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Il progetto educativo per la nobiltà

Nel documento Calvino e il calvinismo politico (pagine 56-61)

e nel pensiero di François de La Noue

2. Il progetto educativo per la nobiltà

Le Bayard huguenot denuncia una cesura profonda fra la tradizionale gran- dezza della nobiltà francese, dedita alla giustizia, alla prodezza e al servizio della patria, e la decadenza sopravvenuta nello stesso ordine, imbastardito e ormai lontano dalla virtù e dai costumi degli avi. Comunque ciò sia avvenu-

41 Ivi, p. 105. 42 Ivi, p. 121.

43 Secondo la Noue, la nobiltà ha scarsa considerazione della sua fortuna e di quanto

possiede, se ne dimentica e si lamenta di miserie che non ha; a questo argomento sono dedi- cati il Septiesme e il Huictiesme Discours.

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to, la Noue è convinto che sia necessario ritrovare l’etica nobiliare perduta. a tal fine riprende la lezione degli antichi filosofi, già largamente inserita nella cultura umanistica e rinascimentale e adattata alle istanze di rinnova- mento, che investono tutti i campi del sapere e dell’agire. Nella prospettiva riformatrice di la Noue è decisiva la lettura di plutarco, attraverso la qua- le si persuade che solo il sapere è indistruttibile, resistente persino ai colpi della guerra, a differenza di beni preziosi ma effimeri, quali le ricchezze, la gloria, la salute. Indica pertanto la soluzione nella cura dell’intelletto e nella conoscenza dei testi filosofici che trattano della vita civile. la ricerca della

pietra filosofale, cui dedica l’intero ventitreesimo Discours45, riguarda pro-

prio la conoscenza della verità, sia nella forma più elevata, relativa ai beni spirituali, sia anche nella forma più facile della ricerca di beni materiali nei campi della morale e della politica, dove agli effetti nefasti dell’oro, il quale induce il lusso, i vizi, la corruzione, e infine le guerre civili, contrappone la sobrietà, la prudenza, la giustizia, la forza, squarciando quel velo di voluttà e di ignoranza che acceca.

Con una sconsolata disamina l’autore mette così a fuoco i problemi dell’educazione dei giovani nobili francesi ed elabora un piano realistico di radicale riforma con l’applicazione di principi tratti dalla filosofia classi- ca, soprattutto da plutarco, ripensati per la situazione francese. «la bonne nourriture et institution»46 divengono il fulcro di un programma di educazione

completa, nella cui prospettiva egli demolisce i metodi educativi più diffusi. l’invio indiscriminato di giovani al servizio di principi e signori, ad esempio, non preserva a suo parere dall’apprendimento della dissolutezza, dell’empie- tà, della menzogna e dell’inganno, a meno che non vengano scelti con cura signori che siano a loro volta non solo disponibili all’ospitalità, ma anche e soprattutto onesti e virtuosi. la stessa educazione militare è pericolosa, in quanto, perduto il tradizionale rigore e la rettitudine del suo spirito, e capo- volta ormai la disciplina, inizia ai peggiori vizi morali, all’efferata licenza e all’oppressione contro il popolo. la Noue critica anche i frequenti viaggi dei giovani in paesi stranieri, che li mettono pericolosamente in contatto con costumi troppo diversi da quelli francesi, e persino gli studi nelle più famose università, che il più delle volte mancano l’obiettivo di garantire il sapere in luogo dell’ignoranza, la moderazione in luogo della depravazione.

Nel secolo del metodo, in cui molti cercano di riorganizzare criticamente le conoscenze del loro settore per riformarlo in modo scientifico e funzionale a una realtà sociale e politica dagli sviluppi ancora oscuri e inquietanti, che richiede pertanto specifiche competenze per essere governata, anche la Noue affronta il problema educativo con metodo rigoroso e in maniera meno casua- le rispetto agli usi consueti. Innanzitutto pensa alla possibilità di istituire una disciplina pubblica, della durata di quattro o cinque anni, a partire dai quindici anni, per avviare i giovani della nobiltà «aux bonnes moeurs et exercices hon-

45 Disc. XXIII, De la Pierre philosophale. 46 a ciò è dedicato il Cinquieme Discours.

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nestes, avecques plus de commodité, moins de peril et plus de fruit»47. a suo

parere, sono proprio i re che dovrebbero farsene carico, perché è dalla nobiltà che vengono i principi, i capi militari, gli alti ufficiali, ambasciatori, e tutta quella classe politica che serve loro per la conservazione del trono48. l’autore

ipotizza che apposite accademie siano istituite nelle principali città (quattro, per cominciare: parigi, lione, Bordeaux e angers), o anche in residenze reali poco usate e distribuite sul territorio dello Stato, in cui vengano insegnate sia discipline utili per il corpo, sia per lo spirito, sotto la guida di maestri colti ed esperti, adeguatamente retribuiti, eventualmente fatti venire dall’estero (anche dall’Italia: l’aperto gentiluomo non indulge ai pregiudizi diffusi!). Vengono indicate letture in francese e traduzioni di antichi testi che trattano delle virtù morali, della police e della guerra, e soprattutto le storie antiche e moderne, cui si aggiungono la matematica, la geografia, la scienza delle fortificazioni e qual- che lingua volgare. Infine, come svaghi, i giovani vengono indirizzati alle arti, soprattutto alla musica e alla pittura. l’autore mira a consolidare la dignità del suo ordine sociale e della nuova classe politica, avendo in mente un obiettivo alto, un bene generale che ne deriverà come conseguenza e apparirà evidente quando il re sarà finalmente contornato non soltanto da una nobiltà di titolo («noblesse de titre»), bensì da una nobiltà «revestuë de vertu»49. Il recupero

delle virtù degli avi infatti non è fine a se stesso, ma tende alla loro proiezione, con la loro perdurante attualità, nella nuova e non ancora definita società.

le storie, dunque, secondo il credo comune a tutti gli uomini colti dell’epo- ca, cattolici e ugonotti, costituiscono la più valida componente del metodo e il principale ausilio formativo per l’acquisizione della pietas e di una visione aperta delle relazioni tra fatti e comportamenti umani. È nella storia infatti che la vita degli uomini si mostra nell’evolversi delle vicende e nelle rela- tive conseguenze nel lungo periodo, e si chiarisce, per chi sa guardarla con discernimento, il senso del divenire. In questo piano la scelta delle letture non è semplice, perché il giudizio affrettato è spesso ingannevole. la Noue coglie l’occasione per additare l’eccessiva influenza delle opere di Machia- velli in Francia e per affermare il suo antimachiavellismo50. ammette che i

Discorsi e il Principe machiavelliani, già ampiamente conosciuti in Francia, siano opere piacevoli e apparentemente utili nelle professioni politiche e mi- litari, ma denuncia i rischi di un giudizio affrettato e ingannevole, poiché si tratta in realtà di libri forieri di intenti spregevoli e di condotte disonorevoli e dannose, e indica a tal proposito il valore etico dell’Anti-Machiavel, guida efficace e consigliabile, il cui autore tuttavia, Innocent Gentillet51, la Noue

dichiara sorprendentemente di non conoscere52.

47 Disc. V, p. 151. 48 Ivi, pp. 151-152. 49 Op. cit., p. 157.

50 q. Skinner, Le origini del pensiero politico moderno cit., p. 441. 51 I. gentillet, Anti-Machiavel cit.

52 Disc. VI, p. 160. all’argomento è dedicato l’intero Discours, intitolato Que la lecture

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l’educatore protestante quindi non pensa solo alle esigenze pratiche del- la contingenza, ma va oltre, convinto della necessità di affinare il giudizio critico sia con le humanae litterae attraverso i testi filosofici e morali, sia anche attraverso le scienze esatte come la matematica e le loro applicazioni nella tecnica delle fortificazioni e nelle attività artistiche. egli mira insom- ma a elevare il livello culturale attraverso una formazione globale unificata e coesa dal metodo, incentrata, in ultima analisi, su ordine e disciplina.

Nelle ampie prospettive della sua visione, il disegno educativo di la Noue non tende semplicemente a invertire il corso della decadenza morale del ceto nobiliare e ad adeguarlo ai tempi, ma anche a rivendicarne i diritti esclusi- vi. l’aristocratico militare si inserisce così nel dibattito su un altro aspetto della decadenza del ceto nobiliare, ossia quello economico, che coinvolge anche i problemi dell’incremento delle file dei nuovi nobili e del mercato di cariche che comportano patenti di nobiltà53. la Noue asserisce che il decli-

no della nobiltà non si deve tanto all’impoverimento causato dalle continue guerre, esterne e intestine, secondo un’autogiustificazione corrente, quanto alla cattiva amministrazione della propria ricchezza, alle spese superflue e forsennate, al lusso nell’abbigliamento e negli ornamenti personali, nelle magnifiche dimore, negli arredi e negli inutili eccessi. In tanta fastosità gli aristocratici si lasciano malauguratamente guidare dall’opinione piuttosto che dalla prudenza e da un bene inteso spirito di liberalità, in virtù del quale proprio ai ricchi spetta il dovere non solo di non indulgere al superfluo, ma anche di soccorrere gli indigenti54. l’autore pensa che sarebbe necessario un

periodo di pace, in cui le ingiustizie, sia pubbliche sia private, fossero bandite, il buon ordine ristabilito, la virtù onorata55, e nel quale si abbandonasse la

falsa credenza che solo la forza è efficace, poiché, al contrario, essa è sempre imperfetta se non è accompagnata da «justice foy et modestie»56. la nobiltà

insomma è piena di contraddizioni e di false opinioni radicate per la lunga consuetudine e ormai difficili da guarire come certe vecchie malattie. agli errori più diffusi è dedicato il decimo Discours; essi sono elencati nel titolo e commentati nel testo, e riguardano la credenza che il valore fisico sia il principale fine del nobile, che manchi di coraggio il gentiluomo che non si allontana da casa, che tutti i sudditi siano tenuti a obbedire al principe anche

vel aux vieux. Sui rapporti fra gli autori di trattati e libelli monarcomachi e sull’ipotesi di una scuola a Ginevra dopo la strage di S. Bartolomeo, vedi p.-a. mellet, Les Traités Mo-

narchomaques. Confusion des temps, résistence armée et monarchie parfaite (1560-1600), Genève, Droz, 2007, pp. 279-283, in cui l’autore riflette anche sulla tesi di M. maraButo,

Les Théories politiques des Monarchomaques français, thèse de doctorat dactylographiée, paris II, 1967, 2 voll., che oppone un’«école de Genève» protestante a un’«école de paris» cattolica (t. I, p. 12).

53 Vedi q. Skinner, Le origini del pensiero politico moderno cit., pp. 370-372. 54 Vedi Disc. VIII, Que la pauvreté de la noblesse de France n’est point tant procedee des

guerres, qui ont esté quasi continuelles, depuis trente et cinq ans, que des erreurs qu’elle a commis en la dispensation de ses biens.

55 Disc. IX, p. 228. 56 Ivi, p. 221.

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quando questi impartisca comandi ingiusti57. la Noue replica che proprio

la forza e il valore non sono nulla se non sono accompagnati da giustizia e temperanza per la difesa del paese e la protezione dei deboli sotto l’autori- tà delle leggi, e che la permanenza a casa non contrasta in alcun modo col coraggio e con l’onore. e soprattutto, in accordo con il precetto apostolico che si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, e col pensiero dei suoi correligionari, nega che si debba obbedire a comandi ingiusti, tirannici, ma- nifestamente iniqui.

Il pensatore e moralista ugonotto peraltro non disprezza la formazione militare; diversi Discours vertono sui problemi della sicurezza e della dife- sa del paese e dei confini, e sono specificamente dedicati all’organizzazio- ne militare, alla strategia e alla tattica, alle soluzioni tecniche opportune, a una politica lungimirante delle forze armate58. l’opera ha indubbiamente

un posto ragguardevole nella storia dell’arte della guerra, della strategia militare e dell’organizzazione degli eserciti, in un’epoca in cui in europa molti teorici militari si concentrano sulla necessità di apportare al settore ri- forme adeguate alle novità dei tempi e sui metodi appropriati per la miglior educazione militare59. Nella sua ampia trattazione la Noue immette anche

considerazioni sulle fortificazioni e sul lavoro degli ingegneri militari, con- frontando mezzi, costi e criteri difensivi vecchi e nuovi. Ma ritiene primario il problema morale, in nome del quale è importante per lui rievocare lo spi- rito di grandezza e di onore in un passato lungo e glorioso, in cui la nobiltà era protagonista, a dimostrazione del fatto che il disordine e la confusione non si combattono semplicemente con l’incremento dei contingenti, ma so- prattutto con la cura e la disciplina60, di cui non dubita che i giovani fran-

cesi siano capaci, a condizione che vengano loro insegnate e li si costringa a esercitarvisi61. la restaurazione e la cura dei costumi richiedono infatti, a

suo parere, accanto a provvedimenti direttamente o indirettamente educa- tivi, anche misure repressive, che arrestino definitivamente l’attitudine alla contrapposizione e al litigio, la rottura dell’antica concordia, la disposizio- ne a ricorrere con eccessiva faciloneria e prontezza, alla spada e al duello, in spregio all’ordine espresso dalle leggi. a tal proposito la Noue sollecita l’intervento severo della Corte e dei magistrati, innanzitutto con l’esempio, e poi con misure punitive, che siano proporzionate alla gravità delle offese arrecate e comprendano rigorosamente l’obbligo della riparazione62. Né fa

distinzione fra seguaci dell’una o dell’altra fede; si rivolge a tutti gli spiriti liberi, «gens d’honneur et de bien, dont il y a encor bon nombre de toutes

57 Disc. X, p. 229. 58 Disc. XI e XIII-XVIII.

59 Sull’argomento vedi, anche per i riferimenti bibliografici, il ricco apparato di note di

F.e. SutCliFFe, Introduction cit. 60 Disc. XIII, p. 301. 61 Ivi, p. 311.

62 Vedi Disc. XII, De la multiplication des querelles particulieres, et des abus qui s’y

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parts»63, affinché rinuncino a perpetuare le guerre civili, che trasformano gli

uomini in bestie da preda, spopolano i paesi, consumano le ricchezze, dan- nano i grandi, e infine scatenano l’ira di Dio64. la pacificazione, del resto,

verrà, e la Noue teme che il primo ordine sociale, dotato della sola virtù bellica, si riveli allora del tutto inutile.

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