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7. Progettare la Gamification: Come funziona

7.2. Modello MDA: Meccaniche, Dinamiche, Estetiche

Uno dei caposaldi del game design, che si pone come suo riferimento primo, è il cosiddetto “modello MDA”. Deriva da un paper55 pubblicato nel 2004, i cui autori sono Hunicke,

55 Hunicke R., LeBanc M., Zubek R. “MDA: a Formal Approach to Game Design and Research”. Proc. 19th

LeBlanc, Zubek. Si tratta di una cornice interpretativa intesa sia ad analizzare i giochi, sia a progettarli in modo che corrispondano alle finalità desiderate. L’acronimo MDA si scioglie in “Mechanics, Dynamics, Aesthetics” che, secondo gli autori, sono i tre strati nei quali si può scomporre un gioco. Ogni strato è saldamente interconnesso agli altri.

L’idea di base è che il gioco si compone di diversi elementi. Questi interagiscono fra loro integrandosi al punto da formare un unicum, una combinazione originale che cambia nella sua stessa sostanza anche al variare di una singola parte. È questa combinazione unica a creare l’esperienza del giocatore, che in base all’aggregazione compiuta dal progettista può risultare divertente, coinvolgente, deludente (qualora il gioco sia fatto male), ecc.

Il modello MDA suddivide questi elementi in tre differenti fasce.

Meccaniche

La prima fascia è quella delle meccaniche. Comprende gli elementi più piccoli del gioco, i processi di base che spingono in avanti l’azione. Si noti che la definizione delle meccaniche differisce dalla precedente. Qui infatti esempi di meccaniche sono: le regole, il numero di giocatori, i turni di gioco, ecc. Si tratta, per analogia, di quelle piccole parti meccaniche che fanno funzionare un ingranaggio più ampio e complesso come ad esempio un orologio. Sono quindi ciò che sta alla base del gioco e lo regola. In un videogioco sono meccaniche anche gli algoritmi che governano il flusso di gioco e il feedback che il gioco dà in risposta alle azioni del giocatore. La regola che se il giocatore viene colpito da un nemico muore è una meccanica.

Dinamiche

Quando le meccaniche si animano e vengono messe in azione generano le dinamiche. Le dinamiche sono pertanto delle “meccaniche in movimento”. Esprimono sia il funzionamento del sistema di gioco che come il giocatore si comporterà per ottenere i risultati desiderati. Per far luce su questo concetto è sufficiente un esempio: in alcuni videogiochi il giocatore tende a colpire subito i nemici più prossimi per renderli presto inoffensivi, mentre aspetta a colpire i nemici più lontani contando di elaborare una strategia via via che questi entrano nel raggio d’azione. Si tratta di un comportamento che non è normato, le regole non obbligano il giocatore a colpire un nemico piuttosto che un altro. Ma questa dinamica si genera e discende da alcune regole di base (meccaniche): le condizioni di sconfitta e il movimento dei nemici.

Più il sistema di gioco è complesso e dispone di regole, più saranno numerose le dinamiche. Se il sistema è particolarmente complesso, le dinamiche potrebbero essere difficili da prevedere e non immediatamente comprensibili. Quando le dinamiche non sono state previste neppure dal designer si ha il cosiddetto exploit, la condizione in cui il giocatore piega il sistema di gioco ai suoi scopi in maniera inaspettata persino per lo stesso sviluppatore.

Estetiche

Le estetiche chiamano in causa ciò che rende divertente un gioco. Si riferiscono perciò alle diverse emozioni che vengono generate da uno specifico modo di divertirsi. Alcuni si divertono a competere e a superare una sfida, altri vogliono solo rilassarsi e preferiscono un

passatempo, altri ancora amano muoversi in un mondo immaginario e di fantasia, altri sono

interessati all’andamento della storia e quindi alla dimensione narrativa, c’è chi vuole dare

espressione alla propria creatività, ecc. Queste descritte sono tutte estetiche.

La tassonomia di estetiche proposta dagli autori è la seguente: • Sensation: il gioco visto come piacere per i sensi;

Fantasy: il gioco visto come momento in cui ci si immerge nell’immaginario; Narrative: il gioco visto come il dipanarsi di una storia;

Challenge: il gioco visto come un percorso di sfide da superare; Fellowship: Il gioco come contesto sociale;

Discovery: il gioco visto come esperienza di scoperta;

Expression: il gioco visto come momento di autoespressione; Submission: il gioco visto come un passatempo.

Come dalle meccaniche che entrano in azione discendono le dinamiche, è dalle dinamiche che si definiscono le estetiche. Ad esempio se il ritmo di gioco presenta una dinamica serrata, è probabile che l’estetica corrispondente appartenga alla tipologia della sfida che chiama in causa la competizione.

Livelli di separazione

Le tre categorie viste, che congiuntamente vanno a comporre il modello MDA, possono anche essere descritte come dei livelli che si situano fra il lavoro dello sviluppatore e la fruizione del giocatore (v. fig. 11). Quindi partendo dalla visuale dello sviluppatore si incontrano prima le Regole, poi il Sistema e infine il Divertimento. O per dirla nella terminologia che abbiamo utilizzato ci sono le Meccaniche, le Dinamiche e le Estetiche. Il designer può agire in maniera diretta solo sul livello a lui più prossimo, ossia sulle Meccaniche. Non ha un controllo immediato sulle Dinamiche, se non attraverso la predisposizione di Meccaniche adatte perché ne discendano le Dinamiche che desidera. Se alla fine della catena i giocatori si divertiranno, allora significherà che si è generata l’Estetica auspicata.

Figura 11: Livelli MDA

All’opposto della catena il giocatore incontra in prima battuta le Estetiche, che sono il livello a lui più prossimo. È l’esperienza di gioco ciò che saggerà al suo primo approccio. Quindi avrà nell’immediato la percezione di star vivendo un’esperienza noiosa, divertente, banale, interessante, frustrante e via dicendo. Più avanti inizierà a intuire le dinamiche di gioco, elaborando delle vere e proprie strategie. E soltanto alla fine potrà rintracciare le meccaniche retrostanti.

Essendo la prospettiva del designer e quella del giocatore diametralmente opposte tra loro, è prevedibile che al designer capiti di perdere contatto con il punto di osservazione del giocatore. Il che significa però smarrire la capacità di prevedere il risultato dei suoi progetti. Quel che il modello consente di fare è di invertire la prospettiva e partire a progettare dall’estremità opposta. In parole povere, ci si può mettere nei panni del giocatore. Gli autori consigliano dunque di percorrere il percorso all’inverso e interrogarsi rispettivamente su:

• Estetiche: che tipo di esperienza si intende creare per il giocatore? Qual è l’estetica alla quale mirare?;

• Dinamiche: quali sono le dinamiche giuste per l’estetica desiderata? Occorrerà quindi individuare, a cascata, quelle specifiche dinamiche che sono in grado veicolare il tipo di esperienza che l’estetica configura così da creare una stretta corrispondenza;

Meccaniche: quali meccaniche possono mettere in moto la dinamica voluta? Solo alla fine, in ultima battuta quindi, si dovranno scegliere le meccaniche e le regole che andranno poste alla base del gioco così che possano generare le dinamiche auspicate.