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Non potendo render conto della storia completa del pensiero sulla motivazione e del susseguirsi delle scuole di pensiero che hanno battagliato nel merito, accenneremo soltanto alle principali prospettive teoriche emerse fino a oggi sul tema. Poche righe per ciascuna, che ovviamente non possono rendere conto della profondità delle riflessioni e, in definitiva, non possono che risultare riduttive. Si tratta, quindi, più che altro di una mappa che serve ad orientarci in questo universo tanto complesso e interessante, fissando alcuni punti fermi. Presentiamo perciò una lista di posizioni e di punti di vista teorici sulle motivazioni, una panoramica che è stata declinata da alcuni autori proprio nello specifico del mondo dei giochi e, più specificamente, in funzione della Gamification stessa22. Noi abbiamo preferito fornire

invece una panoramica generale, per mettere meglio sul campo temi e questioni e delinearlo prima di arrivare al tema specifico della Gamification.

La teoria biologica dà conto delle motivazioni riconducendole agli aspetti biologici e fa riferimento all’ipotesi omeostatica. Sottolinea quindi il fatto che l’uomo ha esigenza di conservare i livelli di equilibrio del suo organismo costanti nel tempo. Gli aspetti biologici, però, se rappresentano condizioni necessarie non sono sufficienti a spiegare il complesso

21 Canestrari, Renzo. Psicologia generale e dello sviluppo. CLUEB, Bologna 1990. Pag. 349.

22 Si veda a tal proposito Maestri, Alberto., Polsinelli, Pietro., Sassoon, Joseph. Giochi da prendere sul serio:

delle condotte motivazionali. Non si tengono in debito conto in questa prospettiva i concetti di sviluppo, cambiamento e apprendimento.

La concezione comportamentista pone l’accento sul mantenimento del rapporto ottimale fra individuo e ambiente attraverso processi di apprendimento. Il modello è quello noto dell’associazione fra stimolo e risposta (S-R) e del ruolo che in questa connessione giocano gli incentivi. La pulsione è una condizione di attivazione dell’organismo finalizzata al soddisfacimento del bisogno, uno Stimolo che origina una Risposta comportamentale. La motivazione risulta poi dai rinforzi positivi o negativi ottenuti in passato, i quali influenzano la probabilità di ripetizione di specifici comportamenti. Certe situazioni ambientali diventano incentivi grazie all’associazione ricorrente con le proprie esperienze. L’esperienza precedente diventa così una variabile determinante per le risposte comportali future. Ecco dunque che l’apprendimento assume una posizione centrale in tale processo.

La prospettiva cognitivista si allontana dalla teoria biologica ponendo l’accento sui processi di elaborazione dell’informazione. La motivazione viene considerata il risultato di una analisi mezzi-fini del soggetto, capace di proporsi delle mete e di perseguirle in base ai propri progetti. Quindi la motivazione varia in base alla meta, al traguardo da raggiungere, che crea delle aspettative nell’individuo. Questo approccio si focalizza sui processi mentali necessari per arrivare alla meta e per evitare l’insuccesso. Assumono qui un ruolo chiave i processi interni all’individuo come la valutazione, la stima e l’aspettativa appunto. Questa prospettiva focalizza l’attenzione sui processi cognitivi e sul sistema delle credenze per l’elaborazione delle motivazioni, motivazioni che cambiano in rapporto alle informazioni provenienti dall’ambiente e che l’individuo rielabora. Si tratta di una prospettiva che riesce a dar conto anche dell’induzione di nuovi bisogni nell’essere umano, i cosiddetti “bisogni indotti”. Esemplificativo, e al contempo esemplare, è il progresso tecnologico che crea incessantemente nuovi bisogni.

Il punto di vista scopistico parte da un semplice presupposto che suona come segue: ogni azione è guidata da scopi. Una prima formulazione di questo pensiero si è avuta con l’unità TOTE, ossia text-operate-text-exit. Ossia, ogni volta che un individuo vuole agire deve formulare un piano di azione per ottenere lo scopo prefissato. Questo piano d’azione prevede: una verifica iniziale delle condizioni (text), un’azione (operate), poi un test sull’efficacia dell’azione (text), che in caso non sia superato genera una nuova operazione fino al raggiungimento dello scopo (exit).

Altri studiosi ascrivibili a questa prospettiva hanno descritto le motivazioni come dei sistemi gerarchici di scopi, integrati con dei sistemi di vigilanza e di controllo sul perseguimento degli stessi.

Questo approccio conferisce un maggior peso, per l’innesco della motivazione, ai desideri universali e interni alle persone, come la competenza, l’autonomia e le relazioni sociali rispetto alle condizioni ambientali e di contesto. Pone enfasi ad esempio sullo stile di attribuzione del soggetto e sul concetto di “locus of control”, ossia quella tendenza ad attribuire successi e insuccessi a fattori esterni (altre persone o il fato) o a fattori interni

(capacità e competenze personali). Quindi alcune persone sarebbero più propense ad adottare un tipo di attribuzione piuttosto che un’altra. Questa prospettiva connette poi la motivazione all’immagine di sé, dando grande risalto al concetto di autoefficacia.

Il punto di vista interazionista mette al centro del quadro i processi relazionali. Sarebbero appunto questi a suscitare, alimentare e regolare le motivazioni. Così, le motivazioni, più che essere una realtà di pertinenza del singolo individuo appartengono ad un modello di relazioni che regola gli scambi fra gli individui in una data cultura. Pertanto le motivazioni secondarie, quali ad esempio affiliazione e attaccamento, potere, competizione, possesso e successo, sono sostenute e governate da “giochi” di relazione che operano nelle specifiche comunità. Nello scambio continuo di mosse e contromosse fra i soggetti, alcune condotte ne escono rafforzate mentre altre vengono disincentivate o osteggiate. Perciò, secondo questo punto di vista, le motivazioni sono profondamente influenzate dai sistemi di credenze, di valori e di interessi che valgono nelle particolari comunità.