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Sviluppi sul piano politico in Althusius

Nel documento Calvino e il calvinismo politico (pagine 133-141)

Il RUOlO Delle leGGI Nella RESPUBLICA

4. Sviluppi sul piano politico in Althusius

Il discorso di althusius mantiene sullo sfondo la stessa trama teologica, che si rivela in molti passaggi48. la sua attenzione si concentra però soprat-

tutto sul ruolo politico della legge, la quale in definitiva è una, a prescindere dai vari ordini di norme (leggi di Dio, leggi della natura, leggi positive), che sono in ogni caso intrecciati fra di loro: la legge, in una visione complessiva e unitaria, è infatti la norma del vivere in comune, in modo pio e giusto49.

prendendo l’avvio da un passo di Seneca nel De clementia50(opera già cara

a Calvino e oggetto di suoi studi giovanili)51, althusius compendia efficace-

mente, nel cap. X, par. 4 della sua Politica le principali funzioni che è chia- mata a svolgere la legge52. essa è anzitutto «il vincolo che tiene assieme lo

Stato e lo spirito vitale che anima la collettività», cioè lo jus symbioticum (o la lex consociationis et symbiosis), con cui si apre l’opera althusiana53. la

legge è inoltre «lucerna della vita civile», perché mostra la via di una con- dotta pia e giusta; è «bilancia della giustizia», che discrimina fra il bene e

47 l. daneau, Politices Christianae libri septem cit., V, p. 352, con rinvio a Gen.

31,7.24.40 e Deut. 24,14.

48 Il rapporto fra teologia, diritto e politica nella dottrina althusiana è già stato sondato,

in vari contributi e sotto diversi profili, nei volumi Jurisprudenz, Politische Theorie und Po- litische Theologie, a cura di F.S. Carney, H. Schilling, D. Wyduckel, mit einer einleitung von D. Wyduckel, Berlin, Duncker & Humblot, 2004, e Konfessionalität und Jurisprudenz in der frühen Neuzeit, cit., ai quali faccio espresso rinvio.

49 J. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., XXI, 18.

50 Vedi SeneCa, De clementia, I, 4, 1: «Ille est enim vinculum, per quod res publica

cohaeret, ille spiritus vitalis, quem haec tot milia trahunt nihil ipsa per se futura nisi onus et praeda, si mens illa imperii subtrahatur», dove peraltro il soggetto era il principe, e non la legge. althusius compie qui un’operazione audace, autorizzata peraltro dal commento di Calvino stesso a quest’opera di Seneca: vedi nota seguente.

51 È del 1532 un commento di Calvino al De clementia di Seneca, in cui si affronta il

problema del rapporto fra legittima autorità e diritto. Ivi si legge: «Bene ergo quod principes legibus soluti, legibus tamen vivunt. Imo vero lex ipsa sunt», con la precisazione che è quindi dignità più grande per il principe rispettare le leggi, che non tenere nelle mani il sommo po- tere; è solo un’illusione dei sovrani, quella di essere svincolati da ogni legge. Vedi nota 76 e J. Baur, Gott, Recht und weltliches Regiment im Werke Calvins cit., pp. 118-120 e p. 174.

52 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., X, 4: «Haec Senec. lib. I de clement.

dicitur vinculum, quo Resp. cohaeret, et spiritus vitalis, quem civitas trahit, nihil ipsa per se futura, nisi onus et praeda, si mens illa subtrahatur; lucerna vitae civilis, trutina justitiae, custos libertatis, disciplinae et pacis publicae munimentum, infirmorum auxilium, potentum fraenum, norma et directrix imperii».

53 Vedi C. malandrino, Symbiosis (Symbiotiké, Pactum), in: Il lessico della «Politica»

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il male; è ancora «baluardo della disciplina e della pace pubblica», e come tale necessaria alla conservazione della vita politica ordinata e dello Stato stesso; è infine «preservatrice della libertà», «ausilio dei deboli e freno dei potenti» e, soprattutto, «norma direttiva del dominio», poiché impone a chi governa le condizioni essenziali per l’esercizio legittimo del potere. C’è già qui la visione d’insieme, la sintesi di un ampio e complesso programma, che althusius svilupperà nel corso della Politica in modo assai più articolato e trasversale rispetto a una pluralità di argomenti importanti affrontati in va- rie parti dell’opera.

la matrice di ogni ordine di norme è anche per althusius la «legge mo- rale» o «legge comune», cioè quell’istinto naturale, generato da Dio in tutti gli uomini, che si chiama coscienza, e che spinge a fare il bene ed evitare il male54. È la stessa legge – precisa althusius – che Cicerone definiva «ra-

gione, derivata dalla natura», la quale «cominciò a essere detta legge molto prima di essere scritta» (De legibus, II, 4)55.«legge morale»,«legge divina»

e «legge naturale» formano dunque un’entità indistinta; anche se althusius, in certi contesti, fra i vari appellativi, mostra di preferire quello (per lui più preciso) di «legge morale del Decalogo»56. la sostanza di questa norma è

infatti, anche per althusius, il Decalogo, sia pur declinato in molti modi e arricchito di numerosi corollari. Ogni comandamento ha molte applicazioni e include varie prescrizioni conseguenti, positive (che impongono di fare qualcosa) o negative (che vietano qualcosa)57. Inoltrandosi per una via già

inaugurata da Calvino e proseguita da Daneau58, althusius contestualizza e

54 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., XXI, 18, 20 e ss.

55 Ivi, XXI, 19 e 29. Sull’idea di legge come «recta ratio», già presente in Calvino, vedi

Ch. Strohm, Konfessionelle Einflüsse auf das Werk reformierter Juristen – Fragestellungen,

methodisce Probleme, Hypothesen, in: Konfessionalität und Jurisprudenz in der frühen Neu- zeit, pp. 1-32: pp. 24 e ss. Sull’idea di diritto naturale in althusius è ancora imprescindibile e. reiBStein, Johannes Althusius als Fortsetzer der Schule von Salamanca. Untersuchungen

zur Ideengeschichte des Rechtsstaates und zur altprotestantischen Naturrechtslehre, Karls- ruhe, Müller, 1955. più recentemente, si vedano h.j Van eikema hommeS, Naturrecht und

positives Recht bei Johannes Althusius, in: Politische Theorie des Johannes Althusius, hrsg. von K.W. Dahm, W. Krawietz, D. Wyduckel, Berlin, Duncker & Humblot, 1988, pp. 371-390; m. SCattola, Johannes Althusius und das Naturrecht des 16. Jahrhunderts, in: Jurispru-

denz, Politische Theorie und Politische Theologie, cit., pp. 371-396; r. Von FriedeBurg,

Bausteine der widerstandsrechtlicher Argumente in der frühen Neuzeit (1523-1668): Kon- fessionen, klassische Verfassungsvorbilder, Naturrecht, direkter Befehl Gottes, historische Rechte der Gemeinwesen, in: Konfessionalität und Jurisprudenz in der frühen Neuzeit, cit., pp. 115-166.

56 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., X, 8. Vale qui per althusius quanto j.

BohateC, Calvin und das Recht cit., p. 7, scriveva dell’idea di legge in Calvino: «Im Gewis-

sen richtet also Gott sein Tribunal auf; im Gewissen begegnen sich Gott und die Natur. Da- rum bekommt der Satz, dass Gott das Gesetz in die Natur des Menschen hingelegt hat, eine bestimmte psychologische Klarheit, wenn das Gewissen als der “Sinn” bezeichnet wird, in dem sich die sittliche erkenntnis entfaltet».

57 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., XXI, 24.

58 In modo particolarmente esteso negli Ethices libri. Vedi Ch. Strohm, Ethik im frühen

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dispiega i vari precetti59, fino a coprire quasi ogni ambito della vita associa-

ta, anche i più distanti dal contesto originario.

Il presupposto di questa “estensione” del Decalogo è il pieno accordo sul fatto che l’annuncio biblico richieda un disciplinamento e una regolamen- tazione della vita. In questo senso, l’intero complesso delle norme di diritto civile e penale diventa sussumibile e inquadrabile nello schema della seconda tavola del Decalogo, che detta i principi fondamentali da osservare nei rap- porti intersociali (anche se – è chiaro – la linea di demarcazione fra etica e diritto a questo punto scompare)60. Così, ad esempio, il sesto comandamento

sulla tutela della vita include il sostegno al prossimo attraverso l’amicizia, la carità, l’assicurazione di vitto, alloggio, vesti e ogni cosa o attività utile al suo sostentamento61. e all’ottavo comandamento (non desiderare le co-

se d’altri), sono ricondotti gran parte dei principi giuridici fondamentali in materia di proprietà e negoziazione, a partire dal principio di buona fede, il quale condanna – per althusius – non solo malversazioni, frodi e illeciti contrattuali, ma «ogni ingiustizia che si possa perpetrare nei contratti62, con

una condotta attiva quanto passiva» (come anche l’ozio)63.

quanto alle leggi umane, althusius nel cap. X della Politica scolpisce subito il concetto che la promulgazione d’una legge obbliga tutti i membri associati alla stregua di un contratto64. È chiaro l’intento di ribattere a quella

nuova, opposta concezione della legge che emerge dalla République e dalla

Iuris universi distributio di Bodin, secondo cui la «lex nihil aliud est quam summae potestatis iussum sive sanctio»65: la legge, cioè, non sarebbe altro

59 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., XXI, 26 e ss.

60 Vedi Strohm, Ethik im frühen Calvinismus cit., pp. 260, 266 e 274. Il testo della Bib-

bia non è più per Daneau, com’era per lutero e Calvino, soprattutto oggetto di commento, ma diventa piuttosto la base di ulteriori lavori sistematici (ivi, p. 291). althusius proseguirà su questa strada.

61 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., XXI, 27.

62 Ivi; vedi inoltre X, 6 e 7. I rapporti giuridici connessi a proprietà, possesso, uso, ac-

quisto o alienazione di cose, del resto, costituivano fin dal diritto romano l’area più vasta del diritto positivo. Già l. daneau, Politices Christianae libri septem cit., V, pp. 354-355, si era

spinto avanti nell’individuazione di comportamenti contrattuali vietati dall’ottavo precetto, per la repressione dei quali rivendicava la necessità di leggi precise.

63 Contro l’ozio, generatore di molti altri vizi, althusius scaglia strali di condanna in più

punti della Politica; esso è da combattersi con ogni mezzo, incluso il ricorso alle Zuchthäuser, le case di lavoro forzato, sul modello di quella a quel tempo istituita ad amsterdam. Vedi l. BianChin, Dove non arriva la legge cit., pp. 248-254.

64 j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., X, 3: «promulgatio juris hujus est, qua

illud pro regula et norma omnium justarum actionum in symbiosi universali publice agnoscitur et recipitur. ex hac promulgatione membra consociata non secus quam ex contractu obligan- tur, arg. l. I. de leg. ubi sponsio communis lex dicitur, quae sponsio alibi vocatur promissio. § Inst. de verb. obl. sicuti et conventio lex dicitur, l. contr. 23. de reg. jur.».

65 j. Bodin, Iuris universi distributio, Coloniae agrippinae, apud Ioannem Gymnicum,

1580, p. 11; la definizione bodiniana della legge prosegue con la precisazione che essa «est enim sancire et sciscere, iubere». Il concetto è più ampiamente sviluppato in id., Les six livres

de la République. Avec l’Apologie de René Herpin, paris, Iacques du puis, 1583 (rist. anast. aalen, Scientia, 19772), I, 8, p. 131: «Or il faut que ceux-là qui sont souverains, ne soyent

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che l’ordine di chi detiene il potere sovrano, accompagnato dalla previsione di una sanzione. È l’idea di legge che si ritrova anche in un altro celeberrimo luogo della République, dove Bodin afferma: «È ormai chiaro che il punto più alto della maestà sovrana sta nel dar la legge ai sudditi, senza bisogno del loro consenso»66. alla concezione bodiniana del principe come «legisla-

tore sovrano» althusius opporrà un modello politico diverso, che vede nel

Summus magistratus solo l’esecutore o amministratore delle leggi, deliberate nel consenso della comunità67.

le nuove leggi devono adattarsi ai costumi, all’indole e al diritto tradizio- nale di ogni popolo, nel rispetto (fin dove è possibile) delle vecchie leggi e della consuetudine68. per questo nel legiferare è necessario usare soprattut-

to parsimonia, cautela e moderazione: criteri che consentono di mantenere un equilibrio fra esigenze contrapposte, consigliano di evitare cambiamenti repentini nelle leggi, e impongono di sentire anche la volontà di coloro che da quelle leggi devono essere retti. la consultazione dei rappresentanti degli ordini e degli stati del regno è un passaggio fondamentale nell’iter formati- vo della legge69. la legge infatti non è un comando rivolto al popolo, ma un

solenne impegno di tutti a osservare un precetto nell’interesse comune70.

Da tutto ciò consegue che l’attività specifica del magistrato non è la sta- tuizione delle leggi, frutto del consenso comune, ma solo la loro promulga-

aucunement subiects aux commandements d’autruy, et qu’ils puissent donner loy aux subiects, et casser ou aneantir les loix inutiles, pour en faire d’autres: ce que ne peut faire celuy qui est subiect aux loix, ou à ceux qui ont commandement sur luy. C’est pourquoy la loy dit, que le prince est absous de la puissance des loix: et ce mot de loy emporte aussi en latin le com- mandement de celuy qui a la souveraineté»; e ivi, I, X, p. 216: «le mot de loy sans dire autre chose, signifie le droit commandement de celuy ou ceux qui ont toute puissance par dessus les autres sans exception de personne: soit que le commandement touche tous les subiects en general, ou en particulier, hormis celuy ou ceux qui donnent la loy». anche se è da preci- sare che tutto ciò è pienamente valido nel campo delle leggi civili, non in quello delle leggi penali, e che, com’è noto, resta fermo, anche per Bodin, il limite delle leggi di Dio e della natura. Vedi per tutto ciò d. Quaglioni, I limiti della sovranità. Il pensiero di Jean Bodin

nella cultura politica e giuridica dell’età moderna, padova, Cedam, 1992.

66 j. Bodin, I sei libri dello Stato, I, a cura di M. Isnardi parente, Torino, Utet, 19882,

lib. I, cap. 8, p. 374.

67 Su questa disputa fra althusius e Bodin vedi th. maiSSen, Souveräner Gesetzgeber

und absolute Macht. Calvin, Bodin und die mittelalterliche Tradition, in: Konfessionalität und Jurisprudenz in der frühen Neuzeit, cit., pp. 91-113; sul contesto in cui essa s’inserisce si veda m. StolleiS, «Condere leges et interpretari». Gesetzgebungmacht und Staatsbildung im

17. Jahrhundert, in: “Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Germanistische abteilung” CI (1984), pp. 89-116, poi in: id., Staat und Staatsräson in der Frühen Neuzeit.

Studien zur Geschichte des öffentlichen Rechts, Frankfurt a.M., Suhrkamp, 1990, pp. 167- 196; trad. it.«Condere leges et interpretari». Potere legislativo e formazione dello Stato nel- la prima età moderna in: id., Stato e ragion di stato nella prima età moderna, a cura di G.

Borrelli, Bologna, il Mulino, Bologna, 1998.

68 Una fonte importante è qui p. grégoire, De Republica libri sex et viginti; in partico-

lare lib. I, c. 1, nn. 14 ss., e lib. VII, capp. 15 e 19.

69 Vedi j. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., XXIX, 2 e 4 e ss. sulla statuizione

delle leggi (sanctio legis).

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zione e, soprattutto, la loro esecuzione, con la realizzazione della giustizia

nel caso particolare. Non basta infatti che in una città vi sia il diritto, se non vi è chi possa rendere giustizia71: la legge che manchi di attuazione è come

una campana senza battaglio, come un magistrato muto, o morto. proprio per questo viene istituito il magistrato, per essere legge vivente, ministro e custode della legge muta: se le leggi non sono spontaneamente rispettate, è suo compito intervenire, a immagine di Dio in terra, per ristabilire l’ordine e attribuire a ciascuno ciò che merita, vale a dire premiare i buoni e punire i delinquenti, per fare giustizia e dare a tutti l’esempio72.

la legge detta in generale ciò che si deve fare o non fare, ma non lo esegue essa stessa: come una medicina, che è il magistrato, medico dello Stato, a dover prescrivere in modo appropriato, valutato l’organismo e le cause della malattia. Giudicare secondo la legge non è un’operazione automatica: la leg- ge deve passare attraverso un’opera d’interpretazione che adatti il principio della norma al caso particolare, contemperando la ragione della legge (ratio

legis) e la natura della cosa (natura negotii), delle persone e delle circostan- ze, dei tempi e dei luoghi, e adeguando il diritto alla capacità di compren- sione dell’uomo73. È questo il cuore dell’attività del sommo magistrato, per

il quale, come nel caso del medico che si rifiuti di curare, la giustizia negata diviene il crimine più grave di cui si possa macchiare74.

Contro l’idea bodiniana della legge civile come «comando del potere sovrano», in particolare, althusius si richiama alla definizione di papiniano nel Digesto, già utilizzata da Daneau, per sottolinearne con nuovo vigore il carattere di una «solenne stipulazione comune» (communis rei publicae

sponsio). la legge civile diventa così, per althusius, «il comando pubblico del popolo» (la jussio publica populi), e al tempo stesso la «promessa di tutti i membri associati» (la sponsio seu promissio regnicolarum) di rispettare le regole necessarie per una vita giusta nello Stato75. la legge si fonda dunque

sul consenso dei membri del regno e ha natura convenzionale: è per questa ragione che essa vincola anche il sommo magistrato, il quale, come parte contraente, non può sciogliersi dall’obbligo di rispettarla, senza l’accordo dell’altra parte, cioè della comunità sulla quale governa76.

Il discorso qui potrebbe proseguire a lungo. Mi limito ad accennare al nesso forse più immediato: quello con l’idea althusiana (mutuata ancora una volta per ampi tratti da Daneau) di una lex fundamentalis regni, che fissa le condizioni alle quali il governo è affidato al sommo magistrato e genera una

mutua obligatio fra questi e la consociazione. la «legge fondamentale del 71 Ivi, XXIX, 14, con rinvio a Dig., 1, 2, 2, [13] e Nov. 161.

72 Ivi, X, 10 e ss. 73 Ivi, X, 9. 74 Ivi, XXIX, 28.

75 Ivi, X, 4. Vedi anche ivi, X, 5-10, e XIX, 1, 26-31. Si veda più ampiamente l. Bian- Chin, Justitia cit., pp. 203-214.

76 J. althuSiuS, Politica methodice digesta cit., IX, 23. Vedi anche ivi, X, 5-10, e XIX,

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regno» rappresenta, nel modo più autentico, quella ulteriore funzione della legge, già incontrata nella citazione iniziale (Politica, X, 4), come «norma direttiva del dominio»: potremmo dire, quasi, come «norma costituzionale», che discrimina fra il governo legittimo e quello illegittimo, fissando i limiti del potere77. althusius approfondirà il discorso nel cap. XIX sull’elezione

del sommo magistrato, nel quale più frequente è il rinvio anche ad altre opere di autori calvinisti (Hotman, Théodore de Bèze, Vindiciae contra tyrannos), e alla l. digna vox (C. 1, 14, 4), il luogo del Codice giustinianeo che giudica degno del principe proclamarsi soggetto alle leggi78.

allo stesso risultato althusius arriva anche per un’altra via, che nasce sempre dalla sua concezione della legge. egli insiste ripetutamente sul fat- to che le leggi civili o politiche sono una explicatio della legge morale del Decalogo79. Il rapporto che intercorre tra legge morale e legge civile è per

lui il punto decisivo. althusius segue l’impostazione di Calvino, ma tiene a ricondurla entro gli schemi della tradizione giuridica, che gli consentiran- no di dare un fondamento solido ad alcuni importanti sviluppi. Ricordando due noti luoghi della tradizione giuridica (Digesto 1, 1, 6 e Institutiones 1, 2, 11), althusius aggancia il rapporto fra legge morale e leggi civili a quel- lo che corre, nel Corpus iuris civilis, fra diritto naturale e diritto civile80.

quest’operazione gli consente di stabilire fra i due piani di norme un nesso preciso, indissolubile: le leggi civili sono quelle leggi che non coincidono in tutto con la legge morale (altrimenti non vi sarebbe bisogno di loro), ma costituiscono una specificazione della legge morale. ad esempio, là dove un precetto morale condanna genericamente un comportamento, sarà una legge propria a definire il reato e prescrivere per esso una pena specifica, la quale non sarà fissa nel tempo e nello spazio, ma potrà variare in considera-

77 Vedi l. BianChin, Politica e Scrittura in Althusius. Il diritto regale nell’interpretazione

di I Sam. 8,11-18 e Deut. 17,14-20 cit., p. 424.

78 Non a caso frequentemente citata in tutte queste opere, e nelle Vindiciae contra tyran-

nos riportata addirittura in epigrafe, come rileva d. Quaglioni, Dal costituzionalismo me-

dievale al costituzionalismo moderno, in “annali del Seminario giuridico della Università di

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