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Patto religioso e patto politico

Nel documento Calvino e il calvinismo politico (pagine 147-150)

I pURITaNI e la TeOlOGIa pOlITICa Del XVI SeCOlO

3. Patto religioso e patto politico

Un punto fondamentale nel patto della grazia, così com’esso è presentato da Fenner e dai suoi contemporanei presbiteriani e puritani, è il fatto che esso non viene stretto con l’intera umanità, ma soltanto con un piccolo numero di esseri umani, che sono stati eletti dal decreto della volontà divina e che ora formano la chiesa di Cristo e partecipano, in grazia della fede, alla promessa del regno dei cieli26. Contro l’idea cattolica e tomista secondo la quale gli

esseri umani potrebbero realizzare il bene morale già nella sfera della natura, perché le parti inferiori della legge morale sono state conservate nella loro anima nonostante il peccato originale, la dottrina dell’elezione implica che nella condizione di caduta la legge morale sia stata persa nella sua totalità 22 Ivi, cap. 3, p. 39; d. Fenner, Sacra theologia cit., lib. IV, cap. 3, p. 40; id., The Sa-

cred Doctrine of Divinitie cit., lib. II, cap. 1, p. 13; th. CartWright, Christian Religion cit.,

Gal. 3,17-25, pp. 65-68; Rom. 2,14-15, pp. 68-69; Ger. 31-34, pp. 124-126; W. perkinS, A

Golden Chaine cit., cap. 31, p. 71; j. doWname, The Christian Warfare cit., pars 1, lib. II,

cap. 3-4, pp. 82-91.

23 R. rolloCk, A Treatise of Gods Effectual Calling cit., cap. 3, pp. 40-41; W. perkinS,

A Golden Chaine cit., cap. 37, pp. 81-82.

24 R. rolloCk, A Treatise of Gods Effectual Calling cit., cap. 3, p. 39; W. perkinS, A

Golden Chaine cit., cap. 31, p. 71.

25 d. Fenner, The Sacred Doctrine of Divinitie cit., Old Testament, p. 3; Ivi, lib. II, cap.

1, p. 13; th. CartWright, Christian Religion cit., Ger. 31-34, pp. 125-126; W. perkinS, A

Golden Chaine cit., cap. 31, p. 71.

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e in ciascuna delle sue parti. Solo il patto della grazia ha riattivato o rigene- rato la legge morale e solo i pochi eletti sono ora in grado di agire secondo i suoi precetti27. per effetto della loro elezione essi sono i soli esseri umani

che possono realizzare le condizioni del patto delle opere, cioè della legge morale. Non esiste perciò nessuna vera virtù al di fuori della grazia e, dopo il peccato originale, l’ordine del bene e della giustizia nell’uomo e tra gli uomini può essere ripristinato solo con l’intervento della fede. e se l’intero ordine della creazione è fondato sulla legge naturale e sul patto delle opere, ciò dovrà essere vero a maggior ragione per l’e‹taxàa umana, sia nella fa- miglia sia nella comunità politica28. Ma se solamente gli eletti sono in gra-

do di obbedire alla legge morale e se l’ordine politico è una conseguenza di questa loro obbedienza, allora soltanto gli eletti possono fondare e governare una società politica secondo le regole della vera virtù. e la loro società sarà la prosecuzione della comunità fondata da Mosè, che era basata sul Vecchio Testamento ovvero sulla prima forma di patto della grazia. Inoltre questa sarà la sola e unica comunità politica pia e giusta sulla terra, mentre tutte le altre società, sia quelle dei pagani sia quelle dei cristiani dannati, saranno peccaminose e imperfette.

Come abbiamo visto, la prima e fondamentale condizione per l’elezione è il doppio patto che unisce ciascun membro della comunità cristiana a Dio. Ma ciò che è valido per i singoli eletti, deve essere applicato anche alla società nella quale essi vivono29. Se gli eletti sono obbligati a Dio da un patto, anche

la loro comunità è obbligata a Dio dallo stesso accordo e dalle medesime condizioni. questa conclusione deve poi essere applicata sia alla comunità nel suo complesso sia alle sue singole parti, alle province, alle contee, alle corporazioni. Fenner espone questo doppio legame nel modo seguente.

le leggi relative alle parti comuni della repubblica prescrivono che esse siano 1. federate a Dio. 2. federate alla repubblica. Deut. 17,15-16; I Sam. 10,25; I Cr. 11,3; II Re 11,17 e 12; II Cr. 23,3; II Re 23,3; Deut. 29,30-31 e 31,26; Gios. 5 e 24; I Sam. 12,16-17.22-25.27 [?]; II Re. 11; II Cr. 23,16; II Re 23; II Cr. 6,11; I Re 2,4 e 1,6.12; II Cr. 6,16 e 7,17.

per la qual cosa sono obbligate da un duplice patto tutte le parti comuni e pubbliche di una repubblica, cioè tutti coloro che hanno in sorte il comando e che rappresentano la repubblica, cioè il popolo. I Sam. 4,5; I Cr. 27 e 28; I Cr. 13 eccetera.

La forma comune a entrambi i patti stabilisce che gli accordi stipulati siano obbliganti per tutti e per ciascuno. per tutti perché tutti devono impegnarsi insieme Deut. 7,6 e 14,2 e 11,29; Gios. 24 e 5,24 [?]; Giud. 19,19; Gios. 22.

27 Ivi, lib. II, cap. 14, pp. 19-20; W. perkinS, A Golden Chaine cit., cap. 54, pp. 108-

112; cap. 15, pp. 25-26; R. rolloCk, A Treatise of Gods Effectual Calling cit., cap. 1, pp.

31-32.

28 d. Fenner, The Sacred Doctrine of Divinitie cit., lib. II, cap. 13, pp. 18-19.

29 Il modello del duplice patto è indicato da II Re 11,17: «Ioiadà concluse un’alleanza

fra il Signore, il re e il popolo, con cui questi si impegnò a esser il popolo del Signore; ci fu anche un’alleanza fra il re e il popolo».

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per ciascuno, perché i singoli s’impegnano per la provincia loro assegnata. Gios. 24,1-2.14-15; I Cr. 13; II Re. 11,17-19 e 23,3 e 2. a questa forma so- no stati aggiunti come testimonio i giuramenti solenni e i documenti. Come in Gios. 24,27-28 e altrove30.

Tutte le parti di una comunità nel suo complesso e ciascuna di esse singo- larmente promettono di onorare Dio, di essere il suo popolo e di agire secon- do la sua volontà, come essa è dichiarata nella legge morale e riassunta nel Decalogo; tuttavia esse possono agire come un popolo e obbligarsi con Dio solo se si uniscono con un patto reciproco, che le leghi con leggi comuni.

questo patto è duplice: 1. Tra Dio e le parti comuni della repubblica. 2. Tra le parti. I Sam. 12,1.16-17; I Cr. 27 e 28; II Re 11,17-19 e 23,3 e altrove. Tra

Dio e la repubblica, affinché siano il popolo di Dio, mantengano fedelmente il culto comandato nelle sue leggi e nei suoi giudizi e curino diligentemen- te il culto così conservato. Chi si comporterà altrimenti, sia egli un grande o un piccolo, sia un uomo o una donna, sia punito a morte Ibid.; II Cr. 15,13- 14 eccetera; Ne. 10,1-5 e altrove. Tra le parti è il patto secondo il quale tutti devono governare con giustizia e secondo le leggi della repubblica, e se le infrangono, che siano posti a morte. Ibid.31.

le leggi fondamentali di una società definiscono, tra l’altro, anche la for- ma del governo. alcune di esse sono generali e valide per tutte le comunità politiche32, altre sono particolari e relative a ciascuna forma di governo. la

democrazia deve, per esempio, evitare il pericolo di degenerare nel disordi- ne, mentre l’aristocrazia deve scongiurare i dissensi religiosi33. Il pericolo

maggiore di una monarchia è che il re si trasformi in un tiranno, il che può 30 d. Fenner, Sacra theologia cit., lib. V, cap. 13, pp. 70v-71r: «De communibus reipub-

licae partibus leges sunt, ut sint 1. Deo foederatae. 2. Reipublicae foederatae. Deut. 17,15- 16; I Sam. 10,25; I Chr. 11,3; II Reg. 11,17 et 12; II Chr. 23,3; II Reg. 23,3; Deut. 29, 30-31 et 31,26; Ios. 5 et 24; I Sam. 12, 16-17; 22-25; 27 [?]; II Reg. 11; II Chr. 23,16; II Reg. 23; II Chr. 6,11; I Reg. 2,4 et 1,6; 12; II Chr. 6,16 et 7,17. quare duplici foedere tenentur omnes reipublicae partes communes et publicae, idest omnes imperii consortes, qui rempublicam sive populum repraesentant. I Sam. 4,5; I Chr. 27 et 28; I Chr. 13 et c. Forma communis utri- usque foederis, est ut universim et singillatim rei stipulationes teneantur. Universim, ut omnes coniunctim fidem praestent. Deut. 7,6 et 14,2 et 11,29; Ios. 24 et 5,24 [?]; Iudic. 19,19; Ios. 22. Singillatim, ut singuli pro sua assignata provincia fidem praestent. Ios. 24. 1-2; 14-15; I Chr. 13; II Reg. 11,17-19 et 23,3 et 2. Huic formae adiuncta sunt in testimonium iuramenta solemnia et monumenta. Ut Ios. 24,27-28 et c.».

31 Ivi, lib. V, cap. 13, p. 71r: «Foedus hic duplex est 1. Inter Deum et reipublicae partes

communes. 2. Inter se. I Sam. 12,1.16-17; I Chr. 27 et 28; II Reg. 11,17-19 et 23,3 et c. Inter Deum et rempublicam, ut sint populus Dei, cultumque mandatum in statutis et iudiciis suis fideliter praestent, praestatique curent sedulo: qui secus fecerit, sive magnus, sive parvus, sive vir, sive foemina, morte plectatur Ibid.; II Chr. 15,13-14. et c. Neh. 10,1-5 et c. Inter se foedus est, ut omnes iuste et secundum reipublicae leges gubernent, quas si pessundent, e medio tollantur. Ibid.».

32 Ivi, lib. V, cap. 13, p. 71v. 33 Ivi, lib. V, cap. 13, p. 81r.

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avvenire in due modi: o perché un pretendente non possiede i titoli legittimi o perché un principe legittimo abusa della sua autorità. Contro l’usurpatore ogni cittadino privato può prendere le armi e se necessario può uccidere il nemico, restituendo la potestà al popolo o alla repubblica oppressa34. Ma

contro un legittimo re può combattere solo un’autorità che sia stata investita di un particolare titolo giuridico per la resistenza. In ogni regno deve perciò essere presente un gruppo di magistrati, chiamati «efori», che hanno il com- pito di controllare la potestà del re e di combattere contro di lui, anche in una guerra civile, se egli abbandona la vera religione e perseguita i sudditi.

Il tiranno nell’esercizio è quello che intenzionalmente infrange tutti i patti della repubblica o i più importanti tra di essi. Chi possiede la legittima po- testà deve eliminarlo con mezzi pacifici o con la guerra, e tali sono gli efori del regno o il parlamento di tutti gli ordini35.

questo equilibrio tra il re e i magistrati inferiori, che è un elemento ne- cessario di ogni regno, genera doveri per entrambi. Da una parte il re «deve conservare fedelmente e senza inganno i patti con Dio e con il suo popolo e le leggi e le costituzioni del suo regno, e non deve trascurare nel suo governo gli efori perché essi sono membri del regno e consiglieri del re (II Re 11,17- 19; I Sam. 10,25; I Re 12,6-8)»36. Dall’altra parte i magistrati inferiori, sia

come singoli sia come corpo, devono sforzarsi di convincere il re degenere ad assolvere tutti i suoi doveri, mentre devono assistere il buon re mettendogli a disposizione continuamente il loro consiglio e il loro sostegno37.

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