• Non ci sono risultati.

Le diverse ragioni che hanno influenzato la realizzazione di alcuni piani strategici in Italia

NORME PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO (B.U 27 aprile 2004, n 45)

2.5 Le diverse ragioni che hanno influenzato la realizzazione di alcuni piani strategici in Italia

Le esperienze di pianificazione strategica in Italia iniziano nel 1998 e le città capofila nella preparazione del piano si sono susseguite negli anni nel seguente modo:

1998 – Torino e Roma;

1999 – La Spezia, Genova, Sesto San Giovanni e Varese; 2000 – Firenze, Trento, Venezia, Piacenza;

Capitolo 2

Analisi di alcuni piani strategici internazionali e nazionali per ambiti territoriali d’intervento e focus programmatici

113 2002 – Copparo, Perugia;

2003 – Cuneo, Verona, Vercelli, Catania;

2004 – Barletta, Bolzano, Jesi, Gorizia, Prato, Terni; 2005 – Lecce, Milano e Treviso.

Altre città, inoltre, hanno avviato e stanno avviando piani strategici come ad esempio Napoli, Bari, Assisi, Caserta, Reggio Emilia, Carbonaia, etc.

Molti di questi processi sono stati avviati per svariate ragioni:

− per rispondere a una crisi o al cambiamento di significato del territorio (crisi economica, indebolimento di settori economici tradizionali, nuovo uso di aree dimesse, preparazione di un grande evento, diminuzione della popolazione); − per rafforzare l’identità, la qualità e la competitività locale;

− per consolidare la governance territoriale e il capitale sociale.

Nel tentativo di venire incontro alla sensazione di crisi economica, unita al degrado ambientale ed urbanistico, la necessità di definire un nuovo uso di vaste aree dimesse (industriali, militari e demaniali), in presenza di una scarsa domanda di spazi produttivi di nuove aziende e nel contempo di aumento del fatturato delle aziende presenti, nonché il rischio di indebolimento di settori economici tradizionali associati al territorio, con il rischio del trasferimento di aziende e la scomparsa di eventi simbolo, hanno spinto, ad esempio, città come La Spezia, Milano Nord, Venezia e Barletta ad elaborare dei piani strategici.

La città di La Spezia, in particolare modo, aveva bisogno di affrontare un vero e proprio “cambiamento di pelle”, come dichiarato all’interno dello stesso piano, mediante l’individuazione di una politica di sviluppo che si opponesse alla crisi provocata dal pesante processo di deindustrializzazione degli anni ’80 e ’90, che oltre a generare il crollo della grande industria pubblica dell’armiero, ha generato un inarrestabile declino del territorio, con forte spopolamento del capoluogo, consequenziale all’aumento del fenomeno di disoccupazione.

Il piano strategico di Milano Nord, invece, è stato promosso dal Comune di Sesto San Giovanni che, insieme a tre comuni limitrofi (Bresso, Cinisello Balsamo e Cologno Monzese), ha voluto elaborare una riproposta complessiva volta a far fronte al declino dell’industria siderurgica e meccanica e alla diffusa presenza di ampie proprietà industriali dismesse.

Venezia, inoltre, ha sentito il bisogno di trovare una nuova vocazione economica che desse alla città un nuovo sbocco oltre all’industria del turismo, mediante il ripristino di proprietà ex industriali; mentre l’idea di realizzare il piano strategico nel territorio di Barletta si è basata soprattutto sulla crisi del settore tessile calzaturiero che ha interessato l’area negli ultimi anni, generando, tra l’altro, la necessità di

adottare un nuovo Piano urbano generale (Pug) che comprendesse anche la definizione del nuovo assetto urbano compatibile con le emergenze produttive del territorio.

La necessità di preparare la città ad un grande evento, invece, ha interessato, come già anticipato in precedenza, la città di Torino alla quale è stata chiesta una trasformazione importante e concreta del territorio, che se gestita male, al posto di generare grandi opportunità di crescita e apertura, avrebbe potuto comportare grandi disagi alla popolazione, nonché pericoli di varia natura, come l’abbandono delle aree specializzate, il crollo del mercato immobiliare, la sovra offerta alberghiera.

Mentre, la diminuzione costante della popolazione e in particolare l’esodo dei giovani, con il consequenziale invecchiamento della stessa popolazione, hanno spinto l’Associazione dei Comuni del Copparese (Ferrara) a riorganizzare lo sviluppo di sei comuni, creando un contesto di integrazione al fine di migliorare l’efficienza nell’erogazione dei servizi.

Oltre alla suddette emergenze tematiche, la necessità di coordinare le azioni tra enti pubblici e privati al fine di attivare politiche di marketing territoriale e di attrarre investimenti esterni, determinata dalla percezione di una scarsa comunicazione tra le iniziative pubbliche e private promosse dai soggetti dell’area e di una certa frammentazione di progetti spesso in conflitto tra di loro, ha spinto molti dei suddetti piani strategici.

Molti di essi, infatti, nascono appunto dalla necessità di far fronte a tali problematiche mediante la definizione di politiche capaci di mettere al centro dell’azione pubblica una visione esplicita dell’interesse collettivo, partendo dal presupposto che le ragioni del benessere collettivo delle società locali non sono solo economiche, ma risiedono molto spesso nella ricchezza del cosiddetto capitale

sociale o capitale relazionale.

Partendo da tali presupposti e dalla percezione di essere un territorio svantaggiato dal punto di vista dell’accessibilità fisica, rispetto a grandi assi di collegamento, hanno spinto, ad esempio, la città di Lecce a definire il piano strategico come strumento di governance territoriale.

Tale piano persegue, infatti, la competitività in chiave sovralocale, al fine di coinvolgere nel processo decisionale gli operatori privati e la società civile, di agevolare azioni di marketing, anche in tramite la promozione di reti di alleanze, nazionali e trasnazionali, tra città e territori, nonché di individuare e promuovere le strategie di sviluppo locale in un’ottica di sistema con le opportunità derivanti dalle politiche infrastrutturali, cogliendo le esternalità in termini di produzione di distanze spazio-temporali tra città e territori.

Capitolo 2

Analisi di alcuni piani strategici internazionali e nazionali per ambiti territoriali d’intervento e focus programmatici

115 Il tentativo, dunque, è quello di superare le perifericità, mediante la costituzione di reti di città motivate e sostenute da strategie di sviluppo complementari, praticabili anche in termini di accessibilità.

La necessità di definire azioni congiunte tra territori limitrofi è, dunque, un’altra delle forti ragioni che ha spinto diversi contesti territoriali ad avvalersi del piano strategico, al fine di creare un’identità comune nel vasto territorio del capoluogo e nei numerosi comuni che gravitano nella sua zona d’influenza, basti pensare a Varese, Perugia, Pesaro e Treviso.

Nel caso di Perugia, ad esempio, il piano ha preso spunto dal dibattito intorno agli indirizzi del nuovo piano regolatore della città, che ha evidenziato la necessità di un programma istituzionale di regolazione, coordinamento e stimolo allo sviluppo per il capoluogo e per la sua area di influenza diretta, ovvero dei comuni limitrofi.

Per quanto concerne Pesaro, invece, il piano strategico, pur avendo come territorio di riferimento la città, è caratterizzato da molti progetti che hanno la dimensione territoriale allargata, evidenziando l’acquisizione della consapevolezza secondo cui lo sviluppo del territorio richiede una capacità di governo complessa, capace di alimentare e irrobustire la filiera decisionale verticale, la quale al tempo stesso, deve essere in grado di appoggiarsi su una crescente e rinnovata vitalità delle reti

orizzontali. Tale apertura viene evidenziata, in particolare modo, dalla elaborazione di

un protocollo d’intesa fra la giunta regionale delle Marche e la giunta comunale di Pesaro, all’interno del quale la Regione esprime il desiderio di volere valorizzare le potenzialità operative del processo di pianificazione strategica proponendosi come referente per la fattibilità dei progetti strategici e per l’allargamento degli scenari e delle alleanze.

Interessanti da questo punto di vista sono altresì gli obiettivi strategici espressi nel piano di Treviso, che nascono in collegamento con i tre macro obiettivi del piano territoriale di coordinamento provinciale, al fine di intervenire sul livello economico e sociale territoriale, e si sostanziano nel seguente modo: creare una provincia- comunità, incamminata su un modello di interesse sociale, di qualità della vita, di riqualificazione del territorio e di sostegno allo sviluppo; creare una provincia leader, che sappia costruire un nuovo ruolo all’interno del mercato globale e nella competizione tra i territori; creare una provincia network territoriale, che da costellazione diviene territorio sinergico e coeso, capace di affrontare le sfide della competizione globale e territoriale, puntando sulla propria volontà di fare sistema.

Come si evince anche dallo stesso piano di Treviso, dunque, è ampiamente sentita e condivisa anche la sensazione che le trasformazioni economiche, indotte dai processi di integrazione a carattere globale, stiano accelerando e rischiano di

penalizzare fortemente le città e i territori dal punto di vista della qualità, dell’efficienza e dell’identità territoriale.

Per tal motivo molti piani strategici nascono con la necessità di reagire in senso volontaristico a tali rischi, puntando sulla qualità, intesa come condizione della vita e del lavoro, accessibilità ai servizi primari e benessere ambientale; sull’efficienza dei territori intesa come offerta dei servizi e delle condizioni di accessibilità e di mobilità, nonché come riferimento alla cosiddetta resource efficiency, vale a dire l’efficienza in termini di uso delle risorse scarse, suolo e energia; sull’identità territoriale, intesa come vocazione produttiva, competenze, capacità d’uso delle conoscenze del capitale sociale, inteso in termini di capacità associativa, condivisione dei valori, codici di comportamento e fiducia reciproca (Di Filippo, Rennie, Tanese, 2006).

Si tratta di obiettivi complessi, che scaturiscono dall’interazione del sistema economico, ambientale e sociale, che non possono essere perseguiti con strumenti tradizionali di policy e di governance.

E’ questo, ad esempio, il caso di Milano che risponde alla sfida della competitività mediante il piano strategico, il quale si concentra su tre aspetti cruciali: definire forme dell’innovazione e dell’eccellenza, oggi più complesse che in passato; creare nuove immagini di riferimento, che interpretino sia l’apertura della regione che la sua complessità interna (città di città, regione urbana come città estesa, città pedemontana sono alcune delle interpretazioni geografiche possibili su cui si intende provare a riconoscere forme di vita e pratiche sociali, reti tra attori e politiche a partire dalle quali procedere all’attivazione di politiche, programmi e progetti innovativi); riconoscere e interpretare le relazioni tra popolazioni (vecchie e nuove) e pratiche di vita, tra le diverse forme di mobilità (persone, merci, informazioni), tra i territori e i luoghi lenti e veloci.

Tali elementi strategici sono inoltre riconoscibili anche nel piano strategico di Bolzano, che vuole rispondere alle esigenze di realizzazione di un modello reticolare complessivo di governo strategico del comune, partecipato, continuato e misurabile, nonché di uno sviluppo manageriale dell’organizzazione attraverso l’individuazione e la definizione, nel lungo periodo, del possibile posizionamento internazionale della città.

La finalità di ritrovare e rafforzare la qualità della vita, come già detto, permea molti piani tra i quali si vogliono sottolineare quelli di Trento e di Catania.

Il primo individua tra le linee strategiche del piano: la città trovata, ovvero la necessità di recuperare il rapporto con il fiume, di riqualificare le aree dimesse o degradate, di ricucire il tessuto urbano fra centro storico e Trento nord, di rivitalizzare

Capitolo 2

Analisi di alcuni piani strategici internazionali e nazionali per ambiti territoriali d’intervento e focus programmatici

117 i quartieri; la città delle connessioni (mobilità, accessibilità e collegamenti); la città da vivere.

Il secondo, nato dalla necessità di avviare un processo che porti alla realizzazione di piano strategico metropolitano, mediante la elaborazione propedeutica di un

masterplan (Osservatorio socio-economico del Comune di Catania), individua come vision di partenza quella inerente una città bella, colorata, pulita, sicura, competitiva

nel rispetto delle identità culturali, dotata di una salda coesione sociale che permetta alle differenti componenti culturali, sociali ed economiche di evolversi in armonia; mentre come mission quella di una città leader in Sicilia, che assuma i luoghi della storia e della cultura come matrice della sua identità e come segno e qualificazione dell’intera città metropolitana, animata da processi di apprendimento continuo, luogo del vivere insieme, gestito da una governance che richiede la collaborazione della comunità urbana per garantire qualificazione continua delle sue strutture e funzioni, per rendere sostenibile lo sviluppo e per migliorare la qualità della vita.

a supporto della pianificazione strategica

Premessa

Di fronte ad uno scenario sempre più competitivo il sistema territoriale è costretto ad uscire da una posizione passiva, e a proporsi attivamente come protagonista di questa fase dello sviluppo, per orientarne la direzione verso esiti di crescita economica e sociale, ma anche di arricchimento culturale e scientifico. Per tal motivo, occorre adottare una politica dell’accoglienza e della promozione del sistema territoriale, utilizzando modelli, processi, tecniche, approcci, strumenti e metodi ad

hoc.

I modelli di marketing applicati al territorio, il processo di governance, le tecniche di negoziazione, gli approcci del processo partecipato, gli strumenti della valutazione, i metodi di analisi a supporto delle decisioni, rappresentano alcuni degli elementi fondamentali al fine di costruire un piano strategico che caratterizzi in maniera coerente le scelte degli obiettivi di sviluppo.

Tutti gli elementi si differenziano tra di loro per specifici orientamenti, si riferiscono ad operazioni di strutturazione, analisi dei dati e dei giudizi, ognuno dei quali richiede propri metodi e tecniche, ma si incrociano in un punto comune che è quello inerente la ricerca della qualità, mediante il soddisfacimento delle esigenze del pubblico e la valorizzazione sostenibile dell’entità territoriale, ovvero alimentando il rapporto tra soddisfazione e acquisizione di valore.

La riconfigurazione di una unità territoriale necessita, dunque, di un nuovo linguaggio di analisi, di progetto e di gestione, un linguaggio che, partendo dalla considerazione che il territorio è come un sistema di persone, diritti, istituzioni, nonché come un sistema di attività e di risorse, coinvolga tale sistema in un percorso che individui gli elementi utili alla promozione territoriale, definisca in maniera adeguata la logica di azione degli attori istituzionali, interpreti in termini di conoscenza condivisa e praticabile le scelte di piano, valuti opportunamente la fattibilità di tali scelte.

Capitolo 3

Modelli, processi, tecniche, approcci, strumenti e metodi a supporto della pianificazione strategica

119 processo di sviluppo, in quanto può contribuire sia ad agevolare circuiti virtuosi di apprendimento che circuiti viziosi di resistenza, che possono ostacolare la formazione di un nuovo schema concettuale.

Outline

Documenti correlati