux di ogni sociolinguista, e cioè il problema per cui

the aim of linguistic research in the community must be to find out how people talk when they are not being systematically observed; yet we can only obtain this data by systematic observation (Labov 1972: 209).

Nel corso della storia della disciplina, numerosi sono stati i tentativi che hanno tentato di minimizzare il problema dell’invadenza della strumentazione di registrazione. Labov stesso fu il primo a teorizzare un modello definito come attention paid to speech46; essendo il substandard lo stile quotidiano, e cioè quello meno sorvegliato, per accedere a esso è necessario da parte del raccoglitore mettere in atto una serie di strategie per allontanare l’attenzione del parlante alla propria produzione linguistica. A questo scopo, una delle risorse più usate è quella di proporre

46 Non essendo argomento precipuo del seguente lavoro di tesi non si entrerà in discussione circa i vari

modelli proposti in alternativa a quello laboviano. Su tutti mi limiterò a citare il modello alternativo proposto da Bell (1984), definito Audience design, secondo il quale i parlanti di volta in volta si adattano allo stile del destinatario.

all’intervistato argomenti ad alto contenuto emotivo, come le famose danger of death questions (Labov 1972: 209). Oltre alle strategie che potrebbero essere definite prettamente narrative, o legate allo stile dell’intervista, le ricerche più recenti hanno anche messo in luce come il paradosso dell’osservatore possa essere mitigato cercando di costruire delle sedute di registrazione che facciano sentire più a proprio agio i partecipanti. Per ridurre l’effetto formale della situazione “intervista” sono state testate con successo diverse metodologie, come ad esempio fornire ai parlanti gli strumenti adeguati per condurre delle registrazioni in totale autonomia (Podesva 2007; Smith, Durham & Fortune 2007) o mettere a punto delle sedute di registrazione in assenza del ricercatore47 (Stuart-Smith, Timmins & Tweedie 2007; Snell 2010).

Se perciò, da un lato, le nuove riflessioni sull’agentività e sul ruolo dei parlanti durante l’intervista permettono di poter ovviare ai problemi sopracitati, rimane il problema di fondo del mancato controllo del materiale raccolto. Dato che però la ricchezza di dati raccolti in situazioni maggiormente ecologiche è difficilmente comparabile a un setting sperimentale di laboratorio, in cui si tende a raccogliere parlato estremamente controllato, si è deciso di bilanciare i due aspetti: oltre all’analisi condotta su un corpus di parlato spontaneo, si sono raccolti dati provenienti da un compito di lettura di frasi messe a punto per l’indagine. Nei capitoli seguenti si discuteranno in dettaglio sia le condizioni dell’intervista sociolinguistica, sia la costruzione degli stimoli per la lettura della lista di frasi.

9.2 Il setting sperimentale 9.2.1 I parlanti

Tutto il materiale discusso in questa tesi proviene da dati raccolti in due scuole superiori della città di Lamezia Terme, e cioè un Istituto Tecnico Economico e un Liceo Classico. Nelle scuole ho trascorso complessivamente trenta giorni, suddivisi in tre visite, della durata di circa dieci giorni ciascuna, nel corso dell’anno 2014-2015.

47 “We felt that our absence from the recording situation would also help reduce the ever-present

constraints of the Observer’s Paradox. The results suggest that our strategy paid off, since we gained good casual conversations which give us snapshots of the speakers’ current lives, their wishes, experiences, friends, and social practices” (Stuart-Smith, Timmins & Tweedie 2007: 231).

Nel corso dei trenta giorni trascorsi nelle due scuole ho avuto modo di raccogliere complessivamente dati (e cioè conversazioni spontanee e lettura di frasi, v. più avanti) riguardanti 75 soggetti (v. tabelle 9 e 10). Questo lavoro di tesi non considera però il corpus complessivo, bensì una porzione delle registrazioni raccolte. In pratica, l’analisi dei dati terrà conto solo di 44 soggetti per il compito di lettura, e di 19 soggetti per la conversazione spontanea. Le ragioni alla base della selezione del corpus sono state varie: innanzitutto, guidata dalla lettura dei questionari, ho deciso di selezionare, per il compito di lettura, quei parlanti che avevano risposto in maniera particolarmente eloquente in merito ai propri atteggiamenti nei confronti del dialetto. Ho tenuto sotto controllo il più possibile la scuola di provenienza, di modo da avere campioni simili per ognuno dei due istituti, nonché l’età dei parlanti; per quanto riguarda il tentativo di bilanciamento dei parlanti per sesso, esso è risultato impossibile a causa della natura stessa delle classi che hanno partecipato all’indagine, popolate principalmente da studentesse di sesso femminile (soprattutto le due classi del Liceo Classico). Per quanto riguarda la scelta del sottocorpus del parlato spontaneo, ho innanzitutto prediletto quei parlanti che avevano prodotto maggiori porzioni di parlato spontaneo, essendo i più attivi e loquaci durante le registrazioni. Ho cercato inoltre di tenere sempre sotto controllo tre variabili (v. più avanti per la discussione sulle variabili), e cioè il sesso, l’età dei soggetti e la scuola di appartenenza. Di seguito viene riportato uno schema in cui si mostra nel dettaglio la struttura del corpus.

Tabella 9 - La struttura del corpus: Liceo Classico

LICEO CLASSICO PARLATO LETTO PARLATO SPONTANEO REGISTRATI ANALIZZATI REGISTRATI ANALIZZATI

II ANNO MASCHI 5 3 5 2

FEMMINE 14 9 14 3

IV ANNO MASCHI 9 7 9 3

FEMMINE 13 5 13 2