le impressioni che si ricavano dall’analisi sin qui condotta devono tuttavia essere corrette, per non dire smentite, laddove si considerino gli sviluppi del pensiero calviniano nelle sue opere successive. Fra queste, occorrerà rivolge- re l’attenzione almeno all’Institutio christianae religionis, più volte riedita e modificata dall’autore, e alle omelie sul primo libro di Samuele141.
per quanto riguarda le edizioni dell’Institutio successive al 1536, si deve rilevare innanzitutto che esse differiscono profondamente dall’editio princeps. È noto infatti che Calvino apportò considerevoli modifiche alla sua opera maggiore, ora aggiungendo e sopprimendo alcuni termini, brani e sezioni, ora anticipandone o posponendone altri. la stessa struttura e suddivisione della materia furono soggette a un notevole cambiamento, passando da una divisione per capitoli a una, più efficace, per libri, capitoli e paragrafi.
Tale evoluzione dell’opera e del pensiero di Calvino non lascia da parte nemmeno il tema del foedus: esso, che pareva così debole e marginale nella prima edizione, si fa invece sempre più presente e marcato col passare degli anni, con un crescente numero di attestazioni del vocabolo e di passi che si occupano dell’argomento. per questo motivo Daniel elazar ha potuto a buon diritto affermare, riferendosi all’Institutio del 1559, che il «patto» vi compare con «a sufficient frequency to allow those who argue for Calvin’s
139 Vedi nota 13. 140 Su cui vedi nota 79.
141 Il testo delle Homiliae in primum librum Samuelis si trova in CO, XXIX (coll. 232-
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strong reliance on covenant to make their case, especially since their oppo- nents often claim that Calvin never used the term»142.
l’accresciuta importanza del tema del patto può essere misurata in modo semplice e diretto sotto tre riguardi:
– considerando il numero delle occorrenze di foedus e dei sinonimi te-
stamentum e pactum nelle diverse edizioni;
– considerando l’impiego del «lessico federale» nel suo complesso, in- clusi verbi e altri vocaboli derivati da foedus;
– considerando l’inserzione di capitoli/sezioni specificamente dedicati alla trattazione del foedus, o che si occupino eminentemente di esso.
allo scopo di illustrare e quantificare il cambiamento nell’atteggiamento di Calvino verso il tema del patto, abbiamo condotto una ricerca lessicale sul testo latino riportato nei volumi 1 e 2 dei Calvini Opera, contenenti le edizioni latine dell’Institutio christianae religionis. I risultati della ricerca sono riportati in dettaglio nella tabella sottostante.
le prime quattro colonne riportano il numero totale di occorrenze nelle singole edizioni143, nella quinta sono indicate le occorrenze all’interno dei
passi biblici (citazioni scritturali e non parole di Calvino), nella sesta colonna si trovano i casi in cui il lemma è riferito non ai rapporti essere umano-Dio, ma essere umano-essere umano (di qui la definizione di «secolare»). Infine, le ultime due colonne riportano le attestazioni che sono presenti soltanto nell’edizione 1559 o soltanto in quella 1539. queste ultime sono di un cer- to interesse, giacché includono passi che Calvino ha soppresso ed escluso dall’edizione “definitiva” dell’Institutio, ma che per un certo tempo (oltre un decennio) ne hanno fatto parte.
Nelle righe invece sono indicati i lemmi che costituiscono il «lessico fe- derale» di Calvino, ordinati per famiglie lessicali: per la maggior parte, so- stantivi e verbi che contengono in sé l’idea di «patto» o che si accompagnano di frequente a foedus e ai suoi sinonimi. Nel computo sono stati considerati solamente i passi in cui il lemma possiede un significato univocamente ri- conducibile alla sfera del patto (pertanto, ad esclusione dei vari contrahere riferiti a malattie o matrimoni, o dei percutere nel senso di «colpire»)144.
142 D.J. elaZar, Covenant and Commonwealth cit., vol. II, p. 192, nota 24.
143 Il testo delle edizioni “intermedie”, fra quella del 1536 e quella del 1559, è edito alle co-
lonne 256-1152 del vol. I dei Calvini Opera. Gli editori, nell’Admonitio ad Lectorem di p. lix, spiegano i criteri adottati nell’edizione. Fondamentalmente, il punto di partenza è stato il testo dell’Institutio del 1539, al quale sono state accluse (generalmente nel testo, più raramente in nota) le inserzioni delle edizioni precedenti al 1559 (con le varianti di singoli lemmi e segmen- ti di frase riportate in nota, con l’anno dell’edizione in cui compaiono per la prima volta). per rendere facilmente identificabili tali inserzioni (laddove esse siano inserite nel testo), gli editori hanno poi fatto ricorso a caratteri tipografici differenti, specifici per le varie edizioni. In tal modo, riesce agevole al lettore sceverare ciò che appartiene a una data edizione da ciò che è proprio di una successiva. I dati che riportiamo nella terza colonna «1539>59» fanno appunto riferimento a lemmi assenti nell’edizione 1539, ma presenti fin dalla terza edizione dell’Institutio, nel 1543.
144 attenendoci a questi criteri, siamo pervenuti a dei valori numerici considerevolmente
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1536 1539 1539>59 1559 citazioni 1559 secolare 1559 solo 1559 solo 1539 ContraCtuS 1 - 1 1 - 1 - - Contraho - - 1 2 - 1 1 - FoediFraguS - 2 2 2 - - - - FoeduS 9 108 119 151 7 4 37 5 FoederatuS - 1 1 1 - - - - ConFoedero - - - 1 - - 1 - paCiSCor 1 3 4 6 - 2 2 - paCtio - 1 4 4 1 2 - - paCtum - 14 17 23 4 - 6 - pango 2 7 11 15 1 - 5 1 Stipulatio 1 2 4 4 - - 1 1 Stipulor - 4 4 4 - - - - teStamentum 20 79 84 84 6 1 10 10 teStator 2 2 2 2 - - - - ineo 1 1 2 2 - - 1 - perCutio - 14 15 19 3 - 4 1Sin da questo primo schema, e senza entrare nel merito con l’esame di passi specifici, si nota il netto incremento del lessico e conseguentemente del
vol. II, p. 192, nota 24, limitatamente all’Institutio del 1559 (anche se l’autore non precisa l’edizione) fornisce le seguenti cifre: foedus 155 occorrenze; pactum 29; compactum 4; con- tractum 3. la ricerca di elazar si è basata sulle concordanze digitali di Battles all’Institutio: vedi F.l. BattleS, A Computerized Concordance to Institutio Christianae religionis 1559 of
Joannes Calvinus, pittsburgh, Clifford & Barbour library, pittsburgh Theological Seminary, 1972. Nella ricerca di elazar, peraltro studioso acutissimo, è dato ravvisare alcuni difetti. In primo luogo, la sua ricerca si è limitata ad alcuni termini chiave e non all’intero lessico del patto. In secondo luogo, egli ha escluso a priori dalla ricerca il termine testamentum, che pure Calvino usa come sinonimo di foedus (collocandosi in ciò sulla scia di Bullinger): è il caso ad esempio di Institutio (1559) II,10,23 (vetus testamentum seu foedus). In terzo luogo, ela- zar ha inteso compactum come sostantivo, col significato di «patto», forse sviato dal valore del termine inglese compact, «patto», «accordo», «convenzione», quando invece le quattro attestazioni del lemma nell’Institutio (tutte nel libro IV: 3,1; 6,9; 8,6; 17,9) sono participi, hanno il significato di «composto», «costituito», «formato» e si riferiscono sempre alla pa- rola corpus. Non avere verificato i passi, «fidandosi» ciecamente dei risultati dello strumento elettronico ha indotto in errore elazar anche per quanto riguarda contractum, pactum e foedus. Nel primo caso, come sopra per compactum, due dei tre contractum riscontrati da elazar (In- stitutio II,8,44 e IV,14,19) sono in realtà participi del verbo contrahere, per di più con signi- ficati non attinenti al foedus («contrarre un matrimonio», II,8,44; «macchiarsi di una colpa», IV,14,19). Nel caso di pactum, infine, elazar segnala 29 attestazioni, ma nuovamente non ha tenuto conto dei due casi (III,11,13 e IV,4,11) in cui il termine significa «modo», «maniera», né del fatto che 4 di quei 29 risolutati corrispondono in realtà a dei pactio. Infine, per quanto concerne il termine foedus, elazar, ricercando nella base dati la radice foed-, ha individuato 155 attestazioni, un risultato parzialmente falsato, giacché include anche le due occorrenze di foedifragus, quella di foederatus e quella di confoederatus.
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concetto di patto nell’Institutio. Uno scarto fortissimo si segnala fra l’editio del 1536 e la successiva, di soli tre anni più tarda: pressoché tutti i termini inerenti al foedus hanno un impiego molto più esteso, mentre alcuni (co- me pactum) fanno la loro prima comparsa. Non solo, ma il lessico federale dell’edizione del 1539 si presenta già articolato in famiglie (quelle di foedus, di stipulo, di paciscor/pactum, di testamentum) con termini derivati – agget- tivi, verbi e forme deverbali – che si affiancano al lemma chiave (foedifragus con foedus, per esempio). Su tutti, spicca l’aumento nell’uso di foedus, che soppianta testamentum quale parola fondante del lessico federale calviniano.
Se poi spostiamo l’attenzione sulle edizioni successive, osserveremo come la tendenza all’aumento per alcuni termini prosegua (così è per foedus, pactum,
pangere), per altri si attenui sensibilmente (testamentum, percutere) e per altri ancora si arresti completamente. Notevole è ancora il caso di foedus, la cui cre- scita rimane consistente fino all’edizione del 1559. a quella data foedus, con i derivati foedifragus, foederatus e confoederatus, rappresenterà quasi il 50% del lessico federale dell’Institutio (155 occorrenze contro le 166 di tutti gli altri lemmi legati al «patto»). per dimostrare visivamente la tendenza impressa da Calvino al proprio lessico federale e riconoscere in modo più immediato l’ef- fetto dei circa venti anni della sua elaborazione sul tema, può risultare utile il grafico seguente. qui abbiamo posto in evidenza cinque categorie, tre riservate a singoli lemmi (i tre più ricorrenti nell’Institutio), una che abbraccia tutti i ver- bi e una quinta comprendente tutti gli altri vocaboli del foedus, evidenziando come il loro uso si amplifichi nel corso delle successive versioni dell’opera.
Il punto di svolta lessicale nella teoria federale di Calvino, a quanto risulta da questi dati, sta nell’edizione del 1539. È pertanto lecito domandarsi che cosa sia occorso all’autore, dopo il suo allontanamento forzato da Ginevra nel 1538 e prima della pubblicazione dell’Institutio nell’agosto del 1539, tanto da indurlo a rivedere nella sostanza le proprie idee in materia. Generalmen-
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te, si afferma che l’edizione del 1539 è figlia del soggiorno strasburghese di Calvino, delle letture e degli studi sulle Scritture preliminari alle sue lezioni pubbliche e delle amicizie che egli aveva stretto in città, quella con Bucer su tutte145. questo è senz’altro vero per quanto riguarda numerosi aspetti del
pensiero calviniano. Se qualcosa o qualcuno abbia a quel tempo esercitato su Calvino un’influenza particolare sul tema del patto, è tuttavia difficile da stabilire146. Di certo si può osservare come né l’epistolario di Bullinger, né
quello di Calvino conservino tracce di una corrispondenza fra i due prima della pubblicazione dell’Institutio riveduta, nell’agosto del 1539. anzi, nella prima lettera che Calvino indirizzò a Bullinger dopo questo evento, databi- le al 1540, il mittente si scusa con l’antistes di Zurigo per il lungo silenzio intercorso dall’ultima comunicazione:
Non so come sia potuto accadere che in tutto il periodo di quasi un anno e mezzo dacché sono arrivato qui [a Strasburgo, N.d.R.] io non ti abbia scritto nemmeno una lettera. Spesso tuttavia ho avuto l’intenzione di farlo, né mi man- cavano gli argomenti, e più di una volta mi si è presentata l’occasione147.
Ciò rende del tutto impraticabile l’ipotesi di un influsso diretto di Bul- linger su Calvino. Si potrà al più pensare che Calvino stesse ancora medi- tando sulle parole del De testamento di Bullinger, e che al contempo avesse accolto spunti dal milieu di teologi riformati strasburghesi ed elaborato (o rielaborato) le proprie convinzioni sul patto alla luce della lettura dei passi 145 Sui circa tre anni (dal settembre del 1538 alla tarda estate del 1541) spesi da Calvino
a Strasburgo, si veda G. tourn, I protestanti cit., pp. 284-292; W. Van’t Spijker, Calvin.
A Brief Guide cit., pp. 51-65, il quale ricorda l’amicizia e i rapporti di Calvino con Bucer, Johannes Sturm, Capito e Kaspar Hedio. Vedi anche il saggio di W. Van’t Spijker, Bucer’s
Influence on Calvin. Church and Community, in: Martin Bucer. Reforming Church and Com- munity, a cura di D.F. Wright, Cambridge, Cambridge University press, 2003, pp. 32-44, dove esamina e pone in risalto l’influenza di Bucer su Calvino negli anni 1538-41, ma dal punto di vista piuttosto pastorale e dell’esegesi che da quello del pensiero federale. Sull’argomento si veda anche H.J. SelderhuiS, The Calvin Handbook, Grand Rapids, eerdmans, 2009, pp.
74-75. Un’interessante indagine sull’approccio avuto dagli studiosi di Calvino dal 1900 in poi relativamente al periodo strasburghese si trova nell’articolo di M. arnold, Le séjour de
Jean Calvin à Strasbourg (1538-1541): simple parenthèse ou étape capitale dans la biogra- phie du Réformateur? Enquête historiographique, in “Bulletin de la Société de l’Histoire du protestantisme Français”, tome 155, Janvier-Fevrier-Mars 2009, pp. 321-333.
146 per esempio Selderhuis (op. cit., pp. 237-238) addita come fonti della mutata visione
calviniana sul patto ora Bucer, ora «the entire circle of upper-German reformers» i quali – ricorda l’autore – sono stati a loro volta influenzati da Zwingli e Bullinger. Infine afferma: «ever since the 1539 version of the Institutes, Calvin widely expounded Bullinger’s argu- ment for the doctrine of one covenant – not, however, setting an independent accent that seems to demonstrate the lasting influence of Melanchthon, especially his Loci from 1535». Tale moltiplicazione delle possibili fonti di Calvino va a riprova dell’incertezza dello status quaestionis.
147 CO, XI, n. 213, coll. 27-30. la lettera è datata 12 marzo. In essa, Calvino si propo-
ne come mediatore di una controversia fra Bucer, di cui era divenuto amico a Strasburgo, e Bullinger, invitando al contempo quest’ultimo a fare di tutto per preservare la concordia fra i riformati. Vedi anche HBBW, Bd. 10, n. 1371, p. 68.
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biblici, come la lettera agli ebrei o Geremia 31. Della persistente affinità fra il pensiero di Calvino e quello di Bullinger su certi temi sono prova, fra gli altri, i passi in cui si dimostra che la religione cristiana è antichissima, anche più di quella egizia148, quelli contenenti l’esegesi di Genesi 17149 e il
ricorso (e l’interpretazione) alle medesime fonti patristiche150.
a queste spiegazioni possibili dell’evoluzione del pensiero calviniano se ne aggiunge una ulteriore, legata ai rapporti di Calvino con gli anabatti- sti. Infatti, una buona parte del pensiero di Calvino intorno al foedus viene esposto, nell’edizione del 1539, in alcune sezioni in particolare che, se da un lato illustrano le idee dell’autore, dall’altro mirano a confutare le posizioni anabattiste. Tali sezioni non subiranno quasi nessuna modifica nemmeno vent’anni dopo, quando l’opera, assunta ormai una veste e una struttura de- finitive, sarà divisa in libri, capitoli e paragrafi (se si escluda che alla pole- mica contro l’anabattismo si associa quella contro Serveto). questa scelta di Calvino di non aggiungere né togliere quasi nulla alle sezioni in questione è di per sé significativa: prova infatti che il suo pensiero sul tema del patto è maturato e ha assunto una forma stabile in un breve volgere di tempo. per questo motivo, indicheremo qui i capitoli in questione attenendoci al testo dell’edizione del 1559, e dalla traduzione italiana di quest’ultima, a cura di Giorgio Tourn151, desumeremo le citazioni.
per prima cosa, i capitoli di cui ci occuperemo sono quattro: II, 10; II, 11; III, 17; e IV, 16. Da soli, essi contengono 145 delle 321 attestazioni dei 148 Bullinger, De testamento, p. 168, a confronto con Institutio (1559), I,8,3. Il passo
compare nell’opera di Calvino fin dal 1550. Vedi CO, I, n. 26, col. 297.
149 Dal cap. 17 del libro della Genesi, che contiene la promessa fatta da Dio ad abramo,
Bullinger prende le mosse per esporre tutta la propria teoria del foedus. Calvino è molto vi- cino alle sue affermazioni in vari passi: II, 8, 21; II, 10, 9; IV, 14, 20, dove si afferma inoltre – come fa Bullinger (De testamento, p. 167) – che l’avvento di Cristo ha portato sia all’abo- lizione delle antiche cerimonie, sia all’istituzione di sacramenti nuovi, il battesimo e la Cena del Signore; e ancora IV, 16, 3 dove, trattando del valore della circoncisione, Calvino espone la teoria del patto tra Dio e abramo in termini affini a quelli del De testamento, in particola- re per quanto riguarda il precetto «cammina in modo integro innanzi a me» (Gen. 17,1), che tanto spesso ricorre nello scritto di Bullinger.
150 Così è per i libri di agostino In Iohannis evangelium tractatus, che Calvino cita in
Institutio (1559) IV,14,26 (già presente nell’edizione 1539, CO, I, n. 26, col. 958) e Bullin- ger a p. 161-62 del De testamento, e Quaestiones in Eptateuchum (Institutio, IV,14,26; De testamento, p. 165).
151 G. CalVino, Istituzione della religione cristiana, a cura di G. Tourn, 2 voll., Tori-
no, Utet, 20092. la traduzione dei libri I-II è di M. muSaCChio, quella del III di O. Bert,
quella del IV di G. tourn. I traduttori hanno preso a fondamento l’edizione francese del
1560 secondo il testo critico fornito da J.D. Benoît, Institution de la Religion Chrétienne,
Bibliothéque des textes philosophiques, paris, Barth & Niesel, 1957-63, simile ma non del tutto identica a quella latina riprodotta nei CO, vol. II. Nella resa italiana, foedus, pactum e testamentum sono stati espressi in modo non univoco, ora da «patto», ora da «alleanza», ma anche da «patto», «promessa», «Testamento» (di solito per indicare il Nuovo o il Vecchio Testamento) e più raramente da «testamento». In alcuni casi, poi, il corrispondente vocabolo latino viene omesso dalla traduzione. questa variabilità purtroppo non giova alla perspicuità del concetto e dell’uso di foedus nell’opera calviniana.
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lemmi del lessico federale di Calvino152, il che basta a renderli interessanti
ai fini della presente analisi. Il primo dei quattro capitoli, II, 10, è eloquente sin dal titolo: «Similitudine dell’antico e del Nuovo Testamento» (De simili-
tudine veteris et novi testamenti)153. Nel capitolo precedente154 Calvino, nel
tentativo di avvicinare la legge data da Dio al popolo d’Israele alle promesse evangeliche, ha affermato che «il fine della legge era di mantenere gli ebrei nell’attesa di Cristo, la cui venuta era prossima: e […] da lui potevano atten- dersi una maggior illuminazione»155. Il vangelo è «una ambasciata nuova ed
eccezionale [rispetto alle apparizioni del Signore ai patriarchi dell’antico Testamento, N.d.R.], mediante la quale Dio adempie quanto aveva promesso e manifesta in modo palese la verità delle sue promesse»156. lo strumento con
cui Dio può «adempiere alle promesse» è la venuta del mediatore, Cristo. Ma se Cristo è il mediatore, il trait d’union tra la legge e il vangelo, ciò significa che essi non sono radicalmente differenti l’una dall’altro: «l’evangelo non si è sostituito in modo globale alla legge al punto di recare una salvezza completamente diversa, esso ha voluto consolidare e ratificare quanto vi era promesso e unire la realtà con i simboli» e «quando si parla della legge nella sua pienezza, l’evangelo non ne è distinto se non in quanto ne rappresenta una manifestazione più completa»157.
poste queste premesse, Calvino apre il capitolo seguente, II, 10, affer- mando: «È evidente […] che quanti Dio ha voluto includere (cooptavit) nel suo popolo sin dalla fondazione del mondo, sono stati uniti a lui, legati dal vincolo di una dottrina identica a quella che vige tra noi (eadem lege atque
doctrinae eiusdem quae inter nos viget vinculo fuisse ei foederatos)»158. Fin
da questa prima testimonianza, si nota come il foedus sia per Calvino elemen- to chiave nelle relazioni Dio-essere umano, e ciò vale non solo per i tempi