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oVero1. Premessa. La fortuna dell’opera bullingeriana
Fra le complesse e variegate vicende ed esperienze degli uomini della Riforma nel Cinquecento, un posto di rilievo va senz’altro riservato a quella dello svizzero Heinrich Bullinger. Se non bastasse altro, stanno a provarlo l’ampiezza del suo epistolario (il quale si pone, con le sue oltre 12.000 let- tere, parte di Bullinger stesso, parte dei suoi corrispondenti, come uno dei più ricchi – se non il più ricco – di tutta l’età della Riforma)1, la diffusione
e l’elevato numero di edizioni delle sue circa 120 opere (in più di 50 anni di attività) e il fatto che, per tutto il secolo, i suoi scritti in latino e in tedesco hanno circolato in buona parte dell’europa riformata, finendo spesso per essere tradotti in lingue diverse.
particolare fu, per esempio, il successo editoriale delle Decades di Bullin- ger, edite negli anni 1549-15512. Originariamente redatte in latino, godettero
di traduzioni in tedesco, francese, inglese e olandese (alcune delle quali ese- guite dopo la morte dell’autore, a testimonianza della sua fama persistente). addirittura in Inghilterra, a Canterbury, esse divennero oggetto di studio per il clero, su ordine dell’arcivescovo della città3.
1 per rendersi meglio conto della mole dell’epistolario di Bullinger, può essere d’aiuto il
confronto con quelli (pur assai ampi) di Calvino e lutero, che ammontano ciascuno a circa 4200 lettere, di Melantone (di circa 10.000 lettere), di erasmo (3100 lettere) e Zwingli (1300 circa). Vedi F. BüSSer, Die Überlieferung von Heinrich Bullingers Briefwechsel, in: Hein-
rich Bullinger. Werke (d’ora in poi abbreviato HBW) Briefwechsel, Bd. 1, Briefe der Jahre 1524-1531, a cura di U. Gäbler, e. Zsindely, Zürich, Theologischer Verlag Zürich, 1973, p. 8. l’epistolario copre un periodo di oltre 50 anni, dal 1524 al 1575, data di morte di Bullinger. per maggiori dettagli sul contenuto, i mittenti, i destinatari e le modalità di conservazione, si veda il saggio di Büsser citato, pp. 8-21.
2 Come si evince dall’elenco delle edizioni riportato in HBW. Beschreibendes Verzeichnis
der gedruckten Werke von Heinrich Bullinger, abt. 1, Bd. 1, a cura di J. Staedtke, Zürich, Theologischer Verlag Zürich, 1972, pp. 88-113 (nn. 179-227).
3 J.-M. Berthoud, Heinrich Bullinger (1504-1575) and the Reformation. A Compre-
hensive Faith, The evangelical library annual lecture, 2004 (vedi http://www.evangelical- library.org.uk/articles/2004/07/).
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Non minore fu la fortuna riscossa, anni dopo le Decades, dalla Confessio
Helvetica posterior4. essa venne approntata da Bullinger tra il 1565 e l’ini-
zio del 1566, rielaborando un proprio scritto di qualche anno precedente5,
da un lato quale risposta delle chiese riformate alle decisioni conclusive del Concilio di Trento, dall’altro su specifica richiesta dell’elettore del palati- nato Federico III, di recente passato alla Riforma, e per questo preoccupato di essere privato dall’imperatore Massimiliano II del proprio titolo in oc- casione della imminente dieta imperiale, prevista per il marzo del 1566 ad augusta. Il testo, redatto in latino e poi tradotto in tedesco da Bullinger (con un piccolo contributo da parte di Vermigli e Beza), assolse perfettamente al suo scopo, scampando Federico III dalla condanna per eresia. In seguito al fortunato esito di questa vicenda, la Confessio fu accolta nel palatinato, ol- tre che nella maggior parte delle città svizzere, e da lì raggiunse altre parti d’europa, a partire dalla Francia6. Inoltre, tra il 1566 e il 1578 essa venne
adottata dalle chiese riformate di Scozia, Ungheria, Boemia e polonia, né mancò una sua circolazione in Inghilterra7.
Da queste osservazioni preliminari, si nota come Bullinger abbia lasciato numerose tracce di sé sul piano della formulazione dottrinale e dei contenuti, pur senza che la sua vita sia stata segnata da drammi, contrasti, persecuzioni o passioni intense, come invece accadde ad altri riformatori suoi contempora- nei, da Zwingli a Calvino, da lutero a Bucer e Vermigli. Rispetto alle vicende di questi ultimi, anzi, quella di Bullinger sembra essere una vita vissuta alla ricerca della pace, dell’armonia, della composizione dei dissidi.
4 Sulla Confessio vedi gli studi di J. CourVoiSier (a cura di), La Confession helvétique
postérieure, Neuchâtel, Delachaux & Niestlé, 1944; W. köhler, Zwingli und Luther. Ihr
Streit uber das Abendmahl nach seinen politischen und religiösen Beziehungen, in: Quellen und Forschungen zur Reformationsgeschichte, Gütersloh, C. Bertelsmann Verlag, 1953, Bd. 2, pp. 380-431; J. Staedtke (a cura di), Glauben und Bekennen. Vierhundert Jahre Confes-
sio Helvetica Posterior, Zürich, Zwingli Verlag, 1966; id., Die historische Bedeutung der
Confessio Helvetica Posterior, in: Vierhundert Jahre Confessio Helvetica Posterior, Bern, akademische Feier, 1967; e. koCh, Die Theologie der Confessio Helvetica posterior, in:
Beiträge zur Geschichte und Lehre der Reformierten Kirche, Bd. 27, Neukirchen, Neukirche- ner Verlag, 1968; Confessions et catéchismes de la foi réformée, a cura di O. Fatio, Genève, labor et Fides, 1986; M. FriedriCh, Heinrich Bullinger und die Wittenberger Konkordie.
Ein Ökumeniker im Streit um das Abendmahl, in “Zwingliana” XXIV (1997), pp. 57-79; p. Bühler, e. Campi, H.J. luiBl (a cura di), Freiheit im Bekenntnis. Das Glaubensbekenntnis
der Kirche in theologischer Perspektive, Zürich, pano Verlag, 2000.
5 l’Expositio brevis di Bullinger risaliva al 1561-62 ed era nata come una sorta di testa-
mento spirituale dell’autore, che in quegli anni, e almeno sino al 1564-65, visse un periodo difficile, funestato dalla morte per peste della moglie e di alcune figlie (né Bullinger stesso fu esente dal male). Sull’Expositio, vedi Theologische Realenzyklopädie, Bd. 8, a cura G. krauSe, G. müller et al., Berlin-New York, De Gruyter, 1981, pp. 169-170; B. gordon,
The Swiss Reformation, Manchester, Manchester University press, 2002, p. 182.
6 la tesi secondo la quale fu Beza in persona a favorirne la diffusione, approntandone la
traduzione in volgare, è oggi scartata: vedi J. Staedtke (a cura di), Glauben und Bekennen
cit., pp. 102 ss.
7 Si annoverano anche traduzioni in olandese, italiano, polacco, turco e arabo. Un elenco com-
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Ciò non significa – si badi – che egli non si sia mai avventurato in pole- miche quanto mai vive circa i temi della fede, o che abbia cercato di «vivere nascosto», secondo il principio epicureo. È però qui il caso di rilevare due elementi significativi nella personalità di Bullinger: il primo è il fatto che da adolescente, intorno ai 15 anni e prima di abbracciare la fede riformata, vol- gendo sdegnato le spalle alla religione papista, il suo desiderio fosse quello di diventare un monaco certosino e di studiare a fondo le Scritture e i commenti dei padri della chiesa nel chiuso del chiostro8; il secondo è la sua tendenza
alla conciliazione e alla diplomazia. Dal momento che egli non gridò a vo- ce alta come altri riformatori, si ha di Bullinger l’impressione come di una figura defilata dalle grandi vicende del Cinquecento, un semplice corista, più che una prima voce. Impressione quanto mai erronea. Da questo punto di vista, la comparsa di numerosi studi apparsi a ridosso del 2004, anno in cui è caduto il cinquecentesimo anniversario della sua nascita, e negli anni seguenti, ha giustamente ravvivato e riportato l’attenzione sul ruolo e l’im- portanza di Bullinger, ricordando come la sua opera costituisca una pagina di rilievo nella storia della Riforma protestante europea9.