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A giudicare dai nomi stessi che attribuiamo alle motivazioni “primarie” e “secondarie” sembra già che si possa ravvisare l’esistenza di un ordine di priorità. Le diverse motivazioni che costituiscono la base del nostro agire non presentano tutte lo stesso grado di “urgenza”. Osservazione che peraltro appartiene al senso comune. Se i bisogni basilari, come la fame, assumono carattere impellente non si riesce a pensare ad altro e gli altri motivi per quanto rilevanti passano in secondo piano. Oppure capita di trovarsi costretti a ordinare motivi diversi, che si trovano in competizione fra loro, in base all’importanza relativa che rivestono. È quindi di evidenza quotidiana l’esistenza di una gerarchia dei bisogni.

Lo psicologo Abraham Maslow elaborò la sua celebre gerarchia dei bisogni nel 1954, ponendo bisogni e motivazioni in ordine di priorità23. In questa gerarchia, lo studioso cercò

di rendere conto al tempo stesso sia dei bisogni a carattere biologico che delle motivazioni a carattere sociale. In questa prospettiva l’ordine della sequenza dei bisogni è vincolante, ossia la soddisfazione dei bisogni più elementari è la condizione per l’emergere dei bisogni più evoluti. Questa gerarchia si può descrivere come una scala che parte dai bisogni più elementari (primari) e sale su fino ai bisogni più complessi e sofisticati (secondari). Viene per l’appunto rappresentata mediante la “piramide motivazionale” (v. fig. 1),

Parlare di “ordine di priorità” in questo caso equivale a dire che: ci sono dei bisogni da soddisfare prima di altri e, fintantoché i primi non sono stati appagati, gli altri non possono essere presi in considerazione. Un bisogno che rimane insoddisfatto concentra tutte le energie motivazionali entro la gamma di condotte atte ad appagarlo, non consentendo l’accesso ai bisogni superiori della scala. Così, secondo questo modello, solo una volta soddisfatto il bisogno biologico della fame, e non prima, possono essere concentrate le energie motivazionali su un comportamento che fa capo ai motivi della sicurezza.

23 Maslow, Abraham H. Motivation and personality. Harper & Row, New York 1954. E una rielaborazione rispetto alla prima versione si trova in: Maslow, Abraham H. Toward a psychology of being. Van Nostrand Reinhold, New York 1968.

6.1. La scala

La scala che Maslow propone si compone di cinque fasi consecutive che vanno dai bisogni più semplici (legati ai fattori fisiologici) alle motivazioni più complesse (collegate con l’autorealizzazione). Riportiamo queste fasi in un elenco progressivo, con qualche breve riga di descrizione.

bisogni fisiologici: i bisogni fisiologici stanno alla base della piramide e come tali sono i

primi a dover essere soddisfatti. Sono decisivi, in quanto legati alla stessa sopravvivenza fisica dell’organismo. Per questo i disagi correlati a una loro non piena soddisfazione sono estremamente sgradevoli. Vi compaiono fame, sete, sonno, termoregolazione ecc. Sono bisogni prepotenti, chiamando in causa l’istinto di autoconservazione.

bisogni di sicurezza: solo una volta soddisfatti i bisogni fisiologici, l’essere umano può

preoccuparsi di un secondo livello di esigenze. Questo livello riguarda i bisogni relativi alla sicurezza e all’incolumità, sia dal punto di vista fisico che emozionale. Anche qui si rimane ancora nell’alveo della concretezza. Quindi ci si trovano i bisogni di sicurezza che si concretizzano nella ricerca di: protezione, tranquillità, prevedibilità, libertà dalla paura, soppressione di preoccupazioni e ansie, evitamento delle condizioni di precarietà. Insomma si tratta della sempiterna ricerca umana di un mondo ordinato e libero da paura e ansia.

bisogni di appartenenza: emergono poi i bisogni di appartenenza, attaccamento e amore.

Questi consistono nel bisogno di sentirsi parte di un gruppo, di appartenere ad un’unità sociale quale la famiglia o il gruppo amicale. Vanno qui inseriti i bisogni di essere amati e amare ma anche l’esigenza di cooperare con gli altri e di compartecipazione. Questa categoria rappresenta l’aspirazione di ognuno a essere un elemento pienamente inserito in una comunità.

bisogni di stima: appagate le precedenti esigenze affiorano i bisogni di autostima. Si tratta

della ricerca di un sentimento di soddisfazione per la propria vita, sia in ambito professionale che privato, così come di avvertire fiducia nelle proprie capacità di riuscita. Si ha necessità di veder riconosciuto dagli altri il proprio apporto e contributo. Si desidera essere rispettati e approvati. A questo livello è rappresentata l’esigenza di sentirsi competenti e produttivi.

bisogni di autorealizzazione: da ultimo si ha l’esigenza di realizzare la propria identità.

Quindi si desidera esprimere al meglio le proprie potenzialità, anche misurandosi con i propri limiti. Questo è un livello di pienezza in cui l’ambizione è di far collimare le aspettative con la realtà. Il che comprende anche l’intento di rivestire una posizione significativa all’interno del proprio contesto sociale in una prospettiva super-individuale. Qui si esprime l’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere o, ancor più ad essere il meglio di ciò che possiamo essere, sfruttando pienamente le nostre facoltà mentali e fisiche.

Figura 1 La piramide dei bisogni

Mentre i bisogni dei primi gradini della piramide, più urgenti e irrazionali, sono bisogni di carenza che una volta soddisfatti tendono a non ripresentarsi, quelli superiori sono bisogni di crescita. Questi ultimi, a differenza degli altri, continuano a svilupparsi e a rinascere con sempre nuovi e più ambiziosi obiettivi, dunque sono più liberi e interpretano l’aspirazione a espandere gli orizzonti umani.

Questo modello, molto noto e citato, è stato anche bersaglio di numerose critiche. Un elemento di insoddisfazione risiede nel fatto che sottovaluta fortemente l’interazione tra il soggetto e l’ambiente esterno. Un’altra critica è relativa alla rigidità dello schema, per cui un soggetto dovrebbe necessariamente attraversare tutti i livelli della scala gerarchica di gradino in gradino. Inoltre viene esclusa da una simile teorizzazione l’ipotesi che un individuo possa essere spinto da più bisogni contemporanei, anche se caratterizzati da diverse intensità. Il che è tanto più grave poiché la maggior parte delle azioni umane hanno motivazioni multiple, così risulta assai difficile andarle a incasellare nella scala proposta. Senza contare che l’importanza dei bisogni risulta assai variabile da individuo a individuo. Infine si potrebbe discutere il modo esatto in cui l’autore ordina e definisce i vari bisogni e motivi.

Eppure rimane fuori di dubbio che alcuni bisogni umani risultino più imperiosi di altri. Se si deve, per questioni di necessità, dedicare la maggior parte del proprio tempo a cercare di procurarsi il cibo non ci sarà modo di dedicarsi alla pittura o comunque alla propria autorealizzazione. Inoltre, bisogna riconoscere a questa teoria un indiscutibile merito se è a tutt’oggi costantemente citata e rimane un riferimento imprescindibile pur essendo stata formulata nel 1954. Con tutti i suoi difetti, evidentemente, rimane un classico e cioè, sposando la definizione di Calvino, “non ha mai finito di dire quel che ha da dire”24.

Ci pare insomma dotata di un sicuro valore ermeneutico.

Avremo modo più avanti di occuparci di specifiche elencazioni predisposte per descrivere i bisogni e le motivazioni che spingono i giocatori a dedicare specifiche energie al gioco.

24 Il riferimento esatto è: “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.” In Calvino, Italo. Perché leggere i classici. Oscar Mondadori, Milano 1995.

Elencazioni più libere, non rigide e consecutive e che si concentrano sulla sola sfera dei bisogni di crescita, ma che discendono pur sempre da questi antecedenti.