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Adesso, delineati i confini generali, è possibile andare a precisare in maniera più puntuale. Una definizione più circoscritta e funzionale suona è la seguente: “L’eLearning è un sistema

esplicito di apprendimento-insegnamento che ha come sua componente caratterizzante la rete, in quanto risorsa e ambiente, all’interno della quale occupa spazi dedicati.”

Come si nota facilmente ci troviamo su un terreno che mostra caratteristiche e asperità ben differenti rispetto al precedente. Si può praticare un percorso analogo rispetto a quello intrapreso per la definizione generica, vagliando anche stavolta le scelte terminologiche. La selezione della parola sistema, ad esempio, è accurata. Da un lato, serve ad evidenziare la preminenza che assumono, riguardo all’aggregato complesso che è l’eLearning, i collegamenti rispetto ai singoli elementi. Lascia aperte, dall’altro, diverse possibilità di specificazione del termine; non esclusa la prospettiva, didatticamente assai feconda, d’indirizzarsi verso l’idea di ‘sistema complesso ed adattivo’, quindi: in grado di evolvere nel tempo, di rimodellarsi e cambiare in base all’esperienza e di trovarsi perciò in equilibrio dinamico all’interno del suo ambiente.

Nello specifico, come si è detto, si tratta di un sistema di apprendimento-insegnamento; meno banale è invece la direzione del collegamento fra i due termini. L’apprendimento si trova in prima battuta per segnalare la centralità del soggetto ma, qui, a differenza dalla precedente definizione, viene incalzato a stretto giro dall’insegnamento. Insegnamento che, dichiarandosi esplicito, entra in campo con tutta la sua intenzionalità e progettualità. Si tratta dunque di apprendimento formale in piena regola, che prevede ad esempio: l’ideazione e la messa in opera di percorsi specifici e ben calibrati; la scelta dei modelli didattici idonei; la definizione e l’arredo degli spazi dedicati; la predisposizione delle modalità di accertamento degli esiti, e infine il rilascio dei riconoscimenti formali dell’itinerario svolto. Si tratta dunque di vera e propria progettazione. In questo caso il trattino presente fra apprendimento e insegnamento potrebbe non separare, ma questo è evidentemente un vezzo, quanto unire i due termini, simboleggiando idealmente la congiunzione degli sforzi progettuali di chi insegna e di chi apprende nella co-costruzione del percorso didattico.

Più rilevante, invece, è evitare di dare per assunta la natura formale del sistema eLearning, riferendomi con il termine ‘formale’ al suo aspetto di processo esplicito e mirato. Ritengo invece più legittimo giustificarne costantemente il carattere necessario. Si potrebbe sorvolare forse, concordando sul fatto che il taglio pedagogico della riflessione è dichiarato o, comunque, ritenendo (erroneamente) pacifica la presenza, quando non la prevalenza, di una componente formale nei processi d’apprendimento. È spesso comodo, nonché sensato, presumere molto più di quanto sia lecito; ci muoviamo in base a schemi che recitano più o meno così: dato che si tende a pensare/fare così, allora è logico/necessario pensare/fare così. Si tratta, come abbiamo già detto del nostro procedere per euristiche. Eppure, a volte, giocando a smantellare il carattere necessario dalle questioni che irriflessivamente appaiono “naturali”, si finisce per scoprire qualcosa in più. Magari con l’unico risultato di tornare a ribadire quanto possa essere qualificante il requisito d’intenzionalità. Eppure pregevoli risultano i risvolti taciti che sempre affiorano, i quali altrimenti rimarrebbero all’ombra della necessità. In relazione alla rete è tanto più doveroso sollevare dubbi sulla liceità del formale, in ragione dell’enorme ricchezza di apprendimenti non formali ed informali che i suoi intrecci sembrano promuovere in modo tanto naturale e caratteristico.

Infatti:

“L’aspetto paradossale – che si va verificando da diverse prospettive di ricerca – è che, nel

momento in cui conoscenza e apprendimento sono stati riconosciuti come attività che si praticano e si esercitano in luoghi sociali naturali quali famiglie [...], laboratori di ricerca, luoghi di lavoro ad alta tecnologia [...] e/o ad alta interazione [...] diventa arduo presupporre o dare per scontato che attività cognitive complesse si possano verificare anche in luoghi “artificiali”, per quanto ad esse deputati dalla società, quali sono le scuole, le Università o i laboratori di sperimentazione psicologica!”66

O gli ambienti intenzionali di eLearning, possiamo aggiungere all’elenco. Di sicuro la rete è un luogo ad alta interazione e nelle sue forme liquide è assai poco ‘artificiale’, come sa chiunque la abiti con divertimento e curiosità, districandosi fra blog, social network, giochi online, chiacchiericci in audio e testuali o altre consimili amenità. E dunque, ci si deve chiedere: ha senso dentro la rete, circoscrivere orticelli formali protetti e mettersi a “far scuola”? La risposta non è e non deve essere data per scontata. Come non è fruttuoso allarmarsi o levare grida al solo udire un’esigua manciata di audaci che ventilano l’ipotesi dell’arrivo prossimo venturo del giorno in cui risulterà superfluo allestire percorsi formali d’apprendimento. Si osserverà e se ne riparlerà, magari senza preventivi arroccamenti di posizione. A tutt’oggi, a ben vedere, pare ancora indispensabile un periodo di allenamento guidato per garantire che i soggetti in apprendimento possano appropriarsi degli strumenti conoscitivi e dei modelli operativi che consentiranno poi loro di fare da sé. Strumenti e modelli indispensabili, dunque, perché in tempi successivi gli stessi soggetti riescano a pianificare e percorrere in piena autonomia i propri sentieri attraverso i saperi; che li mettano

66 Pontecorvo, Clotilde. “L’apprendimento tra culture e contesti”, in Ponte- corvo Clotilde, Ajello Anna M., Zucchermaglio Cristina (a cura di), I contesti sociali dell'apprendimento. Acquisire conoscenze a scuola, nel

in condizione di comprendere e soddisfare i propri bisogni conoscitivi e infine di, come si dice molto e si pratica molto poco, continuare ad apprendere lungo tutto l’arco della vita. Tutto ciò, evidentemente, non è automatico e neppure scontato. Non è affatto detto che si realizzi. Non è scontato in rete, certo, così come non è scontato fuori. A scuola, per esempio. Eppure per ora, nonostante tutte le sue criticità e nonostante le incredibili opportunità aperte da inedite e molteplici occasioni ‘fuori curriculum’, non sembra che l’apprendimento formale possa venir scavalcato né sostituito in maniera automatica da una qualche tecnologia, per quanto all’avanguardia. È vero che l’ambito complessivo degli interventi didattici formali, nelle varie declinazioni possibili: scuola, università, formazione professionale, ecc., è attraversato da una crisi profonda e appare in difficoltà di fronte a numerose impasse. Eppure rimane, almeno idealmente, quello spazio unico e privilegiato in cui è possibile provare a governare il cambiamento, nel quale poter tentare il superamento effettivo di molte disuguaglianze, che se ben abitato può consentire lo sviluppo del fortemente invocato spirito critico e di conseguenza l’emancipazione dei soggetti da pressioni eteronome. I buoni governi o i sani mercati sono davvero sani quando vengono favoriti da una cittadinanza attiva e cosciente, in grado di chiedere trasparenza e influenzare le rotte di navigazione e il corso degli eventi.

Ma a formare un‘attenta cultura civile per tutti, ci riescono forse l‘e-learning o la scuola? Questo si e ci chiederebbe la Pontecorvo. È lecito dubitarne. Anche le migliori intenzioni pedagogiche rischiano di impantanarsi nella retorica, in maniera tanto più consistente quanto meno le dichiarazioni risultano debitamente accompagnate da un serio sforzo di comprensione non partigiana di quel che accade: nei mutati panorami e orizzonti della conoscenza, nelle inedite configurazioni mediali, nelle trasfigurate modalità cognitive dei giovani nati nella rete (i cosiddetti nativi digitali). E più che di intenti ci sarebbe bisogno di una seria filosofia pedagogica, o quanto meno di riflessioni saldamente ancorate ad un’attenta e continua osservazione dell’esistente, dell’esistente che è in movimento. Invece quando si dice che occorre garantire sia un primo sostegno molto forte, di base, sia la possibilità per i soggetti di rientrare in percorsi guidati ogni qual volta ne sentano la necessità, oramai sembra di udire campane rotte. Obiettivi questi, che ripetuti a tambur battente dalla ricerca educativa sia nazionale che europea che infine internazionale, sembrano però rimanere lettera morta, e prevedibilmente lo saranno almeno fino a che, oltre alle imprescindibili risorse finanziarie, non si metteranno in campo adeguate strategie: politiche, certo, ma anche didattiche. Occorre una vera cultura della progettazione.

Ma torniamo alla definizione proposta. Suo aspetto caratterizzante, oltre essere quello, come già visto, di inserire l’e-learning nell’alveo dell’educazione formale, è di avvalersi della rete. Non siamo più a mollo in un generico ambiente digitale, ma ci troviamo a fare i conti con uno specifico medium: la ragnatela, il web; luogo in cui ognuno è un nodo pronto a ricevere ma altrettanto propenso a trasmettere, così contribuendo a ridisegnare e ricostruire il proprio contesto. Contesto che è prodotto ed intessuto a partire da conoscenza disseminata, distribuita, condivisa. Si tratta del territorio in cui il testo si è trasformato in ipertesto,

ampliando il campo delle possibilità di creare collegamenti fra le più disparate informazioni conoscenze discipline, ed è lo spazio in cui le persone si sono spontaneamente organizzate in reti sociali. Detta così sembra il posto perfetto, e certo non lo è. Però di sicuro è un luogo ricco, come lo è il mondo di fuori. Che ‘dentro’ e ‘fuori’ non è granché come lessico ma risulta pur sempre meglio che riferirsi al mondo ‘vero’ e ‘artificiale’, o ‘reale’ e ‘virtuale’, tutti concetti spuntati dal momento che le ibridazioni sono all’ordine dell’istante.

In ogni caso anche la rete è cambiata, non è rimasta ferma. O ha fatto muovere noi, che poi è lo stesso. Così giungiamo al frammento di definizione che riconosce la rete quale componente caratterizzante per l’e-learning, sia in quanto risorsa, che in quanto ambiente. La differenza è semplice: è una risorsa perché dentro ci vai a cercare le “cose”, che è poi quel che fanno subito tutti i neofiti. Guardare il meteo. Poi si passa al giornale, con il rischio già di sconfinare nell’ambiente se poco poco ci si imbatte in un blog informativo che ti invita a commentare. Si cerca un termine su Wikipedia, rischiando anche lì di cadere nella rete dei costruttori di ambienti. Si cercano informazioni su una propria passione, poi tante volte ci si imbatte nei gruppi attivi che di quella passione discutono animatamente ogni giorno. Ed è così che spontaneamente si giunge all’ambiente, ambiente fatto di “cose” certo e poi di persone. Così come di luoghi e ricordi. E di parole, certo. Tutto insieme.

E arriviamo alle ultime battute della definizione. Per ora si sono ritagliati solo una parte degli apprendimenti, ossia quelli guidati, e solo quelli che si avvalgono della rete come punto di forza. La presenza e la distanza anche qui non sono concetti ai quali riconoscere diritto di cittadinanza, dato che stanno progressivamente perdendo valore e capacità esplicativa nelle riflessioni di chi realmente si occupa di rete. È il momento di aggiungere al riguardo un elemento di ulteriore complessità; rimane del tutto aperta l’alternativa, ed anzi rappresenta la tendenza teorica largamente prevalente fra i ricercatori, di allestire corsi che miscelino in varia misura la presenza e l’attività in aula con la presenza e l’attività in rete. Contando di non incappare in alcuna assenza o distanza.

Questa seconda, ed ultima, definizione di e-learning restringe il campo e include rispetto all’altra, sotto il suo più formale cappello, un numero inferiore ed omogeneo di esperienze che si possono dividere principalmente in tre macrocategorie. La prima comprende l’apprendimento-insegnamento che si concreta esclusivamente in rete, senza il ricorso alla contemporaneità e contiguità spaziale all’interno di un’aula fisica. La seconda è rappresentata dall’adozione di una configurazione mista di aula e rete, ossia la cosiddetta forma blended; si tratta di un modello considerato quasi all’unanimità la via d’elezione per realizzare moderni percorsi formativi, ovviamente declinabile caso per caso anche rispetto alla modulazione e al bilanciamento di un polo rispetto all’altro. Infine, la terza comprende l’arricchimento della lezione d’aula attraverso l’uso del web. Diciamo che questa forma, anche detta integrated learning, potrebbe essere considerata una blanda forma mista, se non fosse che gode di una certa fortuna in alcuni ambiti (come quello universitario) e che non riconosce spesso nei fatti pari dignità alle due componenti, venendo spesso il web considerato come di semplice complemento e supporto alla lezione tradizionale.

Si tratta, come si vede, di categorie estremamente generiche e dunque declinabili in una pluralità di modi diversi. La discriminazione qui effettuata pur possedendo un elevato valore pragmatico, è tutta concentrata sulla determinazione della quantità del tempo che viene speso in un ambito oppure nell’altro. Ci si chiede in sostanza per la categorizzazione: Quanto tempo è previsto ‘dentro’ o ‘fuori’ dallo spazio della rete?

Ultimo ma non ultimo, visto che alla declinazione del tema sono stati dedicati fiumi d’inchiostro e di bit, rimane da esplicitare cosa si intenda dire nella definizione affermando che l’e-learning occupa in rete degli “spazi dedicati”. Si tratta, volendo allinearsi alla metafora scolastica, degli edifici in cui si svolgono le attività. Infatti degli edifici condividono la funzione, trattandosi di recinti protetti predisposti in rete in modo da servire come luoghi d’incontro e di scambio. In gergo: la piattaforma. Ognuna delle tre categorie appena citate condivide il problema di scegliere una tipologia di piattaforma e, cosa che più interessa noi, definire un ruolo da attribuirle. Più intesa come deposito di risorse o come occasione di dialogo e collaborazione, più aperta all’esterno della rete o più autoreferenziale.