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Dai dati alla misurazione: il manifestarsi della povertà femminile in Italia e Brasile

L‟approccio della misurazione della povertà a livello mondiale e nazionale cerca di andare al di là del PIL, ammettendo la nozione di povertà multidimensionale e l‟Indice di Sviluppo Umano; tuttavia ciò non significa che i paesi non calcolino il reddito mensile per valutare l‟incidenza della povertà tra le loro famiglie.

Man mano che si analizza il contesto nazionale e i programmi e le azioni di contrasto alla povertà ci si apre a una gamma di forme di misurazione; tale carattere dimostra come la povertà sia un fenomeno relazionale, datato e contestualizzato.

Questo paragrafo esaminerà sia le misure della povertà femminile e i relativi approcci sociologici.

Anzitutto, si deve comprendere che il fenomeno della povertà femminile include diverse dimensioni e categorie. Così, se prendiamo in considerazione una donna povera della città di Fortaleza in Brasile, oltre alla caratteristica relazionale (storica e territoriale), di questa persona va considerato il sesso, l‟etnia, il colore, la regione e l‟età; perciò le analisi delle situazioni di povertà e disuguaglianze richiedono il riconoscimento non solo del suo carattere multidimensionale, ma anche di come le varie dimensioni interagiscono e si collegano fino ad arrivare alla manifestazione del fenomeno “donna povera” in sé.

Per l‟analisi di tale caratteristica si ricorrerà agli studi della femminista francese Danièle Kergoat, secondo la quale i rapporti sociali, da cui derivano i fenomeni sociali, sono consustanziali, ossia «compongono un nodo che non può essere sciolto al livello delle pratiche sociali, ma nella prospettiva dell‟analisi sociologica. I rapporti sociali sono coestensivi: quando si sviluppano, i rapporti sociali di classe, genere e “razza” si riproducono e si co-producono mutuamente».191

Il termine consustanzialità (consubstantialité) ha le sue radici nella teologia e si riferisce a ognuna delle tre persone della trinità per indicarne l‟identità di sostanza o natura con le altre due; l‟autrice l‟ha ripreso per significare “unità di sostanza”. La consustanzialità, segnala Kergoat, è una categoria meramente analitica, che può essere utilizzata in sociologia per spiegare e studiare un fenomeno.

Tale nozione lavora specificamente con la forma per la quale il “razzismo”, il patriarcato, l‟oppressione di classe e altri sistemi discriminatori creano le disuguaglianze

191

D. KERGOAT, Dinâmica e consubstancialidade das relações sociais. Novos estud. - CEBRAP [online] 2010, n.86, pp.93-103, ISSN 0101-3300 (traduzione propria).

basilari che, dal canto proprio, compongono le disuguaglianze vissute per le donne nei diversi paesi del mondo.

Nonostante la nozione di razzismo non abbia un‟esistenza originaria,192

ossia reale, poiché in termini sociali e biologici si potrebbe parlare solamente di razza umana, la storia dell‟umanità è, sia nel suo passato sia nel presente, marcata per la persistenza di diverse forme di discriminazione, oppressione e sfruttamento di determinati gruppi sociali. Esse sono state, e sono, talvolta prodotte e riprodotte sul piano sociale e culturale, prendendo come fondamenti ideologici «la classificazione di alcuni gruppi, come inferiori socialmente e biologicamente»,193 per diversi motivi (etnico, sessuale, religioso, d‟età, ecc).

Così, il razzismo, il sessismo, il patriarcato ecc., benché abbiano un‟esistenza

derivata,194 non significa che abbiano una vita autonoma e indipendente, avendo bisogno per la propria esistenza di essere sostenuti e alimentati; sono strumenti ideologici che, sommati all‟agire di gruppi sociali, acquistano forza e influiscono effettivamente nella vita quotidiana delle persone in tutto il mondo.

Così i vari dati internazionali e nazionali rivelano una congiuntura di svantaggio e disuguaglianza; le donne hanno quindi più barriere per avere una vita più sana e con più autonomia economica e sociale. La realtà della povertà femminile potrebbe essere intesa anche come riflesso tanto dei rapporti di genere, basati sugli indirizzi maschilisti e patriarcali e che incidono nel quotidiano delle donne riproducendo situazioni di dipendenza, permeando i diversi meccanismi dell‟integrazione sociale (la famiglia, il mercato del lavoro e i sistemi di protezione sociali), quanto delle questioni di decriminalizzazione etnico/ “razziale”.

Per rapporti di genere s‟intendono quelli costruiti tra le donne e gli uomini nella dinamica dei rapporti sociali. Al di là della dimensione meramente biologica, il ruolo delle donne e degli uomini è stato costruito storicamente, culturalmente e politicamente; «la categoria di genere ha contribuito a denaturalizzare e storicizzare le disuguaglianze tra uomini e donne, essendo intesa in modo storico e relazionale».195

192 C. TOGNONATO, Il metodo e la questione del soggetto, In: L‟analisi qualitativa: teorie, metodi,

applicazioni, (a cura di) R. CIPRIANI, Armando Editore, Roma 2008, p.26.

193 N. L. SMELSEN, Manuale di sociologia, Il Mulino, V Edizione, Bologna 2011, p.201.

194 C. TOGNONATO, Il metodo e la questione del soggetto, In: L‟analisi qualitativa: teorie, metodi,

applicazioni, (a cura di) R. CIPRIANI, Armando Editore, Roma 2008, p.26.

195

M. S. M. SANTOS, L. OLIVEIRA, Igualdade nas relações de gênero na sociedade do capital: limites, contradições e avanços,Revista Katalysis, v.13 n.1, Florianopolis 2010, p.12 (traduzione propria).

Il processo di costruzione sociale dei generi femminile e maschile coinvolge le varie dimensioni della vita, la struttura della società, le dinamiche delle classi sociali, i sistemi di welfare, ecc. I rapporti di genere si articolano anche nelle diverse specificità umane (“razze”/etnie, culture, orientamento sessuale, ecc.). Dalle condizioni oggettive e soggettive dei ruoli che occupano socialmente e dalle diverse modalità in cui sono costruiti i rapporti, le donne non hanno uguale accesso a lavoro, salari, i beni, ecc.

«Il sistema del patriarcato è quello basato sulla dominazione maschile, ove l‟uomo organizza e guida, maggiormente, la vita sociale».196 La donna assume un ruolo secondario e di dipendenza diretta agli uomini, di minore importanza nella società.

Si riconosce che nella società odierna le donne sono riuscite a conquistare diversi miglioramenti sociali, politici ed economici; tuttavia i dati dimostrano che è ancora presente il divario di genere nei vari ambiti della vita. Va osservato l‟importante ruolo delle donne nel tentativo di organizzazione e lotta, rappresentato principalmente dal movimento femminista a livello mondiale.

E in questo contesto, il Rapporto della Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale sulla povertà tra le donne afferma che la dipendenza femminile espressa nella soggezione al reddito del marito/partner è considerata naturale e tendente a essere legittimata dalla società e dalle sue istituzioni. Le donne sono, dunque, stimolate a concentrarsi nella cura della casa, dei figli e/o familiari.

La sfida posta dalla povertà femminile risiede proprio nella peculiare interazione tra dipendenza familiare ed esclusione sociale: la dipendenza economica in combinazione con la maggiore fragilità del legame matrimoniale è uno dei meccanismi maggiormente esplicativi della dimensione di genere della povertà di oggi: tanto maggiore è il livello di dipendenza, tanto maggiore sarà il grado di vulnerabilità.197

Questa dipendenza si può manifestare sia in ambito economico, sia psicologico da parte del partner maschile. In questo senso, secondo il rapporto, si osserva:

un effetto boomerang sulla vita delle donne: più si è dipendenti, meno disponibilità economica si ha, meno vita sociale si fa, più difficoltà si incontrano nel trovare un'occupazione. La scarsa autonomia personale non fa altro che generare povertà e ulteriore dipendenza, innescando un meccanismo a spirale di discesa in una condizione di deprivazione.198

196

Ibidem. 197 Ivi, p.8.

198 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI SOCIALI, Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale, La povertà delle donne in Italia la ricerca, i dati, le metodologie di analisi, un percorso attraverso le pratiche di ricerca orientate a svelare la dimensione di genere dell'impoverimento, Roma 2000, p.56.

Come «le donne non necessitano di una propria fonte di reddito perché gli uomini/le famiglie con cui vivono provvedono finanziariamente alle loro necessità»,199 così il “luogo” storicamente riservato alle donne nel mercato del lavoro è caratterizzato dall‟essere di basso livello e con scarsa retribuzione, in confronto agli uomini. Le occupazioni destinate storicamente alle donne rappresentano l‟estensione/continuità del loro ruolo femminile, ossia quello di cura, ad esempio la badante, la casalinga, la baby

sitter, ecc., e in generale part time, in modo da poter “conciliare” il lavoro dentro e fuori

casa, rendendo così marginale e precaria la condizione della donna lavoratrice.

Nei rapporti di genere patriarcali, l‟uomo assume la figura centrale: è il capofamiglia, il suo salario è il più importante per il mantenimento familiare, il reddito proveniente dal lavoro femminile è considerato un “complemento”; ciò è evidente nel divario tra i salari ricevuti da donne e uomini che svolgono lo stesso mestiere.

Per quanto riguarda il sistema di welfare, in generale esso è stato costituito tenendo conto delle caratteristiche e dei bisogni dei modelli familiari tradizionali, ossia, il modello patriarcale di famiglia, dando per scontata la dipendenza economica della donna dal marito. Hanno accesso ai benefici sociali coloro, e le rispettive famiglie, che hanno lavorato e contribuito ai sistemi previdenziali per un determinato periodo. Ciò richiede una forma di lavoro stabile.

Le donne single, madri sole, vedove e anziane sole sono, quindi, gruppi che tendono maggiormente ad essere colpiti dalla povertà, oltre a non avere “la protezione del reddito dei maschi”, trovano maggiore difficoltà ad essere protette dai sistemi di welfare nazionali.

Quando si utilizza come variabile il reddito familiare pro capite per il calcolo della soglia di povertà si tende a non considerare che anche all‟interno di ogni famiglia possono esistere distribuzioni asimmetriche tra i loro membri, motivati da «interessi diversi e rapporti di forza e di potere squilibrati tra donne e uomini, genitori e figli, adulti e anziani».200

Così, segnala il Rapporto della Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale, la povertà femminile piuttosto che assumere una dimensione individuale, sembra avere una caratteristica familiare: ciò vuol dire che le donne possono essere considerate povere

199 Ivi, p.9. 200

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI SOCIALI, Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale, La povertà delle donne in Italia la ricerca, i dati, le metodologie di analisi, un percorso attraverso le pratiche di ricerca orientate a svelare la dimensione di genere dell'impoverimento, Roma 2000, p.10.

oppure no, a prescindere dallo status economico della famiglia in cui appartengono. Questa realtà potrebbe portare a una “invisibilità” del fenomeno della povertà femminile nei rapporti e documenti che misurano la povertà tenendo conto principalmente delle caratteristiche finanziarie delle famiglie.

Se sussiste una concreta ineguaglianza nella distribuzione delle risorse materiali e temporali tra donne e uomini, i metodi convenzionali di «misurazione» della povertà che assumono una divisione equa delle risorse tra i membri della famiglia possono portare a una sottostima della povertà femminile e a una sovrastima di quella maschile.201

Per una misurazione della povertà più vicina alle dinamiche sociali, familiari e di genere si dovrebbero considerare le risorse monetarie e non monetarie, ossia, i servizi forniti dallo Stato, gli scambi familiari, le solidarietà parentali, amichevoli e comunitarie; infatti se gli uomini prevalentemente si trovano nel settore dell‟economica monetaria, le attività svolte dalle donne invece restano in quello non monetario.

Un altro elemento da vagliare è quello della ridistribuzione del reddito guadagnato da donne e uomini per far fronte ai bisogni delle loro famiglie; ricerche internazionali hanno evidenziato quanto il reddito femminile tenda a essere distribuito meglio all‟interno delle famiglie, in confronto a quello degli uomini. Perciò, nonostante gli uomini in generale contribuiscano economicamente all‟incremento del reddito familiare, perché tendenzialmente guadagnano di più, le donne riescono ad amministrarlo meglio in base ai bisogni della famiglia.

Comunque sia, nel 2000, le questioni suscitate dal Rapporto Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale sulla povertà tra le donne, per quanto riguarda le metodologie delle indagini e ricerche, sono ricorrenti. Tali studi spesso non riescono a considerare le dinamiche interne ed esterne delle famiglie: l‟impatto della distribuzione del reddito, le separazioni, il divorzio, la nascita, le strategie utilizzate, il verificarsi delle situazioni di povertà. Perciò il rapporto suggerisce l‟adozione di ricerche di carattere longitudinale, che potrebbero dare uno stampo più dinamico, storico e processuale, che tende ad avvicinarsi al movimento del fenomeno della povertà.

È alquanto evidente la scarsa attenzione da parte delle indagini nazionali sui

processi di acquisizione, gestione e investimento delle risorse finanziare nei nuclei familiari, su come tali responsabilità variano all‟interno della dimensione di genere e generazione e sullo sviluppo di tali processi nel tempo. Una delle prove

più eclatanti di tale scarso interesse è il fatto che, in tutte le indagini prese in considerazione, la persona intervistata è il cosiddetto «capofamiglia» o «persona di riferimento» (…).Tale procedura genera necessariamente forti distorsioni. Innanzitutto, l‟idea di «capofamiglia» riflette lo stereotipo del male breadwinner:

come risultato, le donne sono considerate «capifamiglia» solo nel caso in cui nel nucleo sia assente un maschio adulto percettore di reddito.202

Nonostante ciò, si osservano i diversi tentativi da parte degli istituti statistici nazionali di migliorare le indagini sul benessere della loro popolazione, di fronte all‟erculea sfida di conciliare gli indicatori oggettivi, soggettivi, storici ed economici (che possono essere talvolta scarsi), la grandiosità geografica e numerica della popolazione e il tempo speso per l‟elaborazione e analisi dei dati.

Tenendo conto delle diverse ricerche nel contesto italiano, il suddetto rapporto sulla povertà femminile sottolinea che, oltre a essere relazionale, la povertà è un fenomeno temporaneo, che nel percorso di vita delle persone può colpire periodi di varia durata, e tende a verificarsi con maggiore frequenza tra le donne rispetto agli uomini. Così le donne sono maggiormente soggette ai percorsi transitori di povertà.

Nel Nord e Sul del paese, la figura femminile più danneggiabile è rappresentata dai gruppi di:

– «donne sole con figli a carico (madri sole), tale gruppo sperimenta gravi difficoltà nel conciliare vita familiare e lavorativa, questa situazione si aggrava nei territori con pochi o scarsi servizi pubblici per l‟infanzia;

– disoccupate o con un lavoro mal retribuito e precario;

– casalinghe nelle famiglie con un solo percettore di reddito, in particolare se numerose o travagliate, e donne in famiglie con grandi problemi (ad esempio la presenza di un disabile o di un anziano non autosufficiente): il lavoro di cura viene ulteriormente amplificato, rendendo ancora più difficile la sintesi tra impegno professionale e familiare e inasprendo la dipendenza femminile dal nucleo familiare e parentale o dai sussidi assistenziali;

– anziane sole, poco autosufficienti (sia dal punto di vista sanitario che economico) e soggette all‟isolamento.203

Inoltre, tenendo conto delle differenze e disuguaglianze tra le regioni italiane, queste figure femminili variano in base alla regione (nel Nord quella della donna anziana sola, nel Meridione quella della casalinga proletaria).

Dati recenti dell‟Istat sul fenomeno della povertà dimostrano come le famiglie

202 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI SOCIALI, Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale, La povertà delle donne in Italia la ricerca, i dati, le metodologie di analisi, un percorso attraverso le pratiche di ricerca orientate a svelare la dimensione di genere dell'impoverimento, Roma 2000, p. 40.

203 PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI SOCIALI, Commissione di Indagine sull‟Esclusione Sociale, La povertà delle donne in Italia la ricerca, i dati, le metodologie di analisi, un percorso attraverso le pratiche di ricerca orientate a svelare la dimensione di genere dell'impoverimento, Roma 2000, p.56.

composte da soli membri stranieri abbiano il 26,6% di possibilità di essere povere in confronto a quelle composte da italiani204. Nonostante ciò, considerando il profilo delle persone che si rivolgono ai servizi e gli interventi di contrasto alla povertà, in particolare le Caritas diocesane italiane, emerge principalmente la figura della donna straniera con figli; fatto che può contribuire a ipotizzare che le donne straniere siano un sottogruppo ancora più colpito dalla povertà.

In questo senso, mettendo in relazione le dimensioni di genere ed etnia/ “razza”, ci si può avvicinare ancora di più alle manifestazioni della povertà in Italia, anche se questa realtà si esprime inmaniera più evidente nella realtà brasiliana.

Avendo tra i loro paradigmi sociologici quello della “democracia racial”, ossia, l‟idea che in base all‟incrocio “armonico” tra le tre “razze” (la bianca, l‟indigena e la nera), in Brasile gli indicatori sociali analizzati dall‟IBGE dimostrano che tra le donne che si dichiarano nere o mulatte ci sono grandi disuguaglianze che si manifestano non solo nella cattiva distribuzione del reddito, ma anche nell‟accesso al mercato del lavoro, ai servizi sociali, alle migliori strutture abitative, ecc.

La ricercatrice Zelma Madeira afferma che dall‟abolizione della schiavitù in Brasile, avvenuta nel 1888, lo Stato nazionale non ha avviato degli interventi specifici per l‟integrazione degli ex schiavi; ciò ha contribuito affinché le espressioni di disuguaglianza odierne abbiano una forte traccia etnica. Tale mancanza dello Stato, oltre a sommarsi a elementi politici ed economici, come quello del neoliberismo iniziato nel paese negli anni „90, è dipesa anche dalla forte presenza del razzismo nella società brasiliana, caratterizzata, per la studiosa, dal “razzismo non dichiarato”.

I/Le negri/negre continuano ad avere una bassa qualità di vita, lavori non qualiticati (sottolavoro o disoccupazione) e redditi incapaci di soddisfare i propri bisogni, senza assicurare livelli soddisfacenti di salute, educazione, casa. Storicamente, parte della popolazione era esclusa, non essendoci politiche pubbliche in grado di offrire l‟inserimento e la piena cittadinanza.205

I dati statistici sulla manifestazione della povertà tra le famiglie brasiliane indicano che sono proprio le donne considerate negre a vivere le peggiori condizioni nei diversi ambiti: salute, lavoro, istruzione, ecc.

Tale evidenza rafforza ancora di più un‟analisi della povertà basata non solo sulla considerazione delle diversi dimensioni, ma anche dell‟interazione tra di loro. Le

204 ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA, Statistiche report, Anno 2014, La povertà in Italia, 15 luglio 2015, Roma 2014, p.12.

205 M. Z. DE A. MADEIRA, Desigualdades raciais como express o da quest o social no Cear , In:

Express o da quest o social no Cear , a cura di A. M. CUNHA e I.M.M. DA SILVEIRA. Ed. UECE, Fortaleza 2014, p.250 (traduzione propria).

situazioni di esclusione e oppressione sono, dunque, vissute dalle persone in modi diversi. In questo senso, lo studio del fenomeno della povertà femminile come elemento che si manifesta negli attuali rapporti sociali richiede, oltre che l‟incrocio tra le categorie povertà e genere, l‟aggiunta delle categorie etnia, territorio, età, ossia altri elementi presenti nei rapporti sociali; perciò si considera importante l‟idea di consustanzialità di Kergoat, intesa come una forma di lettura della realtà sociale, che implica il riconoscere l‟incrocio dinamico e complesso dei rapporti sociali.