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La teologia federale del covenant e il calvinismo politico

Nel documento Calvino e il calvinismo politico (pagine 161-168)

I pURITaNI e la TeOlOGIa pOlITICa Del XVI SeCOlO

1. La teologia federale del covenant e il calvinismo politico

la modernità si afferma come l’epoca del trionfo dello Stato nazionale unitario, principalmente attraverso il successo dell’assolutismo monarchico. lo testimonia, nella storia del pensiero politico, la teorizzazione del concetto di sovranità assoluta, supremo potere che informa di sé l’essenza stessa dello Stato, fatta soprattutto da Jean Bodin e da Thomas Hobbes: una sovranità i cui attributi fondamentali d’assolutezza sono l’originarietà, l’unicità, l’in- dissolubilità, l’indivisibilità, la perpetuità, l’irrevocabilità. lo Stato assoluto è la prima forma di Stato moderno centralizzato, secolarizzato e ispirato a criteri di crescente razionalizzazione giuridica e amministrativa. esso non si consolida, però, in modo incontrastato. Di pari passo viene in luce anche una forte contestazione della sovranità assoluta, suo principio istitutivo. Tale critica prende aspetti diversi, radicati su dottrine e posizioni politiche differenti: la riformulazione del costituzionalismo medievale basato sulla scolastica tomista o sulla tradizione repubblicana o anche sulla tradizione chiamata da più autori covenantalism; il pensiero antitirannico, definito mo- narcomachesimo da William Barclay a scavalco tra il xVi e il xVii secolo; i

movimenti della Riforma, specie quelli democratizzanti di matrice calvinista, all’origine dei conflitti sfocianti nelle secolari guerre a sfondo religioso, ma di natura squisitamente politica.

Su questo terreno s’avvia una contestuale rimeditazione teologico-po- litica a carattere federalizzante, che adatta ai nuovi tempi i temi propri del

covenantalism, del patto stabilito tra Dio e gli esseri umani, e tra il popolo e il sovrano. Una riflessione che mira a stabilire – in connessione con cate- gorie politiche ancora in gran parte premoderne e legate alla raffigurazione della società per ceti – l’origine divina e “popolare” della sovranità, insieme all’intrinseca costituzione pluralista e complessa della società e dello Stato. È questa la «teologia federale», prodotta a partire dalle elaborazioni di te- ologi e giuristi ispirati, tra la prima metà del Cinquecento e il Seicento, so-

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prattutto dal magistero di Giovanni Calvino, di Huldrych Zwingli e del suo successore a Zurigo Heinrich Bullinger, che nel 1534 pubblica l’opuscolo, di fondamentale importanza per lo sviluppo e la propagazione della teologia federale, intitolato De testamento seu foedere Dei unico et aeterno1.

Dalla Francia ugonotta e dalle città svizzere, lungo il corso del Reno, la teologia federale estende la sua influenza dalla Germania ai paesi Bassi in lotta contro la Spagna di Filippo II, e ancora all’Inghilterra e alla Scozia, esercitando rimarchevoli influssi sul puritanesimo e sulla formazione politica dei coloni americani della Nuova Inghilterra. Tra i suoi esponenti figura il tedesco Caspar Olevian, coautore del Catechismo di Heidelberg, il testo dot- trinale più autorevole delle chiese riformate nell’europa centrale. Nell’ope- ra De substantia foederis gratuiti inter Deum et electos2 (1585), Olevian

enumera cinque diversi tipi di patto, il più significativo dei quali ai fini del pensiero politico resta quello mosaico dell’antico Testamento, riformulato però attraverso il «patto di grazia» offerto dal Cristo nel Nuovo Testamento, dai quali deriva il rinnovato patto di Dio con gli esseri umani. Come, inoltre, afferma Stephanus Junius Brutus nelle Vindiciae contra tyrannos3 (1579),

altra opera cruciale nella produzione teologico-federale, dal duplice patto tra Dio, gli esseri umani e il magistrato sovrano, discende la costituzione della società – composta dalle varie comunità politiche, cellule coordinate gerar- chicamente tra loro e dotate di autonomia – e del governo civile.

l’accezione politica della teologia federale è basata sulla derivazione bi- blica secondo cui il rapporto tra Dio e gli esseri umani fu sempre fondato su di uno o più patti (foedus), e afferma che la forma pattizia-federale, di con- seguenza, regola i rapporti politici tra il popolo e i suoi governanti, nonché tra i vari popoli fra loro essa è nota dall’epoca della Riforma in altre culture europee, quali la svizzera, la tedesca, la francese, l’olandese, l’inglese, la scozzese. Da queste ultime è passata in quella nordamericana, nella quale svolse un ruolo determinante ai fini della nascita della moderna sensibilità costituzionale in rapporto al federalismo e alla teoria dello Stato federale.

la maggior parte delle manifestazioni di pensiero che si richiamano alla «teologia federale», si ritrovano nella comune posizione del «calvinismo po- litico». Il calvinismo si può definire come la dottrina confessionale e il movi- mento ecclesiale della Riforma che originano dall’insegnamento di Calvino,

1 Tiguri, Christoph. Frosch, MDXXXIIII. Vedi ora la traduzione inglese in C.S. mCCoy,

J.W. Baker, Fountainhead of federalism. Heinrich Bullinger and the Covenantal Tradition,

louisville (Ky), Westminster/J. Knox press, 1991, pp. 101 ss. per un sintetico, ma efficace profilo della dottrina della teologia federale si rinvia a W.J. Van aSSelt, The Federal Theo-

logy of Johannes Cocceius (1603-1669), leiden-Boston-Köln, Brill, 2001, appendix 1, The Origins of Federal Theology, pp. 325-330.

2 Genevae, Vignon, 1585. Su Olevian vedi H. graFFmann, K. Olevians Stellung in der

Entstehungsgeschichte der Demokratie, in “Jahrbuch der hessischen Kirchengeschichtlichen Vereinigung”, Darmstadt, B. 22, 1971, pp. 85-121.

3 Vedi S. juniuS BrutuS, Vindiciae contra Tyrannos, a cura di S. Testoni Binetti, Torino,

la Rosa, 1994. Vedi anche S. teStoni Binetti, Il pensiero politico ugonotto. Dallo studio

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ma che si fondono ben presto in una più vasta e variegata corrente religiosa e politica, in cui confluiscono le esperienze di altri capi di comunità cittadine riformate dell’europa centrale, come Bucer a Strasburgo, Zwingli e Bullinger a Zurigo. Un orientamento generale che, in ossequio al suo carattere inter- nazionale4 nel passaggio drammatico della zweite Reformation e nell’epoca

della Konfessionalisierung5, dalla Svizzera si espande – differenziandosi dal

luteranesimo – all’intera europa e alle colonie nordamericane.

pur accettando il dogma della predestinazione e della salvezza per la fe- de nel Cristo, è più marcata nella concezione calvinista la propensione ad accettare il ruolo delle “opere” e del loro successo, all’interno di un’ascesi “intramondana”, come segno della probabile grazia divina e della salvezza6.

Di qui una forte spinta all’attività nel mondo. Del pari, il calvinismo riforma- to si distingue per la preferenza accordata al ruolo dei “predicatori” e degli “anziani” nel concistoro in un modello ecclesiale assembleare e collegiale7.

Dall’attivismo spirituale e mondano, e dal carattere “democratico” dell’or- ganizzazione ecclesiale simboleggiato nell’immagine della «repubblica dei santi»8, differenziazioni significative rispetto alle altre correnti luterano-

protestanti si sviluppano sul terreno dell’organizzazione socio-politica. Co- me, di fatto, il luteranesimo diventa l’orientamento prevalente dei prìncipi territoriali (in Germania, Danimarca e Svezia), così il calvinismo politico si afferma tendenzialmente come modello di comunità cittadine o regionali, 4 Vedi International Calvinism 1541-1715, a cura di M. prestwich, Oxford, Clarendon,

1985; Confessions et catéchismes de la foi réformée, a cura di O. Fatio, Genève, labor & Fides, 1986.

5 Vedi W. Sparn, Politik als zweite Reformation, in: Politische Theorie des J. A. cit., p.

438. Uso qui il termine «seconda Riforma» per sottolineare soprattutto l’incidenza assunta in tale contesto dalla maturazione del discorso althusiano, ben sapendo che dietro tale lo- cuzione vi è una ampia discussione storiografica. per il termine e i suoi critici vedi Die re- formierte Konfessionalisierung in Deutschland – das Problem der “Zweiten Reformation”: wissenschaftliches Symposion des Vereins für Reformationsgeschichte, a cura di H. Schilling, Gütersloh, Gütersloher Verlagshaus Mohn, 1986; H.R. SChmidt, Konfessionalisierung im 16.

Jahrhundert, edG, B. 12, München, 1992; H. SChilling, Nochmals “Zweite Reformation” in

Deutschland. Der Fall Brandenburg in mehrperspektivischer Sicht von Konfessionalisierung- sforschung, historischer Anthropologie und Kunstgeschichte, “Zeitschrift für Historische For- schung” IV (1996), pp. 501-524; H. klueting, “Zweite Reformation” – Konfessionsbildung

– Konfessionalisierung. Zwanzig Jahre Kontroversen und Ergebnisse nach zwanzig Jahren, “Historische Zeitschrift” CClXXVII (2003), pp. 309-341; h. klueting, Problems of the

Term and Concept “Second Reformation”: Memories of a 1980, in: Confessionalization in Europe, 1555-1700. Essays in Honor and Memory of Bodo Nischan, a cura di J.M. Headley, H.J. Hillerbrand, a.J. papalas, aldershot, ashgate, 2004, pp. 37-49.

6 È classica, anche se da più parti rimessa in discussione, l’interpretazione di m. WeBer,

L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904), ed. it. a cura di e. Sestan, Firenze, Sansoni, 1965.

7 Un’analisi dell’operare della Konfessionalisierung sull’organizzazione politica comunale

a partire dalla situazione della chiesa riformata di emden nell’epoca di althusius è nell’opera Die Kirchenratsprotokolle der reformierten Gemeinde Emden 1557-1620, 2 voll., a cura di H. Schilling con la collaborazione di K.-D. Schreiber, Köln-Wien, Böhlau Verlag, 1989-1992.

8 Vedi r.h. Bainton, La Riforma protestante (1958), ed. it. Torino, einaudi, 1966, pp.

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critiche verso l’impero e verso le statualità territoriali assolutistiche, confor- mate viceversa al principio di un repubblicanesimo aristocratico che, specie negli esperimenti più radicali (per esempio a Ginevra, a Zurigo o nelle co- munità puritane), può assumere talvolta un carattere teocratico.

Nel calvinismo politico s’incardinano i presupposti biblici esaltati da alcuni accenti particolari: la gloria di Dio, intesa come obiettivo della vita umana e cristiana; la santità di Dio, che non si lascia oggettivare in nessuna realtà umana ecclesiastica o laica, e alla quale corrisponde una forte esigen- za di santificazione dei credenti, appunto «l’ascesi intramondana»; il rilievo dato alla dottrina della predestinazione; l’insistenza sulla signoria di Cristo, e non della chiesa, che da un lato assicura la laicità alla sfera dello Stato e della politica e dall’altro assegna alla comunità cristiana il ruolo di testimo- ne, esigendo da essa il massimo di responsabilità civile e politica per il bene pubblico; la vita in generale e il lavoro in particolare vissuti come vocazio- ne, cioè come ambiti di servizio a Dio e al prossimo; forme collegiali e as- sembleari di governo della chiesa, che si riflettono anche sulla visione della politica calvinista che predilige costruire associazioni di tipo federativo sia dei singoli sia delle varie associazioni fra loro9.

le fonti dottrinali del calvinismo politico si trovano a partire dall’Istitu-

zione della religione cristiana10, che tratta del «governo civile» nel libro IV.

qui si dice che il popolo, ovvero l’insieme delle corporazioni e consociazioni cittadine, cui spetta collettivamente la sovranità politica, delega al sommo magistrato l’esercizio del governo, che deve fondarsi sul rispetto delle leggi, agire per la giustizia e per il bene della comunità. Il governante è coadiuvato dagli «efori», istituiti «per la tutela del popolo» come i tribuni della plebe a Roma. Spetta al magistrato anche la difesa del culto e della chiesa, pur nella competenza primaria dei pastori nella cura delle coscienze. Calvino mostra di conoscere la distinzione aristotelico-polibiana delle forme di governo, ma predilige il governo misto a prevalenza aristocratica, in cui tale elemento non è però dato tanto dall’oligarchia economica, quanto dai membri della dirigen- za riformata. l’obbligo dell’obbedienza verso l’autorità si basa sul richiamo alle Sacre Scritture. In linea di principio, non è ammessa la resistenza: «Non si può resistere al magistrato senza resistere a Dio». Tuttavia, discostandosi dalla maggiore rigidità luterana in materia (che comunque non impedisce la “protesta” dei prìncipi contro l’imperatore), Calvino teorizza la possibilità 9 Vedi p. riCCa, L’identità protestante, Torino, Claudiana, 1973; id., Grazia senza con-

fini, Torino, Claudiana, 2006.

10 Vedi G. CalVino, Institutio christianae religionis (1536), ed. it. a cura di G. Tourn,

Torino, Utet, 1971. Di Calvino vedi anche Opere scelte, vol. 1. Dispute su Roma, a cura di G. Conte e p. Gajewski, Torino, Claudiana, 2004; vol. 2., Contro nicodemiti, anabattisti e libertini, a cura di l. Ronchi De Michelis, Torino, Claudiana, 2006. Su Calvino vedi a.e. mCgrath, G. Calvino. Il riformatore e la sua influenza sulla cultura occidentale, Torino,

Claudiana, 1991, 20093; W.J. BouWSma, Calvino, Roma-Bari, 1992; G. tourn, G. Calvino,

il riformatore di Ginevra, Torino, Claudiana, 2005; M. miegge, Communicatio mutua (Al-

thusius e Calvino), in Il lessico della Politica di Johannes Althusius, a cura di C. Malandrino e F. Ingravalle, Firenze, Olschki, 2005, pp. 115-124.

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di resistenza contro il tiranno, elemento fondamentale del successivo calvi- nismo politico. Come Mosè guidò il popolo ebraico contro il faraone fuori dalla schiavitù d’egitto, così per il riformatore ginevrino è ammissibile che, contro la reiterata tirannia di un magistrato o di un principe, sorga un «eroe» liberatore, un «nuovo Mosè». Tale teoria della resistenza è ampliata in forme costituzionali da Beza, successore di Calvino a Ginevra, e dal monarcoma- chesimo ugonotto della seconda metà del Cinquecento.

Ciò detto in generale, per quanto riguarda il rapporto tra Calvino, il cal- vinismo e la teologia federale, dopo quasi un secolo di ricerche si trova so- prattutto in elazar, oltre che in McCoy e Baker, un tentativo di definizione di questa multiforme e variegata materia. Tali autori hanno dedicato molti studi alla definizione filologica e teorica del covenant e del covenantalism11

formati a partire dai concetti biblici e premoderni che, a loro dire hanno, dato luogo a idee politiche generalmente collocate nell’alveo “grande” che pre- para il federalismo nella prima modernità. esse rappresentano in generale, secondo elazar, una modalità importante del pensiero e della prassi politica nell’antichità e nel Medioevo, tanto più per alcuni popoli, come per esempio gli ebrei, i celti, i germani, gli anglosassoni: tutti molto significativi anche per la formazione della civiltà occidentale moderna. I concetti di covenant e covenantalism, così come scaturiti da epoche lontane, rappresentino un fondamentale tramite per la teorizzazione del «patto» teologico-federale nella Riforma e, per tale via, attraverso profondi cambiamenti, per la for- mazione del federalismo americano moderno e, in generale, per il pensiero federalista occidentale.

Nell’inglese corrente covenant vuol dire patto, convenzione, accordo e perciò oggi si usa indifferentemente come sinonimo di altri termini come

pact, compact, contract12. Ma, fa rilevare elazar, non è questa l’accezione

11 Vedi l’imponente quadrilogia in D.J. elaZar, The Covenant Tradition in Politics, vol.

I: Covenant & Polity in Biblical Israel; vol. II: Covenant and Commonwealth. From Christian Separation Through the Protestant Reformation; vol. III: Covenant and Constitution. The Great Frontier and the Matrix of Federal Democracy; vol. IV: Covenant and Civil Society. The Constitutional Matrix of Modern Democracy, Transaction publishers, New Brunswick (USa) and london (UK), 1995-1999. a presentazione e commento di quest’opera vedi C. malandrino, Covenant e covenantalism premoderni nell’elaborazione di Daniel Judah Ela-

zar, in: Prima di Machiavelli. Itinerari e linguaggi della politica tra il XIV e il XVI secolo, a cura di G. Carletti, pescara, esa, 2007, pp. 107-128.

12 Secondo elazar, solo dopo il Seicento hanno cominciato a imporsi termini quali com-

pact o contract, che hanno però un rapporto ambiguo di sinonimia col primo e tra loro. Infatti, mentre covenant e compact hanno fin dall’inizio del loro uso per lo più valenza pubblicistica e costituzionale, contract ha originariamente carattere privatistico. la differenza tra cove- nant e compact è invece più sottile. Il primo termine ha maggior forza morale nel legare gli umani tra loro, afferma elazar, perché ha in prima battuta carattere religioso, dietro di sé ha in origine l’autorità di Dio, e la mantiene anche dopo il processo di secolarizzazione avviato nella modernità. Il compact invece deriva la sua forza di legame unitario da un atto più giu- spolitico, è termine che indica un fenomeno secolarizzato. prendendo appunto in esame il caso americano, elazar nota come il primo termine sia ampiamente usato nella prima epoca coloniale fino alla metà del xViii secolo, mentre il secondo si impone a partire dall’affermarsi

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originaria e prevalente sul piano storico nell’epoca medievale e della pri- ma modernità. egli sottolinea la radice letterale, implicita in covenant, del sintagma coming together, allineandola al latino con-venire (che egli rende anche con con-gregation), applicabile sia in senso fisico che intellettuale. politicamente l’idea del covenant (termine usato da teologi e giuristi, prima che da politici) illustra in origine, scrive elazar, «a coming together of ba- sically equal humans who consent with one another through a morally bin- ding pact supported by a trascendent power, establishing with the partners a new framework or setting them on the road to a new task, and which can be dissolved only by a mutual agreement of all the parties to it»13. Covenant

è, conferma elazar, la più antica tra le parole che hanno a che fare con la materia della formazione dell’ordine politico attraverso il consenso manife- stato per mezzo di un patto o di un analogo appropriato legame reciproco14.

essa è stata usata in prevalenza, in questo senso, fino all’età della Riforma. In Calvino, nel cui pensiero «viene assorbito l’insegnamento di Zwingli»15,

elazar sottolinea il formarsi di un’attitudine covenantal, prima ancora che sul piano teologico, a partire dalla «professione di fede» cui vengono invi- tati gli abitanti di Ginevra, professione che rappresenta la forma di un patto consensuale ecclesiastico coerente coi dettami della legge divina e naturale. Il vero e proprio covenant politico è illustrato invece, secondo elazar, so- prattutto nel sermone di commento al primo libro di Samuele, secondo cui «the citizens should join together in a political covenant to affirm the city’s political and ecclesiastical ordinances»16. Tale forma di covenant, suggerito

dallo Spirito di Dio, si sviluppa tra il popolo e il magistrato.

Covenant è il termine usato da molti autori, teologi e politici, di lingua inglese per tradurre le espressioni provenienti dalla Bibbia ebraica e cri- stiana che indicano l’alleanza pattizia tra Dio e l’umanità e, sul modello di questa, tra gli uomini fra loro: il berith ebraico, correttamente tradotto in greco con syntheke e in latino con foedus. la tesi di elazar è che i covenants della Bibbia sono alla base della fondazione di buona parte del costituziona- lismo antico e medievale, quindi della teologia politica federale del prote-

della cultura illuminista nel periodo della guerra rivoluzionaria per l’indipendenza. Contract, viceversa, è un termine che viene importato in america, nell’accezione pubblicistica, a seguito della fortuna del rousseauiano contrat social dopo la rivoluzione francese.

13 Vedi D.J. elaZar, Covenant and Commonwealth. From Christian Separation Through

the Protestant Reformation cit., p. 1.

14 Vedi D.J. elaZar, Idee e forme del federalismo, a cura di l.M. Bassani, Milano, edi-

zioni di Comunità, 1995, p. 5: «la comunità politica fondata su un patto implica l’unione volontaria di esseri umani come eguali per costituire corpi politici, in modo tale che tutti ri- affermino la propria eguaglianza di fondo e conservino i propri diritti fondamentali. perfino il patto (covenant) di Hobbes – ed egli usa specificamente questo termine – che costituisce la base di una comunità politica nella quale il potere è attribuito a un unico sovrano, prevede questa fondamentale eguaglianza, sebbene, in pratica, essa non possa coesistere con il siste- ma di governo previsto da Hobbes».

15 Vedi D.J. elaZar, Covenant and Commonwealth cit. p. 149.

16 Ivi, p. 182. elazar cita oltre all’Istituzione della religione cristiana, anche le ordinanze e

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