• Non ci sono risultati.

NORME PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO (B.U 27 aprile 2004, n 45)

4.2 Le sotto-fasi del processo partecipato

4.2.5 Definizione degli strumenti utili all’ascolto

Tra gli strumenti adoperati per l’ascolto viene privilegiata generalmente l’intervista non strutturata, ovvero all’intervista in “profondità” o “non direttiva”, in quanto questa si propone, secondo quanto emerso dagli studi condotti sullo stato dell’arte di riferimento, di ricostruire il quadro cognitivo, valorizzando la personalità dell’intervistato e permettendo, inoltre, di costruire, a valle delle azioni di merito, una prima mappatura della domanda locale.

Secondo quanto spiegato in molte opere di Schütz, l’esplorazione del “mondo vitale” dell’intervistato implica che l’intervistatore affronti gli argomenti in modo graduale, in riferimento a quanto emerge dalla conversazione, avvalendosi di una lista di temi modificabili sia per natura che per successione, in modo da permettere all’intervistato di divagare in totale libertà.

É necessario, dunque, che l’intervistatore si ponga in condizione di ascolto, limitandosi a fornire segnali che rassicurino il soggetto che ha di fronte. Il contenuto ed il corso delle interviste non strutturate, dunque, potrà permettere di cogliere a pieno il riflesso degli interessi, dei bisogni e degli stati d’animo degli intervistati, infatti, la spontaneità delle risposte riduce le distorsioni derivanti dalla strutturazione delle reazioni.

Al fine di facilitare la condivisione delle conoscenze, delle scelte e delle azioni, inoltre, occorre attivare nella fase di definizione delle azioni di dettaglio i focus

group, costituiti da un gruppo interattivo, in cui i partecipanti sono liberi di

comunicare con altri membri del gruppo. Si tratta di una forma di ricerca qualitativa, in cui un gruppo di soggetti è interrogato riguardo all’atteggiamento personale nei

Capitolo 4

Descrizione del modello procedurale

185 confronti delle tematiche in esame, fornendo informazioni inestimabili sull’accettazione delle scelte strategiche. Generalmente si tratta di una condivisione strutturata, ovvero all’interno dei focus group vengono presentati dei questionari guidati, per poter permettere ai diversi soggetti di avere eventuali chiarimenti di merito, nonché di poter elaborare, anche in un secondo momento, un contributo scritto.

I questionari sono definiti in letteratura come rappresentativi delle cosiddette interviste strutturate.

Tale strumento è composto generalmente da: una breve presentazione della ricerca; una serie di domande; un insieme di istruzioni; una serie di domande all’intervistatore.

Prendendo a modello alcune tecniche sperimentali, si pensa generalmente che le risposte permettono una più agevole comparazione, in quanto tutti gli intervistati sono sottoposti agli stessi stimoli e sono, altresì, uniformi tutti gli altri aspetti della situazione d’intervista.

In realtà occorre tenere in considerazione che l’uniformità degli stimoli non implica l’uniformità dei significati, infatti una stessa domanda può essere interpretata diversamente dai diversi soggetti.

Per tal motivo, volendo tener conto della “liberalizzazione” dell’invarianza degli stimoli, dimostrata dalla norma metodologica, secondo cui “ciò che conta non è l’identità formale degli stimoli, ma la loro equivalenza sostanziale”, i questionari dovrebbero essere utilizzati solo come supporto fisico.

Dunque l’intento dovrebbe essere quello di adottare i questionari senza voler imporre nessun tipo di egemonia comunicativa. Infatti, in seguito ad una ricerca preliminare sulle interviste in profondità, è emersa la necessità di cercare di costruire una griglia di domande ad ampio respiro, in modo da lasciare libero il soggetto di rispondere a suo piacimento e di adattarsi alle domande stesse.

Le domande contenute all’interno dei questionari, distribuiti ai diversi soggetti, dovrebbero, quindi, essere formulate da un mediatore che, in merito al focus group di riferimento e alle esigenze dei partecipanti, potrebbe adattare le domande e l’ordine in cui porre le stesse (venendo incontro, per quanto possibile, alla metodologia tipica delle interviste parzialmente strutturate).

In particolar modo, si ritiene opportuno strutturare i questionari per tematismi considerati di interesse comune a valle delle conoscenze acquisite in prima battuta, mediante l’uso di un linguaggio immediato e di facile comprensione da parte del “sapere esperto”, nonché mediante l’uso di strumenti appositi (immagini, suoni,

colori, etc.), con la finalità di generare un immediato impatto visivo dello scenario di riferimento.

All’interno delle domande è utile rimandare ai contenuti della presentazione preliminare e degli estratti da fornire ai diversi soggetti, in modo da facilitarne maggiormente gli intendimenti.

Parallelamente ai focus group è necessario proporre un’azione diretta di condivisione delle conoscenze, delle scelte e delle azioni all’interno delle scuole, mediante la preventiva progettazione delle attività specifiche da costruire con gli educatori, nonché ulteriori azioni di approfondimento dell’indagine nei quartieri dei comuni in esame. Infatti, sono molte le esperienze che hanno dimostrato quanti riscontri interessanti possono emergere dal coinvolgimento sistematico dei bambini e dei ragazzi e dal contatto diretto con le diverse “parti” del contesto territoriale.

CAPITOLO 5

La definizione dell’area di studio e le finalità dell’implementazione del modello

Premessa

La prima formulazione dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, approvata nel giugno del 1999 a Postdam nella riunione dei Ministri Europei dell’Assetto del Territorio, sottolinea che le prestazioni economiche delle città dipendono molto dalla loro posizione geografica:

− le città regionali nel cuore dell’Europa presentano un potenziale di crescita favorevole, soprattutto nel settore dei servizi;

− le città regionali situate al di fuori del cuore dell’Europa sono dipendenti dalla loro posizione geografica, dal loro inserimento in un corridoio di sviluppo o in una zona d’influenza particolarmente attraente da cui trarre vantaggi;

− le città medie delle regioni prevalentemente rurali sono estremamente

dipendenti dalla posizione geografica e dai vantaggi derivanti da un ambiente rurale di elevata qualità.

In particolare modo, la disposizione geografica dell’Italia, che si colloca verticalmente dal centro verso il sud dell’Europa, costituendosi come una sorta di ponte sul bacino del Mediterraneo, è tale da far ritenere ugualmente degne di attenzione le suddette tipologie di città, perché tutte in qualche modo presenti, anche se dai recenti rilevamenti e dalle generali caratteristiche dell’infrastruttura urbana di cui l’Italia dispone, tra le tematiche emergenti affiora l’esigenza di creare delle reti tra città di piccole e medie dimensioni come risorsa sulla quale investire.

Per tal motivo, nel tentativo di mettere a sistema città con bassa densità abitativa, è scaturita la scelta dell’ambito di sperimentazione, frutto di alcuni studi condotti a livello provinciale, di cui di seguito.

Il presupposto di partenza è stato così definito: se consideriamo le città piccole e medie come un cluster, al variare degli elementi che lo costituiscono, il target di riferimento potrebbe variare. É questo il caso della Calabria, in cui parlare di centri con una densità abitativa medio-bassa è sinonimo di significativi territori comunali ed esigui centri urbani, caratterizzati, il più delle volte, da inadeguati livelli di qualità.

Tali centri costituiscono il nucleo portante dell’intero sistema insediativo regionale, in quanto rappresentativi nella quasi totalità della struttura urbanistica; ben

265 comuni su 409 totali contano meno di 3.000 abitanti, mentre 20 superano i 15.000 abitanti e solo 6 i 50.000 abitanti.

La ridotta dimensione media rappresenta una risorsa in termini di forti caratteri identitari, ma nel contempo rappresenta una debolezza dell’armatura urbana complessiva, in termini di scarsa dotazione di servizi ed infrastrutture.

Nell’ottica di assegnare a tali centri vere e proprie funzioni di “centro urbano”, occorre pensare a nuove forme di sistema che, al variare delle risorse locali, attivino azioni strategiche condivise.

Quindi, in questo contesto, come in molti altri equivalenti, più che dei poli gravitazionali, intorno ai quali costruire azioni di sviluppo, si potrebbe parlare di sistemi di “contropoli” interni, a vocazione rurale, ad esempio, che incrementino uno sviluppo ortogonale alla costa e circolare ai centri urbani direzionali, essi stessi il più delle volte portatori di sviluppo disomogeneo, “temporalmente” e “spazialmente” limitato.

I contropoli, dunque, come nuove centralità esterne a quelle tradizionali dei tessuti consolidati, in prossimità e lungo alcune delle principali infrastrutture di collegamento stradale, come la A3; in prossimità di poli produttivi o commerciali che esercitano una significativa attrazione sulle zone circostanti e limitrofe; nelle vicinanze di zone destinate a servizi o di aree per il turismo.

Outline

Documenti correlati