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MALATTIE RESPIRATORIE DI ORIGINE PROFESSIONALE: IL RISCHIO SPECIFICO

Rossella Continisio - Professionista Con.T.A.R.P. - INAIL Campania

Premessa

La possibilità che inquinanti di natura corpuscolare possano essere inalati da lavoratori e veicolati all’interno dell’apparato respiratorio è data dalla aerodispersione di detti inquinanti, si determina pertanto la formazione di un Aerosol e cioè un sistema eterogeneo costituito da due fasi: una fase gassosa, o "fase disperdente", ed una fase solida o liquida, o "fase dispersa".

La polvere in Igiene Industriale è quindi intesa come una miscela di due fasi:

- Fase disperdente: aria ambiente o atmosferica - Fase dispersa: particelle solide

La composizione delle polveri in sospensione può essere diversa da quella del materiale originario per effetto di fenomeni di comminuzione differenziale e per la diversa densità delle particelle.

Caratteristiche generali delle polveri

Le particelle costituenti le polveri sono caratterizzabili in base alle loro dimensioni, forma, superficie e densità:

ƒ Dimensioni: le dimensioni delle particelle di un aerosol possono essere comprese in un intervallo ristretto di valori (aerosol "monodisperso") o presentare una elevata variabilità (aerosol "polidisperso"); con maggiore frequenza un aerosol si presenta polidisperso. Le dimensioni delle particelle determinano la capacità di penetrazione delle stesse all’interno dell’organismo umano.

ƒ Forma: la forma delle particelle dipende da numerosi fattori: caratteristiche mineralogiche e proprietà fisiche del materiale di partenza; intensità e durata delle forze cui i materiali sono sottoposti.

ƒ Superficie: la valutazione della superficie delle particelle è di notevole importanza.

Infatti molte reazioni sono legate alla superficie di contatto. Essa è funzione non solo dell’età della particella ma soprattutto delle forze e dei meccanismi che hanno agito su di essa.

ƒ Densità: la densità delle particelle di solito differisce da quelle dei materiali di partenza.

Tale differenza è da imputare a fenomeni quali, ad esempio, l’adsorbimento e la fissazione di piccoli ioni di gas sulla superficie delle particelle.

Le particelle aerodisperse sono soggette ad una serie di forze (elettriche, gravitazionali, etc.). Le forze gravitazionali determinano la velocità di sedimentazione delle particelle sospese in aria; questa varia notevolmente con la granulometria. Infatti, nel campo delle polveri respirabili si passa da qualche cm/ora per la classe inferiore di particelle (diametro

< 0,5 micron a poco più di una decina di cm/ora per polveri di 1 micron di diametro, fino a raggiungere alcuni m/ora per particelle di diametro pari a 5 micron.

Inoltre è da notare che le polveri che interessano l'igienista industriale (diametro <10 μ), hanno una modestissima quantità di energia cinetica, pur essendo caratterizzate da una elevata velocità iniziale. Infatti, la resistenza offerta dall'aria fa si che questa energia venga dissipata dopo un percorso estremamente breve. Pertanto particelle delle dimensioni di alcuni micron, anche se spinte a velocità molto forti, percorrono in aria al massimo alcuni centimetri.

La distinzione delle polveri si può effettuare sulla base di numerose caratteristiche delle stesse. Le distinzioni di maggiore interesse in igiene industriale vengono effettuate sulla base dei seguenti aspetti:

ƒ la capacità delle polveri di raggiungere zone diverse dell’apparato respiratorio attraverso le vie aeree;

ƒ gli effetti patogeni delle polveri a carico dell’organismo umano.

Effetti delle polveri sull’organismo

Le polveri possono esercitare azione irritante, caustica o sensibilizzante su tutte le superfici libere dell’organismo con cui vengono a contatto (ad es. irritazione degli occhi e della cute, sensibilizzazione, ecc.). L’azione principale è comunque quella che esse esercitano sull’apparato respiratorio.

I fattori che determinano l’azione patogena di una polvere sono rappresentati, oltre che dalla specifica composizione, dalla capacità di penetrazione all’interno dell’organismo umano (granulometria) e dalla capacità di veicolare altri inquinanti (adsorbimento, solubilizzazione).

In base alla capacità di penetrazione in parti differenti dell’apparato respiratorio le polveri possono essere distinte in:

ƒ Polveri inspirabili o inalabili: le polveri che si possono depositare in qualsiasi tratto delle vie respiratorie.

ƒ Polveri toraciche: le polveri che si possono depositare in qualsiasi tratto delle vie respiratorie e della regione di scambio gassoso.

ƒ Polveri respirabili: polveri che si depositano nella regione di scambio gassoso.

Specifiche convenzioni definiscono le caratteristiche dimensionali delle varie frazioni granulometriche. Ad es. l'ACGIH definisce polveri respirabili quelle caratterizzate da una curva granulometrica log - normale avente mediana pari a 3,5 μ La Norma Internazionale UNI-CEN 481/94 definisce invece come respirabile la frazione granulometria caratterizzata da mediana di 4 μ

In base all'azione patogena espletata sull'organismo umano, le polveri si possono classificare in polveri “non pneumoconiogene” e polveri “pneumoconiogene”, a loro volta distinte in polveri “fibrogene” e polveri “inerti o fastidiose (P.N.O.C.)”.

Polveri non pneumoconiogene: contengono un principio attivo che agisce su un organo specifico, oltreché sull'apparato respiratorio. Appena vengono inalate, il principio attivo viene assorbito e trasportato dal sangue e dal sistema linfatico in circolo. Tra queste si ricordano, a titolo di esempio, i metalli e loro sali, le sostanze organiche e le polveri inerti su cui sono condensate sostanze organiche di varia natura.

Polveri pneumoconiogene: esplicano la loro azione esclusivamente a danno dell'apparato respiratorio; esse si dividono in:

ƒ Polveri fibrogene: alterano la struttura dell'apparato respiratorio. Le polveri fibrogene di maggiore interesse sono la silice libera cristallina nelle sue forme polimorfe e l’amianto.

ƒ Polveri inerti o fastidiose (P.N.O.C.): non alterano la struttura dell'apparato respiratorio, non determinano la formazione di collageno negli alveoli polmonari e non danno luogo ad effetti tossici specifici. Tra queste si ricordano, a titolo di esempio, gli ossidi di alluminio, ferro e zinco, il calcare, il calcio, il caolino, il gesso, il marmo.

Le polveri nell'industria

Le polveri nell'aria degli ambienti di lavoro sono presenti con caratteristiche, qualità e livelli di concentrazione variabili a seconda del tipo di attività industriale.Tra le diverse fasi dei processi industriali che, generalmente, presentano maggiori possibilità di dare origine ad un inquinamento ambientale da polveri si ricordano le seguenti:

Estrazione da cava o miniera. Nell’attività di estrazione, sia da cava che da miniera, si osserva la presenza di vari momenti che possono essere responsabili della diffusione di polveri nell'ambiente, quali la perforazione, l’esplosione delle cariche sul fronte di scavo e il successivo prelievo della roccia con escavatori e pale meccaniche (smarino)nonché le operazioni di frantumazione e vagliatura. È ovvio che nelle miniere e gallerie si osserva una maggiore polverosità (in termini di concentrazione e persistenza) piuttosto che nelle cave a cielo aperto.

Va sottolineato che anche il trasporto del materiale su autocarri può generare polverosità significative.

Ricevimento materie prime e semilavorati.

La fase produttiva di ricevimento materie prime e semilavorati si riferisce all'arrivo dei materiali ed al loro conseguente stoccaggio, prima che gli stessi vengano lavorati ("movimentazione").

Particolari livelli di polverosità si possono raggiungere nel conferimento e stoccaggio di materiali polverulenti, a causa della caduta dall'alto, quando esso viene depositato sia all'aperto che in ambienti chiusi. La polverosità generata è legata all’arrivo del materiale sul cumulo; infatti il materiale sposta un volume d'aria corrispondente a quello che va ad occupare, determinando un flusso dell'aria spostata di notevole velocità. Il flusso d’aria trascina con sé le particelle più sottili di materiale che passano in sospensione nell’aria.

Il livello di polverosità che si genera è influenzato anche dal grado di umidità del materiale.

Produzione

Ogni industria è caratterizzata da specifiche operazioni che possono provocare aerodispersione di polvere di varia intensità. Alcune operazioni sono comuni a molte lavorazioni; ad esempio il trasporto, la macinazione, la miscelazione e l'impasto sono comuni alla produzione di refrattari, piastrelle, cemento.

Preparazione prodotti finiti

Se i prodotti finiti sono ancora in fase polverosa, ritroviamo le stesse operazioni ed apparecchiature (e, quindi, le stesse problematiche) relative al ricevimento di materie prime. Infatti un’operazione comune a vari settori industriali è il riempimento di fusti, sacchi, e contenitori vari; durante questa fase l'aria in uscita dal contenitore trascina con sè polvere di prodotto finito.

Manutenzione

Le operazioni di manutenzione generano aerodispersione di polvere per due motivi fondamentali.

Il primo è legato alla necessità, per poter svolgere gli interventi di manutenzione, di liberare gli impianti dalle polveri presenti.

Il secondo è legato alle operazioni di saldatura, molatura e metalmeccanica in genere, operazioni di per se stesse polverose.

Polveri “inerti”

Devono il loro nome ad una ridotta aggressività biologica, in quanto prive di azione fibrogena. Tuttavia la nuova tabella delle malattie professionali, a cura dell'INAIL, prevede una serie di patologie legate alle polveri inerti; queste sono le pneumoconiosi, ovvero

forme morbose di affezione legate a massicce inalazioni di polvere di silicati (feldspati, miche, caolino, con qz<1%), cemento, calcari, dolomie, gesso, corindone, magnesite, alluminio.

In virtù della ridotta aggressività biologica, i livelli di riferimento sono meno restrittivi che non per le polveri fibrogene. Il valore limite di tollerabilità (TLV) indicato dall'ACGIH per le polveri PNOC è di 10 mg/mc (per le polveri inalabili) e di 3.0 mg/mc (valore indicato per le polveri respirabili).

Polveri di silice

Con il termine di silice libera ci si riferisce a fasi cristalline ed amorfe del biossido di silicio (SiO2), non combinato con altri elementi per dar luogo a silicati.

Dal punto di vista della medicina del lavoro e dell'igiene industriale ciò che interessa è la silice libera cristallina.

Le forme cristalline sono costituite da:

ƒ quarzo (con la sua varietà microcristallina: calcedonio)

ƒ tridimite

ƒ cristobalite

Il suddetto interesse è dovuto al fatto che le forme cristalline del biossido di silicio esercitano una azione maligna sul tessuto polmonare (silicosi). Tale azione patogena si esplica nella parte più profonda dei polmoni e cioè a livello degli alveoli polmonari.

Le forme cristalline sopra descritte sono presenti in natura; di queste sia la cristobalite che la tridimite sono estremamente rare. In definitiva, nella pratica quotidiana la definizione silice libera cristallina è sostanzialmente sinonimo di quarzo; quest’ultimo costituisce la specie mineralogica più diffusa in assoluto. In particolare, esso è abbondante nelle rocce primarie, ovvero nelle rocce di origine magmatica (sia intrusive che effusive) e, di conseguenza, nelle rocce sedimentarie e metamorfiche, da queste prime derivate.

La possibilità che nell'ambiente lavorativo si abbia polvere di silice libera cristallina è legata ovviamente alla presenza della stessa, nonché al processo produttivo.

Nell'ambito dei processi industriali il quarzo è spesso presente, sia perché l'attività è direttamente legata alla sua presenza in natura (come, ad esempio, nelle attività estrattive ed edili), sia in quanto il quarzo viene impiegato come componente nel processo di produzione di numerosi prodotti finiti. In ultima analisi, tale minerale può essere presente in apparecchiature ed utensili di vario genere. In questo senso bisogna ricordare che il quarzo nella scala di durezza di Mohs (compresa tra il valore minimo di 1 e quello massimo di 10) ha valore 7, ovvero presenta durezza paragonabile a quella del filo di acciaio, non risultando facile da scalfire.

Ciò che interessa, da un punto di vista dell'igiene del lavoro, è la frazione di polvere respirabile (quella cioè più sottile che può raggiungere gli alveoli polmonari, penetrandovi).

Il valore del TLV - TWA (valore medio ponderato nel tempo) fissato dall’ACGIH per la polvere respirabile di quarzo è di 0,025 mg/mc; questa concentrazione va rapportata ad una giornata lavorativa di 8 ore e per 40 ore settimanali. Per esposizioni di breve durata non si può superare un valore pari a tre volte il TLV - TWA per non più di 30 minuti ed in nessun caso un valore pari a cinque volte il TLV - TWA.

Le polveri di silice determinano l’insorgenza non solo della silicosi, ma anche patologie neoplastiche ed autoimmuni.

La IARC nella ancora molto discussa monografia del1997 ha valutato “sufficiente”

l’evidenza di cancerogenenicità della silice cristallina. Ulteriori studi hanno escluso anche la dipendenza dell’insorgenza del tumore polmonare da una pregressa silicosi (Checkoway anf Franzblau, 1997)

Recenti studi mostrano un’associazione di tipo dose-risposta con l’esposizione cumulativa a silice per alcune malattie autoimmuni quali lupus, artrite reumatoide, sclerodermia, insufficienza renale (Parks at al., 1999; Steenland et al., 2001).

Tra i settori lavorativi maggiormente interessati dall’inquinamento da polveri aerodisperse di silice si citano:

ƒ Produzione di piastrelle

ƒ Produzione di refrattari

ƒ Produzione igienici

ƒ Produzione di stoviglie o oggetti vari in ceramica

ƒ Produzione di cotto artigianale

ƒ Fonderie

ƒ Acciaierie

ƒ Fonderie di seconda fusione con stampaggio

ƒ Marmifici

ƒ Produzione Okite®

ƒ Produzione lavatrici

ƒ Produzione forni per ceramica

ƒ Produzione inerti

Polveri di legno

L’esposizione a polveri di legno può comportare possibili patologie irritative o allergiche delle vie respiratorie (asma allergica), adenocarcinomi delle cavità nasali e paranasali, effetti tossici da componenti naturali (per alcuni legni esotici). In particolare il cancro delle cavità nasali è una neoplasia molto rara nella popolazione generale (1 caso atteso ogni 100.000 persone) mentre tra i falegnami il rapporto sale a 5-9 casi ogni 10.000 lavoratori.

Fin dal 1995, la International Agency for Research on Cancer (IARC), sulla base del dato epidemiologico, ha valutato sufficiente l’evidenza di cancerogenicità delle polveri di legno duro, inserendole nel gruppo 1 “sostanze cancerogene per l’uomo”.

I TLV-TWA dell’ACGIH per le polveri di legno sono i seguenti:

polveri di legno tenero: 5 mg/m3 (frazione inalabile) polveri di legno duro: 1 mg/m3 (frazione inalabile)

Si determina la frazione inalabile in quanto è quella che direttamente influenza le prime vie aeree. Il metodo utilizzato per il campionamento si basa sulla determinazione ponderale della polvere aerodispersa mediante aspirazione dell’aria su membrana a micropori di nitrato di cellulosa (porosità di 0,8 micron) e definita velocità di aspirazione.

Fibre

Tra le fibre distinguiamo le fibre naturali e quelle artificiali (MMMF), utilizzate prevalentemente in sostituzione delle prime ormai bandite da tutti i processi produttivi in ossequio alla legge 257/92.