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MALATTIE RESPIRATORIE DI ORIGINE PROFESSIONALE

MALATTIE RESPIRATORIE DI ORIGINE PROFESSIONALE.

Vincenzo CAUTIERO - Medico Specialista Pneumologo - INAIL CDPR Campania

ELEMENTI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DELL’APPARATO RESPIRATORIO

La cassa toracica ed i muscoli respiratori hanno il compito di contrarre e distendere i polmoni. La cassa toracica è formata da uno scheletro osseo costituito da parte della colonna vertebrale, costole e sterno. Lo spazio intercostale è chiuso da muscoli intercostali, mentre la parte inferiore è chiusa dal diaframma necessario alla inspirazione, I muscoli della respirazione possono essere classificati in due gruppi: 1) muscoli della inspirazione, che con la loro azione elevano le coste e lo sterno aumentando il volume della gabbia toracica; 2) muscoli espiratori che abbassano le coste e lo sterno diminuendo il volume della gabbia toracica.

Un’ulteriore suddivisione può essere fatta separando i muscoli inspiratori ed espiratori principali da quelli ausiliari. I muscoli inspiratori principali sono quelli che si contraggono durante il normale ciclo inspiratorio, i muscoli inspiratori ausiliari intervengono solo quando si attuano movimenti ampi e potenti cioè con una inspirazione forzata (Tab. I). Lo stesso discorso deve essere fatto per i muscoli espiratori principali ed ausiliari (Tab. II).

MUSCOLI DELLA INSPIRAZIONE

La funzione principale è quella d’arricchire il sangue di ossigeno (O2) e di eliminare l’anidride carbonica (CO2), inoltre contribuisce al mantenimento del pH del sangue.

I principali stadi implicati nel passaggio di O2 dall’atmosfera ai tessuti sono:

- Ventilazione dell’alveolo polmonare: poiché l’alveolo si trova all’interno del corpo è necessario ricambiare attivamente l’aria negli alveoli. Questa attività si chiama ventilazione.

- Diffusione: ossia passaggio di O2 dall’alveolo al capillare e passaggio di CO2 dal capillare all’alveolo.

- Accoppiamento alveolo/flusso ematico: gli alveoli oltre che ventilati, devono anche essere irrorati.

- Trasferimento di sostanze dai capillari alle cellule e viceversa, ciò avviene passivamente.

I polmoni non sono in grado di muoversi autonomamente. La cassa toracica e i muscoli respiratori hanno il compito di contrarre e distendere i polmoni. Il diaframma, che ha la forma di una cupola rivolta verso l’alto, è formato da una lamina sottile ed è necessario nella inspirazione, mentre non prende parte al processo di espirazione. Nella ventilazione

normale, contraendosi, il diaframma si abbassa di 2/3 cm consentendo così un aumento del volume della cassa toracica pari a 250 ml circa.

EFFETTI A BREVE E LUNGO TERMINE DEGLI AGENTI DI RISCHIO

Sono valutabili in funzione del tipo e delle concentrazioni delle sostanze inquinanti, possono essere distinti in effetti immediati o a breve termine e in effetti a lungo termine.

EFFETTI IMMEDIATI O A BREVE TERMINE DEGLI AGENTI DI RISCHIO:

Sono rappresentati:

1) da evidenze dannose acute in soggetti sani;

2) da esacerbazioni di preesistenti malattie respiratorie;

3) da fenomeni di ipersensibilità immunologica o iperreattività bronchiale in concomitanza di massicce contaminazioni di inquinanti atmosferici.

Tra le cause di massicce contaminazioni di inquinanti atmosferici troviamo sicuramente le attività industriali.

EFFETTI A LUNGO TERMINE DEGLI AGENTI DI RISCHIO:

Sono rappresentati essenzialmente da due gruppi di patologie morbose:

1) le bronco pneumopatie croniche;

2) i tumori maligni dell’apparato respiratorio.

INTERSTIZIOPATIE POLMONARI DIFFUSE

Sono un gruppo eterogeneo di malattie caratterizzate da alterazioni immuno-infiammatorie che interessano estensivamente l’intertizio alveolare con possibile coinvolgimento delle strutture bronchiali periferiche. Non hanno un’unica eziologia, che nella maggior parte dei casi rimane ancora oggi sconosciuta. Possono essere classificate in base all’eziologia da:

causa nota e causa non nota (TAB. III).

Polmonite interstiziale acuta

Granuloma a cellule di Langerhans (gr.

eosinofilo)

Per pneumoconiosi si intende l’accumulo di polvere nei polmoni e le reazioni tissutali conseguenti. Gli effetti delle particelle inalate dipendono da:

- Dimensioni;

- Concentrazione (dose);

- Proprietà fisiche e biologiche;

- Efficacia dei meccanismi di clearance.

Le pneumoconiosi in base alle polveri in ambiente di lavoro possono essere suddivise in:

- pneumoconiosi non sclerogene: date da un accumulo di polvere non fibrogenica, con reazione stromale molto scarsa o assente e arresto della progressione al termine dell’esposizione;

- pneumoconiosi sclerogene: da accumulo di polveri fibrogenica, con distruzione dell’architettura alveolare, reazione stromale collagena di vario grado, fibrosi polmonare permanente ed aggravamento anche dopo il termine dell’esposizione.

La gravità è dose-dipendente, ma risente della suscettibilità individuale.

Tab. IV SILICOSI

È una pneumoconiosi sclerogena da inalazione di polveri contenenti silice libera cristallina, che provoca caratteristiche lesioni nodulari del tessuto polmonare.

È causata dalla frazione respirabile delle polveri (da 0.1 a 5 um) che raggiunge gli alveoli e i bronchioli e produce l’effetto sclerogeno. (Figura I)

Quarzo Trimidite Cristobalite (Figura I)

Il nodulo silicotico è localizzato attorno a vasi, bronchioli respiratori, vasi linfatici e al di sotto della pleura viscerale., sono a lenta evoluzione ed anche cessando l’esposizione i noduli tendono ad ingrandirsi e a confluire formando masse sclerojaline.(Figura II)

(Figura II:

zona esterna > capsula di fibre collagene disordinate zona intermedia > fibre collagene disposte

“a velo di cipolla”

zona centrale > fibre collagene jalinizzate disposte a spirale )

Si conoscono varie forme cliniche di silicosi e si possono così semplificare:

- forma a decorso cronico semplice: legata ad esposizione moderata, ha una latenza lunga anche di 20 anni. Per un lungo periodo può essere asintomatica poi presentare sintomatologia aspecifica, caratterizzata da tosse secca o con poco catarro, dispnea da sforzo nelle fasi avanzate. Solitamente i noduli sono disseminati nel parenchima, ai campi medio apicali, anche confluenti;

- forma a decorso cronico complicato (PMF): caratterizzata da un’esposizione a dosi cumulative elevate. La sintomatologia è caratterizzata da : tosse, prima stizzosa poi con catarro muco purulento, dispnea da sforzo invalidante, cianosi e compromissione generale. BPCO. Nella fase avanzata è presente solitamente ipertensione polmonare con cuore polmonare.

Si nota una confluenza dei noduli e formazione di masse di grandi dimensioni ai campi medio-superiori. È una patologia progressiva anche in assenza di esposizione.

- silicosi acuta (forma accelerata): è data da esposizioni elevate con latenza breve (4 – 8 anni). Anche la sintomatologia è più evidente con tosse, dispnea importante, cianosi.

Nelle fasi avanzate è presente ipertensione polmonare con cuore polmonare.

I noduli confluiscono formando masse di grandi dimensioni ai campi medio-superiori.

Ovviamente è una patologia progressiva anche in assenza di esposizione.

- proteinasi alveolare silicotica: è una gravissima forma di alveolite essudativa da esposizione massiva, iperacuta (pochi mesi), fortunatamente è rara. La sintomatologia è data da : tosse, dispnea importante,cianosi e astenia. Nelle fasi avanzate è presente insufficienza cardiorespiratoria e sovra infezioni batteriche. I noduli confluiscono in ampie zone di addensamento basale, portando velocemente all’exitus (da pochi mesi a un massimo di 1 anno) il paziente.

La diagnosi è posta in base all’anamnesi lavorativa, i pochi segni clinici più evidenti nelle fasi avanzate della patologia, le prove di funzionalità respiratorie che sono normali nelle fasi iniziali, poi a seconda della compromissione prevalente danno origine a quadri di deficit ventilatorio restrittivo, quadri di deficit ostruttivo, dalla DLCO lievemente compromessa o normale, dalla Rx del torace secondo ILO che permette di evidenziare la grandezza dei noduli e dalla HRTC del torace che consente di identificare meglio la fibrosi, la più precoce identificazione della confluenza e nella valutazione del grado di enfisema associato.

Altre patologie da silice cristallina sono: 1) la silico-tubercolosi; 2) la BPCO; 3) la Sindrome di Caplan. Silicosi + artrite reumatoide; e 4) la sindrome di Erasmus: silicosi + sclerodermia.

LE PATOLOGIE AMIANTO CORRELATE BENIGNE MALIGNE

- Asbestosi - Tumore polmonare

- Placche pleuriche - Mesotelioma (pleurico, peritoneale, etc) - Ispessimenti pleurici - Laringe

- Atelettasie rotonde - Altri distretti?

- Versamenti pleurici recidivanti ASBESTOSI

È una interstiziopatia diffusa, fibrotica, non nodulare. Inizialmente le lesioni sono localizzate ai lobi medio-inferiori. Le alterazioni possono essere originate da fibre corte o lunghe. Le prime tendono a localizzarsi a livello dei bronchioli respiratori e dotti alveolari, dando origine a lesioni a livello del grosso interstizio (setti interlobulari, guaine

peribronchiali e perivascolari); le seconde, quelle a Fibre lunghe e sottili, si localizzano negli alveoli: dando origine a quadri di alveolite. (Figura III)

(Figura III)

L’evoluzione della patologia è quella di auto mantenersi ed aggravarsi, esitando in un quadro di insufficienza respiratoria, con cuore polmonare. Tra le complicanze va ricordato il tumore polmonare.

La diagnosi viene posta in base a:

Sintomi: dispnea e tosse.

Esame obiettivo dove si riscontrano spesso dei crepitii basali bilaterali.

Prove di funzionalità respiratorie: deficit ventilatorio di tipo restrittivo, riduzione della DLCO.

RX torace secondo la classificazione ILO-BIT con la presenza di piccole opacità lineari irregolari (tab. …)

BAL: dove si osservano fibre e corpuscoli dell’asbesto.

HRCT: ispessimenti pleurici, mammellonature,colate etc.

PROVE DI FUNZIONALITÀ RESPIRATORIE

La spirometria è un test diagnostico semplice, non invasivo usato per la valutazione della funzionalità respiratoria. Viene eseguita con uno speciale apparecchio computerizzato: lo spirometro.

Gli spirometri si dividono in due grandi categorie: quelli con segnale primario di volume, cioè a circuito chiuso (campane ad acqua, a pistone, a soffietto) e quelli con segnale primario di flusso, cioè a circuito aperto, da cui vengono derivati i volumi (pneumotacografi, ventole, etc.). (Figura IV e V)

Pneumografo (misura il volume) Pneumotacografo (misura il flusso)

(Figura IV) (figura V)

La spirometria ha la funzione di misurare il volume dei polmoni e il flusso con cui l’aria entra ed esce dai polmoni. I volumi polmonari si dividono in: 1) Volumi statici, che si misurano con atti respiratori lenti e 2) Volumi dinamici, che si misurano con atti respiratori veloci. I volumi polmonari statici sono: il volume corrente, il volume di riserva inspiratoria, il volume di riserva espiratoria, il volume residuo. I volumi dinamici sono rappresentati da: il volume espiratorio massimo al secondo (VEMS o in inglese FEV1) e la Massima Ventilazione al minuto (MVV). Se eseguito alla comparsa dei primi problemi di tipo

respiratorio o ai primi sospetti di una patologia di tipo broncopolmonare, è in grado di fornire dati di notevole rilevanza, sia per quanto riguarda la diagnosi sia per quanto concerne le strategie terapeutiche.

La spirometria inoltre, risulta un test diagnostico fondamentale per la monitorizzazione dell’eventuale patologia e per la valutazione dell’efficacia delle cure. Essa viene utilizzata anche per l’attestazione dell’idoneità alla pratica di attività sportive, per la valutazione di eventuali rischi prima di un’eventuale operazione chirurgica e per lo screening di quei soggetti a rischio di sviluppare una patologia polmonare.

La pletismografia corporea è un esame non invasivo che consente di diagnosticare la presenza di alterazioni ventilatorie sia di tipo restrittivo che ostruttivo bronchiale in condizioni particolari che possono essere sostenute da diverse cause patogenetiche. Nello specifico permette di valutare le resistenze delle vie aeree bronchiali ed il volume di aria intratoracico, sia quello comunicante con le vie aeree e sia la quota di aria intrappolata nel polmone come avviene nei marcati quadri di iperdistensione polmonare conseguenti alle gravi sindromi ostruttive bronchiali. Si esegue in una cabina pletismografia.

Diffusione: la capacità di diffusione è l’abilità di un gas di passare dall’aria all’interstizio e da qui di raggiungere il sangue. Al fine di misurare la capacità di diffusione in laboratorio, si ricorre all’uso del CO misurando l’abilità della membrana alveolo-capillare di assorbire il monossido di carbonio in seguito ad un singolo atto inspiratorio di 10 secondi (DLCO).

Attualmente lo studio della capacità di diffusione della membrana alveolo-capillare riveste notevole importanza e valore clinico-diagnostico in quanto rappresenta l’unico test in grado di poter differenziare:

a) L’enfisema da altri deficit ostruttivi.

b) Processi interstiziali diffusi, come le fibrosi da altre forme patologiche restrittive.

c) Valutare l’impegno della circolazione polmonare in corso di patologie cardiache.