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Lotta alla povertà e all‟emarginazione: almeno 20 milioni di persone in meno a

Il Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà (CILAP)

5. Lotta alla povertà e all‟emarginazione: almeno 20 milioni di persone in meno a

rischio o in situazione di povertà ed emarginazione.322

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COMMISSIONE EUROPEA, Obiettivi della Strategia Europa 2020, http://ec.europa.eu/europe2020/europe-2020-in-a-nutshell/targets/index_it.htm, 4 ottobre, 2015.

Un‟altra azione fu il Fondo di Aiuti agli Indigenti (FEAD) creato nel 2014; fondo che sostiene gli interventi promossi dai paesi dell‟UE per un‟assistenza materiale, tra cui generi alimentari, abiti e altri articoli essenziali per uso personale, come scarpe, sapone e shampoo agli indigenti. Per il periodo compreso tra il 2014 e il 2020 il FEAD ha approvato 3,8 miliardi di euro di interventi.

Perciò nel contesto europeo, in modo particolare negli ultimi dieci anni, si evidenziano iniziative politiche per l‟avvio di azioni di attenuazione della povertà. Si riscontrano interventi di diverse organizzazioni della società civile come ad esempio

European Anti Poverty Network (EAPN), una rete europea di lotta alla povertà, membro di consultazione della Commissione e del Parlamento europeo in termini di politiche sociali.

Nacque nel 1990 a Bruxelles e adesso è composta da 31 reti nazionali presenti in Europa, tre paesi in più rispetto all‟Unione Europea. L‟EAPN ha come obiettivo principale il ridurre o, meglio, lottare contro la povertà e l‟esclusione sociale.

In più la rete cerca di trasferire le politiche sociali dal livello europeo a livello nazionale e viceversa, per sviluppare una serie di attività al fine di considerare la lotta alla povertà una delle priorità dell'UE per garantire la cooperazione a livello UE.

Tale organizzazione ha il Collegamento Italiano di Lotta alla Povertà (CILAP) come sua sezione in Italia. Il CILAP nacque nel 1992 e, come organizzazione di secondo livello, collega diverse organizzazioni e persone che lavorano direttamente sul terreno, svolgendo principalmente attività di informazione, sensibilizzazione e comunicazione; collegando, dunque, la dimensione italiana a quella europea.

Per evidenziarne la rilevanza per il presente studio, il CILAP è stato aggiunto ai soggetti indagati tra gli “osservatori privilegiati”, come si è segnalato nel capitolo relativo alla metodologia della ricerca in Italia. Il soggetto direttamente intervistato è stata il presidente Nicoletta Teodosi.

Oltre alla sua ampia esperienza nell‟ambito delle politiche sociali (come programmatore, operatore e assistente sociale) lavorando nella cooperazione sociale, la scelta di rivolgere l‟intervista al presidente è dipesa anche da suo ruolo, da lei stessa dichiarato, di “attivista volontaria” del CILAP, e persino fondatrice, insieme ad altre persone, dell‟EAPN nel 1990 e della sezione italiana due anni dopo; per questo rappresenta una figura di elevata competenza.

Con l‟intento di mettere al primo posto le voci dei soggetti coinvolti nella presente ricerca, è importante sottolineare che, nelle dichiarazioni della suddetta “osservatrice

privilegiata”, sono accentuate proprio la natura e la struttura autonoma del CILAP; ciò compromette, secondo quanto detto, sia la sua indipendenza sia la “non grande visibilità di questo organizzazione”.

Allora una cosa che devo dire, perché è molto importante, anche ai fini della comprensione delle college del CILAP è che: noi siamo una organizzazione totalmente indipendente, lo sottolineo tre volte, noi non siamo legati a nessuna entità religiosa, nessun organismo politico, nessun organismo sindacale. È una organizzazione totalmente indipendente.

L‟autonomia istituzionale contribuisce al processo di una costruzione di un‟autonomia politica. Quest‟ultima è intesa come elemento essenziale tanto per lo svolgimento delle attività istituzionali, quanto nella scelta di bisogni e soggetti che saranno rappresentati tramite l‟istituzione.

Il presidente del CILAP ha segnalato due principali conquiste nell‟ambito dell‟EAPN:

La Strategia Inclusione Sociale del 2000, che fu inserita insieme agli obiettivi precisi nel trattato di Lisbona e poi ripresi nel trattato di Nizza a dicembre del 2000. Con questa strategia di inclusione sociale per la prima volta l‟Unione Europea riconosce povertà ed esclusione sociale come un problema europeo. …quindi per la prima volta […]viene elaborata una strategia ben precisa, inserita nel trattato di Lisbona. L‟anno 2000 è anche un anno importante per l‟EAPN e per l‟Europa intera, perché oltre a lanciare una strategia sull‟inclusione sociale, [… ]sono stati individuati gli obiettivi da raggiungere e anche noi come EAPN abbiamo contribuito a questi obiettivi, in particolare ai quattro obiettivi di Nizza.

Va altresì sottolineato l‟articolo 34 della “Carta di Nizza”:

1. L‟Unione riconosce e rispetta il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza o la vecchiaia, oltre che in caso di perdita del posto di lavoro, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.

2.Ogni individuo che risieda o si sposti legalmente all‟interno dell‟Unione ha diritto alle prestazioni di sicurezza sociale e ai benefici sociali conformemente al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali;

3. Al fine di lottare contro l‟esclusione sociale e la povertà, l‟Unione riconosce e rispetta il diritto all‟assistenza sociale e all‟assistenza abitativa volte a garantire un‟esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, secondo le modalità stabilite dal diritto comunitario e le legislazioni e prassi nazionali.323

323

G. BRONZINI, S. GOBETTI, Capitolo II: Il contesto europeo, In: Basic Income Network (BIN Italia), Reddito Minimo garantito: Un progetto necessário e possibile, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2012, p.84.

Dell‟esperienza menzionata, si potrebbe affermare che tra gli elementi che contribuiscono al processo di riconoscimento di determinati bisogni vi è quello della mobilizzazione di movimenti e istituzioni sociali, che cercano di porre in rilievo le situazioni di disagi vissuti da parte della popolazione.

Ancora rispetto alle conquiste, furono segnalati più recentemente alcuni obiettivi della Strategia Europa 2020.

La Strategia Europa 2020 ha definito un target ben preciso, ossia un numero ben preciso.

Ovviamente si tratta di successi perché si parla di povertà in Europa, cosa di cui non si parlava negli anni ‟90; in Italia da due, tre anni, dal momento della crisi, quindi dal 2008 si è cominciato a parlare di povertà; noi ne parliamo dal 1990. Siamo quindi contenti che comincino a parlare di povertà anche le istituzioni, oltre a molte organizzazioni e ai media. Noi abbiamo cominciato molto tempo fa.

Da queste dichiarazioni si potrebbe affermare che nel processo di costruzione e riconoscimento dei bisogni sociali contro cui combattere per l‟agenda politica pubblica si sono verificati contemporaneamente interventi e azioni di diversi soggetti e organizzazioni sociali.

Pertanto, nell‟ambito delle politiche sociali non basta che ci sia un bisogno, ma il suo riconoscimento da parte degli organismi statali come un target da raggiungere; dunque, l‟agire politico di diversi altri attori sociali è immerso in questo processo.

Si consideri che i gruppi più colpiti, o in maggiore rischio di povertà, sono quelli più vulnerabili, quelli che non trovano voce, «non trovano rappresentanze all‟interno né

dei partiti né dei sindacati. E quindi, i senza dimora, i Rom, le persone che non si rivolgerebbero né ai sindacati né ai partiti per paura, nuclei familiari senza lavoro, nuclei familiari fragili».

Così, al di là dei dati statistici, la sensibilità di Teodosi invita a mettere al primo posto le persone, le loro storie di vita e a intervenire in maniera articolata, unendo le diverse politiche.

Questi sono i dati, […], li prendo come dati […] dietro i numeri ci sono storie di vita. E se noi non riusciamo a intervenire sulle storie di vita, quindi a trasformare la storia di vita di quelle persone, di quel nucleo familiare da quella condizione a un gradino superiore, quel nucleo familiare, quelle persone, quella donna rimarranno sempre lì […] Quello è il nostro target di riferimento. Come si interviene? Si interviene mettendo insieme tutte le politiche che si occupano delle persone. Quindi la politica sociale sicuramente, la politica socioassistenziale, la politica sanitaria, le politiche educative, del lavoro e della formazione. Unendo tutti i pezzi, allora si riesce a fare uscire quel nucleo familiare, quella persona da quella condizione zero a una condizione uno.

Il presidente del CILAP considera le iniziative a livello europeo, in particolare le strategie, «buone strategie, però le intenzioni devono essere trasformate in pratica».

E in pratica cosa abbiamo noi? In Italia per esempio non abbiamo un Piano di azione contro la povertà che era previsto anche nella strategia precedente, non abbiamo una misura; siamo nel 2015 e ancora stiamo dibattendo, anzi, almeno stiamo dibattendo sul reddito minimo. Il Fondo Europeo per gli indigenti è partito nel 2014 ma ancora non si riescono a vedere gli effetti.

Insomma, il passaggio dall‟identificazione della strategia all‟attuazione, quindi al beneficiario primario, presenta enormi carenze, causate anche dal nostro sistema nazionale che prevede regione, comuni, ecc.

È necessario considerare che «le politiche sociali siano una competenza nazionale, non una competenza europea», spiega l‟intervistata, perciò l‟effettività degli interventi dipende direttamente e indirettamente da come i servizi sociali sono strutturati, sia per quanto riguarda la loro progettazione nel territorio nazionale, che la loro struttura politico-organizzativa.

Tali variabili subiscono anche l‟influenza di fattori culturali. Nel caso italiano, l‟intervistata ha individuato una sorta di mancanza di “cultura europea” da parte della classe politica nazionale.

Abbiamo trasferito nel nostro paese, qui in Italia, la conoscenza delle strategie europee, ma non c‟è cultura europea qui in Italia. Prima che una direttiva europea diventi una norma, una legge dello Stato, passano anche anni. Per esempio, la Strategia inclusione sociale del 2000 prevedeva un processo di partecipazione attraverso un metodo aperto di coordinamento di partecipazione e di governance, che non c‟è mai stato, è stato implementato ma mai rafforzato.

Questo cambiamento, secondo quanto detto dal presidente Teodosi, ha contribuito a un processo di rafforzamento del regionalismo, chiamato persino nelle sue parole di

«iper regionalismo»:

La 328 è una legge che è stata applicata a macchie di leopardo, perché è una legge del 2000 e, subito dopo, nel 2001 c‟è stata la riforma del Titolo V della Costituzione. La politica sociale è diventata una materia concorrente e quindi ogni regione ha potuto legiferare o recepire la legge 328, che non è stata più una legge, diciamo così, applicabile a tutto in territorio nazione, perché ogni regione, con questa riforma, ha avuto la possibilità di farsi una legge propria.

Questa è la differenza tra competenze prevalenti dello Stato e competenze concorrenti. È una materia politico sociale, socioassistenziale, è una materia concorrente in ogni regione. La Regione Lazio ancora non ha recepito questa legge, e anche per quanto riguarda la materia socioassistenziale fa riferimento alla legge regionale 38 del 1996, quindi 4 anni prima della legge 328.

Si potrà osservare più avanti quanto, in materia di Servizi Sociali, in Italia vi sia un divario nelle loro offerte. Come nei dati sulla manifestazione della povertà in tutto il

territorio nazionale, i servizi sociali sono più presenti o scarsi, dipendendo dalle regioni. «Ecco perché noi abbiamo venti sistemi regionali diversi, più forti al Nord, più deboli al Centro, scarsi e pericolosi al Sud», spiega la “testimone privilegiata”.

Nel considerare i vissuti delle persone e delle famiglie italiane rispetto ai servizi sociali, il presidente afferma che, di fronte alle scarsità e fragilità del welfare, ossia, delle politiche sociali, le famiglie sono, dunque, il primo ammortizzatore sociale:

Perché le persone e le famiglie sono completamente sole, e quindi, si interviene dove c‟è la rete primaria, la famiglia e il vicinato, ma dove non c‟è la rete primaria le persone sono lasciate sole nella loro disperazione […] La famiglia è il principale sistema di welfare in Italia. Certamente è sempre stato così; noi speravamo che con la legge 328 le cose cambiassero; poi è arrivata la riforma della Costituzione che ha aggiunto incompetenza e scarsa formazione dell‟amministrazione in materia di innovazione sociale, quindi di lettura del bisogno. Il problema che emerge è sempre quello del “non ci sono soldi!”. Però, io, che sono dentro il servizio, dico anche che i soldi vengono spesi male, anche quell‟unico centesimo potrebbe essere speso meglio e quindi diciamo che le responsabilità sono diffuse. Ci sono delle responsabilità diffuse, comprese le responsabilità delle università. Ma a farne le spese sono le persone che hanno bisogno, perché chi non ha bisogni non se ne rende conto. Nel momento in cui arriva il bisogno, ci si fronteggia con l‟inefficienza, la scarsità, non solo umane, ma anche delle offerte. Quindi a chi ti rivolgi? All‟unica risorsa che tu sai che c‟è e ci sarà sempre, dove c‟è, che è la famiglia.

La cronaca evidenzia un quadro difficile, in cui “le famiglie sono sole”, ossia, non ci sono interventi concreti che riescono veramente ad appagare i loro disagi. Inoltre segnala che talvolta, dietro al discorso della mancanza di soldi (“non ci sono soldi”) da parte degli enti pubblici, possono verificarsi situazioni di cattiva amministrazione e distribuzione delle risorse.

Di fronte a situazioni di lacune nel campo dell‟assistenza sociale in Italia e mettendo al primo posto il vissuto delle persone e delle famiglie, l‟“attivista politico” spinge il suo agire politico alla costruzione e realizzazione di strumenti, come istituzioni capaci di influire nell‟elaborazione delle politiche sociali.

Capitolo VI - Il Comune di Roma – Gli interventi per gestire