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10. La trasformazione dei ruoli

10.1. Figure di docente/studente

Dal momento in cui è l’apprendere, e non l’insegnare, a stagliarsi come figura sullo sfondo della relazione educativa il discente si trova improvvisamente al centro della scena, deflettendo in parte il riflettore dalla figura dell’insegnante. Quest’ultimo non può più presenziare in cattedra con aria onnisciente. Chi apprende si trova a mutare il suo ruolo, a farsi protagonista, trasformando così il rapporto che ha con l’autorità e finendo per incidere anche nel rapporto che l’autorità intrattiene con il proprio ruolo. È ovvio che ne risulta un sovvertimento complesso e nient’affatto automatico. Si tratta di una tendenza che si ravvisa chiaramente nel web: la desacralizzazione e decentralizzazione di alcuni ruoli gerarchici di consolidata tradizione. Il concomitante emergere di nuove riconfigurazioni nelle strutture di potere è altrettanto evidente, ad esempio nel caso del ruolo attivo, ed anche di controllo, assunto verso i produttori da parte dei consumatori, che vanno repentinamente perdendo l’attributo archetipico di passività.

Il docente insomma deve affidare parte del suo potere nelle mani del discente. Le visioni apocalittiche di prima maniera sulla morte della figura docente, per mano dell’eLearning, però si sono rivelate completamente infondate. Se infatti si è incrinata la sacralità del ruolo, il docente non ha visto scemare né il valore né l’essenzialità di alcune sue funzioni, alle quali se ne sono aggiunte anzi di nuove. Né soprattutto è diminuita la sua presenza; al contrario. Piuttosto si è trovato nella necessità di dedicarsi ad un intervento continuo e partecipato dato che, una volta sceso di cattedra, il docente online è costretto a mettere le mani in pasta. Come in bottega il maestro è un artigiano, si trova al lavoro insieme agli altri ed è impegnato a dimostrare la sua competenza esperta in modo da farsi riconoscere come modello autorevole, fornendo al contempo stimoli e un solido appoggio. Allo stesso tempo il docente non può esimersi dal mettersi in gioco, dall’aprirsi a sua volta al ruolo di discente: occasione peraltro unica di conservare un’elevata capacità di innovazione. Come l’artigiano che ricerchi il miglioramento continuo e l’eccellenza nella propria arte anche l’insegnante deve accogliere, all’interno di una visione di continuità con il passato, tutte quelle novità giudicate atte a dischiudere prospettive di arricchimento, assumendo con esse i relativi salti e rischi di discontinuità. Questo il vero senso dell’aggiornamento professionale, ben più che la pur importante frequenza a qualche corso episodico, foss’anche per l’uso dell’ultima tecnologia disponibile.

Acquistano poi un marcato rilievo, nel contesto dell’eLearning, le funzioni di progettazione didattica necessarie alla predisposizione dei corsi e dei percorsi; come diventa più spessa la competenza autoriale richiesta al docente, sia nella preparazione dei materiali che negli interventi scritti ed audiovisivi durante lo svolgersi delle attività. Tanto più questo ruolo d’autore acquista spazio se ci si pone nell’ottica della bottega, per cui alla fine del percorso si materializzeranno una o più opere collettive. La mano del docente dunque sarà a volte la mano dell’autore da imitare, altre volte si piegherà ad esigenze redazionali o persino editoriali.

D’altra parte, poiché l’intero flusso comunicativo non ha più necessità d’attraversare il docente per avere dignità d’espressione emergono anche le competenze autoriali degli stessi partecipanti. Lo sguardo d’autore si manifesta negli interventi articolati dei discenti. Si manifesta, ancor più, nella produzione di opere collettive. Ed infine si manifesta, inaspettatamente ma inequivocabilmente, nella riproposizione in forma scritta di quel ricchissimo chiacchiericcio e brusio che si ode sempre fuori dalle aule fisiche; quel baratto di spunti e idee, quell’incredibile vivacità di scambio che si diparte in molteplici direzioni, tutto ciò viene portato all’interno del corso, ne diventa una parte trasparente, acquista dunque consapevolezza, incrementando considerevolmente la conoscenza e la condivisione. Per rendere realmente fruttuosi questi movimenti vitali però occorre, in un corso che possa dirsi strutturato, orientare i flussi conoscitivi. E dunque la necessità di creare nell’ambiente di eLearning degli effettivi gruppi d’interesse che collaborino proficuamente, lavorando di concerto, fa emergere con chiarezza altre competenze di cui il docente deve dotarsi. Competenze che comprendono la sapiente interpretazione e gestione dell’atmosfera, la conduzione equilibrata delle dinamiche interne ai vari gruppi e al gruppo allargato, la tenuta salda della rotta del corso nel suo complesso. Si tratta di capacità articolate che richiedono una certa abilità di sintesi nell’opera di monitoraggio, un’attitudine a reazioni rapide e continue ma non rigide e dunque una forte disposizione alla fluidità. Si tratta, in una parola, di assumere funzioni di regia. Il docente si fa dunque rapsodo, un tessitore di canzoni che interpreta e orchestra il ritmo della tessitura collettiva.

È evidente, constatando l’elevato numero di ambiti fra cui il docente online deve destreggiarsi, il perché si sia sviluppata un’indiscussa abitudine al lavoro in equipe. Abitudine, anche mentale, che si è imposta in rete per la quasi totalità delle esperienze, non esclusi i cosiddetti siti personali o gli stessi blog, che più di altri luoghi sembravano doversi configurare come pratiche condotte individualmente. Gli staff che gestiscono i corsi di eLearning sono di frequente ben nutriti e non comprendono solamente il docente scortato da addetti all’assistenza tecnica ma anzi, e marcatamente, accolgono una folta schiera di figure che posseggono robuste competenze didattiche. Come ben si può notare nel caso degli esperti e dei tutor; ma, come a ben guardare, si verifica per gli stessi tecnici che non possono essere del tutto sprovvisti di competenze didattiche, dato che ogni scelta tecnica reca con sé ricadute di natura culturale. Si potrebbe quasi fotografare la situazione dicendo che la potenza del ruolo docente, a contatto con il web, si sia andata distribuendo per finire nelle mani anche dei discenti, dei tutor, di una serie di altre figure e permeando la stessa piattaforma, così come gli strumenti. Invece di tradursi in una diminuzione o una disgregazione del ruolo docente questa sorta di propagazione ha fatto emergere una responsabilizzazione maggiore, anche collettiva, nei confronti dell’insegnare. Gli stessi discenti si trovano a ricoprire a turno il ruolo di insegnanti e di esperti, a seconda dei momenti, degli ambiti, delle competenze, dei punti di forza di ognuno. La fluidità dei ruoli si riscontra anche nello staff di gestione, che ha la stessa connotazione di specializzazione non rigida già intravista nel modo di operare in bottega. Ognuno può utilmente ricoprire il ruolo degli altri, chiaramente solo in parte e fatta salva la propria specificità e competenza.

L’energia che si sprigiona da questi rovesciamenti e dalla parziale sovrapposizione dei ruoli è indubbia, come è evidente la ricchezza dei mondi di rete. Si sono dunque sciolti, come per magia, tutti i nodi problematici relativi ai ruoli di chi è deputato ad apprendere e di chi ha il compito di insegnare? Ovviamente no, le maggiori possibilità di contattare apprendimenti spontanei e multidimensionali, informali come li si è chiamati finora, così come la maggiore flessibilità dei ruoli, porta spesso a un incremento di confusione e di dispersione e all’aumentata difficoltà di gestire situazioni via via più complesse.

“Ora, il computer e Internet, in particolare, stanno contribuendo a trasformare l’apprendere

e l’insegnare in qualcosa di complessa definizione e attuazione in termini di riproducibilità e di formalizzazione. I confini e le differenze tra l’una e l’altra dimensione sono, infatti, sempre più indecidibili e sfumati, soprattutto in termini di rispetto dei ruoli e dell’agire delle motivazioni. Insomma, se apprendere diventa un gioco da ragazzi motivato dalla passione per qualcosa di molto personale, da fare quando e come si vuole, insieme a chi si vuole, che ne sa altrettanto o forse di più, magari in tutte le lingue del mondo, e se per imparare quello che serve per fare ciò che si preferisce si devono mescolare ai saperi formali saperi «sporchi» di cultura popolare, di pratiche sociali, di culture dei consumi e se, d’altra parte, anche i saperi formali si sfilacciano aggrovigliandosi in testi di chiacchiere, cosa sarà più «apprendere» e, soprattutto direi, «in- segnare»?”80

Per non parlare, in questo mutato scenario, della difficoltà del valutare.