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DIAGNOSI DI TUMORE DEL POLMONE Introduzione

NEOPLASIE DI ORIGINE PROFESSIONALE: ASPETTI CLINICI E DIAGNOSTICI

DIAGNOSI DI TUMORE DEL POLMONE Introduzione

Il tumore del polmone era una patologia relativamente rara all’inizio del XX secolo; nei decenni successivi, parallelamente alla crescente diffusione dell’abitudine al fumo di tabacco, è diventata sempre più diffusa e dalla fine del XX secolo costituisce la principale causa di morte per neoplasia nei paesi industrializzati (Dela Cruz et al., 2012). In Europa il tumore del polmone è responsabile del 30% dei decessi per neoplasia nel sesso maschile e dell’8% in quello femminile.

L’incidenza del tumore del polmone cresce all’aumentare dell’età; l’età media alla diagnosi è di 60 anni; oltre un terzo dei nuovi casi è diagnosticato in soggetti di età superiore ai 70 anni.

L’associazione tra il fumo di tabacco (fumo attivo e passivo) ed il tumore del polmone è chiaramente dimostrata da numerosissime ricerche sperimentali ed epidemiologiche. Si stima che circa il 70-80% dei casi nel sesso maschile ed il 90% in quello femminile siano attribuibili all’abitudine al fumo. Oltre al fumo di tabacco sono stati identificati altri fattori di rischio per il tumore del polmone, tra cui l’esposizione professionale a cancerogeni (ad esempio, cadmio, arsenico, idrocarburi policiclici aromatici, asbesto).

La tipizzazione istologica e la stadiazione della malattia sono di fondamentale importanza poiché da esse dipende l’approccio terapeutico e la prognosi. Nella maggior parte dei casi, il carcinoma polmonare è già localmente avanzato e/o metastatizzato al momento della diagnosi. Ciò conferisce alla malattia una prognosi infausta nella gran parte dei casi: il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 49% per i tumori circoscritti al polmone, del 16% per quelli con estensione loco-regionale e di circa il 2 % per i tumori in stadio avanzato.

Sono stati identificati due principali tipi istologici di tumore del polmone (Kligerman e White, 2011; Travis, 2011):

1) Carcinoma polmonare a piccole cellule (SCLC, small cell lung cancer)

Negli USA costituisce attualmente circa il 14% dei tumori polmonari. È un tumore neuroendocrino, derivante dalle cellule endocrine del Kultschitzky presenti nella mucosa bronchiale. Può essere del tipo "a chicco d'avena" (circa l'88% dei casi) o di tipo cellulare intermedio. Insorge di solito nelle strutture centrali del polmone, mostrando una crescita a cuffia peribronchiale e perivascolare. Il SCLC tende a crescere e a metastatizzare rapidamente.

2) Carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC, non small cell lung cancer).

Il NSCLC comprende tre istotipi principali:

a) Carcinoma squamocellulare: negli USA costituisce circa il 20% dei carcinomi polmonari ed è più comune nel sesso maschile. Si sviluppa sotto forma di lesioni isolate, nodulari nel contesto del parenchima polmonare, o di lesioni endoluminali occludenti l'albero bronchiale. Il carcinoma squamocellulare tende ad avere una crescita locale; la necrosi di porzioni del tumore, con formazione di ampie cavità, è tipica degli stadi avanzati. Le metastasi sono rare e tardive.

b) Adenocarcinoma: negli USA costituisce attualmente circa il 38% dei tumori polmonari, è più frequente nel sesso femminile ed è il tipo istologico prevalente sia nei fumatori che nei non fumatori (Kenfield et al., 2008). Insorge prevalentemente alla periferia dei polmoni, infiltrando spesso la pleura. L’interessamento dei linfonodi loco-regionali e la metastatizzazione a distanza sono precoci.

c) Carcinoma a grandi cellule o anaplastico: costituisce circa l'8% di tutti i tumori polmonari. Può originare da qualsiasi area polmonare, è scarsamente differenziato e metastatizza precocemente.

Diagnosi

In circa l’80% dei pazienti la sintomatologia insorge tardivamente. I sintomi più comuni riflettono l’interessamento locale dei bronchi, altri derivano dal coinvolgimento della parete toracica, di strutture mediastiniche e extra-toraciche; possono anche manifestarsi sindromi paraneoplastiche.

La tosse, presente nell’80% dei casi, è uno dei sintomi più precoci; può associarsi ad espettorazione purulenta in caso di sovra-infezione batterica. In un soggetto fumatore, un cambiamento delle caratteristiche della tosse e la comparsa di altri sintomi respiratori deve indurre a sospettare un carcinoma bronchiale. Altri sintomi comuni sono l’emoftoe o l’emottisi (70% dei casi) e la dispnea, con o senza respirazione sibilante (60% dei casi), causata dell’occlusione di un bronco di grosso calibro o da un abbondante versamento pleurico. In seguito alla progressione locale ed all’infiltrazione della pleura e delle coste, il tumore può provocare dolore toracico. L’interessamento del nervo laringeo ricorrente è causa di paralisi unilaterale delle corde vocali e disfonia, mentre quella del nervo frenico determina singhiozzo e paralisi diaframmatica. I tumori localizzati all’apice polmonare, coinvolgendo la parte inferiore del plesso brachiale (C8, T1, T2), determinano intenso dolore alla spalla ed alla superficie interna del braccio; possono inoltre infiltrare il ganglio simpatico, determinando miosi, enoftalmo, ptosi palpebrale e ipoidrosi (sindrome di Horner). Altri sintomi consistono in: disfagia, per estensione all’esofago; disturbi cardiaci, dovuti a fibrillazione atriale, tamponamento cardiaco, pericardite, versamento pericardico;

edema a mantellina e congestione facciale per ostruzione della vena cava superiore;

alterazioni del visus e dell’udito, paresi, alterazioni del comportamento. In alcuni pazienti si manifestano, talvolta anche precocemente, sindromi paraneoplastiche dovute ad inappropriata secrezione di ADH, alla produzione ectopica di ACTH, o caratterizzate da miastenia, stipsi e disidrosi (sindrome di Lambert-Eaton).

Oltre che dalla comparsa delle suddette manifestazioni, il sospetto di un tumore polmonare può derivare dal riscontro occasionale di alterazioni parenchimali e/o pleuriche nel corso di un esame radiografico del torace. Questo può evidenziare una opacità polmonare periferica, uno slargamento ilare unilaterale, segni di collasso di un lobo o di un segmento polmonare, di versamento pleurico o lo slargamento del mediastino con o senza elevazione di un emidiaframma. Altri esami di diagnostica per immagini dotati di maggiore accuratezza consentono di definire meglio la natura e l’estensione delle lesioni. Tra di essi, la CT del torace con infusione di mezzo di contrasto permette di visualizzare nel dettaglio le strutture polmonari, linfonodali e mediastiniche e consente di identificare opacità polmonari anche di dimensioni inferiori ad 1 centimetro. L’estensione della valutazione tomografica all’addome (in particolare fegato e surreni) ed al cranio fornisce elementi utili alla stadiazione della malattia. La PET, in particolare se associata alla CT (PET/CT), si è rivelata una metodica più sensibile e specifica rispetto alla CT (Almeida et al., 2010). La PET e la PET/CT trovano impiego per valutare l’estensione locale della malattia, i linfonodi mediastinici e la maggior parte delle metastasi a distanza, fatta eccezione per quelle cerebrali. La PET può peraltro fornire risultati falsamente negativi (in caso di lesioni inferiori a 1 cm di diametro e in caso di tumori a bassa attività metabolica quali i carcinoidi) e positivi (in caso di patologie quali, ad esempio, le polmoniti batteriche, gli ascessi polmonari, la tubercolosi e la sarcoidosi). Per l’identificazione delle metastasi cerebrali la metodica più sensibile è la RMN, mentre per quelle ossee si ricorre alla scintigrafia con 99Tecnezio (Sugarbaker e Dasilva, 2011).

In presenza di una lesione polmonare di sospetta natura neoplastica è necessario eseguire ulteriori accertamenti diagnostici, in prima istanza di tipo non invasivo come l’esame citologico dell’espettorato. L’esame, effettuato su almeno tre campioni di espettorato raccolti in tre giorni consecutivi, ha una migliore efficienza diagnostica nei pazienti con emottisi o con lesioni polmonari centrali o di diametro superiore a 2,4 cm, con o senza evidenza di metastasi.

La fibrobroncoscopia è un esame mediamente invasivo di grande utilità nei pazienti con una lesione centrale, che può avere sviluppo esofitico endobronchiale, diffusione sottomucosa o causare una compressione estrinseca delle vie aeree. La fibrobroncoscopia permette di raccogliere materiali biologici mediante biopsie della lesione, bronco-aspirazione, brushing, lavaggio bronchiale/bronco-alveolare, agoaspirazioni trans-bronchiali ed endobronchiali (Yarmus e Feller-Kopman, 2010);

combinare le modalità di prelievo dei campioni biologici aumenta la sensibilità della procedura. È inoltre crescente il ricorso a tecniche avanzate per il prelievo di campioni biologici; tra di esse l’agoaspirazione trans-bronchiale eco-guidata, particolarmente utile per le lesioni periferiche di diametro inferiore a 2 cm.

Peraltro, nei pazienti con lesioni polmonari periferiche, in particolare di piccole dimensioni, gli accertamenti sopra descritti possono non condurre ad una diagnosi di certezza. In tali casi, se coesiste un versamento pleurico accessibile, un importante accertamento diagnostico è l’esame citologico del liquido pleurico, la cui sensibilità è pari a circa il 50%

(Johnston, 1985). In caso di riscontro negativo, si raccomanda di procedere ad almeno una nuova toracentesi ed al relativo esame citologico; in caso di ulteriore negatività e se persiste il sospetto diagnostico, è necessario eseguire prontamente accertamenti più invasivi, tra cui:

- agobiopsia trans-toracica sotto guida ecografica o CT: l’efficienza diagnostica della procedura è molto elevata (95% in caso di biopsie polmonari e 75-90 % per quelle dei linfonodi mediastinici) (Rivera e Mehta, 2007). Tuttavia è considerevole il rischio di causare uno pneumotorace (20-25% degli esami), particolarmente in pazienti con enfisema polmonare, BPCO, lesioni distanti dalle pleura o di piccole dimensioni (Gordon et al., 2010);

- videotoracoscopia: tale esame prevede l’introduzione di un fibroscopio nel cavo pleurico attraverso una piccola incisione della parete toracica. Permette un’accurata visione della superficie pleurica e di effettuare biopsie mirate multiple sia di lesioni pleuro-polmonari che delle stazioni linfonodali mediastiniche e ilari attraverso la pleura mediastinica. Nei pazienti con lesioni polmonari periferiche o pleuriche la sensibilità e la specificità della metodica sono pari, rispettivamente, al 80-99% ed al 93-100%;

- mediastinoscopia: è un esame invasivo a cui ricorrere nell’impossibilità di eseguire uno dei precedenti esami, ad esempio per valutare la natura di lesioni linfonodali mediastiniche.

L’ago-aspirazione o l’agobiopsia sono anche raccomandate per valutare lesioni extra-toraciche solitarie accessibili, ad esempio un linfonodo sovra-claveare o una sospetta metastasi.